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Autore: _Sherazade_    03/11/2016    2 recensioni
Dopo la divisione del mondo fra i tre fratelli Ade, Zeus e Poseidone, i nuovi Sovrani sono pronti a prendere il loro posto nei rispettivi Regni.
Poseidone, il nuovo Padrone dei Mari, sente la mancanza di una compagna, e si reca per questo dal suo amico Nereo, il Titano che aveva governato sui mari fino alla caduta di Crono.
Non appena il Dio scorge Anfitrite, la bella figlia di Nereo dai capelli scuri e dagli occhi di zaffiro, sente di aver trovato la propria anima gemella. C'è solo un piccolo, minuscolo problema che mina la loro unione: lei non lo sopporta.
Anfitrite odia il Dio fin dalla più tenera età, dato che la nereide lo accusa di averli scacciati dalla loro antica dimora nelle profondità marine.
Riuscirà, Poseidone, a convincerla di non essere il mostro che lei crede?
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"Seconda classificata al contest Give me love indetto da Starsfallinglikerain sul forum di Efp"
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anfitrite, Poseidone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seconda Parte




“Non è possibile” pensò Anfitrite chiudendosi in camera. Teti l'aveva vista sfrecciare nel corridoio, e, vedendola con un'espressione così sconvolta, entrò in camera per chiederle cosa fosse accaduto.
«Allora... com'è andata?» la nereide si era buttata sul letto a pancia in giù, continuando a borbottare frasi sconnesse.
«Anfitrite?» La nereide le lanciò un'occhiata quasi disperata. «Che è accaduto?» le chiese Teti sempre più preoccupata.
«Che succede, mi chiedi? Tu vuoi davvero saperlo?» Anfitrite stava gridando, e Teti, sempre più spaventata, annuì. «Bene, ecco cosa succede!» disse mostrandole la collana, dono del Dio.
«Ma è stupenda!» disse l'altra, prendendo in mano il gioiello. «Ricordano le conchiglie che tieni del tuo...»
«Sì, sono proprio quelle. Senza nemmeno sapere che mi piacessero, quel farabutto ha fatto il giro del mondo per potermele procurare.» Anfitrite era scocciata mentre diceva ciò. Aveva gli occhi lucidi e sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
«Cosa c'è che non va? Non ti piace forse?»
«No, ed è questo il punto! Mi ha fatto piacere ricevere questo regalo. Ti rendi conto?!»
«Io non capisco qual è il problema.»
«Come sarebbe a dire che non capisci? Lui è il nemico! Lui è un essere orribile, egocentrico e farfallone. Ha osato chiedere la mia mano e adesso sono costretta ad incontrarlo per altri quattro giorni, a passare del tempo con lui e sentirlo blaterare di sciocchezze!»
«Ha detto stupidaggini, quindi?» chiese Teti sorpresa. Poseidone non le sembrava il tipo d'uomo che diceva frivolezze.
«No.» rispose Anfitrite, cominciando a passeggiare avanti e indietro per la stanza.
«Mi stai facendo venire il mal di testa, Anfitrite.» Teti era sempre più confusa. «Se il suo regalo ti ha fatto piacere, e se la conversazione non è stata così sgradevole, mi vuoi spiegare il motivo di tanto turbamento?»
«Ti sei risposta da sola, Teti.» Di fronte all'espressione stupita di lei, Anfitrite ammise che era turbata dal fatto che aveva trovato non solo meraviglioso il regalo, ma che si era pure trovata bene in sua compagnia.
«Ammetto che come Sovrano, lui mette davvero al primo posto il suo Regno. Mi ha parlato di migliorie che intende apportare, di alcuni progetti e di ciò che desidera fare. Mentre mi raccontava di questa e quell'altra ambizione, ho avvertito una certa affinità.» disse lei imbarazzata. «Siamo molto simili, anche se mi duole ammetterlo.»
«Non dovrebbe essere una buona cosa?» chiese la sorella. «Hai sempre asserito che lui era un borioso, un uomo indegno di governare e quant'altro...»
«Lo so.»
«Uno stupido, un vanesio, un Dio incapace di prendersi le proprie responsabilità...»
«Sì, è vero.»
«Incurante del popolo marino e indifferente ai bisogni di...»
«Sì, ho capito. Mi sono sbagliata!» gridò la nereide, sempre più oppressa da quel sentimento di malessere che stava crescendo.
Lei si era sbagliata.
Lei non sbagliava mai!
Aveva commesso un errore nel giudicare il Dio? In parte sì, se ne era resa conto in un solo maledettissimo pomeriggio passato in sua compagnia. Era evidente nel modo in cui parlava, o per come fissava il mare, che Poseidone era davvero il degno successore di suo padre Nereo.
Allora perché sentirsi così male?
Non era solo per il fatto di aver sbagliato ad esprimere un proprio giudizio. In fin dei conti, loro avevano davvero dovuto abbandonare la loro dimora a causa del Dio; eppure, in quel momento, non riusciva più ad accusarlo di aver condannato l'impero marino al declino.
«Anfitrite, qual è il vero problema?» le chiese Teti con dolcezza, afferrandole la mano per fermarla.
«Non lo so nemmeno io.» rispose lei con le lacrime agli occhi. «Io non capisco quello che sto provando in questo momento.»
«Forse, semplicemente, hai capito che lui non è il demonio che ti eri immaginata, e anzi, forse ti piace un po'.» la nereide smise immediatamente di piangere e si asciugò il volto.
«No, questo mai. È impossibile!» rise nervosamente. «È impossibile.» la sua voce era un sussurro.
Era davvero impossibile, o forse gli stava piacendo davvero?
Aveva dei bei capelli argentei e, in fondo, aveva anche dei begli occhi, uno sguardo gentile e...
No. A lei non piaceva Poseidone, e non le sarebbe mai piaciuto.


Il giorno seguente, Poseidone si presentò ancora sulla spiaggia, dove ad attenderlo c'era Nereo.
«Allora, com'è andata ieri?»
«Credo bene, anche se alla fine della giornata, Anfitrite sembrava quasi scocciata. È strano perché a me sembrava che avessimo trascorso bene il tempo insieme.» Nereo rise.
«Sì, mia moglie mi ha raccontato di ciò che è successo. Se conosco bene mia figlia, non era scocciata con te, ma con se stessa.» Poseidone lo guardò stupito.
«Che intendi?»
«Nulla, capirai a tempo debito. E tu che mi racconti? Hai qualcosa di particolare in mente per oggi?» Poseidone glielo spiegò e Nereo parve illuminarsi. «Non so come hai fatto a scoprirlo, ma di certo la farai contenta!»
Anfitrite li raggiunse, e, con somma sorpresa di Poseidone, portava al collo la collana che lui le aveva regalato.
«Buon pomeriggio, Anfitrite.» disse Poseidone sorridendo. «Oggi volevo portarti a Creta, se ne hai voglia ovviamente.» la nereide sembrava spaventata, anzi no, terrorizzata all'idea di lasciare la propria isola per andare da qualsiasi parte con lui.
«Penso sia un'ottima idea, non trovi anche tu, figlia mia?»
«Se abbiamo fatto i conti giusti, oggi dovrebbe accadere qualcosa di molto speciale. Tuo padre mi ha detto che questa sorpresa potrebbe piacerti davvero molto. Spero di non deluderti!»
“Cosa diamine avrà in mente?” si chiese Anfitrite.
Vedendo che la giovane non rispondeva, Nereo stesso la accompagnò al cocchio di Poseidone, non lasciando scampo alla povera nereide.
«Divertitevi.» li salutò il Titano, mentre Poseidone incitava gli ippocampi a partire.
Lungo la strada, Anfitrite non disse nulla, se non qualche laconica risposta alle domande di lui; si aggrappò saldamente al mezzo e guardò dritto davanti a sé, mentre Poseidone cercava di stabilire un dialogo.
«Mi fa piacere che la collana ti sia piaciuta al punto di volerla indossare. Mi rende davvero molto felice.» nessuna risposta. Aphros, che nuotava velocemente al fianco del carro, fece cenno al Dio di continuare. Lui non era ancora convinto della giovane, ma uno dei suoi servitori, che lui aveva mandato a controllare le stanze della ragazza, gli aveva riferito ciò che lei aveva confessato alla sorella minore. Nonostante non fosse stato un grandissimo successo la giornata precedente, si era aperto uno spiraglio per il suo padrone, e di questo ne era contento.
«Dunque... che ne pensi del matrimonio di tua sorella Teti? Sei felice per lei?»
«Naturalmente.»
«Naturalmente...» ripeté lui. «Oh guarda, siamo già arrivati!» disse lui indicando la spiaggia dell'isola.
«Abbiamo fatto molto più in fretta di quanto non temessi.» commentò lei quando Poseidone fermò il cocchio a pochi metri dalla riva.
«Questi meravigliosi ippocampi sono molto veloci.» disse lui scendendo in acqua e andando ad accarezzare quelle meravigliose creature.
«Ho notato...» La nereide si guardò intorno. «Cosa siamo venuti a vedere?»
«Lo scoprirai tra poco.»
Poseidone la condusse dietro a una grossa roccia della spiaggia. La giovane si preoccupò dato che conosceva bene la fama di donnaiolo del Dio. “Alla fine la tua natura malvagia sta venendo fuori”, pensò lei, toccandosi il bracciale incantato che portava al polso. Quel bracciale racchiudeva una potente spada che poteva essere richiamata in qualsiasi momento. Era così potente da essere in grado di ferire, se non addirittura uccidere, persino un Dio.
Poseidone le fece cenno di avvicinarsi, guardando insistentemente oltre la roccia, ma Anfitrite non sarebbe mai cascata nel tranello del Dio.
«Coraggio, avvicinati. Stanno per schiudersi!»
«Schiudersi?» chiese lei stupita.
«Sì, vieni.» lui le tese la mano, e lei si avvicinò, pronta però a richiamare la sua spada in un qualsiasi momento. Le deduzioni di Anfitrite si rivelarono però errate: guardando al di là della roccia, la nereide scorse le uova di tartaruga che si stavano schiudendo.
La ragazza fissò estasiata i piccoli che rompevano il guscio e che, lentamente, cercavano di uscire, facendosi strada nella sabbia per poter raggiungere il mare.
«Che meraviglia!» disse lei sgranando gli occhi. «Sono così tenere.»
«Speravo ti potesse piacere questo posto.»
«Adoro le tartarughe marine!» disse lei con entusiasmo. «Non ho mai avuto però modo di vederle nascere. È una cosa indescrivibile... Cosa c'è?» chiese lei balbettando, dopo aver notato il sorriso compiaciuto del Dio.
«Nulla, è che anche tu sei molto tenera, quando parli di loro.» Anfitrite cercò allora di riprendersi, di darsi un contegno, ma la vista di quelle piccole creature che si trascinavano poco alla volta fino al mare con grande sforzo l'avevano sciolta completamente.
Alcune delle piccole tartarughine non giunsero mai a riva, e la nereide si intristì molto per questo, ma Poseidone cercò di rincuorarla, ricordandole invece quante creaturine erano invece sopravvissute.
Quando l'ultima si tuffò, i due tornarono sul cocchio. Anfitrite era incredibilmente contenta, e parlò incessantemente delle piccole tartarughe, dei loro movimenti lenti e incerti, del momento in cui il loro muso sbucava fuori dal guscio spezzato.
«Devi ringraziare Delphís... lui mi ha ricordato che le uova erano quasi pronte alla schiusa. Ogni anno vengo qui in questa spiaggia per poterle vedere. Normalmente lo faccio da solo, ma per quest'anno ho voluto fare un'eccezione... Spero ti sia piaciuto.»
«Piaciuto? È stato meraviglioso.» disse lei sorridendo di tutto cuore. «Grazie!»
Arrivarono all'isola di Nereo e, scendendo dal cocchio, Anfitrite si voltò verso di lui, chiedendogli cosa volesse proporle l'indomani. Poseidone, spiazzato dalla sua domanda, per poco non perse l'equilibrio.
«A dire il vero non ci avevo ancora pensato... Dicono che nell'isola di Andros ci siano delle fonti meravigliose. Ti piacerebbe vederle?» Anfitrite annuì, sorpresa lei stessa per il suo stesso entusiasmo, e si diresse verso il suo palazzo.
«A domani, Dio del mare.»
«A-a d-domani, Anfitrite.» balbettò lui.
Poseidone rimase a fissarla con sguardo sognante, i battiti del suo cuore avevano cominciato ad accelerare come mai prima di allora.
«Visto che avevo ragione?» disse Delphís, rivolto sia ad Aphros che a Poseidone.
«Sì, le è davvero piaciuto. Forse c'è davvero speranza.» commentò il centauro marino.


Nella camera di Anfitrite, la nereide e la sorella stavano parlando della giornata.
«Quindi è stata un'esperienza gradevole. Non ti sei neanche annoiata?»
«No. Pensavo volesse approfittarsi di me, invece è stato molto, molto...» Anfitrite avrebbe voluto dire “tenero”, ma non voleva associare una parola del genere proprio a Poseidone. Avevano passato una bella giornata, ma questo non cambiava nulla fra loro.
«Insomma, alla fine ti è piaciuto stare in sua compagnia.»
«Sì, ma non fraintendermi,» si affrettò ad aggiungere la maggiore, «posso anche passare dei bei pomeriggi con lui, ma questo non significa che io voglia sposarlo. Può essersi dimostrato un buon Sovrano, una persona gentile e sensibile,» disse sottovoce, «ma non per questo io mi riscoprirò innamorata di lui.» Teti la ascoltò attentamente, studiando le espressioni della sorella e i suoi gesti.
«Dici di non essere interessata, eppure porti la collana che ti ha regalato, gli hai sorriso e hai ammesso di essere stata molto bene con lui oggi. Anfitrite, tu sarai anche la maggiore, ma ci sono ancora tante cose che devi imparare sull'amore.» disse la minore, alzandosi e uscendo in fretta dalla porta, prima che Anfitrite realizzasse ciò che Teti le aveva detto e che scagliasse l'ennesimo vaso pregiato nella stanza.
Ma Anfitrite non corse dietro alla sorella per rimarcare il suo pensiero. Rimase sola nella sua stanza, a riflettere.
«Io non sono innamorata... l'amore non c'entra niente con tutto questo.» borbottò poco prima di portarsi alla bocca una mela. «Dopo questi pomeriggi è probabile che muterò la mia idea su di lui, ma non per questo accetterò la sua proposta di nozze. L'amore è ben altra cosa, io non darei mai la mia vita per lui...» sospirò e guardò fuori dal balcone della sua stanza, osservando la pallida luna che si era levata alta nel cielo.
«Non ho mai voluto l'amore. Ho sempre e solo voluto tornare a casa... nel mio amato mare.» sussurrò tenendo stretta nella mano la collana che Poseidone le aveva donato il giorno precedente, addormentandosi mentre una lacrima le solcava il volto.


Passarono anche i successivi tre pomeriggi, e ogni giorno, Poseidone e Anfitrite trascorsero dei meravigliosi momenti di complicità e divertimento.
La fonte dell'isola di Andros era fresca e cristallina, piacque moltissimo alla giovane nereide e i due fecero la conoscenza delle ninfe che abitavano sull'isola.
Poseidone già conosceva la loro regina, Tiche, che li accolse con tutti gli onori. Parlando con dolcezza ad Anfitrite, la ninfa si congratulò con lei.
«In verità non ho ancora accettato la sua proposta.» disse la nereide, lasciando spiazzata la regina. Poseidone era intento ad ascoltare ciò che le altre ninfe avevano da raccontargli, così la regina fu libera di parlare apertamente con la giovane.
«Forse non sarò più giovane come un tempo, ma riesco a riconoscere l'amore quando lo vedo.»
«Poseidone potrà anche essere innamorato, ma non io.»
«Ah, no?» la regina scrutò la giovane che aveva di fronte. «A volte siamo gli ultimi ad accorgerci di ciò che per gli altri è già evidente... ma se davvero sostieni che solo lui ti ama e tu no, allora ti chiedo di non torturarlo più di quanto tu stessa non stia facendo con il tuo cuore. È riprovevole negare la felicità agli altri, ma negarla a noi stessi quando è a portata di mano, è il torto peggiore che possiamo commettere.»
Le parole della regina rimasero impresse per i due giorni successivi nella mente della giovane Anfitrite.
Più passava del tempo con Poseidone, e più si riscopriva felice. Non voleva ammetterlo, ma la sua compagnia le era molto gradita. Le dispiaceva quasi il doversi separare da lui.
“È passato così poco tempo, eppure già sento la necessità di vederlo. Che cosa mi prende?” pensava lei. “Dovrei odiarlo, eppure non ci riesco. Perché? Perché proprio a me doveva capitare una sorte così ingrata? Io avrei dovuto combattere per restituire il trono a mio padre e non cadere ai piedi del Dio che ci aveva scacciati dalla nostra antica dimora.” Anfitrite non riusciva più a contenere le lacrime.
Il suo cuore non le aveva mai fatto così male. Poseidone non era quello che lei si aspettava, e più stava con lui, più desiderava averlo accanto.
Quello sarebbe stato l'ultimo giorno di visita, e l'indomani avrebbe dovuto dargli una risposta.
La nereide non aveva accettato la visita di nessuno quella sera, né della madre, né di Teti, neppure del padre. Quando l'incontro col Dio finì, la giovane si barricò nelle sue stanze, impedendo a chiunque di accedervi.
«Io non riesco a pensare, non riesco a ragionare qui dentro.» disse lei uscendo dalla finestra della sua stanza. «Mi sento soffocare.»
Anfitrite scese in spiaggia e lì trovò una sua vecchia amica: la vecchia Idotea, una tartaruga marina grande quanto un grosso mastino. Idotea era dotata del mistico potere della vista: le sue profezie si erano sempre rivelate esatte.
«Bambina, che succede?» Anfitrite non si aspettava di trovarla, erano anni che la vecchia tartaruga non tornava nella loro isola. Dopo essersi asciugata le lacrime e dopo essersi calmata, la nereide raccontò alla tartaruga tutto quello che le era capitato, dei suoi dubbi e di ciò che stava provando.
«Tu devi andare via da qui, o non riuscirai mai a prendere una decisione che sia realmente tua. Qui tutti proveranno a spingerti in una o nell'altra direzione, ma la scelta deve essere tua e tua soltanto.»
«Tu però sai cosa è giusto che io faccia, vero?» chiese la giovane sperando che la vecchia amica le desse un parere realmente imparziale. La tartaruga sorrise, poggiando la grossa pinna sulle gambe della ragazza.
«Io so cosa ti renderebbe felice, mia cara. Ma non posso dirti cosa devi o non devi fare. Potresti rimpiangere per tutta la vita una scelta che non è scaturita dal tuo cuore, e tu, mia adorata, sei immortale. Una vita di rimpianti per una creatura che non può morire, è davvero dura da sopportare.»
«Hai ragione... ma ora dove posso andare?»
«Salta sul mio carapace, ti porterò io in un posto sicuro.»
E così, le due si allontanarono verso un'isola remota, il cui unico abitante era una vecchia, quanto sgradita, conoscenza di Poseidone: Atlante.
Un antico nemico che aveva ancora un conto da saldare con il Signore dei mari.


«Ah, se tuo padre fosse sceso in campo, e così anche gli altri Titani che non avevano risposto al richiamo di Crono... allora sì che li avremmo sconfitti quei traditori.» sospirò Atlante, affaticato dalla dura punizione che Zeus gli aveva inflitto.
«Però, prima che arrivasse Zeus, il mondo era nel Caos, e Crono stava impazzendo del tutto. Non puoi negarlo.» gli rispose Anfitrite. Lei e Idotea erano arrivate da poco nell'isola di Atlante, e il Titano le aveva accolte con gioia. Dopotutto, lei era la figlia di Nereo, uno dei pochi uomini che facevano visita allo sventurato Titano. E Idotea, lungo il percorso, aveva suggerito di portargli qualche dono, e la giovane nereide pescò per lui dell'ottimo pesce, che il Titano divorò poi con gusto.
«Tuo padre è sempre stato molto buono con me, Anfitrite, e tu non sei da meno. Buon sangue non mente, mia cara. Potrai restare nella mia isola per tutto il tempo che ti servirà. Ora sei sotto la mia protezione.» le disse con dolcezza il Titano.
Anfitrite guardò con compassione quel poveretto, costretto a reggere la volta del mondo per l'eternità: un castigo inflitto solo per aver amato a tal punto il suo stesso fratello da rimanere al suo fianco fino alla grande Caduta dei Titani.
Zeus forse era stato fin troppo severo nei suoi riguardi, cominciò a pensare Anfitrite, dubbiosa. Come si poteva fare una cosa del genere a una persona tanto buona? La giovane nereide pensò a un modo per aiutarlo. Magari Zeus si era ammorbidito nel frattempo, e si poteva far leva sul suo cuore per liberare Atlante dal suo tormento.
«Ma ditemi, cosa vi ha realmente portate qui da me? Hai forse litigato con tuo padre, Anfitrite?» La giovane non vide motivo di tenere nascoste al suo ospite le ragioni della sua fuga, così gli raccontò tutta la storia. Ma non appena lei pronunciò il nome di Poseidone, il Titano aveva contratto involontariamente il viso in una smorfia di disgusto, ma le lasciò finire il suo racconto prima di dire la sua.
«Ah, cara ragazza. Allora è un bene che Idotea ti abbia portata da me. Ti ha salvata da una sorte assai crudele!» le disse lui grave.
«Cosa intendi, Atlante?»
«Ah, se sapessi...» Preoccupata, Anfitrite insistette a tal punto che Atlante le rivelò una triste verità. «È stato Zeus a confermare la mia condanna, ma la punizione non fu una sua idea: la suggerì Poseidone.» La nereide non poteva credere a quelle parole. Nonostante lei avesse creduto così a lungo che il Dio dei mari fosse malvagio, aveva avuto prova, e in più di un'occasione in quei giorni, della bontà del cronide.
«Vorrei poterti dire che lui sarebbe un buon marito, ma mentirei se lo facessi. È un essere spregevole, meschino e menzognero. Mi dispiace di doverti recare dolore, lo vedo che il tuo cuore è affezionato oramai a lui, ma non posso tacerti questa verità.» Anfitrite crollò a terra tremante. Atlante continuò a rincarare la dose, raccontandole di averlo visto corteggiare alcune ninfe la sera precedente, gettando ancora di più la nereide nello sconforto.
«E dire che per un attimo ho anche pensato di... Che sciocca sono stata!» disse scoppiando a piangere. «Lo sapevo che questo non poteva essere davvero amore, ma solo una mera infatuazione.» Idotea cercò di rasserenarla, lanciando un'occhiata sbieca ad Atlante.
«Coraggio, cara. Forse dovresti anche sentire la sua campana, è sempre bene avere le opinioni dell'uno e dell'altro.» Ma Anfitrite, incitata da Atlante, era sul piede di guerra.
«Se lui dovesse avvicinarsi, io lo affronterò,» richiamò la spada mistica dal suo bracciale, «rimpiangerà amaramente tutto ciò che ha fatto a me e ad Atlante.»
«Non lasciarti ingannare, bambina.» la tartaruga cercò di metterla in guardia. «Non sempre le cose sono come appaiono. Non sto dicendo che Atlante sta mentendo, ma che non è detto che lui abbia visto veramente ciò che lui afferma.» La nereide era oramai plagiata dalle parole del Titano, decisa a non perdonare mai più quel Dio che l'aveva ingannata.


Prima ancora che Anfitrite e la tartaruga veggente giungessero all'isola di Atlante, Aphros e Delphís, che avevano sempre vegliato su quella che probabilmente sarebbe diventata la loro futura regina, avevano intuito dove la tartaruga stesse conducendo la ragazza, ed erano subito tornati a palazzo per avvertire Poseidone.
«Ne sei sicuro?» chiese lui preoccupato.
«Non è detto che vadano proprio sulla sua isola, ma è molto probabile che lo possano incontrare.» rispose Aphros preoccupato.
«Atlante nutre un livore estremo nei miei riguardi... temo che possa divulgare notizie false sul mio conto.»
«Lei non gli crederà, ne sono certo, mio Signore.» cercò di rincuorarlo Aphros.
«Tu non conosci Atlante.» sospirò Delphís. «Non solo sa essere molto convincente, ma è anche un uomo incline all'auto compatimento. Se non lo conosci bene, non puoi che credere alle sue parole.» Il delfino fece subito preparare il cocchio del Sovrano.
«Dobbiamo muoverci, e in fretta.» Poseidone afferrò il tridente, e incitò gli ippocampi. «Presto!»

Poseidone, Delphís e Aphros, raggiunsero l'isola non appena cominciò ad albeggiare.
«Anfitrite?» chiamò il Dio con quanto fiato aveva in corpo. «Anfitrite, dove sei?» ma non giunse alcuna risposta. Poseidone non si arrese e continuò a chiamarla, aiutato dai suoi fedeli servitori.«Ti prego, Anfitrite, vieni fuori.» non aveva neanche più il fiato per chiamarla.
E fu allora che lei comparì, vestita di un'armatura verde, come le acque smeraldine della lontana isola oltre i gorghi di Scilla e Cariddi.
«Mia cara, io... io ero molto in pensiero per te.» disse lui annaspando. Lei, del tutto indifferente alla fatica di lui, gli puntò contro la spada.
«Non voglio arrivare a tanto, ma se non intendi pagare per ciò che hai fatto ad Atlante, a ciò che hai fatto anche a me, qui non sei il benvenuto. Puoi avere salva la vita, basta che tu te ne vada.» lei lo guardò con occhi glaciali.
«Anfitrite, non so cosa lui ti abbia detto, ma...»
«Lui mi ha semplicemente detto la verità, mio caro. So che sei stato tu a condannarlo a questo.» disse indicando il titano, sovrastato dal peso della volta celeste. «Lui ha creduto a suo fratello, l'ha sostenuto ed aiutato, come avete fatto voi con Zeus. Il poverino mi pare abbia sofferto già abbastanza, la guerra gli ha portato via il suo mondo. Perché condannarlo in questo modo orribile?» chiese lei con le lacrime agli occhi. «Ti credevo diverso, e dopo il tempo che abbiamo trascorso insieme ti ho creduto migliore. Mi sono sbagliata.»
«No, ti prego,» la supplicò Poseidone, «fidati di me. Io ho contribuito nella scelta di questa pena, ma Zeus aveva minacciato di gettarlo nel Tartaro.» Anfitrite ebbe un attimo di lieve tentennamento. Guardò in direzione di Atlante in cerca di conferma.
«Avresti potuto intercedere, invece che farmi condannare.»
«Tu non ci hai lasciato altra scelta. Voi Titani avevate quasi distrutto il mondo con la guerra e le vostre azioni. Non potevamo lasciarvi scorrazzare indisturbati senza alcuna regola.»
«Fai attenzione, Anfitrite.» le gridò Idotea.
«Io...» la giovane nereide non sapeva a chi dare retta. Poseidone aveva fatto breccia nel suo cuore, ma allo stesso modo, non poteva non dare retta ad Atlante, il cui tormento non era una mera finzione. Voleva dare credito a entrambi, ma non sapeva cosa fare. La testa le sembrava che stesse per esplodere.
«Anfitrite... non appena ti ho vista ho sentito che c'era qualcosa di speciale in te, qualcosa che mi trascinava irrimediabilmente a te. So che sei confusa, ma ti chiedo di guardare nel tuo cuore, e di ascoltarlo: credi davvero che io ti mentirei?» lei avrebbe voluto rispondergli di no, ma Atlante alzò la voce per farsi sentire da lei: «Ricordati di ciò che ho visto!»
“Giusto!” pensò la nereide. Poseidone, dopo averlo conosciuto, non le sembrava più il Dio superficiale e malvagio che aveva creduto che fosse, ma Atlante le aveva anche riferito che lo aveva visto corteggiare delle ninfe. Lei lo riferì a Poseidone, che rimase stupito dalle accuse che lei gli aveva lanciato.
«Mia cara, io non provo amore che per te. Non potrei mai corteggiare un'altra donna.» disse, prendendo l'oggetto che Delphís gli stava porgendo. «Sono rimasto in compagnia delle ninfe e ho confabulato con loro... al fine di forgiare la corona che ho fatto solo per te.» Le mostrò il meraviglioso diadema, incastonato da perle meravigliose dai riflessi azzurri. «Ci sei solo tu nel mio cuore, mia Regina.» disse avvicinandosi sempre di più.
«Non ascoltarlo!» urlò Atlante.
«Io... non posso. Non riesco a fidarmi del tutto di te.» rispose lei sinceramente. In quei pochi giorni aveva conosciuto Poseidone, aveva imparato ad apprezzarlo, condividendo con lui momenti meravigliosi. Più lo conosceva e più le piaceva... ma c'era ancora qualcosa che la frenava.
Poseidone allora guardò i suoi due fedeli servitori: «Non mi rimane che quello.» disse lui sconsolato.
«Ne siete certo?»
«È il solo modo che ho per provarle che l'amo davvero!»
Poseidone le mostrò allora una pietra preziosa, di un rosso carminio. Sembrava quasi che vi fosse una fiammella al suo interno, che vibrava e che emetteva calore. Il Dio gliela porse, ma Anfitrite non la prese.
«Cos'è?»
Lo sguardo di Poseidone si fece serio, magnetico, come mai le era capitato di vedere.
«Il mio cuore, la mia anima.» disse lui con un filo di voce.
«Non è possibile...» sussurrò lei guardandolo.
«È un antico e potente incantesimo. Gli Dei sono immortali, e nessuna arma mortale può ferirli o ucciderli... o quasi. Questo è il mio cuore, la mia vita,» prese un profondo respiro, senza mai staccare gli occhi da lei, «la mia immortalità. Se non posso vivere con te, se non riesco nemmeno a farti capire che son sincero, che il mio amore per te è reale, allora preferisco non vivere.»
«Poseidone, tutto questo non è necessario.» disse lei con voce strozzata. Quella fiammella dentro la pietra rossa emanò un leggero bagliore, che per un attimo fece risaltare lo sguardo fermo e penetrante del Dio.
Poseidone faceva sul serio.
Poseidone le stava dicendo la verità.
Non aveva alcun dubbio.
“Mi ama davvero” pensò lei, cominciando a perdere la presa sulla spada.
«Anfitrite, io ti amo, ed è per questo che affido a te la mia vita, l'unica persona al mondo alla quale voglio permettere di decidere del mio destino.»
Con Atlante aveva commesso un errore, ma lo aveva anche risparmiato da una pena di gran lunga peggiore. Lei lo aveva mal giudicato, nonostante suo padre le avesse sempre detto che era stato lui stesso a cedere il dominio dell'intero impero marino a Poseidone. Il Sovrano dei mari era sempre stato gentile con lei, dolce e premuroso.
Senza conoscerla, era stato in grado di scegliere gli unici gioielli che a lei potessero piacere, senza dover compiere imprese impossibili. Le aveva mostrato esattamente le cose che lei avrebbe gradito vedere, le aveva mostrato il suo lato più tenero e fragile. A lei, e a lei soltanto, alla fine, aveva deciso di donare il suo cuore.
«Poseidone... io...»
In quel momento intervenne Atlante, che pur di non darla vinta al Dio tanto odiato, caricò il peso della volta celeste solo su di una spalla, prese un sasso e lo lanciò con precisione, arrivando dritto sulla mano di Poseidone, spezzando così la pietra che conteneva la sua anima.
Il Dio si accasciò a terra, soffocando appena le grida di dolore. Anfitrite lanciò un urlo, e si affrettò a sorreggerlo, aiutata dai servitori di lui che lo fecero sdraiare a terra. Dalle loro spalle si sentirono le risate gioiose di Atlante, soddisfatto per aver sconfitto il suo nemico.
«Oh, no!» gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Io... mi dispiace. È tutta colpa mia.» Anfitrite prese la mano che il Dio le stava porgendo.
«Tu mi credi finalmente?» lei annuì.
«Certo, sciocco di un Dio.» disse lei sorridendo. «Non morire, ti prego.» Il corpo di Poseidone si faceva sempre più leggero e impalpabile: stava scomparendo.
«Mia cara, dovrai pensare tu all'oceano, d'ora in avanti.»
«No, lo farai tu, come hai sempre fatto.» disse lei carezzandogli il volto. «Voglio stare con te. Non so che significhi amare. So solo che quando ti vedo, quando ti penso, quando sto con te... io provo qualcosa che non ho mai provato prima. Emozioni così forti che non riesco a descrivere.»
Poseidone sorrise, mentre le porgeva ciò che rimaneva della pietra dell'anima.
«Ti amo anche io.» disse svanendo, lasciando Anfitrite e i suoi servitori in lacrime.
«Non è giusto.» disse lei fra i singhiozzi, mentre Delphís e Idotea cercavano di sorreggerla e consolarla.
All'improvviso, il sole venne oscurato da nubi nere, e ci fu un boato così forte che la terra tremò. Fulmini e saette illuminarono il cielo sopra le loro teste, mentre il mare, per contro, non produsse più il suono rilassante delle onde: divenne immobile, stagnante, come se fosse morto anche lui assieme al Dio.
I venti che soffiavano non riuscivano a smuovere le acque che stavano diventando sempre più torbide e scure.
«Non è giusto.»
Anfitrite non riuscì a smettere di piangere tanto era il dolore, e le sue lacrime caddero copiose sulle sue mani e sui frammenti della pietra.
Fu in quell'istante che accadde un prodigio.
Il mare, che fino a un momento prima sembrava morto, riprese gradualmente ad incresparsi e a tornare mosso.
Contemporaneamente, la fiammella che dimorava nascosta sotto la superficie di cristallo, l'essenza stessa dell'anima di Poseidone, si riaccese, fluttuando davanti ai loro sguardi attoniti.
Balenò da una parte all'altra, toccando uno alla volta tutti i frammenti del cristallo rossastro, che poco a poco si ricomposero attorno ad essa. Quando il cristallo si ricompose e cadde dolcemente fra le mani della nereide in lacrime, ecco che Poseidone, così come era sparito, ricomparve. Più stupito di tutti loro.
«Io non capisco...» disse lui guardando se stesso, incredulo come mai prima di allora, mentre Anfitrite, ormai libera da ogni incertezza, gli si gettava fra le braccia, piangendo e ringraziando Ade per averlo riportato da lei.
«Non credo sia opera di mio fratello... Ma spero almeno che questo sorriso non sia per lui, mia amata Anfitrite.» disse abbracciandola a sua volta.
«Vostro fratello Ade non c'entra.» disse Idotea, e al suo fianco si palesò anche il potente Zeus.
«Fratello, prima di estrarre la tua anima e esporla ai pericoli, vedi di avvisare.» mentre il Signore degli Dei diceva questo, non risuonavano più le risate di Atlante, ma gli echi delle sue urla disperate e strazianti, assieme a quelle festose e sadiche di Ares. Il Titano stava subendo le aspre torture del Dio che aveva ricevuto precisi ordini dal padre: “Vai e divertiti, figliolo!” Ares lo aveva preso in parola.
«Se non è opera di nostro fratello, allora chi è stato?» chiese il Dio dei mari. La tartaruga e Zeus si guardarono divertiti.
«Eppure non è difficile.» disse Zeus guardando Anfitrite.
«Io?!»
«Anfitrite è parte del mare... lei è sempre stata diversa dalle sue sorelle.» spiegò Idotea. «Lei è parte stessa dell'essenza dell'oceano, e tu, Poseidone, come sovrano di esso, lo sei anche tu a tua volta. Il mare non può morire.» disse la tartaruga sorridendo. «Senza le lacrime della nereide, che hanno creato un ponte fra te e lei, ti saresti ritrovato a vagare incorporeo, accanto a noi, ma invisibile ai nostri occhi.»
«Questo spiega ciò che ho visto.» disse lui spiegando che in quei brevi istanti in cui lo avevano creduto morto, gli era sembrato di vederli soffrire e invocare il suo nome. Aveva sentito la sofferenza di Anfitrite, e avrebbe voluto starle accanto, ma quando provò ad allungare una mano verso di lei, non riuscì nemmeno a sfiorarla, ma la attraversò.
Poi sentì il corpo riprendere vita, e, quando riaprì gli occhi, era tutto tornato alla normalità.
«Credo che alcune cose si siano trascinate anche fin troppo a lungo.» disse a un certo punto Zeus.
«Cosa?»
«Vedete di sbrigarvi voi due, voglio una cerimonia come si deve. Mi aspetto un invito al massimo per domani, e la cerimonia, e giusto perché sono buono e comprensivo, non più tardi di due giorni. Sono stato chiaro?» Poseidone e Anfitrite si guardarono, dapprima imbarazzati. Ma non appena i loro occhi si incontrarono, entrambi sorrisero felici.
«Chiarissimo.»
Tutto sembrava sistemato, e la vecchia tartaruga stava per andarsene, ma c'era ancora qualcosa che la nereide doveva sapere.
«Idotea?» la chiamò Anfitrite.
«Sì, mia cara?»
«Voglio la verità. Tu sapevi tutto? Di Atlante, di quello che sarebbe accaduto...»
«Naturalmente. Sono una veggente, la migliore del mondo.»
«Perché non hai voluto dirmi che cosa sarebbe successo?» Idotea sorrise soddisfatta.
«Se lo avessi saputo, mia cara, non avresti mai capito di amare davvero l'uomo che è al tuo fianco. Tutti agognano il mio consulto, sapere ciò che il Fato ci riserva. Ma se io ti svelassi ogni aspetto di questo lungo viaggio che è la vita, allora quale significato avrebbe vivere?»


Non fu facile spiegare a Nereo e a Doride quanto era successo, ma i genitori di lei furono molto comprensivi, e presto si celebrarono quelle tanto sospirate nozze.
Dei, Dee, ninfe provenienti da ogni parte del mondo accorsero per rendere i propri omaggi ai nuovi sovrani del mare.
Le celebrazioni durarono per giorni e giorni, fino a quando il Re e la Regina dei mari furono finalmente soli nel loro palazzo.
«Mia adorata,» disse Poseidone, trasportando la sposa nella camera nuziale, «riuscire a conquistare il tuo cuore è stata l'impresa più pericolosa di tutta la mia vita.» Lei rise accarezzandogli i fluenti capelli argentati che scivolavano sulla sua spalla.
«Hai qualche rimpianto?» Lo sguardo di lei sembrava adirato, come quella volta in cui si incontrarono; ma nel profondo, era carico di allegria e di puro amore.
«Non lo so...» rispose lui, divertito da quella domanda dispettosa.
La loro camera era piena di fiori variopinti, e la vista che dava sull'oceano era meravigliosa. Pesci dai colori variopinti sfrecciarono proprio sotto ai loro occhi.
«Ti ho fatto un grave torto in passato, non credendoti degno del tuo ruolo, ma ho capito di essermi sbagliata. Vedrò di rimediare.» disse lei sorridendo al marito.
«E come intendi farti perdonare?» chiese lui ridacchiando.
«Mah, non saprei... forse amandoti ogni giorno, ripetendoti e dimostrandoti da oggi fino alla fine del nostro Regno, quanto è grande il mio amore per te. Il mondo è così vasto, ma non potevo innamorarmi di nessun altro se non di te, te che sei l'altra metà del mio cuore.» disse baciandolo con passione. «Ti amo, e non smetterò mai di farlo.»
«Ne sei certa?»
Nella sottile tiara che portava sul capo vi era incastonata una magnifica gemma color rosso carminio, al cui interno vi era una luce viva che non smetteva mai di brillare. Quello era il pegno dell'amore e della fiducia incondizionata che il marito nutriva per lei. Anfitrite sorrise al Dio che amava, si staccò dal caldo abbraccio del marito, e si mise a rovistare nel ripiano davanti al grande specchio.
Quando tornò da lui, gettò dolcemente le braccia attorno al suo collo, sfiorando la sua chioma d'argento. La Signora dei mari mise attorno al collo del suo Signore un ciondolo con una pietra blu, blu come i fondali marini. Blu come il cuore del mare che risplendeva nei suoi occhi. Al suo interno brillava una speciale fiammella, rifulgendo come una stella.
«Per sempre, amore mio.»
I due si scambiarono un altro bacio, e un altro ancora, fondendo non solo i loro corpi, ma anche le loro anime, finalmente unite.

Fine



 
L'angolo di Shera♥

Ed eccoci con la seconda, e per fortuna, ultima parte.
All'inizio pensavo di aspettare un po' prima di pubblicare il finale, poi ho cambiato idea XD. Non so resistere al richiamo della pubblicazione.
Anche se temevo che non ci sarei mai riuscita, a cominciato la stesura di una nuova storia per un altro contest, e, in via del tutto eccezionale, sarà una sorta di sequel di un'altra storia scritta qualche mese fa, e ancora una volta per un contest del forum: mi riferisco a Tainted Love. Coi sequel a volte va bene, ma spesso va male... spero di non aver fatto un pastrocchio. ai tempi della stesura di quel racconto, mi ero trovata un difficoltà a causa della limitazione riguardante le parole: per le OS si trattava di non più di 2000 parole, e per me è stato un po' limitante per certi punti di vista.
Con il nuovo racconto, sto aggiungendo alcuni frammenti mancanti degli ultimi istanti di Rochel, e del piano di Rexa per fuggire e per punire chi l'aveva maltrattata per anni.

La storia è in lavorazione, spero di completarla nei prossimi giorni ^^.

Riguardo zio Posi e Anfitrite, beh, non c'è molto che possa aggiungere a quello che avevo già accennato la volta precedente: con tempo e voglia, potrei riscrivere tutto di nuovo, trasformando la loro storia in una long come si deve, ma per il moemtno, mi accontento di questo ;)
Sono piuttosto soddisfatta del mio lavoro, e spero che possa essere di vostro gradimento.

Per ogni cosa, fatemi pure sapere con un commento o con un messaggio privato.

Grazie a tutti, un abbraccio


Shera♥
  
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