Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: hirondelle_    04/11/2016    1 recensioni
[spoiler capitoli 86-87]
La danza che il fuoco compiva, in bilico sulla candela di fronte a lui, catturò il suo sguardo per troppi istanti. La cera si decomponeva e scivolava davanti ai suoi occhi impotenti, formando uno stagno lucido e liscio ai suoi piedi, contenuto da una coppetta di ottone- L’esistenza di una candela si limitava a poche ore, preziose per lui, che attendeva invano che il sonno lo avviluppasse per pochi momenti, il necessario per recuperare un po’ di energie. Tutto il suo corpo, ancora teso per lo sforzo di quel giorno, non voleva saperne di abbandonarsi al torpore e i suoi occhi vigili rimanevano incollati all’unica luce presente nella stanza.
[accenni Eruri]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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the candle

La danza che il fuoco compiva, in bilico sulla candela di fronte a lui, catturò il suo sguardo per troppi istanti. La cera si decomponeva e scivolava davanti ai suoi occhi impotenti, formando uno stagno lucido e liscio ai suoi piedi, contenuto da una coppetta di ottone- L’esistenza di una candela si limitava a poche ore, preziose per lui, che attendeva invano che il sonno lo avviluppasse per pochi momenti, il necessario per recuperare un po’ di energie. Tutto il suo corpo, ancora teso per lo sforzo di quel giorno, non voleva saperne di abbandonarsi al torpore e i suoi occhi vigili rimanevano incollati all’unica luce presente nella stanza.
Un coro di lievi sospiri  proveniente da dietro la parete di legno lo informava che Eren, Armin e Mikasa si erano finalmente addormentati. Li aveva visti stringersi l’uno all’altro per combattere il freddo e l’angoscia, silenti, e aveva visto chiaramente Armin piangere nel mezzo, stretto fra le braccia dei suoi amici. All’eccitazione per le nuove informazioni acquisite era susseguita un’angoscia straziante, che per un attimo aveva colpito i loro nervi, saldi per la disperazione, e li aveva messi in ginocchio. 
Perdere il controllo durante una missione era un’eventualità abbastanza comune, ma fatale: Levi sapeva che se non fosse stata per la sua esperienza sarebbe crollato anche lui in quel momento e sarebbe stata la fine per tutti. Era solo questione di incamerare i pensieri e chiuderli a chiave in una parte della sua mente, e tirarli fuori solo in un secondo momento, lontano da tutti, perché non esplodessero. Era sempre stata la sua procedura e la sua soluzione a tutto. Anche questa volta era deciso ad applicarla.
Ricacciò indietro le lacrime: non era ancora il momento. 
Chiunque l’avesse visto dall’esterno lo avrebbe riconosciuto nella sua solita posa stoica e impassibile: le gambe accavallate, le braccia incrociate, il viso pacato. Eppure gli occhi... gli occhi erano lucidi e gonfi, persi nella contemplazione di qualcosa che non esisteva più. Aspettava solamente che la candela si consumasse del tutto e che Hanji fosse costretta a togliere lo sguardo dal diario di Jaeger. La quattrocchi, ovviamente, voleva andare a fondo di quella faccenda da sola.
Non la odiava per essere l’unico essere umano ancora sveglio sulla faccia del continente del quale erano appena venuti a conoscenza... La odiava perché finora, nonostante tutto, era stata l’unica a non aver versato nemmeno una lacrima. E invece Levi voleva che gli dimostrasse non solo che lei era l’unico essere umano tra i due, ma che lui doveva essere un mostro anche quella notte e la notte dopo e per tutte le altre notti a venire. Voleva una ragione per mostrarsi il più forte, voleva una ragione per trattenersi ancora e rimandare il dolore per sempre.
E lì, in quella casa in rovina che avevano deciso di condividere, al riparo di una tettoia scricchiolante e in compagnia del bagliore di una candela intrepida, Levi gli rivolse le prime parole da quando erano entrati in quella stanza. “Come fai?”
La sua voce risuonò con maggiore intensità nel vuoto di quel silenzio assordante. Hanji sussultò e alzò la schiena, rivolgendogli la sua totale attenzione. Dapprima sembrò non capire, forse a causa della stanchezza,  poi i suoi occhi si spalancarono. “Levi...”
“Come fai? Dopo tutto quello che è successo... Non ti sei staccata da quella roba per ore.”
La donna non rispose subito, ma chiuse il libro e sigillò le labbra nella mutezza. Non abbassò lo sguardo, ma continuò a guardarlo come se fosse un fantasma- ed era quello che era, un fantasma di se stesso, la forza fatta scivolare via in un impeto di fragilità.
“Me l’hai insegnato tu, Levi... Ho perso la mia squadra e abbiamo perso Erwin, è vero,” sussurrò dopo un po’. “Ma non ho dimenticato chi sono- non ho dimenticato la nostra missione e non ho dimenticato che siamo ancora fuori dalle Mura. Il meglio che posso fare, ora, è concentrarmi su quello che abbiamo.”
Ecco, era esattamente la risposta che avrebbe dato lui stesso appena qualche mese prima. Andare avanti, questo era l’importante: andare avanti e lasciare che il passato venisse sommerso da una destinazione finale che, si sperava, non sarebbe tardata ad arrivare. 
Per un attimo si chiese se i ruoli non fossero ad un tratto invertiti- sarebbe dovuto essere lui a pronunciare quelle parole, lui a tenere il controllo della situazione. Ma aveva davanti forse il nuovo Comandante della Legione Esplorativa e si sentiva d’un tratto totalmente perduto, senza una destinazione, senza un motivo d’esistere. Mancava qualcosa.
“Perché...” mormorò. “Ho perso tante, tante persone... perché stavolta dovrebbe essere diverso?”
Mancava qualcosa.
“Perché mi sento così vuoto?”
Mancava qualcuno.
Una lacrima.
Hanji si alzò dal suo sgabello, sconvolta. “Levi!” disse, a voce più alta.
“Zitta!”
Mancava qualcuno.
Un’altra lacrima, un singhiozzo.
Ci volle poco perché Hanji facesse velocemente il giro del tavolo e gli si avvicinasse; in una situazione normale non avrebbe permesso a nessuno di toccarlo, ma si scoprì incapace di compiere qualsiasi azione e lasciò che la donna si abbassasse e gli ponesse le mani sul ginocchio. Rimase così, teso, a gambe e braccia incrociate, stravolto dai singhiozzi e dai brividi. Sapeva che nessuno lo aveva mai visto così, nemmeno lui. La quattrocchi tenne il suo maledetto sguardo incredulo e spaventato sul suo viso per attimi che gli sembrarono interminabili- poi, all’ennesimo singhiozzo che si tramutò in un verso trattenuto, si alzò appena.
“Levi... piangi.”
Sentì le sue braccia avvolgerlo e il calore del suo corpo premuto contro di sé. 
“Piangi...” 
Anche la sua voce era rotta.
Levi lasciò che il suo corpo parlasse per lui e portò tremando le mani dietro la sua schiena.
Rimasero in quella posizione anche dopo che la candela si fu del tutto spenta.
Mancava qualcuno.
Mancava Erwin. 

   
 
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