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Autore: NihalDellaTerraDelVento    04/11/2016    0 recensioni
Hope è un ragazzo di ventiquattro anni. Ha una vita normale. Ma spesso sogna e vede cose strane, come se fossero ricordi. Forse non è niente, forse è il preludio a qualcosa di più.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hope, Lightning, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il sole, quel giorno, si divertiva a giocare a nascondino con il vento.
Come un bambino si nascondeva tra le nuvole, per poi spuntare all'improvviso.
Stupido Marzo!, pensò il protagonista di questa nostra storia.
Capelli così biondi da sembrare albino e stupendi occhi verdi. Il suo nome era Hope Estheim, ventiquattro anni, universitario.
Hope terminava ora un’infinita giornata di studio all'università, il suo unico desiderio era tornare a casa e vedere un bel telefilm, l’ultima puntata di Games Of Thrones magari.
Arrivò al parcheggio, chiedendosi se Jon Snow fosse un Targaryen, e tirò fuori le chiavi.
Improvvisamente si bloccò. Gli capitava spesso.
Aveva questi strani blocchi da tutta una vita da quel che ricordava.
Fissò la sua immagine riflessa nel finestrino per un tempo incredibilmente lungo, ma la sua mente vedeva altro.
Paesaggi infinti, esseri volanti che non potevano essere reali, una grande luna sorretta da una colonna di cristallo dello stesso diametro di New York. E poi una figura di spalle, una donna. I capelli rosa sparsi nel vento, la postura di chi non si arrende.
Così come iniziò finì.
Non era la prima volta che Hope percepiva immagini del genere, e aveva smesso di preoccuparsi.
Era stanco e stressato. Il suo cervello aveva semplicemente deciso di andare a fare una passeggiata in mondi fantastici.
No, la vera cosa che lasciava turbato Hope era le sensazioni che provava ogni volta che aveva queste visioni. Sentiva di conoscere quei luoghi. Una sorta di nostalgia gli chiudeva la bocca dello stomaco ogni volta e poi ricordava paura, smarrimento, solitudine. E quella donna… Era l’unica immagine ricorrente nelle sue visioni. Vederla ogni volta gli faceva provare un mix di emozioni assurde.
Gioia, rimpianto, mancanza, amore.
Ma non poteva essere reale.
Questo gli aveva consentito di non impazzire.
NON ERA REALE.
Fu con questa convinzione che demolì le sue paure e salì in macchina.


Il piano iniziale era “una puntata e poi a letto”, una delle più grandi bugie dell’umanità.
Vuoi perché non si prendeva mai una sera di pausa, dedito com’era allo studio, vuoi perché era ancora turbato da quello che era successo, ma Hope andò a letto alle tre (aveva ceduto alla tentazione di iniziare una nuova serie TV, Daredevil).
Si sdraiò sulle lenzuola fredde, una braccio sulla testa e fissò il vuoto.
Sapeva che non avrebbe preso sonno, matematico.
La sua testa era un treno in corsa che rincorreva pensieri su pensieri.
Poco poteva aiutare l’immagine di quella donna, impressa a fuoco nella retina.
Quella stessa retina che a poco a poco si oscurò, le palpebre sembravano non reggere più il peso dei suoi pensieri…

Stava cadendo, precipitava da un cielo stellato nero come l’inchiostro. Anzi, no. Volava. Non aveva paura.
Dietro di lui un essere stranissimo, una specie di gigante di metallo, seguiva la sua scia, ma era suo alleato, lo percepiva. Così come percepiva altre cinque persone, seguite da altri esseri. Sentiva il legame, sentiva che erano uguali a lui. Guardò il suo polso, esile, come quello di un bambino, attraversato da uno strano tatuaggio. Questo strano scenario, non sapeva come, ma aveva perfettamente senso.
Atterrò con agilità lungo una strana pista illuminata e non ebbe paura quando una moto si fermò ad un soffio dal suo viso. Sorrise con naturalezza al povero malcapitato che, confuso, non si rese conto che un gigante di metallo torreggiava su di lui, pronto a calare il pugno.

-Sistemali, Alexander!- urlò Hope al gigante che lo protesse, distruggendo un infinito numero di moto.
Hope si perse nel fragore della battaglia, Alexander al seguito e uno strano boomerang alla mano, fino a quando non scorse la calda luce del sole.
Improvvisamente la battaglia finì e fu silenzio. I suoi nemici erano scomparsi.
Si riunì con quelli che, lo sapeva, erano suoi compagni. Due donne, due uomini, i volti come oscurati da una nebbia, i nomi persi chissà dove. Ma mancava ancora qualcuno, lo sentiva. Una terza donna stava in piedi accanto ad un mucchio di moto accartocciate. Sapeva che le aveva distrutte lei, sapeva che era la più forte di tutti loro.
Si sentiva ispirato da quella figura, percepiva la cieca fiducia che provava verso di lei.
Il viso era circondato da quella strana foschia che gli rendeva impossibile riconoscerne i tratti, ma sapeva che stava fissando quell’inaspettata alba.
Hope costrinse la sua mente a mettere a fuoco, era curioso di vedere quel viso, di sapere quali segreti si celavano al di là della nebbia.
Ma era tardi. Lui non era davvero lì e il suo corpo lo reclamava.
Per un attimo gli sembro di vedere due luminosi occhi azzurri sul volto della ragazza. Due oceani colmi di tempeste.


Hope si tirò su dal letto di scatto. Il freddo della notte pizzicava sul collo sudato del ragazzo. Non sapeva cosa era successo, non sapeva cosa avesse appena sognato. Solo un nome, appena bisbigliato, venne fuori dalle sue labbra tremanti:

-Light.-






Eccomi ancora qui.
Lo so, lo so. Ultimamente pubblico come se non ci fosse un domani.
Ma ho la testa piena di idee e una grande voglia di buttarle giù.
Questa sarà la prima storia a capitoli a cui mi dedicherò, e, onestamente, spero di avere la costanza e il tempo per completarla.
Che dire?
Il contesto non è stato chiaramente espresso ma credo di aver fatto capire dove e quando sia ambientata la storia.
Come al solito quello che per me può essere un buon lavoro si potrebbe benissimo rivelare una c***ta pazzesca.
Quindi basta parlare a voi la tastiera!
Spero vi sia piaciuta e di avervi messo un minimo di curiosità.
Nihal.
   
 
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