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Autore: semolina    05/11/2016    0 recensioni
Dopo il loro incontro al Mollly's [nella 5x03], tra Sylvie Brett e Antonio Dawson è nato un qualcosa, un legame sottile. Il lavoro li terrà lontani ma non indebolirà ciò che è nato, lo rafforzerà invece rendendoli completamente connessi.
Questa è la prima volta che scrivo una fan fiction,non mi era mai capitato di appassionarmi così tanto alla storia nascente tra due personaggi tanto da far accendere la mia fantasia e "costringermi" a scrivere.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco qua il secondo capitolo. Non credevo di essere capace di scrivere tanto e così velocemente ma mi sento decisamente ispirata. Spero di appassionare qualcuno con questa fan fiction e di ricevere qualche recensione con suggerimenti o critiche in modo da migliorarmi. Beh..buona lettura.

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Era stata una settimana davvero stressante per tutti, lunga e pesante come ce ne sono poche; i volti provati dei suoi colleghi ne erano la prova inconfutabile. L’ultima chiamata poi era stata davvero dura. Quell’incendio mostruoso vicino alla scuola elementare aveva coinvolto almeno quattro ragazzini; la squadra di Severide era stata fantastica ed era riuscita a tirarli fuori dalle fiamme tutti quanti ma David, il bambino con la felpa a righe verdi e blu, era davvero messo male. Quando il tenente era uscito dall’edificio con il bimbo in braccio tutti si erano accorti di quanto fossero gravi le sue ustioni. Gabriella era corsa verso di lui e, insieme a Sylvie, si era subito messa a lavoro; velocemente lo avevano caricato sull’ambulanza, la bionda era salita con lui mentre l’altra si era messa al volante e come un fulmine si era diretta verso l’ospedale. Una volta arrivate, Maggie, informata delle condizioni del paziente, le aveva condotte al letto numero tre, dove il Dott. Halstead e il Dott.Choi le stavano già aspettando. Una volta lasciato il bambino nelle mani esperte dei medici, Brett e Dawson erano riuscite a respirare di nuovo.

Quando rientrarono in caserma Boden e tutti gli altri chiesero notizie.
“ è messo davvero male… lo abbiamo affidato a Will ed Ethan..ma nessuno dei due si è sbilanciato in previsioni rosee” informò Gabby, gettandosi sul divano a fianco di Matt che le passò un braccio intorno alle spalle. Sembrava esausta. Sylvie con il volto tirato si versò una tazza di tè e a sua volta si sedette completamente priva di energie. Mouch le diede una pacca d’incoraggiamento sulle spalle e si sedette vicino a lei, un silenzio stanco calò in tutta la caserma. Il turno di quel giorno finì senza altre chiamate e alle 18:00 piano piano iniziarono tutti a defluire verso l’uscita. Sylvie decise di farsi una doccia prima di andare a casa, così da non portarsi dietro quella brutta giornata; nello spogliatoio trovò Stella.
“ Ehi..finalmente è finita!”
“ Già! finalmente! Sembrava non volesse finire questa giornata maledetta..” le rispose la bionda mentre apriva l’armadietto per prendere l’occorrente per la doccia
“ Maledetta è dire poco… novità sul ragazzino di oggi?”
Sylvie scosse la testa rassegnata. Si sentiva uno straccio.
“ Ancora no. Ma Will è stato piuttosto chiaro… ci sono poche speranze che recuperi al 100%..” Spiegò all’altra che si stava infilando il cappotto.
“ Mi dispiace. Davvero… so quanto prendi a cuore i casi come questo…” Stella le posò una mano sulla spalla cercando di confortarla.
“ Grazie… Sto ancora cercando di imparare a rimanere distaccata...per fortuna che c’è Gabby…” Si passò una mano tra i capelli e iniziò a sciogliere la treccia che li teneva in ordine. La collega sorrise:
“ Già, Gabby è davvero forte….comunque, prima ha detto che oggi sei stata tu la superstar. Ha detto che sei stata fenomenale con quel ragazzino e che se è ancora vivo è solo merito tuo…” Sylvie la guardò riconoscente e sentì le guance colorarsi.
“ Troppo buona..”
“ Prendi il complimento e basta Brett!” la rimproverò dolcemente il pompiere. Strinse un po’ la sua spalla, le fece l’occhiolino e se ne andò.

Sylvie rimase ancora qualche secondo seduta sulla panca davanti al suo armadietto pensierosa poi entrò sotto la doccia. Entrata sotto il getto dell’acqua calda sentì lo stress accumulato sulle spalle sciogliersi, farsi meno pesante ed opprimente; alzò la testa per ricevere il getto direttamente sul viso, sperando che cancellasse le immagini di quel bambino straziato dal fuoco come le onde cancellano le orme sulla sabbia. Lentamente si distrasse dagli eventi della giornata e i suoi pensieri corsero subito a quella sera, ormai lontana due settimane; la malinconica stanchezza sembrò abbandonarla, lasciando il posto ad una tranquilla sensazione di pace interiore. Respirò profondamente come si fa in alta montagna dopo aver passato mesi interi nel traffico intenso della città, per purificare i polmoni e anche la mente.
Una volta completata la doccia si asciugò accuratamente i lunghi capelli biondi e li raccolse in uno chignon disordinato, mise tutte le sue cose al loro posto e si vestì per uscire. Salutò i colleghi del turno successivo al suo, si strinse nella sciarpa di leggero cotone e tornò a casa. Durante il tragitto in auto però cambiò idea sulla destinazione; svoltò a destra dopo il semaforo e dopo una decina di minuti alla guida si concentrò nella ricerca di un parcheggio.

Una folata di aria calda, carica di profumi dei cocktail, le investì le narici appena aperta la porta del locale; una miriade di luci gialle illuminavano il soffitto rendendo l’atmosfera accogliente e rilassante; era stata un’ottima idea fermarsi al Molly’s per una bevuta. Si diresse verso il bancone dietro il quale Otis ed Hermann stavano già discutendo su chi di loro avrebbe dovuto mettere a posto il macello che si stava già accumulando nel retro, tra bottiglie vuote, bicchieri sporchi e altro, una scena che fece ridere Sylvie e la fece sentire a casa; infatti, ormai, aveva imparato che quei battibecchi tra loro facevano parte della quotidianità della caserma 51 e di conseguenza del locale da loro gestito. Sylvie si sedette su di uno sgabello e rimase in silenzio ad ascoltarli divertita, fino a quando Otis non la notò:
“ Ehi Brett!! Ciao! Scusaci, è tanto che aspetti?” chiese allegro il pompiere con i baffi.
“ Non molto. Però è stato divertente guardarvi bisticciare come una vecchia coppia!” Rise di gusto, mentre Otis ed Hermann la guardavano un po’ contrariati.
“ Ok… mi sa tanto che stasera Brett non abbia voglia di bere niente…” annunciò Otis sarcastico con un tono di voce talmente alto che sembrava volesse rendere partecipe dello scherzo tutti i presenti.
“ Ok, ok, ok! La smetto!! che permaloso che sei..” Sylvie alzò le mani per arrendersi, dipingendosi sulla faccia un’espressione finta colpevole.
“ E va bene… sei perdonata. Ma solo perchè sei tu. Cosa ti porto da bere?” disse Hermann con lo straccio sulla spalla come d’abitudine.
“ mmmm… prenderò una birra.”
“ Bene, arriva subito.”
Mentre il ragazzo coi baffi pronunciava queste parole Stella e Kim entrarono nel locale portandosi dietro un soffio d’aria fresca.
“ Salve ragazze, che vi porto?!” Le salutò Brian da dietro il bancone con il suo solito sorriso che metteva in mostra tutti i denti.
“ Ciao Otis! Per me una birra, per te Kim?” rispose Stella accomodandosi ad un tavolo libero.
“ Birra anche per me grazie! Ehi Sylvie ti unisci a noi?!” disse la poliziotta.
“ Ciao ragazze! Sì, volentieri.” Si alzò dal suo posto per sedersi insieme alle altre due donne che subito chiesero entrambe notizie del bambino rimasto gravemente ustionato quel pomeriggio.
“ Ancora non so niente. Will mi aveva detto che se c’erano novità mi avrebbe tenuta informata, quindi mi immagino che sia ancora in terapia intensiva..”
“ Speriamo si riprenda… comunque non parliamo di cose tristi… parliamo d’altro..”
In questo modo Stella deviò la conversazione su altri argomenti e le tre iniziarono a parlare tra loro amabilmente. Dopo un’ora di chiacchere Sylvie si scoprì assonnata e decise che era arrivato il momento di andarsene a casa, salutò le amiche, i due barman e uscì. Salita in macchina si ricordò di non avere più caffè in casa e che si era dimenticata di comprarlo la mattina al supermarket, si colpì la fronte col palmo della mano e dandosi della svampita guidò in cerca di un negozio ancora aperto. Lo trovò dopo quindici minuti buoni, scese di nuovo dall’auto e si diresse verso il negozio, il quale, notò la ragazza, si trovava in una parte della città che non visitava molto spesso.

Quando aprì la porta del piccolo locale, dei campanelli tintinnarono per annunciarla e un uomo pelato e sudato spuntò da sotto il banco dove era appoggiata una vecchia cassa e un mucchio di cianfrusaglie canterine, che saltavano e giravano su se stesse. Sylvie venne squadrata da capo a piedi e si sentì in imbarazzo per il modo in cui quell’uomo la stava guardando, come se le stesse facendo una radiografia approfondita.
“ Buonasera, avete del caffè in grani?” chiese gentilmente come suo solito.
“ Sì, lo trova in fondo al corridoio vicino alle barrette di cioccolato” rispose il commesso con voce roca, la bionda ringraziò e andò a cercare il caffè che le serviva. Mentre stava osservando gli scaffali alla ricerca dell’oggetto sentì i campanelli tintinnare nuovamente, qualcuno aveva aperto la porta e stava chiedendo qualcosa all’uomo pelato. Alzando un poco lo sguardo, vide un uomo biondo, con una barba folta, anch’essa bionda tendente però, al contrario dei capelli, al rossiccio avvicinarsi al bancone; l’uomo indossava un paio di jeans chiari, strappati al livello delle ginocchia, degli stivaletti di pelle nera, che portava slacciati come se se li fosse infilati al volo e non avesse avuto tempo di legarli. Sylvie staccò gli occhi dallo sconosciuto e tornò a cercare il caffè percorrendo lo scaffale fino in fondo al negozio. Dopo un attimo, proprio vicino alle barrette di cioccolato, scorse le varie scatole, si mise ad osservare il ripiano con attenzione, muovendosi di lato lentamente, scorrendo le dita sulle varie etichette, cercando di scegliere. Improvvisamente sbattè contro qualcuno che evidentemente stava cammiando senza guardare come lei.
“ Oh! Scusi tanto..non stavo guardando!” si scusò prontamente, certa di essere nel torto; contemporaneamente anche l’altra persona pronunciò delle scuse:
“ Oh..mi scusi non l’avev…” la frase non fu completata a causa della sorpresa che provò appena si accorse chi era la ragazza contro la quale aveva sbattuto; a lei erano bastate quelle quattro parole per riconoscere il proprietario di quella voce, anche senza alzare gli occhi per guardarlo.
“ Antonio..” sussurrò trattenendo il respiro. Lo guardò, sorpresa di trovarlo lì, come se fossero passati anni, come se volesse assicurarsi che fosse sempre lui, nonostante  i capelli pettinati in altro modo e con indosso abiti diversi dal solito. Si sorprese a sorridere quando realizzò che non era cambiato affatto.
“ Sssh!” Il poliziotto le intimò di fare silenzio appoggiandosi l’indice sulle labbra e le indicò di allontanarsi ancora un po’ dall’entrata del negozio in modo da non essere visti parlare. La sospinse dietro una piramide fatta con le scatole dei cereali da colazione in offerta e parlò a voce bassa:
“ Ciao… cosa ci fai qui?”
“ Mi manca il caffè a casa...tu, piuttosto, cosa ci fai?”chiese di rimando.
“ Al mio amico..beh, amico non è proprio la parola giusta...mancavano le sigarette ed eravamo nei paraggi..non posso dirti molto di più..”
“ Oh, ok.. come stai?” il fatto di averlo così vicino non aiutava certo la respirazione a tornare normale ma si sforzò di sembrare tranquilla.
“ Direi bene…” Entrambi non riuscivano ad aggiungere altro. Lo sguardo di Antonio era così penetrante che Sylvie si sentì completamente in balia di lui; in quel preciso istante avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa e lei avrebbe accettato senza pensarci su. Rimasero con gli occhi incatenati gli uni agli altri per qualche secondo poi, sempre sussurrando, l’uomo le disse:
“ Ora devo andare… Se tu potessi dire a Gabby che mi hai visto e che sto bene mi faresti un favore..”
“ Certo! Certo che glielo dirò…” Il momento di congedarsi era arrivato e qualcosa le morì dentro.
“ Grazie….ora devo proprio andare.. ciao..” Antonio uscì da dietro la piramide di cereali per tornare al bancone dove il suo “amico” stava pagando le sigarette, Sylvie restò dov’era cercando di riprendere fiato. Chiuse gli occhi per concentrarsi sul ritmo del suo cuore, che sembrava avesse deciso di uscirle dal petto; quando li riaprì vide che lui stava tornando indietro, verso di lei. Le sfuggì un sorriso di bambina.
Era tornato indietro perchè non poteva andarsene senza dirle quanto, vederla, avesse reso quell’inferno che era la sua vita nelle ultime settimane un po’ più sopportabile.
“ è stato bello vederti..” mormorò semplicemente il poliziotto, a pochi centimetri dal suo viso, sorridendo dolcemente, non riuscendo ad esprimere a parole tutte le sensazioni che si stavano facendo spazio nel suo petto.
Erano così vicini che potè sentire il suo fiato sulla guancia, assaporarne il calore, osservare ogni linea del suo volto, perdendo completamente la nozione di tempo e spazio.
Erano così vicini che i loro nasi avrebbero potuto toccarsi in qualsiasi momento e questa consapevolezza rendeva così difficile allontanarsi da lei per tornare al suo lavoro da fargli desiderare di mandare tutto all’aria; ma il terrore che, in qualche modo, quell’uomo che aveva accompagnato a comprare le sigarette potesse accorgersi di lei, collegarla a lui  e potesse farle del male gli diede la forza per allontanarsi dal quel viso d’angelo, da quegli occhi color cielo di primavera che nelle ultime due settimane avevano monopolizzato i suoi pensieri e i suoi sogni.
Sylvie ancora con i pensieri confusi, il battito accelerato e il respiro corto guardò il detective allontanarsi e uscire dal negozio; ripreso il controllo del proprio corpo afferrò un pacchetto di caffè, pescando a casaccio sul ripiano dello scaffale, pagò e tornò alla sua auto. Per quasi tutta la notte non fece altro che pensare a quell’incontro, a quell’uomo che aveva il potere di renderla incapace di intendere e di volere solamente avvicinandosi, alle sensazioni che aveva provato quando aveva riconosciuto la sua voce, alla bellezza dei suoi occhi scuri.

Aggiunse quel “ è stato bello vederti” alla lista delle cose che la rendevano felice davvero.

 
  
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