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Autore: Soul of the Crow    05/11/2016    0 recensioni
Umani, vampiri, demoni ed angeli: quel mondo devastato avrebbe presto visto combattere queste grandi schiere.
Manca però una figura tra di esse: una che non può prendere alcuna delle due parti, che fa semplicemente il suo dovere in quel mondo fin troppo crudele con tutti. Quel qualcuno ha una sua storia, una che tenta di non far sparire per sempre, ma che saprà tenersi stretta quando ritroverà coloro che ha fallito ad aiutare anni prima?
[Dal capitolo...]
- Anche se è ciò che tu hai deciso, non significa che la cosa mi debba piacere. -
- Non mi importa. Farò di tutto per la mia famiglia. E se Guren, Shinoa o gli altri intendono usarmi, che facciano come vogliono. -
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- ... Questa è la scelta peggiore che potevi fare, ma immagino non potrò fermarti ugualmente. Non è forse così? -
- Sì. Salverò Mika, te lo assicuro. -
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- Mmm... Allora forse c'è ancora qualcosa che posso fare. -
Nel mondo dopo l'Apocalisse si aggiunge un'altra persona: un nuovo alleato per la Shinoa Squad, che necessiterà del loro aiuto per portare a termine le promesse fatte a chi le ha dato uno scopo.
[Pairings: fem!MikaYuu, altre in seguito] [AU per discostamento dagli avvenimenti del manga] [Successivo cambiamento di rating]
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Mikaela Hyakuya, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yūichirō Hyakuya
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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The fifth page: the world engulfed in the mist



Il tempo…


Un fiume che continua a scorrere in un unico senso…


Qualcosa che non si cura di quello che succede nel resto del mondo…


Una frontiera che l’uomo non ha mai saputo controllare…


Non si sa quante volte siano state usate queste definizioni, né tantomeno se ne esistano altre, ma quello tra il tempo ed un corso d’acqua è forse uno dei paragoni più adatti che siano mai stati ideati: una corrente che continua a seguire un determinato percorso, impossibile da confinare in un piccolo ruscello ma allo stesso tempo troppo diverso dall’andamento delle onde del mare… Che prosegue per un sentiero pieno di ostacoli, riuscendo a superarli ugualmente… Anche deviarlo sarebbe fatica sprecata, poiché tornerà comunque a ripercorrere la strada che seguiva in precedenza… Perché non esiste barriera che non possa oltrepassare.
Eh già, il tempo è sempre stato un elemento che ha accompagnato la Terra sin dalle sue origini, e l’unico vero protagonista di ogni vicenda verificatasi: da quando non era caratterizzata che da sconfinati oceani, un unico grande territorio ed esseri talmente piccoli da essere invisibili ad occhio nudo, fino ad arrivare ai tempi più recenti ove esseri umani, animali e la tecnologia hanno preso il posto dei loro antenati preistorici nella maggior parte del mondo; tuttavia, questo onnipresente compagno si è rivelato fin dall’inizio inavvicinabile alle creature che ha visto crescere ed evolvere lentamente, attraverso innumerevoli anni che ci si disturba ancora a contare.
L’uomo però, come ogni nuova cosa, ha mostrato subito un interesse anche verso tale frontiera, dai tempi antichi in cui si limitava semplicemente a calcolare il susseguirsi di giorni, mesi, anni e stagioni per poter svolgere attività come l’agricoltura, sino ad arrivare ad usare questi metodi di conta anche per registrare vicende, usi e costumi più o meno importanti che si susseguivano, permettendo di tramandarli dalla forma orale, soggetta a variazioni ogni qualvolta la memoria giocava un brutto scherzo, alla ben più definita forma scritta… Perché rimanessero nella memoria per lungo tempo… Perché non fossero dimenticati… Semplicemente perché alcuni avevano avuto un impatto talmente grande che il loro ripetersi avrebbe causato ulteriori preoccupazioni dove le ferite non si erano ancora del tutto rimarginate, ad esempio le guerre che, più che nel periodo in cui si sono svolte, hanno causato disordini al loro termine: nazioni devastate o distrutte, alleanze più fittizie che concrete, persone strappate alla loro quotidianità e catapultati in un mondo in cui ogni tuo giorno poteva benissimo essere l’ultimo e la consapevolezza che nessuno si sarebbe più curato di te una volta che saresti morto (ferito da un’arma, da una malattia o da qualsiasi cosa ti possa capitare in giorni, mesi ed anni instabili come quelli), sopravvissuti che hanno perso il loro posto nel mondo dopo aver visto quelle crudeltà coi loro occhi ed incapaci di tornare a quella che una volta per loro era la normalità… Perché tutti lo sapevano che niente sarebbe stato più come prima: era impossibile restare indifferenti di fronte ad eventi del genere, specie se si è costretti a viverli, e le ferite che generano non potranno mai guarire del tutto: una cicatrice resterà sempre a ricordare ciò che è successo, e se la memoria gioca lo scherzo di farti dimenticare ciò che ha provocato quel taglio, ci sarà qualcosa o qualcuno che lo impedirà.
Tuttavia, sembra che le persone non riescano a capire la lezione: guidate dalle emozioni peggiori miste a contorti riflessi di quelle che potevano essere state “buone intenzioni”, continuano sempre a commettere gli stessi errori… E col progresso che si è manifestato attraverso i secoli, gli effetti dei loro sbagli non si limitano a diffondersi a posti immediatamente vicini alla fonte, ma riescono a raggiungere luoghi sempre più lontani fino a coinvolgere cose o persone che potrebbero benissimo non avere commesso azioni per alimentare quel fuoco.
In un certo senso era meglio che l’uomo non sia mai riuscito a controllare la frontiera del tempo: dopo la terra, le foreste, gli oceani, il cielo e lo spazio extra-atmosferico, attraversabili o almeno raggiungibili grazie ai mezzi che la tecnologia ed il progresso sono riusciti a fornire, gli umani potrebbero pensare che sarebbe possibile arrivare a controllare il tempo e poter visitare le epoche precedenti a quella attuale usando speciali macchinari come descrivono i libri di fantascienza, magari cercando di cambiare eventi già accaduti per farli andare come avrebbero voluto loro, ma quello fortunatamente resta ancora uno scenario più fantastico che reale.

Kaguya era grata che le cose stessero così per il momento, dato che giocare con qualcosa che è fuori dalla tua portata non aveva mai giovato a nessuno, e se anche fosse stato così, una seconda volta non eri fortunato come la prima; questo valeva sia per i fatti piccoli che quelli un po’ più rilevanti: dai suoi anni come figlia unica della famiglia Akagi, comprese fin da subito che parenti e servitori si stavano imbattendo in un’impresa troppo grande per loro, ma era un progetto che per essere portato avanti necessitava di risorse e denaro, così finirono per coinvolgerla non appena provò una volta a fuggire di nascosto dalla villa; la classifica situazione del tipo “O fai come ti diciamo noi, o per te le cose si metteranno male come mai nella vita”. Le cose per lei peggiorarono una volta compiuti quattro anni, e ripensandoci era piuttosto sollevata di essere riuscita a far passare più tempo di quello che credeva; certo, quattro anni non sono neanche tanti, ma per lei ogni giorno sembrava talmente lungo da non finire mai. Spesso non si accorgeva di quanto tempo passava, così passavano giorni e settimane senza che se ne rendesse veramente conto, con quello che doveva subire anche prima di prendere parte attiva agli “affari di famiglia” e che ogni singolo giorno si ripeteva.
Tornando però alle cose importanti, i veri problemi per lei cominciavano quando aveva da poco compiuto i quattro anni: la pura curiosità di bambina che la aveva spinta più di una volta a sbriciare nei sotterranei della residenza, fortunatamente senza essere mai scoperta, tanto tutti quanti erano troppo presi dagli avvenimenti che si susseguivano in quelle stanze oscure; tuttavia, ogni giorno sapeva di stare facendo le stesse cose del precedente, senza che cambiasse nulla, e l’unica volta che la sua curiosità la portò ad immaginare cosa ci potesse essere fuori da quella che sarebbe sembrata a tutti un’enorme casa vittoriana circondata da un vasto prato di gigli ragno rossi –suoi unici silenti compagni nelle notti a cavallo tra estate ed autunno in quegli anni da incubo- . Quando ci ripensava, si malediceva di non aver pensato che ci fosse qualcos’altro là fuori che impedisse l’arrivo di visitatori indesiderati da fuori, poiché non appena superò quella barriera di quella che avrebbe scoperto poi essere energia demoniaca, un potere proibito alle persone e tuttavia affine a quello che avrebbe scoperto scorrere anche nelle sue vene per colpa degli esperimenti degli Akagi su di lei, i servitori la ritrovarono in pochissimo tempo, senza lasciarle avere nemmeno un assaggio del mondo esterno…
Non rammentava di preciso cosa aveva provato nel momento in cui la avevano trascinata a casa; rabbia non le sembrava dato che chiunque si trovasse a villa Akagi non meritava più nemmeno quella; paura nemmeno, la considerava quasi una costante in quel posto… Forse era pura e semplice rassegnazione: sapeva che non la avrebbe passata liscia per quella storia, vero, ma anche per una cosa che le dissero... Che era inutile che uscisse… Che l’unica posto in cui poteva stare una come lei era quello… Che ciò a cui sarebbe stata sottoposta glielo avrebbe fatto capire…
E durante quel breve discorso del padre, tutto ciò che caratterizzava la villa, urla soffocate o assordanti umane che non, rumori di macchinari di cui non era sicura dell’uso, rimbombi che sembrava volessero rompere qualsiasi parete o finestra che li contenesse per far capire al mondo di fuori che qualcosa stava accadendo in quella residenza tagliata fuori dal mondo, non le era mai sembrato più reale che in quel momento…



Con un mormorio dettato da stanchezza per la giornata trascorsa e frustrazione per ricordarsi solo le parti peggiori della sua vita terrena, tutti quanti ulteriori particolari che Yuri le faceva rivivere nei sogni, cercando di ricomporre un passato quanto più coerente possibile coi frammenti dei suoi ricordi, Kaguya si rimise nuovamente seduta composta dopo essersi accorta di aver nuovamente chiuso gli occhi ed inclinato la schiena verso la poppa della gondola; accanto a lei, Amber visibilmente preoccupata coi capelli scompigliati a causa dell’umida nebbia –l’unico elemento climatico presente in quel pezzo d’aldilà- e della velocità con cui si spostavano grazie alla magia contenuta nelle barche e Topaz che si limitava a guardare verso di lei senza una particolare espressione, ma la castana scosse la testa e fece un gesto con una mano, facendo capire loro che non era nulla di troppo importante di cui parlare.  
I due Shards allora, movimenti ed espressioni visibilmente meno tesi di prima, ritornarono a guardare l’orizzonte dove la nebbia si diradava sempre più per lasciare intravedere delle sagome in lontananza che si rivelarono essere piccole abitazioni vagamente somiglianti a quelle dei borghi medievali europei che Kaguya aveva visto soltanto nei libri, prima sparsi qua e là in una radura sovrastata da un cielo terso con ancora qualche spruzzo di nebbiolina, andando a formare via via gruppi sempre più ampi che racchiudevano strade, piazzole ed arcate fino a fermarsi nei pressi di una cinta di mura posta su un rilievo montuoso che proteggeva un fitto gruppo di case simili a quelle già incontrate, interrotte ogni tanto da strade, monumenti indistinguibili dall’altezza a cui si trovavano, giardini e molto altro ancora; volgendo lo sguardo oltre quelle file di edifici, vi era un ulteriore muraglia che racchiudeva una vasta piazza con soltanto quattro abitazioni poste sui lati della piazza quadrata, una fontana al centro di quest’ultima, una cattedrale con il campanile ed un enorme arco di pietra dalla parte opposta alla chiesa. Tutti questi elementi, artificiali e non, avevano una caratteristica in comune che li distingueva da quelli presenti fuori dalle mura: dove prima regnavano il bianco ed il grigio incontrastato nella terra, nelle case e nel cielo, su quel monte la nebbia era meno fitta e lasciava intravedere un pezzo di cielo sfumato di azzurro chiaro, così come i giardini erano macchiati di verde di ogni tonalità, e ciascun edificio aveva sfumature di tinta unita, la stessa del colore della gemma del Triste Mietitore che vi viveva, un aspetto più lucido e cristallino delle volgari pietre non raffinate…
Ecco dove vivevano Kaguya e gli altri shinigami che avevano conservato la ragione: la cittadella immersa nella nebbia, la capitale della foschia, l’unico spruzzo di colore in quel mondo di tonalità neutre, Chróma[1].


Una volta arrivati proprio sopra la piazza, le barche si fermarono sempre più lentamente fino ad arrestarsi a pochi metri da terra; i tre si scambiarono uno sguardo e saltarono giù dalle rispettive imbarcazioni, mentre queste s’illuminavano ad intermittenza di un colore indefinito, segno dell’ennesima trasformazione che stavano per subire: dai lati della barca spuntarono strutture luminose e non più consistenti della nebbia, mentre la poppa si distendeva e divideva in parti simili a lunghe code e la prua diventava più grande e incurvava leggermente davanti per formare un becco. Quelli che i tre shinigami avevano davanti ora non erano più le gondole che avevano usato per raggiungere la cittadella, ma creature alate meccanizzate e impregnate di magia, atti al trasporto delle anime fino alla cima della torre del campanile dove sarebbero state giudicate, e difatti le tre macchine si alzarono subito in volo con un verso simile al gracchiare dei corvi senza prestare attenzione ai tre shinigami, librandosi in aria fino ad arrivare ad una destinazione che non potevano scorgere.
Kaguya si prese un attimo per guardarsi intorno, rendendosi conto che nulla era cambiato in quell’angolino della capitale: gli stessi mattoni chiari spigolosi e rovinati a pavimentare la piazza, la stessa fontana dalla quale non zampillava nemmeno una goccia d’acqua, gli stessi vasi posti appena fuori dalle case, dalla cattedrale ed intorno alla fontana che però non riuscivano a dare molto colore a quel posto in cui i colori neutri che si trovavano fuori dalla città dominavano, le stesse abitazioni simili a quelle dentro e fuori dalla capitale solo un po’ più grandi, e un enorme arco dalla parte opposta alla cattedrale per dirigersi nella zona circondata dalle cinta di mura più esterne… Non era cambiato nulla lì… Era tutto come lo aveva lasciato in seguito alla sospensione… Beh, in fondo è anche questo lo scherzo che fanno le pietre: non cambiano mai a meno che qualcuno non le intacchi, e di certo nessuno aveva mai avuto il pensiero di cambiare quell’immensa scultura che era quell’angolo di aldilà.
- “E tu che credevi che qualcosa fosse cambiato. Come ci si sente a vedere le proprie aspettative bruciate, signorina?” – fece Yuri col suo solito tono provocatorio. Non poteva dire che le fosse mancato non sentirlo più da quando si trovavano ancora sulla barca, ma le sembrava strano fosse rimasto buono per tutto il viaggio… Si ripeté che non importava molto, anche perché la giornata lavorativa che non era ancora finita le avrebbe risparmiato di ascoltarlo tutto il tempo.
Scosse quindi la testa come a scacciare l’eco della voce del demone dalla sua testa, per poi voltarsi verso i due Shards, trovandoli nuovamente a fissarla con le stesse facce preoccupate e tristi che aveva notato durante il viaggio:
- Che cosa avete? È successo qualcosa di male? – chiese preoccupata. Credeva che stessero così perché la avevano vista con la testa altrove durante il viaggio, ma può darsi che non si trattasse di quello se quelle espressioni erano tornate sui loro volti.
Amber sembrò sobbalzare lievemente alla domanda e abbassò subito lo sguardo sul pavimento; Topaz invece chiuse per un attimo gli occhi e si portò una mano alla fronte, come se stesse pensando alle parole giuste da dire, per poi annuire lievemente:
- Signorina Ruby, le chiedo di non pensare male di noi per questo. Non intendevamo tenervelo nascosto, ma… - ed ecco che la tensione si fece di nuovo strada sul volto del ragazzo, accigliandogli lo sguardo che aveva improvvisamente rivolto a terra e facendogli mordere il labbro per impedirgli di parlare.
La castana sbatté gli occhi, sorpresa per non dire sconcertata: non era decisamente da Topaz esitare così nel risponderle. Certo, nel poco tempo che erano rimasti insieme prima della sua sospensione, Ruby aveva capito che il ragazzo era decisamente più composto della allegra e spensierata Amber, ma come la sua collega Shard non aveva mai avuto peli sulla lingua quando si rivolgeva al loro superiore. Non aveva mai mostrato timore di esprimere ciò che pensava, così come era sempre stato schietto anche durante le critiche, che fosse ai suoi compagni di lavoro o la stessa Ruby, e per questo Kaguya gliene era grata: dopo quei sette anni di bugie nella villa, le piaceva trovare persone che erano sincere almeno da quel punto di vista. Preferiva chi era schietto con gli altri, naturalmente tenendo conto delle buone maniere; per questo vedere il ragazzo così esitante era estremamente inusuale.
- Signorina, la verità è che… Le famiglie Kihara e Momoi… -
- Non è rimasto nessuno. – completò Amber lapidaria, un tono che non si addiceva alla personalità solare che era solita far vedere al suo superiore, ma finalmente libera dal silenzio che la stava divorando da prima che trovassero Ruby nel mezzo del mare di quel tratto d’Aldilà.
Era ora che la Shard dell’ambra la stava guardando, ma Kaguya non era affatto contenta di vederla così: aveva gli occhi lucidi e le tremavano le labbra, così come il resto del corpo, mentre una mano si teneva un lembo del mantello, come a cercare qualcosa a cui aggrapparsi per paura… Paura di cosa poi? Che perdesse le staffe per una semplice brutta notizia od inconveniente?
- Ci… Ci aveva detto di farle sapere cosa fosse successo loro… Noi… Noi li abbiamo visti… Gli eredi di quelle famiglie… Erano nei luoghi che ci aveva indicato… Quando siamo arrivati lì però… - non riusciva a smettere di singhiozzare e lacrimare, gli occhi certamente rossi malgrado la frangetta ribelle cercasse di tenerli celati, e già da quello Kaguya poté immaginare che cosa aveva visto.
Si avvicinò lentamente alla Shard, che ora aveva le mani a coprirsi la faccia, a fermare inutilmente le lacrime e troppo assorta nel dolore per capire quello che stava succedendo; al contrario, Topaz sembrava essersi scosso da quel silenzio che lo aveva preso quando aveva cominciato a parlare e scattò sull’attenti, raggiungendo ad ampi passi la collega, intimorito e dubbioso per quello che forse poteva stare per fare Ruby, la quale però si limitò a sorridergli gentilmente e mise le mani sulle spalle della bionda, ringraziando mentalmente che la loro statura era più o meno la stessa o avrebbe fatto fatica anche solo a compiere quei piccoli gesti –oltre ad aggiungere l’ennesimo complesso alla castana riguardante il suo fisico- :
- Mari, stai tranquilla. È tutto a posto. – le sussurrò dolcemente la castana, ma la bionda si tolse le mani dalla faccia ormai rossa di pianto e scosse energicamente la testa:
- No, non lo è! Lei ci ha detto di sorvegliarli, e invece noi… Noi… - ecco che altre lacrime si apprestavano a prendere il posto di quelle che avevano già bagnato il volto della ragazza, ma Kaguya continuò a sorriderle, asciugando alcune delle gocce salate con la lunga manica del kimono.
- Lo so, lo so. Vi avevo detto di tenerli d’occhio. Se ti sei ridotta così, vuol dire che è successo qualcosa che sapevate non mi sarebbe piaciuto sentire o che non è piaciuto a voi, vero? – si voltò quindi verso lo Shard del topazio che accennò un “sì” con la testa, il movimento privo di tensione ed ansia ora che aveva visto che il loro superiore non intendeva fare nulla alla collega.
Ruby intanto aveva spostato una mano a carezzare i capelli biondi dell’altra shinigami:
- è tutto a posto. Se ti sconvolge così tanto dirmelo, non devi sforzarti a parlare. Mi farò raccontare tutto dagli altri Jewels. Sicuramente anche loro hanno avuto parecchio da fare stanotte. – baciò la guancia della ragazza e fece cenno a Topaz di avvicinarsi, per poi spingere delicatamente la bionda verso di lui.
- Alan, sii gentile e riaccompagnala a casa. Ha bisogno di riposare un po’ e calmarsi. Questa notte non sarà stata facile per nessuno, e non preoccupatevi per il lavoro: spiegherò tutto io agli altri. –
Lui mormorò un “Con permesso” quasi inudito dalla castana, per poi mettere una mano sulla spalla di Amber e condurla verso l’arco nella piazza, verso la cinta di mura esterna che accoglieva le case dove vivevano gli Shards; Kaguya li osservò allontanarsi finchè non scomparvero oltre l’arcata di pietra, per poi dirigersi verso la fontana dove era presente acqua stagnante; si slegò quindi la collana col piccolo rubino che Topaz le aveva restituito, tenendola stretta mentre immergeva la pietra nell’acqua.
- “Attraverso il mare… Ove i peccatori vanno a purificarsi…
Attraverso la terra… Ove le vittime ingiuste mettono le radici…
Attraverso il cielo… Ove chi non ha mai avuto nulla si è rifugiato…
Una pietra è tornata… Ad occupare il suo posto nel portagioie della padrona…
Un gioiello ha fatto ritorno… Per portare avanti il suo ruolo insieme ai suoi fratelli…
Un cristallo che splenderà fino a quando non si spezzerà… Tornando nella buia teca…
Dal colore rosso di sangue e vita… Il rubino.” -
Dopo aver recitato quel mantra sottovoce, l’acqua cominciò ad incresparsi leggermente malgrado l’assenza di vento o altri zampilli di liquido trasparente, mentre dal punto in cui era immerso il ciondolo partivano rune rosse che fecero un giro completo intorno al centro della fontana, quando la luce andò poi a circondare la shinigami che, senza rumore o testimoni ad osservare, si trasformò in un fascio luminoso rosso che finì nell’acqua, senza lasciare tracce della sua presenza nella piazza.


Una volta dissipatosi il bagliore colorato, Kaguya si ritrovò al buio, all’inizio di un lungo corridoio di pietra illuminato di quando in quando da lanterne di un colore indefinito appese alla parete da pioli di cristallo.
Ne prese quindi una per illuminare il suo cammino, i passi che riecheggiavano su quelle pietre che costituivano tutto ciò che esisteva in quell’angolo di Aldilà, in mezzo a quell’atmosfera gelida che la luce delle lanterne non riscaldava, anzi rendeva ancora più fredda e tetra, fino a quando il sentiero non si divise in cinque gallerie: a partire da sinistra, una con lanterne verdi acqua, la seguente con lucerne blu oltremare, poi le stesse bianche che la avevano guidata fin lì, dopo ancora rosso sangue, ed infine… Viola, il colore della penitenza in alcune tradizioni religiose dell’Occidente, ma anche il simbolo di tutto ciò che legato alla fantasia, ai sogni, alla magia, all’arcano… La tonalità del cambiamento, di saggezza ed umiltà, di chi vuole sentirsi libero dalle proprie catene e comunicare agli altri ma che ha allo stesso tempo bisogno d’affetto od aiuto perché diffidente, tendente alla razionalità e tuttavia non del tutto pronto a lasciar andare fantasie innocenti. Eh già, era decisamente il colore più adatto a quella persona.
Niente a che fare col suo: il rosso era il colore dell’energia, della passione, della forza, della sicurezza, della fiducia in sé stessi, della voglia di affermarsi, vincere, primeggiare, essere autonomi… Tutte cose che lei non aveva mai avuto e che a tredici anni ancora non riusciva a capire. Si chiedeva con quale criterio ad uno shinigami fosse affidato una pietra quando cominciava a svolgere i suoi doveri. Lei non si sentiva di essere ciò che quel minerale avrebbe dovuto rappresentare…
Si diresse quindi nel corridoio più a destra, illuminato dalle luci violette, quando la voce di Yuri, diventato taciturno da quando erano tornati in quel mondo, si fece nuovamente sentire:
- “è la direzione sbagliata. Gli altri ti staranno aspettando nella sala principale.” – la informò, facendo fermare la ragazza.
- E io ti ricordo che tu-sai-chi ci ha mandato uno dei suoi piccoli messaggeri. Non lo possiamo ignorare. – riprese quindi a camminare, per poi completare la frase:
- E poi, Sapphire e Berillium impareranno ad essere un po’ più comprensivi: per il gruppo di Shards sotto il mio controllo è stata sicuramente una giornata lunga. –
- “Mmm… Vero, dimenticavo che ci sono tante nuove reclute oltre a Topaz ed Amber. Peccato che con lei non mi diverto, si spaventa troppo facilmente. Non c’è gusto a giocare con una preda che si lascia sconvolgere da qualche goccia di sangue, perché sicuramente avrà visto anche questo. Piuttosto, come mai la diretta interessata non si è dimostrata triste o che altro alla notizia? Credevo ti importasse dei bambini Kihara e Momoi. O forse restare troppo tempo in quella casa o qua in mezzo agli shinigami ti ha fatto diventare più chiusa di un’ostrica?"
Ruby allora prese la katana, gettandola a terra con forza e schiacciando il fodero:
- Il fatto che non mi sono sentita chissà come è perché quei due li ho solo visti pochissime volte quando venivano portati a villa Akagi per essere sottoposti ad esperimenti e altrettante volte li ho visti durante il lavoro prima di essere uccisa. Avevo fiducia nelle loro capacità di sopravvivere, ma mi sono sbagliata, tutto qua. Sono durati meno del previsto, e a quest’ora è facile che i loro Cursed Gears siano andati perduti. – premette ancora più a fondo il piede sulla spada:
- E vedi di cambiare tono quando mi parli. E cosa altrettanto importante… Non osare più parlare di Amber in quel modo. Ha visto qualcosa che sicuramente non le ha fatto alcun bene, e l’unica cosa che sei capace di fare te è sputare sentenze. Nessuno di noi qua è come te, vedi di impararlo una buona volta. – terminò lei con un tono che non ammetteva repliche, per poi raccogliere da terra l’arma e proseguire, stavolta indisturbata -che Yuri avesse imparato la lezione non era certo. Quasi sicuramente sarebbe tornato alla carica alla prima occasione- fino a quando non arrivò nei pressi di una stalagmite violacea, posando a terra la lanterna e tastando lo spuntone di roccia, che al contatto con la sua mano la ritrasformò in luce rossastra che passò attraverso il cristallo, catapultandola nel giro di pochi secondi dove voleva: una stanza da letto, il muro violetto occupato da mensole ed altri mobili che contenevano bambole con pezzi cuciti malamente insieme, animali di peluche –soprattutto conigli- e libricini, per terra un tappeto color viola scuro interrotto qua e là da morbidi cuscini color lavanda, davanti a lei un grande letto a baldacchino anch’esso nei toni del resto dell’arredamento. Le tende erano tirate, quindi la sua occupante stava certamente riposando; si avvicinò lentamente, attenta a non inciampare sui cuscini sparsi ovunque e, giunta in prossimità del giaciglio, scostò le tende quello che bastava per vedere su quel letto una bambina di cinque o sei anni, i capelli viola tipici di chi era Triste Mietitore da molto tempo ed aveva assorbito quasi tutto il potere della sua pietra dentro di sé, la pelle candida come la neve e gli occhi chiusi; il resto del suo corpo era tenuto nascosto dalle lenzuola che si abbassavano ed alzavano al movimento del respiro della bambina addormentata, solo le braccia lasciate fuori a stringere un uccello di peluche. Esatto, “addormentata”: come Kaguya, apparteneva ad una categoria di shinigami che, oltre ad avere conservato la ragione, possedeva un corpo che aveva mantenuto la maggior parte delle funzioni di quando era umana.
A dispetto delle apparenze, quella bambina non era quello che appariva: era una dei Jewels, una che possedeva il potere di una delle pietre cardinali dell’antichità e più potente degli Shards, colei che occupava il posto di comando sugli shinigami e la giudice delle anime che giungevano lì. E tra l’altro, colei che la aveva tirata fuori dal vuoto che aveva visto quando era morta…
- A quanto pare però anche lei può stancarsi. Non si sposta quasi mai da qui, ma non ha nemmeno uno dei compiti più semplici. – ridacchiò la castana, rimettendo a posto la tenda e facendo per lasciare la stanza per lasciare la bambina dormire, non prima di averle schioccato un bacio sulla fronte e lasciarle un sussurro “Good night and sweet dreams[2]”, ma qualcuno non era della stessa idea.
- C’era da immaginarselo che saresti passata qui, Ruby… - la diretta interessata si girò verso la direzione dalla quale proveniva quella voce maschile un po’ burbera, che si rivelò appartenere ad un uomo seduto al tavolo di pietra non lontano dal letto, proprio vicino all’unica finestra della stanza lasciata aperta; quell’uomo dall’aspetto più vicino ai quaranta che ai trenta era vestito in una giacca nera con ricami argentei, in cui i lunghi capelli raccolti in una coda sembravano fondersi fino a toccare il pavimento, pantaloni color grigio perla che fasciavano le gambe l’una accavallata sull’altra, stivali neri e guanti dello stesso colore che in quel momento reggevano un bicchiere d’acqua.
Doveva ammettere che si era quasi scordata della presenza di quel cane da guardia di Obsidian, e non poteva dire che le piacesse rivederlo: malgrado fosse uno Shard, era il servitore personale della shinigami addormentata ed una sorta di braccio destro per lei; inoltre, era uno dei Mietitori più competenti che avevano ed era stato presente quando lei, Sapphire e Berillium erano stati “reclutati” tra le schiere degli shinigami, gli attuali Jewels insieme alla bambina dai capelli violetti. Malgrado fosse tecnicamente un gradino inferiore a loro nella gerarchia, era comunque più esperto… E sembrava che questo gli facesse avere il diritto di parlare loro come preferiva e col tono che voleva. Ecco cosa non le piaceva, oltre al fatto che ripeteva sempre loro come eseguire questo o quell’altro compito quando lui stesso non era uscito dalla cittadella per non si sa quanto tempo!
Senza farsi notare, emise un sospiro per provare a non farsi prendere dall’ansia e si rivolse ad Obsidian:
- La principessina mi ha chiamata. Chi sono io per declinare un invito? – lo disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma rimaneva il fatto che avrebbe di gran lunga preferito non avere quel mastino nero intorno.
- Allora persino una che non è ancora diventata del tutto una shinigami ha almeno la decenza di ascoltare un superiore… Questo mi tranquillizza. – lei in risposta strinse i pugni, irritata dal sentire uno che quasi le sembrava una versione più dark di Yuri. Peccato che questo qua doveva per forza averlo davanti per sentirlo parlare, non sentire una voce in testa e basta.
- Ebbene, che cosa aveva di così urgente la principessina da informarmi? Me lo dirai te non è vero? Anche perché non credo sia carino svegliare una dolce bambina per qualcosa di così futile. – sottolineò lei, ma non ottenne risposta immediata finchè dei fogli non le furono come schiacciati contro lo stomaco con una forza tale da farla piegare in due; con un soffio scocciato verso un Obsidian che ora le era di fronte e la sovrastava con la sua altezza, lei diede un’occhiata ai documenti, spalancando gli occhi per la sorpresa.
Chi l’avrebbe detto che sarebbe tornata al lavoro e che avrebbe pure ricevuto una ricompensa in una sola volta!?
- La principessa Amethyst voleva semplicemente affidarti tuo prossimo incarico. Le date di morte di queste due persone sono tra quattro anni. Fino ad allora, tu non ti muoverai dal mondo degli shinigami e rimarrai da sola a sistemare le anime danneggiate, mentre i tuoi Shards verranno mandati ad addestrarsi con quelli di Berillium. Che non accada più che lascino che le loro emozioni s’intromettano nella raccolta delle anime, soprattutto in occasioni come queste. E ora sparisci! – a quelle ultime tre parole sussurrate, lei si ritrasformò in luce rossa e fu risucchiata nuovamente dal cristallo che la fece tornare nel corridoio di pietra con un tonfo per terra.
Avrebbe voluto gridargli contro di non trattarla così e non parlare dei loro colleghi come se potessero fare un lavoro come osservare le morti degli altri, raccogliere le anime e restare indifferenti davanti a tutto ogni singola volta, ma quello lì la aveva già sbattuta fuori; il suo sguardo ritornò ai fogli che non aveva ancora lasciato andare, notando le foto di una bambina dai capelli biondi e gli occhi color ciano ed un bambino dai capelli neri e gli occhi verdi smeraldini.
- Mikaela e Yuichiro Hyakuya eh… Allora siete voi due quelli di cui parlava la principessina. Eh eh! – si rialzò subito, raccogliendo la lanterna nel frattempo e saltellò via di buon umore perché la sua ricerca personale poteva ricominciare, ma si paralizzò ad un pensiero.
- E come pensano che faccia a sistemare da sola le anime di milioni di persone!? – si lamentò ad alta voce, mentre Yuri nella katana sghignazzava silenziosamente.



[1]: “Chróma” significa “Colore” in Greco (fonte: google traduttore)

[2]: “Buonanotte e fai bei sogni” (fonte: google traduttore)



Angolo dell’autrice
è uscito parecchio lungo stavolta, ma volevo inserire i nostri cari Hyakuya quanto prima, così eccoci qua.
Ora sappiamo qualcosina di più del mondo degli shinigami, l’esistenza di una scala gerarchica (Coi Jewels che sono le gemme cardinali dell’antichità, cioè ametista, rubino, zaffiro e berillio di cui sono comparsi i nomi finora, e gli Shards, cioè gli shinigami che presiedono le altre gemme, ma li ho divisi tra i Jewels basandomi su somiglianze nei colori più che altro) e anche l’identità della benefattrice di Kaguya.

Comunque avete capito bene, Mika qua sarà una ragazza. Cercherò di tenere i personaggi quanto più IC possibile, poi quel che sarà sarà.
Spero che vi siate goduti il capitolo e che magari vogliate lasciarmi un piccolo commento.
Alla prossima pagina della storia.
Crow
  
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