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Autore: Abbykat    06/11/2016    0 recensioni
Una fermata non prevista durante il viaggio verso la dimora della Strega, quando tutte le crepe cominciano a essere visibili. Perché esserci per qualcuno è così difficile?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irvine Kinneas, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

WEIGHT
scritta da Abbykat, tradotta da Alessia Heartilly

Irvine Kinneas non era un uomo coraggioso.

Non era nemmeno un uomo particolarmente introspettivo, la maggior parte delle volte, ma gli piaceva pensare di essere almeno onesto abbastanza da riconoscere i suoi fallimenti quando gli venivano sbattuti in faccia. Ultimamente, sembrava che si dovesse confrontare con i suoi fallimenti ad ogni passo. Aveva avuto un sacco di tempo per rifletterci su nell'ultima settimana circa, ed era arrivato ad alcune conclusioni.

Un uomo coraggioso, pensava, non avrebbe avuto un crollo nel mezzo di una missione, a prescindere da quanto quella missione fosse dura. Un uomo coraggioso sarebbe andato in prigione con i suoi amici, invece che salvarsi la pelle. Un uomo coraggioso sarebbe stato onesto con quegli amici fin dall'inizio, e non avrebbe finto che loro fossero estranei per lui quanto lui lo era per loro, per paura di cosa sarebbe successo se avesse parlato.

Un uomo coraggioso non sarebbe stato lì seduto come un cretino a guardare in distanza un suo amico che soffriva da solo.

La luminosità cattiva del sole del pomeriggio schiariva le sabbie dell'Isola di Kyactus fin quasi a renderle bianche, uniformi e quasi troppo luminose da guardare, che nuotavano per le correnti di convezione e i riflessi dei miraggi. Nel mezzo, Squall era una figura scura e indistinta, chino su se stesso sulle ginocchia in cima a una duna, mentre Irvine era seduto all'ombra della Lagunarock sulla sua rampa di salita e discesa - seduto sul cappotto perché faceva dannatamente troppo caldo per tutti quei vestiti, lì fuori - e desiderava, egoisticamente, che Squall stesse lottando con qualcosa che lui potesse vedere e capire e a cui poteva sparare. Si trovò ad essere vagamente geloso di Selphie, che aveva i funzionamenti della Lagunarock a distrarla, e di Zell, che poteva assorbirsi nella boxe con nemici invisibili praticamente subito e non essere lasciato con niente da fare se non stare seduto e guardare, e contemplare i propri peccati, e finire per sentirsi un codardo.

Dei passi vibrarono gentilmente sulla rampa, e portarono Quistis nel campo visivo di Irvine. "Lui come sta?"

"Il solito." Era stato così da quando erano atterrati - da quando Zell si era precipitato nella cabina di pilotaggio della Lagunarock, con gli occhi spalancati e pieni di panico, e aveva detto a Selphie che dovevano atterrare subito. Irvine non era stato in grado di farsi dire da Zell esattamente cosa era successo, ma non appena era scesa la rampa Squall era fuggito dalla nave, ringhiando, "state lontani da me!", e bloccando così i tentativi dei suoi amici di seguirlo.

Quistis non disse altro, e la preoccupazione e confusione e disperazione silenziosa di lei pesava su Irvine insieme alle proprie, anche più della pressione dell'aria calda contro la pelle. Se era così che si sentiva Squall, venne da pensare a Irvine - se quello che intendevano come presenza di supporto sembrata un tale peso - allora non c'era da meravigliarsi che lui si disperasse dalla voglia di sfuggire loro.

Perché essere semplicemente presenti per qualcuno era una cosa così difficile da fare?

Disgustato da se stesso, si spinse in piedi, sollevando il rassicurante peso dell'Exeter e mettendolo a posto prima di scendere. "Rimani all'ombra," disse a Quistis al di sopra della spalla, e iniziò a camminare sulla sabbia verso quella piccola figura scura.

La testa di Squall si sollevò solo di poco quando Irvine lo raggiunse, gli occhi che lo guardavano di traverso attraverso i capelli spettinati, con una tale rassegnazione esausta, una tale espressione di sconfitta che chiedeva "e adesso?", che Irvine si sentì attraversare da un brivido di senso di colpa nonostante il caldo. Rimase in silenzio alcuni minuti, spostando il peso da un piede all'altro, cercando di trovare qualcosa da dire che non sembrasse stupido, fino a quando diventò chiaro che alla fine non avrebbe detto proprio niente, e divenne un'altra pressione silenziosa, con le migliori intenzioni, che si posò quasi visibilmente sulle spalle chine di Squall. Di' qualcosa anche se è stupido, pensò disperatamente, e quando aprì la bocca riuscì a malapena a trattenersi dal chiedere a Squall se stava bene.

"Hey," disse invece, e avrebbe potuto prendersi a calci per la falsità della sua noncuranza, ma spinse fuori comunque il resto delle parole, "ricordi la volta che mi sono slogato la caviglia esplorando quelle caverne giù alla spiaggia?"

Squall non gli rispose, se non guardando la sabbia, dove teneva le mani per tenersi su. C'era una macchia di bile, lì, e la solita parlantina strascicata e pigra di Irvine iniziò a vacillare, le parole a uscire più in fretta. "Non so di chi fosse l'idea - mia, credo, o di Zell - ma abbiamo scalato fino a là, e io sono scivolato o una cosa del genere, e mi sono fatto male alla caviglia. E Zell è corso a chiamare la Madre, ma io ho cominciato ad agitarmi perché sembrava che ci mettesse un'eternità, e stavo pensando che la marea sarebbe entrata o una cosa così e saremmo annegati. Quindi, tipo, mi hai tirato su a metà sulle spalle, e deve essere stata la cosa più ridicola, perché tu eri proprio un ranocchietto ed io ero già più alto di te, ma dannazione se non mi hai tirato fuori da là. E io che piangevo come un bambino per tutto il tempo perché mi faceva male la caviglia."

Si costrinse a fermarsi e inspirò profondamente, e quando continuò la sua voce era, sperava, un po' più regolare. "Sei sempre stato un piccolo bastardo testardo. Non impertinente come diventava Seifer, sai... diventavi tutto silenzioso e andavi avanti e facevi quello che volevi fare, e metà delle volte nessuno se ne accorgeva nemmeno finché avevi finito. Mi ero dimenticato anch'io di quella volta fino a quando camminavamo tutti sul quel dannato lago salato verso Esthar, e io ti guardavo semplicemente che portavi Rinoa così e pensavo a quanto fosse lungo il ponte, e pensavo, 'non esiste'. E tu continuavi ad andare e basta, fino ad Esthar, e mi sono ricordato di quella volta nelle caverne da piccoli."

"Continuo a deluderti," concluse disperato, e guardò il corpo di Squall che si irrigidiva, un piccolo tremore di movimento che fece pensare a Irvine che avrebbe vomitato di nuovo. Il pensiero lo fece deglutire con forza. "Tutti continuiamo a deluderti. Non sappiamo davvero cosa sta succedendo o cosa dovremmo fare, e continuiamo a cercare le risposte da te perché tu continui a riuscire a cavartela, in qualche modo... e allora continuiamo a dimenticare che nemmeno tu sai cosa sta succedendo. E abbiamo lasciato che Rinoa parlasse per tutti noi perché non riuscivamo a capire cosa dire, ma non ci siamo mai fermati a pensare che non sarebbe stato abbastanza o, sai, a cosa avremmo fatto se non c'era lei nei paraggi a parlare per tutti."

Parlare di Rinoa fu la cosa sbagliata da fare. Irvine lo capì chiaramente qualche momento troppo tardi, quando la testa di Squall cadde, le dita affondarono nella sabbia e il suo corpo intero si fece più stretto fino a quando la schiena e le spalle tremarono sotto la pelle nera della sua giacca, con le labbra che mostravano i denti.

Si chinò nella sabbia, e si allungò quasi per mettere un braccio intorno alle spalle di Squall, ma poi pensò che era meglio non farlo. "Andremo a prenderla," disse, con la voce bassa e urgente. "Lei starà bene. Io solo... quello che sto cercando di dire è... non devi portarci tutti. Non puoi portarci tutti. Capisci?"

Squall non disse niente, di nuovo, ma dopo numerosi lunghi momenti pieni di respiri profondi e irregolari inspirati ed espirati, una parte di quell'orribile tensione si rilasciò, e alzò la testa quanto bastava per guardare il viso di Irvine. Nella luce dolorosamente abbagliante del sole sembrava pallido, consumato e malato. Quando Irvine gli offrì la mano, lui la guardò con occhi vuoti e un po' diffidenti, come se non fosse sicuro di cosa fare.

"Dai," disse Irvine, e riuscì nonostante tutto a fare un piccolo sorriso storto. "Farai meglio a toglierti da questo sole, prima di arrostirti."

Ci volle un'altra lunga pausa, ma la mano protesa di Irvine rimase sospesa pazientemente nell'aria fino a quando, finalmente, con la gola che lavorava per deglutire, Squall si allungò per stringerle le dita insabbiate intorno, e permise a Irvine di tirarli entrambi in piedi.

"Mamma mia. Non so come fai a sopportarlo con tutti quei vestiti di pelle." Irvine ci rifletté brevemente, e con un piccolo sospiro esasperato si tolse l'ampio cappello da cowboy dalla testa per metterlo a Squall. "Scommetto che finirai con lo scottarti. Eri sempre il primo a diventare rosso."

Il cappello era troppo grande, ovviamente; si posizionò comicamente basso sulla fronte di Squall, mettendogli in ombra il viso, e lui sbatté le palpebre per la sorpresa e una vaga incomprensione, con le sopracciglia che si avvicinavano come quando i suoi ingranaggi mentali giravano freneticamente per tenere il passo. Guardandolo, Irvine scoprì improvvisamente di poter vedere oltre la cicatrice e lo stress e le ombre nei suoi occhi, di poter semplicemente vedere qualcosa del bambino che aveva conosciuto tanto tempo prima - un bambino tranquillo e pensieroso, ma comunque un bambino, comunque innocente e non ancora con il peso di un tale fardello.

Lo colse di sorpresa, e non si diede il tempo di pensarci, semplicemente strinse forte le braccia intorno a Squall e lo tirò vicino, con la pelle scaldata dal sole e gli angoli duri e sgradevoli del gunblade e tutto. Era così teso che quasi faceva male abbracciarlo, con i muscoli in nodi stretti sotto la giacca, e le mani piegate a pugno contro il tessuto della maglia di Irvine, ma non cercò di ritrarsi, e anche se l'avesse fatto, Irvine non era sicuro che lo avrebbe lasciato andare.

"Forse facciamo schifo nel dimostrarlo," disse, con le parole spesse in gola, "ma lei non è l'unica ad amarti."

Sarebbe stato meglio, pensò, se Squall avesse potuto piangere, anche solo un po' - o gridare, o qualcosa, anche picchiarlo a sangue se era quello che serviva per sfogare un po' dell'emozione che era così soffocata dentro di lui. Ma sembrava che non sarebbe stato così facile. Irvine lo abbracciò, ignorando testardamente il calore e il sudore e il fatto che l'impugnatura del gunblade di Squall gli affondava scomodamente nel fianco, fino a quando alla fine le mani sul suo petto si rilassarono un po'.

"Irvine..." La voce di Squall uscì in un sussurro roco. "...Grazie."

"Sì, beh." Pensò di dire qualcosa come 'a cosa servono gli amici', e mise da parte l'idea perché poteva pensare a un sacco di cose a cui servivano gli amici che non avevano nulla a che fare con questo, e francamente stava sperando che nessuno di loro avrebbero mai dovuto rivivere una cosa del genere. Decise di fare un passo indietro, lasciando andare con cura esagerata la presa su Squall. "Pensi che se uso una Morfeo su di te, sarai capace di dormire per un po'? Perché non so come ti senti tu, ma hai un aspetto da schifo. Riciclato."

Squall esitò, si portò una mano guantata a strofinarsi vagamente il viso sotto all'orlo del cappello di Irvine.

"Ne avrai probabilmente bisogno, quando arriveremo là," sottolineò delicatamente Irvine quando sembrò che Squall non intendesse rispondere.

Quel trucco funzionò; Squall lasciò cadere la mano, il respiro uscì con un sospiro tranquillo, e piegò brevemente la testa in una specie di cenno d'assenso. "Sì. Probabilmente."

Abbastanza buono. "Andiamo, allora." Stavolta, Irvine non osò toccarlo, accennò solo con la testa alla Lagunarock, dove era posata sulla sabbia come una qualche specie di grossa bestia luccicante, e lasciò che Squall si prendesse il suo tempo nell'attraversare nel suo modo lento e faticoso il pendio di sabbia. Lui lo seguì, rintracciando i suoi stessi passi nella sabbia, e sentendosi in qualche modo con le ginocchia deboli e senza fiato, come se avesse appena schivato un proiettile.

*****
Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! Alessia Heartilly

   
 
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