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Autore: _hell_inside_    06/11/2016    1 recensioni
"Le lame fendevano l’aria, la aprivano in due, prima di squarciare la carne degli innocenti. Gli ordini dei centurioni risuonavano secchi e truci nella notte, e il rumore di centinaia di armature e sandali chiodati battevano sulla terra del villaggio e delle capanne, mentre si mischiavano agli urli di chi stava venendo bruciato vivo nelle proprie case. Qualcuno pregava che la Dea li salvasse, ma quella notte, era cieca, bendata e oppressa dal dolore, esattamente come lo era il suo popolo. "
L'oppressione romana in Britannia, bardi, sacerdotesse, druidi, guerrieri e clan. Una storia d'amore e una guerra che sembra impossibile vincere
(Cambiamento di titolo: prima era "Resistono i frammenti")
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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CAPITOLO SETTE

-Ehi? Psss- una voce proveniente da dietro un albero catturò l’attenzione di Gwen –Mia madre è ancora in giro?-

-Chi sei?- domandò la fanciulla a bassa voce e in maniera furtiva. Samia l’aveva abbandonata per andare a scambiarsi pettegolezzi con alcune amiche e Arwyn si era allontanata per verificare se la cottura delle zuppe stesse avvenendo nel modo giusto. Gwen si era quindi trovata ai margini della piccola folla di donne affaccendate a prepararsi per la festa e, in oltre, era completamente sola.

-Mi chiamo Lexyy. Mia madre è lontana?- Lexyy, quel nome in Gwen risuonò familiare. Non era forse la figlia di quella donna che aveva chiesto loro se l’avessero vista? Certo che si.

-Si, puoi uscire fuori-

Dalla boscaglia, uscì una figura minuta. Arrivava si e no alla spalla di Gwen e era robusta la metà, quasi completamente pelle e ossa. I capelli erano tagliati appena sotto il mento, di color castano scuro e indossava calzoni e camicia come un uomo. Il viso era pallido, spruzzato di lentiggini sul naso, sul quale si aprivano due grandi occhini verdi. Lexyy.

-E tu chi saresti?-

-Gwen ap Urien-

-Sei quella della fossa dei cinghiali?-

-Esattamente. Tu che ci facevi nel bosco?-

-Duellavo. Con Dubhan, il figlio del maestro di spada. Ha due estati in meno di me e mi sta insegnando a combattere. Ho sempre voluto essere una guerriera- Lexyy esaminò attentamente chi aveva di fronte e… aspetta… quelle mani… no, non poteva essere.

-Tu combatti?- chiese improvvisamente

-So usare una spada abbastanza bene-

-Qualcuno ti ha ferito, recentemente?- Gwen sorrise.

-Intendi questo?- chiese mostrando il pollice tagliato alla più piccola

-Ovvio-

-Piccoli incidenti che capitano-

-Con chi hai duellato?-

-Gwyn-

-Hai davvero duellato con lui?! Sono mesi che cerco di convincerlo a insegnarmi a combattere anche con il bastone… Dice di essere già abbastanza colpevole per avermi regalato una spada di legno! Mia madre ancora un po’ lo uccideva quando lo ha scoperto!- rise di gusto Lexyy

-Pestifera di una! Eccoti finalmente! Guardati, sei tutta sporca, perfino in faccia, vai subito a pulirti! Per la Madre, due figlie, una peggio dell’altra! Avevo fiducia nella più piccola, dato che la grande a neanche venti estati ha preso e se n’è andata a abitare con quel gigante e con il bastardo. Vive con due uomini!- urlò Nora mettendosi in mezzo alle due fanciulle e spingendo via la figlia per poi rivolgersi a Gwen

-Non sei una faccia conosciuta-

-Mi chiamo Gwen, figlia di Urien il Bardo-

-Ah… So che hai creato un bel disastro, senza che tu lo sapessi ovviamente-

-Come…?-

-Il bastardo. Pare che ti avesse messo gli occhi addosso. Per fortuna Aengus non si è fatto influenzare dagli antichi legami e ti ha messo sotto la protezione del fabbro- Gwen la guardò esterrefatta –Stai lontana dal bastardo, dicono che allunghi le mani un po’ troppo-

-Non preoccupatevi. Credo di saper badare a me stessa-

 

 

-Qualche bella pollastra in giro, Gwyn?- Hywel si sedette come una freccia accanto al moro, spingendolo praticamente appiccicato a Myrddin –Myrddin tu?-

-Nulla di che, sono sempre le stesse alla fine- rispose abbattuto Gwyn, osservando Hywel attentamente: era un guerriero alto, robusto e completamente tatuato. Era giusto poco più giovane di Gwyn, ma era già calvo e in testa portava una graziosa corona di fiori –Tu sei andato da Muirne immagino-

-Da cos…? Si, mi ha regalato questa corona. Mi ha detto di dartela, le manchi. E anche a Carysne- rispose malizioso Hywel

-Dille che può anche tenersi la mia mancanza. E le sue corone-

-Che ti succede amico? Da una luna a questa parte ci sei meno. Non vorrai dirmi che ti sei trovato una donna?-

-Ma va…-

-Stai tenendo d’occhio Samia eh?-

-Certo, perché ora guarderei le bambine. Grazie per la fiducia-

-Era tanto per dire, dai, non te la prendere. E poi somiglia tanto a sua sorella. Forse sua sorella era più prosperosa qui- rise Hywel portandosi le mani a coppa sul petto

-Cosa hai detto?-

-Samia sta crescendo bene. Forse potresti farci un pensierino, somiglia così tanto a Eira-

-Samia non sarà mai Eira. Nessuna sarà mai come lei. Nessuna, hai capito? Osa nominare un’altra volta il suo nome e vedi che ti faccio passare la voglia- lo minacciò alzandosi dalla panca. Gli prese la corona dalle mani per lanciarla nel fuoco scoppiettante davanti a loro, dopodichè si avviò verso il bosco a passo svelto col volto scuro di rabbia.

 

-La festa non ti piace?- Gwyn sentì una voce femminile alle sue spalle. Era turbato, voleva stare solo, chi era quella persona così folle da cercarlo in un momento in cui avrebbe ucciso chiunque gli si fosse avvicinato?

-Vattene- le rispose lui

-E lasciarti qui? Da solo? In questo stato? Mi dispiace non posso-

-Si che puoi, basta che ora tu ti giri- si voltò e, finalmente, la vide: indossava un vestito bianco, leggerissimo, fatto di veli sovrapposti uno all’altro e le maniche toccavano quasi terra; ai polsi portava bracciali d’argento e ogni dito aveva un anello, mentre i capelli un tempo erano stati intrecciati, ora le ricadevano spettinati in vari ricci che le incorniciavano il volto –E torni verso la festa…- le ultime parole gli morirono in gola.

-Non vuoi, vero?-

-Cosa?-

-Che io me ne vada- gli sorrise lei

-Non hai paura, Gwen-

-Dovrei avere paura di te?-

-In molti ce l’hanno e tu sembri così fragile. Insomma, ora sembri fragile. Con in mano una spada no- rise Gwyn

-Non ho paura, hai ragione- lei gli si avvicinò, per poi allungare una mano ad accarezzargli il viso –So che non potresti farmi del male-

Lui le cinse la vita con un braccio e lei si fece stringere. Era lì, accanto a lui. E nella mente di Gwyn il ricordo di Eira gli sembrava sbiadito. Il suo antico amore, in confronto alla donna che aveva accanto, gli sembrava insipido, spento.

-Non volevo farti male alla mano- sussurrò piano lui

-Non preoccuparti. Ogni cicatrice ha un significato, una storia. Sarà fiera di indossarla, sarà un bel ricordo-

-Un bel ricordo? Non capisco-

-Mi ricorderò che ti devo la vita-

Avevano iniziato a suonare e cantare e la musica stava arrivando anche a loro due.

-Potresti donarmi un ballo, magari-

Lei gli sorrise

-Certamente-

Gwyn le offrì il braccio e lei incastrò il suo, per poi iniziare a danzare. Lui la vedeva semplicemente come una fata, un po’ impacciata ma tremendamente attraente. Serena, tranquilla, felice, forse. Ballava come chi balla con il cuore leggero.

La fermò dopo una giravolta. Di fronte a lui. Con un braccio le cinse la vita, con l’altro le accarezzò il viso e le alzò il mento. Poi si chinò a baciarla. Tremante, temendo in un rifiuto, rimase quasi sorpreso dalla passione con la quale lei ricambiò. Si staccò tremante e la guardò sorridendo.

-Ma buona sera, piccola- le sussurrò all’orecchio, abbracciandola. Le sfiorò la guancia con un dito e si chinò a baciarla di nuovo. E lì, tra le braccia di una quasi sconosciuta, il suo cuore aveva trovato pace. In quegli occhi pieni di dolcezza, un rifugio.

Passarono tutta la sera semplicemente abbracciati uno all’altra, le labbra quasi perennemente attaccate, le mani ovunque…

-Tra poco accendono il fuoco… Vieni con me?- le chiese dolcemente

-Dove?-

-Ti porto a fare un giro-

-Owain mi aveva detto di farmi trovare al grande fuoco… Mi dispiace-

-Non importa, ci vediamo in giro- le sorrise Gwyn, lasciandola andare. Gwen mosse un passo verso la festa, per poi fermarsi, scoppiare a ridere, scuotere la testa e allontanarsi.

 

-Gwyn! Gwyn, ti prego, apri. Aprimi, Gwyn lo so che ci sei- le lacrime le rigavano il volto, tremava di freddo e di paura, sulle braccia i segni delle unghie e della stretta di Glyn. Era scappata via, inciampando più volte nel vestito, per il villaggio ormai buio e silenzioso. Non sapeva dove andare, a chi chiedere un riparo per la notte dopo aver promesso a se stessa di non mettere più piede nella casa del fabbro. Poi si era ricordata di Gwyn e Idwal, e si era messa a cercare la loro capanna. L’aveva trovata dopo buoni minuti di ricerca e, sempre con gli occhi lucidi, si era messa a bussare alla loro porta.

Le aprì un Gwyn assonnato, i capelli arruffati e con addosso solo i pantaloni slacciati. Eppure, non appena la vide, tornò immediatamente lucido.

-Gwen…- la voce gli morì in gola

-Mi fai entrare per favore?- le chiese lei in lacrime

-Ma certo, vieni- le spalancò la porta, facendola entrare nella capanna. Era circolare, come tutte, con il fuoco in mezzo ormai quasi spento, circondato sul lato della porta e quello opposto da due panche curve di legno, mentre sul fondo vi erano due pagliericci uno di fronte all’altro. Di fianco a uno di essi, dove dormivano Idwal e Arlinna, era appesa una culla. Gwen si guardò intorno, mentre Gwyn tirava nuovamente il catenaccio che bloccava la porta.

-Cosa ti è successo, Gwen?- le chiese avvicinandosi

-Glyn…- iniziò scoppiando in lacrime –Io non voglio parlarne-

Per tutta risposta, Gwyn la strinse tra le braccia, accarezzandole la schiena con dolcezza. Lei continuava a piangere sempre più forte, scossa dai tremiti.

-Stai tranquilla, sei al sicuro qui. Nessuno ti farà del male, sei stanca?- lei annuì –Vieni qui, andiamo a dormire. Ti prometto che non ti toccherò-

Lei si impose di tranquillizzarsi per spogliarsi del vestito e infilarsi sotto le pesanti coperte di lana. Rabbrividì nel sentire le mani di Gwyn sfiorarle appena il suo corpo nudo, ma al contempo, cercava riparo tra le sue braccia. Si sentiva… a casa. Come non lo era mai stata. Non aveva mai provato quella sensazione.

-Posso baciarti?- le chiese con dolcezza lui

-Certo- rispose in un sussurro, perdendosi in quel bacio, ritrovandosi e, infine, scivolare nel sonno.

 

 




NOTE DELL'AUTRICE: lo so, lo so. Sono successe ventordici mila robe. Che sarà mai successo realmente a Eira? Cosa succederà tra Gwyn e Gwen? 
So di averlo fatto più lungo del solito, ma mi sto rendendo conto di dover allungare i capitoli o non la finisco più questa storia. In più, mi è scesa una lacrimuccia nello scrivere del bacio tra Gwyn e Gwen, dato che si, anche quello è successo davvero.
Ringrazio sempre TremorChrist per le recensioni e lo faccio regalandole un personaggio, Lexyy, completamente ispirato a lei eheheh.
A presto, spero
Tenebra
 
 
   
 
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