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Autore: _Blanca_    07/11/2016    0 recensioni
«Mi segue» disse Anna.
«Di che cosa parlate, miss Hawkins? Chi vi sta seguendo?»
«La morte.»

Ottobre 1875. Dalle coste della Nova Scotia, Anna Hawkins si imbarca per l’Inghilterra, dove vivrà con gli zii Woodhams, ricchi borghesi del Kent. Anna sa che vivere nel cuore dell'Impero, tra i bianchi sudditi della regina Vittoria, non sarà semplice. Lei è una Metis. È figlia di un inglese, che ha fatto fortuna come cacciatore di taglie, e di una donna della Prima Nazione. Ma Anna sa anche di non poter tornare indietro. Il suo viaggio è una fuga. Una fuga dalla solitudine, dalle responsabilità, da un destino che la terrorizza. La nuova esistenza nel Kent, tuttavia, si rivelerà diversa da qualsiasi speranza o timore. Anna dovrà affrontare i segreti di una vecchia casa e di una stanza che non deve mai essere aperta; dovrà tenere testa a una zia decisa a odiarla e a uno scrittore di racconti del terrore, capace di dare un’impronta fin troppo realistica agli incubi di carta e inchiostro. E, sullo sfondo del tutto, toccherà a lei risolvere l’enigma di un misterioso suicidio.
Genere: Horror, Mistero, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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18.





XVIII. Nalusa




Quella notte, lunga e insonne, Anna non venne tormentata da apparizioni o risate diaboliche, ma dalla cruda violenza delle proprie emozioni: avrebbe voluto urlare ― lasciarsi cadere in ginocchio e urlare al soffitto. E ancora urlare, urlare e urlare. La paura era mutata in rabbia; un’ira che corrodeva i polmoni e bruciava, dall’interno, lentamente, sgretolando ciò che rimaneva di un già debole controllo di sé. Ma Anna non gridò. Né versò una lacrima o esalò un gemito. Si acquietò sul tappeto, con la schiena contro il letto e le ginocchia raccolte. ‘Questa è la mia punizione’ comprese. ‘Sono scappata. Ho voltato le spalle. Ho chiuso gli occhi. Mi sono tappata le orecchie. E questa è la punizione per la mia codardia.’ Perché cose tremende attendevano il lupo che abbandona il branco messo sotto la sua protezione: era la legge del grande spirito.
Sullo scrittoio, cosparso di giornali, lo stoppino della lampada si consumò pian piano. Ma quando l’orologio dello zio Woodhams segnò le cinque del mattino, e il chiarore dell’aurora era ancora lontano dall’arrampicarsi lungo le mura di Bon Fleur Place, Anna aveva riordinato lo scrittoio. E sé stessa.
Il nuovo giorno ebbe inizio come i precedenti: nella luce livida di una freddissima alba, Anna spazzò il fogliame dai gradoni del portico d’ingresso e sbatté i tappeti del parlour; nel boudoir, pulì il parascintille del camino, riempì la cesta per la legna e preparò il fuoco per la zia. Alle otto in punto, dopo che Lily ebbe servito la colazione alla signora Woodhams, sedette al tavolo della cucina, ingollò mezza tazzina di té e sbocconcellò una fetta di pane abbrustolito. Lily mangiava di fronte a lei e Anna, a capo chino sul piatto, respinse i tentativi dell’altra di conversare a suon di mugugni seccati e risposte a mezza bocca.
Un’ora e mezza più tardi, per la sorpresa di entrambe, un calessino arrancò lungo il viale della villa. Si rivelò essere il pingue signor Delaney, accompagnato da un assistente: un giovanotto dalla chioma fulva e riccioluta e due sopracciglia chiarissime, che sembravano sul punto di svanire contro la fronte lattea. La padrona di casa, che curiosamente non diede segno di fastidio per l’arrivo del notaio, li ricevette in biblioteca. In quanto ad Anna, qualunque fosse la ragione della visita, non era autorizzata a metterci bocca o a prestarvi orecchio.

Fuori, ruggiva la tramontana e
la porta del riparo per i cavalli tremava e scricchiolava. Anna, col cappottino pieno di rammendi indosso, ostinatamente indifferente al freddo e agli spifferi, strofinava con la striglia il muscoloso fianco del boulonnais, mentre Byron ruminava dal secchio del fieno. Sapeva di trovarsi proprio dove sua zia la voleva: tra le bestie, in mezzo al ronzio delle mosche e all’acre puzzo del letame. Ciò che la zia non poteva immaginare, però ― continuava a dirsi Anna ― era quanto lei preferisse di gran lunga la compagnia dei cavalli, e dei loro effluvi, ai mefitici segreti della lussuosa villa.
Il cavallo rizzò il collo e il fiato si condensò in uno sbuffo bianco sotto alle froge.
La porta era stata aperta.
Era Lily. Il vento le aveva tinto le guance di rosso, tale a quello della boccuccia tumida, ora piegata in un sorriso cauto; portava un boccale di ceramica, chiuso da un coperchio. «Quanta energia con quella spazzola. Stai cercando di spellare vivo il povero Billy Grey?»
Anna non rispose, non la guardò e seguitò a lavorare.
Lily non si perse d’animo. «Ti ho portato del vino caldo.» Adagiò il boccale su una stretta tavola, appoggiata a due tronchi, che fungeva da rustica panca; e si strinse per benino nello scialle. «Se continua così, la neve arriverà prima del solito. Non sembra proprio un clima da neve? Ma immagino tu sia abituata: mi hai detto che l’inverno in Nova Scotia―»
«Lily, che vuoi?» borbottò Anna. «Non dovresti essere a disposizione degli ospiti?»
«Sono ancora tutti in biblioteca, a discutere su certi documenti» spiegò pacificamente Lily.
Uno sbuffo si fece largo tra le labbra di Anna, contratte in un ghigno sottile, tra amarezza e sarcasmo. «Scommetto che mia zia sta cercando un modo per evitare che io riceva anche solo mezzo bottone, alla sua morte.»
«Sei troppo severa con tua zia.»
Anna si costrinse a non controbattere.
«Sai» riprese Lily, «quando ho visto la carrozza, ho pensato fosse il dottore.»
«Easton?»
«Sì. Ieri mattina, prima che andassi al mercato, madam mi ha affidato una lettera indirizzata al dottore.»
«Perché non me lo hai detto?»
«Sei tu che non parli con me» si difese l’altra. E dopo un attimo di titubante silenzio, disse: «E poi, ieri sera, mentre aiutavo madam a prepararsi per la notte...» Si interruppe, di nuovo restia.
Anna inarcò un sopracciglio.
«Ieri sera cosa?»
«Ecco, vedi: la signora è mai stata molto loquace con me. Mi dice quel che devo o non devo fare. E basta. Ieri sera, invece, continuava a parlare di te. Della tua salute. ‘Quella povera ragazza’ ha detto, ‘peggiora di giorno in giorno. Bisogna proprio farla visitare.’ E mi ha chiesto, di nuovo, se fossi d’accordo con lei.»
«E tu cosa hai risposto?»
«Anna, è difficile non essere d’accordo. Non dormi, mangi pochissimo e sei sempre di cattivo umore. Ma io lo capisco, sai. È per il signor Woodhams. È normale che tu non ti senta bene. L’ho detto, a madam. E le ho anche detto che sono sicura che, con il tempo, ti riprenderai. ― In ogni caso, è una cosa bella che tua zia si mostri preoccupata per la tua salute, non credi?»
«Non è preoccupata per me!» ringhiò Anna, a denti stretti. Strofinava con tanta di quella forza che Billy Grey scosse la testa e si spostò, grattando nervosamente gli zoccoli tra la paglia sul pavimento. «Si sta assicurando che il prossimo suicidio abbia una spiegazione palese. Vuole la tua testimonianza. E quella del dottor Easton. Così quando la nipote del signor Woodhams s’ammazzerà per il dolore nessuno si farà domande.»
Lily fissava Anna con tanto d’occhi. Aprì e chiuse la bocca due volte di seguito, prima di riuscire a esclamare, in un soffio orrificato: «Ma che cosa vai dicendo?»
Anna era al limite: gettò la striglia a terra, si voltò di scatto e avanzò a falcate verso Lily. «Vuoi davvero sapere perché mi comporto così? Va bene! Ho promesso che te lo avrei detto. E te lo dirò adesso.» Confessò tutto. Disse dell’incontro con George Merrik, di Bert e di William Hall; raccontò cosa aveva scoperto sulla scomparsa della cameriera; parlò di Alice Mallory, di Joseph Mallory e del legame del dottore con la zia Woodhams.
Quando ebbe terminato, Lily sentì il bisogno di un sostegno: sedette sulla panca, rigida e muta. Le guance avevano perso colore. Batté le palpebre. «Tu... tu credi... tu cos―» Dovette fermarsi, inghiottire e poi riprendere da principio: «Tu credi che quel medico avesse veramente fatto un patto col Diavolo? E che abbia costretto la moglie all’omicidio? E che lo stesso dottore abbia mandato una povera cameriera a suicidarsi?» Tacque. Serrò le labbra e scosse il capo. «Non può essere vero. Non ha alcun senso.»
«Difatti. Non ha senso» concordò Anna. La confessione l'aveva come esaltata; andò a sedersi accanto a Lily, torcendo il busto verso di lei. A voce bassa, continuò: «Non ha senso che il dottor Mallory sia il carnefice. Lui è una delle vittime.»
«Non è questo che intendo! Voglio dire che―»
«Quello che io voglio dire è che le vittime, fin ora, sono state tre: Joseph Mallory, Mary Tilley e mio zio.»
«Eh?»
«Uno è stato rovinato. Gli altri due assassinati. Per vendetta.»
«Vendetta? Vendetta di chi? Di un ‘fantasma nero con gli occhi rossi?!’» A quel punto, per la prima volta da quando Anna la conosceva, Lily alzò la voce: «È a queste fandonie che vuoi credere?
» strepitò. «Forse laggiù, in Nova Scotia, e ancora più a ovest, in mezzo alle foreste e sulle montagne abitano ancora degli spiriti. Ma noi siamo in Inghilterra. Siamo nel Kent. Qui gli spiriti servono solamente a riempire le tasche dei ciarlatani.»
«Ho letto i vostri libri. Ne avete a iosa di storie di fantasmi.»
«Storie, Anna. Sono storie. Alle quali credono i bambini e gli ignoranti.»
Anna espirò. «Ma per un momento – soltanto per un momento – immagina che non tutti i fantasmi esistano solo nei romanzo d’appendice. E... e immagina di voler assassinare qualcuno.»
Lily boccheggiò, impallidendo ancora di più.
«Vuoi uccidere qualcuno, ma vuoi essere completamente e perfettamente certa di non venir scoperta. Come agiresti?»
«Anna, ti prego, non parlare di certe cose nemmeno per scherzo.»
«Troveresti qualcuno che commetta l’omicidio al posto tuo: ecco come agiresti. Però, un sicario potrebbe tradirti. Potrebbe lasciarsi corrompere. Potrebbe essere catturato. Potrebbe parlare. Ora, immagina se la persona, per così dire, incaricata dell'omicidio fosse già morta.»
«Cosa?» chiocciò Lily
«Sto parlando di un fantasma.»
«Sì! L'ho capito – questo. Ma – cosa?»
«Hai mai sentito parlare di sedute spiritiche?»
«S-sì...»
«Durante una seduta, una persona potrebbe mettersi in contatto con un’anima. Un’anima... particolare. Lo spirito di una persona morta in un tale stato di rabbia e di rancore che, nel momento in cui qualcuno le fosse permesso di camminare di nuovo tra i vivi, sarebbe in grado di costringerli a compiere gesti terribili.»
Lily tratteneva il respiro, fissando Anna come se le avesse appena rivelato di esser lei stessa un spettro. «Come...» ansimò, «ti è venuto in mente un pensiero così contorto e raccapricciante? È per questo che rimani sveglia la notte? Per riempirti la testa di sciocchezze?»
«Non mi è venuto in mente! Ne ho sentito parlare, in passato. Esiste una leggenda tra il popolo di mia madre. Gli Ahawiti li chiamano nalusa. Ma non c’è uomo o donna, dall’est all’ovest, che non abbia sentito raccontare, almeno una volta nella vita, degli Spiriti Neri. Le Ombre. Sono esattamente come la figura che Mary Tilley disse di aver visto ai piedi del letto:  nere, a eccezione degli occhi, che sono sempre rossi.» Anna tacque per un istante. «Sai cosa si dice dei vampiri, Lily? Creature che possono muoversi solo di notte e che si nutrono del sangue dei vivi? Le Ombre agiscono nello stesso modo. Ma non si nutrono di sangue, no. Si nutrono dell’anima, dei pensieri, della volontà di una persona. Più se ne nutrono, più diventano potenti, più sono in grado di esercitare controllo sull’anima di cui si cibano. Sono pericolosi, quando sono liberi. Ma lo sono ancora di più, quando legati ai desideri di un vivo:
si racconta persino che, durante le guerre, ci fossero sciamani che evocavano le Ombre, le anime dei guerrieri morti tra le torture della prigionia, per gettare scompiglio tra la tribù nemica. Le Ombre diventano armi e non si fermano fin quando la vittima designata non è morta. »
Ma Lily non poteva più ascoltare. «Non ci sono sciamani, nel Kent!» saltò su.
«Qualsiasi persona esperta di pratiche occulte potrebbe farlo.»
«E chi sarebbe mai questa persona?»
«Non lo hai ancora capito? È mia zia.»
«Oh, Anna! Per l’amor di Dio!»
«Quella donna è crudele. Crudele, rancorosa e
»
«E tu stai perdendo il senno.»
«Ed ha lavorato per anni, come infermiera in un manicomio. Quante persone avrà visto morire, lì dentro, sole, abbandonate e disperate? Quanto sarà stato falice, per lei, accaparrarsi gli affetti personali dei suoi pazienti?»
«Cosa centrano i pazienti del manicomio?»
«Tutto ciò che serve, per tenere un’Ombra asservita, è di un oggetto che in vita sia stato di vitale importanza per lo spirito.»
Lily strinse le labbra: tremava.
«E pensa a Mallory!» continuò Anna. «Joseph Mallory rompe un fidanzamento ufficiale e qualche anno più tardi sposa un’altra donna. Forse, ha spezzato il cuore della zia. Forse, è stata l’umiliazione. Fatto sta che lei gli ammazza i figli, fa condannare la moglie e sta a guardare mentre lui finisce tra i reietti della società. – E poi, c’è mio zio. Che ha sempre considerato il responsabile della morte di Violet. Come se non bastasse questo, lo vede portare in casa me – la sua odiata nipote, figlia dell’odiatissimo fratello – e lo sente volermi includere tra gli eredi. Che fortunata coincidenza che poco prima di cambiare il testamento, senza un motivo apparente, mio zio si tolga la vita con un colpo di rivoltella.»
«E la povera cameriera, allora? Che male le può aver fatto?»
«Bert ha detto che non la rispettava.»
«Una cameriera maleducata la si licenzia, non la si uccide! E poi, nemmeno tu sei un faro di rispetto
filiale, eppure eccoti ancora qui: viva e vegeta.»
«Per adesso.»
«Basta! Ti prego!»
Lily si alzò in piedi, voltando le spalle ad Anna.
E Anna la imitò, levandosi bruscamente, e strattonò la cameriera per un braccio.
«Perché credi che William Hall non abbia voluto dirmi che cosa è successo nella nursery? Perché credi che la zia tenga la stanza chiusa a chiave?»
«Oh, ma è naturale!» esplose Lily, esasperata. «Adesso anche quell’allampanato d’uno scrittore è un assassino!»
«In qualche modo, è invischiato–»
«Smettila, Anna! Torna in te. Non lasciar andare a briglia sciolta la fantasia.»
«Non è fantasia. È reale.»
«Reale? Cosa rende reale quel che vai blaterando? Hai solo dei vecchi giornali e una favola, le parole di giardiniere ignorante e la tua antipatia per la signora Woodhams.»
Anna mollò la presa. Schiacciò le labbra tra i denti, fin a farsi male, e distolse lo sguardo da Lily. Si figurò nell’atto di cacciare la mano in tasca e cavarne l’anello con il cristallo di rocca; pensò di trascinare Lily fino alla fontana e mostrarle il cristallo tingersi di rosso. Scosse la testa e strizzò le palpebre. «Ma io l’ho vista – l’Ombra. È nella villa.»
«Cosa? Quando?»
«La prima notte. Mi alzai per andare in cucina. E la vidi: era ai piedi della scala a chiocciola. Stava lì, rannicchiata su se stessa. 
È stato un istante, ma era lì.»
«Parli seriamente?»
«Sì! Certo, quella notte, ho creduto fosse uno scherzo del sonno e del buio. Ed ho continuato a pensarlo, fino a quando – oh, ma a che serve? Tu non vuoi credermi.»
«Io ti credevo una persona intelligente. Assennata. Di buon senso. E invece, devo ascoltarti parlare di assurdità come una... come il più incolto e superstizioso dei bruti. Non ti riconosco!»
Anna piantò le mani sui fianchi e sospirò. ‘E se solo conoscessi il resto della storia...’
«Allora, aiutami a raccogliere delle prove.»
«E come?»
«Dobbiamo entrare nella nursery. Ci serve la chiave.»
Lily si ritrasse, come sotto la minaccia di un coltello. «Oh, no! Non mi comporterò come una ladra in casa della donna che mi dà cibo e lavoro.
Non asseconderò la tua follia..» Era terrorizzata: terrorizzata da Anna.
E Anna lo capì. La guardò spostarsi verso la porta e spingere un battente.
«Non dire nulla alla zia, ti prego.»
«Non le parlerò, no. Ma non voglio parlare neppure con te, fin quando non avrai ritrovato un briciolo di senno.»
Lily uscì. La porta sbatté. Anna se ne rimase là dov'era, respirando piano, affondando le dita nella ruvida stoffa del cappottino. Ma perché non aveva taciuto? Che cosa aveva sperato di ottenere? Ora, perduta anche la fiducia di Lily, era davvero sola.

Delaney e l'assistente lasciarono Bon Fleur poco prima di mezzodì. I tentativi di Anna di venir messa al corrente dei motivi della visita vennero liquidati dalla zia Woodhams con una gelida raccomandazione a curarsi dei propri affari. In quanto a Lily, tenne fede alla promessa: non parlò con la padrona e non rivolse più la parola ad Anna.
Almeno, fino all’ora del tè: Anna, accovacciata davanti alla stufa, stava ravvivando la brace, mentre Milton si strofinava contro la sua gonna. Lily entrò in cucina e ripose un vassoio nella dispensa; poi, senza fiatare, cavò fuori dalla tasca del grembiule una piccola fiala color ambra e la pose sul tavolo.
Il rumore attirò l’attenzione di Anna, che si voltò, alzandosi. Lesse l’etichetta: laudano. Fissò Lily.
«Apparteneva al signor Woodhams» disse la cameriera. «Faticava a prender sonno.»
«Lo so. Me lo ricordo. È il tuo modo di dirmi che ho bisogno di calmarmi?»
Lily sospirò, strofinando i palmi contro il grembiule. «Pensavo che potremmo usarlo sulla padrona» sussurrò, a testa bassa.
Le sopracciglia di Anna si arrampicarono su per la fronte.
«Non fraintendere.» Lily s’incupì, sollevando un poco il mento. «Non credo nemmeno un po’ a questa delle Ombre assassine. Ma – oh, Anna!» L’espressione della cameriera mutò: venne avanti, prese le mani di Anna tra le sue e la guardò. Anna si sorprese nel vederla sull'orlo delle lacrime. «Tu non capisci in che posizione ti trovi: il signor Woodhams non c’è più, la casa appartiene a madam e lei potrebbe cacciarti da un giorno all’altro. Ne avrebbe il diritto. La legge è dalla sua parte. E se  vai in giro a blaterare di fantasmi e accusi tua zia di aver ucciso il marito, e di voler uccidere anche te, sta certa che ti ritroverai in mezzo a una strada. O peggio.»
«Peggio?»
«Potrebbe farti rinchiudere in manicomio! Hai idea di quanto sia facile liberarsi di una parente scomoda? Hai idea di quante donne, senza denaro e senza affetti, vengano rinchiuse in quei luoghi spaventosi e dimenticate dalle loro famiglie, come fossero errori da cancellare?»
«Allora, mi stai aiutando perché–»
«Perché non voglio vederti trascinare in un manicomio. E non voglio star a guardare mentre perdi la ragione. Quindi prometti – prometti! – che quando vedrai con i tuoi occhi che la nursery è solo una nursery, non l’antro di una strega, abbandonerai queste idee malsane.»
Anna guardò le sue dita scure intrecciate a quelle bianche di Lily. Non disse nulla.
«Prometti?»
Silenzio.
«Prometti?»
«Prometto.»
«Questa notte, allora.»
«Questa notte, sì.»












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➽ Note autrice.
La vostra autrice-wannabe torna a farsi sentire, principalmente per ringraziare ancora chi sta seguendo (e commentando). E siete giunti fin qui, nonostante i continui ritardi nella pubblicazione, possedete una pazienza ammirabile! ♡ Il climax si avvicina e mentre attendiamo di scoprire chi, tra Anna e Lily, abbia ragione, vi lascio un appunto sul presunto mostro: non è farina del mio sacco, gli Uomini Ombra (Shadow People) compaiono nella mitologia di molte popolazioni native americane; le versione sono tante e diverse, tutte abbastanza creepy a parer mio e quella raccontata da Anna è un mio personale mix di dettagli #licenzepoetiche.

   
 
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