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Autore: Alina Alboran    07/11/2016    5 recensioni
«È morta, Stiles. Un mese fa». Stiles gli sorride e corre verso Melissa che lo accoglie a braccia spalancate, accarezzandogli i capelli troppo lunghi prima di alzarlo da terra e baciargli la guancia ricoperta di nei.
«Papà, dov’è la mamma?». Lo Sceriffo stringe i denti mentre una lacrima gli riga silenziosa la guancia ruvida a causa della barba incolta.
[Sterek]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note:  le note vere e proprie sono a fine capitolo, ora vorrei solo consigliarvi di accompagnare la lettura alle note di “Mad World”, che è la colonna sonora della storia.   
https://www.youtube.com/watch?v=4N3N1MlvVc4
P.s: durante la lettura vi sentirete confusi ad un certo punto, e se credete che questo ve la rovini potete andare a leggere le note finali. Anche se io personalmente vi consiglio di provare comunque a capire perché altrimenti perdere un po’ di significato.

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Read all about it

 

 

Maybe we're a little different 
There's no need to be ashamed 
You've got the light to fight the shadows 
So stop hiding it away

Come on, come on

I wanna sing, I wanna shout 
I wanna scream 'til the words dry out 
So put it in all of the papers, 
I'm not afraid 
They can read all about it 
Read all about it

 

  Gli occhi lucidi dello Sceriffo si rispecchiano in quelli grandi, speranzosi e sorridenti di Stiles che lo fissa senza capire che cosa stia succedendo.       
«Papà, dov’è la mamma?». Il bambino si aggrappa alla sua vita, stringendolo con le braccia troppo deboli per reggere un dolore così grande.            
«È morta, Stiles. Un mese fa». Stiles gli sorride e corre verso Melissa che lo accoglie a braccia spalancate, accarezzandogli i capelli troppo lunghi prima di alzarlo da terra e baciargli la guancia ricoperta di nei. Lo bacia una, due, tre, quattro volte e Stiles scoppia a ridere di cuore, imitando il gesto della donna prima di scendere dalle sue braccia e tornare dal padre che, seduto su una sedia di plastica, fissa il proprio bambino.  
«Papà, dov’è la mamma?». Lo Sceriffo stringe i denti mentre una lacrima gli riga silenziosa la guancia ruvida a causa della barba incolta.        
«Papà! Papà!». Si arrampica sulla sedia accanto al padre e ripete la domanda, prendendo il volto dell’uomo tra le mani e obbligandolo a guardarlo in faccia.            
«È morta, maledizione! È morta un mese fa!». Lo Sceriffo si alza e, prendendo il ragazzo per le spalle magre, lo scrolla furiosamente.              
«È morta! Lo vuoi capire? È morta!», urla attirando l’attenzione di tutte le infermiere presenti che abbassano il capo di fronte a tale scena, fingendo ognuna di non vedere che cosa sta succedendo. 
   Melissa è l’unica che abbandona la cartella clinica che sta consultando e si avvicina ai due, portando le proprie mani su quelle dell’uomo e facendogli allentare lentamente la presa. 
Stiles scoppia a piangere, abbracciandosi le spalle indolenzite e cercando con lo sguardo gli unici occhi che sanno calmarlo e fargli nascere nuovamente il sorriso sul suo volto magro.              
«Bugiardo!», urla a sua volta contro il padre, puntandogli velocemente l’indice contro prima di correre, sicuro della propria meta, tra i corridoi dell’ospedale.       
John allunga una mano verso il figlio, quasi come a volerlo trattenere con la sola forza del pensiero, ma il bambino non si gira né dà segno di voler tornare da lui.        
A palmi aperti si sfrega rudemente il volto addolorato, asciugandosi gli ultimi residui di lacrime prima di chiedere a Melissa di portargli i documenti che deve firmare.     
Stiles ha otto quando suo padre decide di ricoverarlo in un ospedale psichiatrico.   

 

Stiles corre verso la propria stanza da letto, dove sa che Scott lo sta aspettando, e si siede sulla sedia della scrivania, girando su di essa fino a quando sente alla base dello stomaco la solita sensazione di nausea. Si ferma e punta il proprio sguardo in quello di Scott che lo fissa curioso.          
«Sei il mio migliore amico, Scottie», dice scendendo dalla sedia ed andando ad abbracciarlo.
 
Quando allunga le braccia le maniche della maglietta che sta indossando si alzano, lasciando intravedere i polsi magri e pieni di lividi. Lo stringe a sé finché non sente la voce di Derek che, appoggiato allo stipite della porta, ha osservato tutta la scena. Il ragazzo va a distendersi sul letto e Stiles lo raggiunge, obbligandolo ad alzare il braccio destro in modo da posare la testa sul suo petto.   
«Papà non mi vuole più bene». La voce gli trema e gli occhi grandi gli si riempiono di lacrime.      
Senza dare il tempo a Stiles di dire o fare qualcosa per fermarlo, Derek dà un pugno contro il muro alla sua sinistra, graffiandosi le nocche. Stiles lo fissa per qualche secondo prima di alzarsi dal letto e dirigersi verso il bagno, prendendo dal mobile sotto al lavello ciò di cui ha bisogno: disinfettante, ovatta e una garza pulita. 
   
La prima volta che è successo era rimasto imbambolato a fissare il colore rosso del sangue per diversi minuti, incantato dalle gocce che scivolavano lungo il polso di Derek. Poi si era come ripreso, togliendosi la maglietta ed avvolgendo in essa la mano chiusa a pugno.             
«Tranquillo, io non provo dolore». Aveva spalancato gli occhi e aperto la bocca, mordendosi subito dopo il labbro inferiore, ormai gonfio a causa di tutti i morsetti continui che vi aveva dato nei giorni precedenti.    
«Mia madre è morta», disse all’improvviso, facendo piegare all’altro la testa di lato.           
«Davvero?».  
«Sì sì! Davvero davvero».      

   Si riprende dai ricordi che gli hanno tenuto la mente occupata per gli ultimi venti minuti e, scuotendo ripetutamente la testa, versa il disinfettante sulla ferita dell’amico. Scott, seduto accanto a loro ma adesso disturbato dall’odore pungente, scende dal letto.      
«Ma va bene così. Io sono grande e non c’è bisogno che venga sempre. Non fa sempre molto male», dice riprendendo il discorso lasciato sospeso. Derek aggrotta le sopracciglia e cerca di non far uscire nemmeno un gemito quando il bambino comincia a tamponargli delicatamente le sbucciature.         
Stiles ha dieci anni quando suo padre smette di fargli visita.

   Con la fronte appoggiata contro la parete Melissa ascolta il discorso dei due ragazzi e non riesce a fare a meno di scoppiare a piangere alle parole di Stiles. Scott, attirato dal rumore della donna si avvicina a lei, piegando la testa di lato quando questa si abbassa per prenderlo in braccio.   
«Vai da Stiles, ha bisogno di te», sussurra al suo orecchio prima di farlo scendere e guardarlo trotterellare verso il letto del bambino.               
Isaac le passa accanto senza degnarla di un solo sguardo, rifugiandosi in camera di Stiles e andando a sedersi a gambe incrociate sul letto già occupato dai due ragazzi.        
«Che fate?», chiede mentre osserva la cura che ci mette Stiles nel fasciare la mano di Derek. Quest’ultimo alza le spalle, non particolarmente felice della presenza del biondo.            
Scott li raggiunge anche lui, andando a distendersi tra Derek e Stiles, obbligando quest’ultimo a ultimare velocemente la medicazione.   
«Facciamo un gioco?», chiede Isaac mentre i due lo ascoltano attentamente.           
Stiles si prende il mento tra le mani per qualche secondo, fingendo di riflettere sulla proposta dell’amico. 
«D’accordo, ma inizio io», dice cominciando a parlare.

 

§§§

And I find it kinda funny, I find it kinda sad 
The dreams in which I'm dying are the best I've ever had 
I find it hard to tell you, I find it hard to take 
When people run in circles it's a very very 
mad world mad world

 

Stiles ha sedici anni quando il suo migliore amico viene trasformato in un licantropo e la sua vita cambia per sempre.            
   Quando lo Sceriffo era entrato trafelato in camera del figlio, dicendogli che sarebbe dovuto uscire immediatamente, Stiles aveva capito che qualcosa non andava. E quando lo aveva visto prendere la pistola e guardarlo serio, supplicandolo quasi di rimanere in casa, ne aveva avuto la conferma. Perciò non appena il padre fu uscito dalla stanza, Stiles si sintonizzò sulla radio della polizia, cercando di intercettare qualcosa di utile. Quando sentì le parole “ragazza scomparsa” e “bosco”, quasi cadde dalla sedia per la fretta con la quale si era alzato; indossò velocemente delle converse logore e scese le scale, lasciando che la porta di casa si richiudesse alle sue spalle con un tonfo, rischiando in questo modo di far svegliare la madre che dormiva al piano di sopra. Sperò che la donna non si fosse resa conto di niente, ma Stiles sapeva che era comprensiva e che avrebbe preso le sue difese in ogni caso.         
La distanza che lo separava dall’abitazione del suo migliore amico era minima, ma visto che poi avrebbero dovuto raggiungere il bosco preferì prendere la sua fidatissima Jeep.           
Scese dalla macchina con le mani nella tasca centrale della felpa che stava indossando perché faceva freddo e non aveva pensato di prendere il giubbotto. Aveva cercato a lungo sui sedili posteriori e nel bagagliaio qualcosa che lo potesse riparare dal vento notturno, ma aveva trovato solo un sacco a pelo. 
   Abbassò lo sguardo verso terra, cercando qualche sassolino da poter lanciare contro la finestra di Scott e farlo svegliare. Ne raccolse una manciata e cominciò a lanciarli uno dopo l’altro, sbagliando mira di tanto in tanto, ma riuscendo comunque a far affacciare il suo miglior amico alla finestra.        
«Stiles, che stai facendo?», chiese con la voce di uno che si era svegliato da poco. 
«Scendi. Cadavere nel bosco», disse calciando un sassolino un po’ più grande di quelli che lo circondavano. Scott scosse la testa, ma dopotutto era un adolescente e andare di notte nel bosco alla ricerca di un cadavere gli sembrava una cosa da non perdere. Perciò si cambiò, prendendo un giubbotto anche per Stiles che aveva visto essere vestito troppo leggero, e cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare la madre raggiunse l’amico.   
«Allora? Dove andiamo?».     
«Bosco». E fu quella decisione che rivoluzionò la vita di Scott, trasformandolo in un licantropo. 

   La vita era diventa più facile per i due ragazzi adesso che uno di loro era entrato nella squadra di lacrosse e stava anche diventando popolare, cominciando a frequentare Allison, la ragazza nuova. 
Poi avevano conosciuto Derek Hale e i problemi che avevano prima della trasformazione erano briciole rispetto a quelli che dovevano affrontare adesso.                   
Derek non era altro che il nipote dell’Alpha che aveva trasformato Scott, Alpha che si era dimostrato psicopatico e che voleva un branco per rafforzare il proprio potere. I rapporti tra Stiles e Derek non erano dei migliori ma nonostante i loro dissapori si erano salvati spesso la vita a vicenda e questo li aveva portati a imparare quantomeno a tollerarsi. Fu proprio grazie, anche se forse è meglio dire a causa di Derek, che Stiles e Scott conobbero Isaac, un ragazzo che aveva scelto di essere morso per sfuggire ai soprusi del padre. E dopo arrivarono anche Erica e Boyd che, nonostante il loro apparente brutto carattere, si erano affezionati non solo al loro Alpha ma anche a quel ragazzino iperattivo e pieno di nei. Erano diventati un branco unito, e Derek finalmente aveva ritrovato la felicità che gli era stata rubata quando aveva perso la sua intera famiglia nell’incendio di tanti anni prima.            
Non avrebbe sopportato perdere anche loro.  

    Perciò quando Stiles era arrivato a casa sua ferito e coperto di sangue dalla testa ai piedi, Derek non aveva saputo come reagire. Con gli occhi sgranati e la mano protesa verso il ragazzo era rimasto a guardare impotente Stiles che stava cercando di accennare un sorriso obliquo, ma che a causa del lungo graffio sulla mandibola era più simile a una smorfia dolorante. E se non fosse stato per Erica che lo aveva preso al volo, facendolo poi adagiare sul divano di ecopelle che Derek aveva comprato solo due mesi prima, si sarebbe sfracellato a terra, peggiorando le sue già precarie condizioni. Aveva assistito alla cura con cui Erica gli puliva il sangue incrostato, all’attenzione con cui Boyd cercava di assorbire il suo dolore e alla delicatezza di Isaac nel togliergli i vestiti sporchi. Derek invece si sentiva senza fiato, come se qualcuno gli avesse legato una corda intorno al collo e stesse tirando sempre di più, impedendogli di respirare. Se non avesse saputo di essere un licantropo avrebbe sospettato di star avendo un attacco di panico. Solo quando Stiles ritornò ad avere un aspetto quantomeno decente, Derek fu in grado di raggiungerlo e di sedersi sul divano accanto a lui. Aveva teso una mano verso quella dell’umano con l’irrefrenabile voglia di stringerla ed accarezzarla per accertarsi che stesse veramente bene. Tuttavia si obbligò a deviare la direzione del suo braccio, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni e chiudendole a pugno per evitare di far fuoriuscire gli artigli. Era furioso. Con Stiles perché non era un licantropo.       
Con se stesso per non averlo saputo proteggere.        
«Allora, mi dirai che cosa ti è successo o vogliamo far finta di niente?». Fortunatamente Isaac si era intromesso nel discorso, buttandosi malamente contro il bracciolo del divano alla destra di Stiles.  
«Sono caduto da una rupe». I licantropi tesero le orecchie per ascoltare il ritmo del battito cardiaco del ragazzo. 
Bugia. 
L’Alpha si girò lentamente verso di lui, muovendo notevolmente le sopracciglia verso l’alto e chiedendo silenziosamente a Stiles di smetterla di mentire e di dire loro la verità.          
«Mentre stavo cercando di sfuggire a un licantropo», aggiunse dopo qualche altro secondo di silenzio quando si accorse che nessuno dei presenti si stava bevendo la sua storia.       
Si strinse nelle spalle e abbandonò la testa contro la spalliera del divano, chiudendo gli occhi mentre pensava a come rendere il racconto più facile da sopportare ai quattro licantropi. Era l’unico umano del branco – oltre ad Allison ma lei era una cacciatrice quindi non faceva testo – e nei suoi confronti erano diventati tutti protettivi e apprensivi in maniera quasi ridicola. Infatti non riuscì a fare a meno di sbuffare esasperato quando Derek lo aveva preso per le spalle e girato verso di sé; la furia omicida nel suo sguardo non prospettava niente di buono, di questo Stiles ne era sicuro.        
«Calmati, ragazzone». Portò le mani sopra quelle di Derek e gentilmente le tolse dalle sue clavicole doloranti. Fece scrocchiare il collo, facendo rabbrividire Isaac che, ancora seduto accanto a lui gli disse puntandogli il dito contro: «Non farlo mai più».  
L’umano alzò le mani in segno di resa e ricominciò a parlare, rivolgendosi a tutti ma in particolare a Derek che nel frattempo aveva conficcato gli artigli nel bracciolo del divano.                     
«Credo che abbia sentito il tuo odore addosso a me», cominciò cauto alzandosi e trascinandosi a mo’ di mantello la coperta che Erica gli aveva portato per ripararsi. Sapeva che quello che stava per dire avrebbe aumentato i sensi di colpa dell’Alpha ma non poteva mentire a quattro creature sovrannaturali che gli stavano contando i battiti cardiaci!            
«Mi sono reso conto che mi stava seguendo e ho cambiato strada per non portarlo qui». Derek affondò maggiormente gli artigli mentre Stiles procedeva timoroso con il proprio racconto.  

   E fu per la reazione esagerata di Derek che Stiles non si sorprese quando il licantropo si presentò a casa sua in piena notte, rompendo il vetro della finestra della sua camera, e lo svegliò rudemente scrollandolo diverse volte prima che il ragazzo si decidesse ad aprire gli occhi.         
«Che c’è?», domandò passandosi più volte la mano tra i capelli folti e disordinati che gli ricadevano sulla fronte, impedendogli di vedere per intero la figura dal maggiore. Sbadigliò rumorosamente senza portarsi la mano alla bocca e quando vide che Derek aveva intenzione di comunicare solo con le sopracciglia – e lui era decisamente troppo addormentato per sostenere una simile conversazione – sprofondò nuovamente tra le coperte per ripararsi dal freddo improvviso.     
«La finestra la paghi tu», biascicò prima di crollare nuovamente nel mondo dei sogni.        
   Peccato che Derek non fosse dello stesso avviso e picchiettò ripetutamente sulla spalla del minore, mettendoci ogni volta un po’ più forza.            
Stiles si girò indispettito, si mise a sedere e cercò di indirizzare a Derek lo sguardo più cattivo del suo repertorio.  
«Cosa vuoi?». Alzò il tono di voce, rischiando tra l’altro di svegliare la madre che dormiva nella camera accanto, perciò Derek gli tappò la bocca con la sua mano. Stiles cominciò a dimenarsi ma vedendo che Derek non aveva intenzione di demordere e che anzi si divertiva, abbandonò presto ogni tentativo di obiezione, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo con fare sconfitto. Quando il licantropo lo lasciò finalmente libero si portò melodrammaticamente la mano sul collo, accarezzandoselo mentre respirava affannosamente in modo esagerato. Derek lo ignorò e, presa la sedia della scrivania del ragazzo, ci si sedette sopra aspettando pazientemente che Stiles fosse pronto ad ascoltarlo.            
«Domani io e te andiamo ad allenarci nel bosco».                 
Stiles scoppiò a ridere, scuotendo la testa mentre si alzava dal letto trattenendo uno sbadiglio.        
«Tu sei pazzo». In risposta il licantropo si limitò a guardarlo di traverso e ad arrampicarsi sul davanzale della finestra. In un battito di ciglia la sua figura si era eclissata, portando Stiles a chiedersi come facesse ad essere così dannatamente silenzioso.       
   Ormai il sonno era passato quasi del tutto perciò, visto che lo Sceriffo aveva il turno di notte, Stiles andò nella camera della madre. Tirò un sospiro di sollievo quando vide che la donna stava ancora dormendo, perciò si posizionò accanto a lei su un fianco, scostandole una ciocca di capelli con la quale aveva preso a giocarci distrattamente.     
«Lo so che è un lupo musone, ma non è così male dopotutto. Vorrei che tu lo conoscessi prima o poi». Sorrise ancora una volta prima di lasciare una carezza sul volto pallido della donna e di tornare nella propria camera da letto, sperando di riuscire a chiudere gli occhi almeno per qualche ora.        
 

All’ennesimo pugno ricevuto nello stomaco Stiles pensò che per quel giorno l’umiliazione fosse stata già abbastanza, perciò abbandonò la posizione da combattimento e portò le mani sulle ginocchia leggermente piegate, affannato per lo sforzo eccessivo.        
«Basta, io mi arrendo».           
«Sono passati solo venti minuti, Stiles».         
Si girò giusto in tempo per vedere Stiles fissarsi la mano destra piena di sangue, mentre l’odore metallico si stava già diffondendo nell’aria e raggiungeva la sue narici.      
Nel frattempo l’umano era crollato a terra con un gemito, premendo con i palmi sulla ferita per cercare inutilmente di calmare l’emorragia. In un solo balzo gli fu accanto, sedendosi sul terreno umido mentre cercava di esaminare al meglio la ferita. Tentando di farlo muovere il meno possibile gli prese la testa e se la posò nel grembo, accarezzandogli la fronte sudata a causa del dolore e dicendogli che sarebbe andato tutto bene.       
Nonostante la paura e le mani che gli tremavano per l’agitazione, Derek cercò di concentrarsi anche solo per pochi attimi, in modo da capire se chi aveva sparato a Stiles fosse ancora nei paraggi. Non sentiva alcun odore estraneo e questo lo tranquillizzò un poco. Chi aveva sparato lo aveva fatto da un distanza considerevole e adesso non si trovava vicino a loro.               
«Andrà bene. Andrà tutto bene». Si tolse la canottiera e la adagiò sulla ferita del ragazzo, premendo un po’ di più quando vide questi chiudere gli occhi e lasciarsi andare a frasi senza senso.            
«Stiles. Devi vivere. Fallo per me. Ti prego». Quando Stiles non diede più alcun segno di sentirlo il licantropo si lasciò andare ad un ululato di dolore; gli uccelli si levarono in volo e abbandonarono i loro nidi, spaventati. 
«Stiles!». Si conficcò gli artigli nei palmi per imporsi di riprendere il controllo su se stesso, e anche se con non poca difficoltà riuscì a raccogliere le idee e a pensare sul da farsi. Si fece una lista mentale e cercò di procedere per ordine, conscio che in quel momento lui era l’unico a poter salvare la vita dell’umano.       
A palmi aperti afferrò Stiles per le spalle e lo tirò un poco più in su, un poco più addosso a sé. L’istante dopo le vene delle sue braccia si ingrossarono notevolmente e, nere, pulsavano di vita propria.   
Sospirò ancora una volta e prese il ragazzo tra le braccia, lasciando uscire un gemito di rabbia dalla base della gola. La testa di Stiles era appoggiata al suo petto nudo, ma le braccia a penzoloni che si muovevano seguendo l’andatura della camminata di Derek facevano sembrare il corpo senza vita. E questo Derek non poteva sopportarlo. Non se il corpo era di Stiles.          
Anche se la Camaro era parcheggiata poco distante Derek non se lo ricordò, e prese a correre tra la fitta vegetazione, incurante dei rami che gli graffiavano la pelle. Tanto sarebbero guarite.       
I dieci minuti che impiegò per arrivare allo studio veterinario di Deaton gli sembrarono i più lunghi della sua vita. Abituato a scene di questo tipo il veterinario non si soprese di vedere Derek che, disperato, appoggiava Stiles ancora svenuto sul tavolo metallico del suo studio.   
«Salvalo». Ringhiò illuminando gli occhi di rosso.    
«O ti uccido». Aggiunse dopo. E non era mai stato più serio che in quel momento. 
«Derek, il suo cuore non batte più».   
Un ululato ancora più forte di quello precedente fece tremare le finestre dello studio, obbligando il veterinario a coprirsi le orecchie con le mani.

 

§§§

«Non capisco perché noi dobbiamo soffrire mentre questo qui no», dice Derek indicando la figura di Isaac che, al sentirsi nominato, gli fa la linguaccia. L’altro inarca le sopracciglia aggrottando gli occhi e spaventando Isaac che comincia a tremare visibilmente.        
«Derek». Lo sgrida Stiles alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta. Quando si trova sull’uscio vede Melissa, gli occhi rossi e gonfi a causa del pianto e un fazzoletto usato in una mano.     
«Allison!», urla per farsi sentire. Con Allison arriva anche Lydia, e mentre l’una si siede in grembo ad Isaac l’altra rimane in disparte in un angolo, e Derek potrebbe giurarlo che li sta guardando con superiorità. A causa della vicinanza con Allison, Isaac si calma e torna e respirare normalmente. Stiles ritorna sul letto e poggia la testa sul ventre piatto di Derek, accovacciandosi in modo tale da non tenere i piedi penzolanti per aria. Il maggiore comincia a giocare distrattamente con i suoi capelli, massaggiandogli di tanto in tanto la nuca con la mano non fasciata.         
«Riprendiamo?» 
«Questa volta tocca a me raccontare!».        

§§§


   Isaac aveva avuto una vita difficile, per anni il padre aveva sfogato la rabbia su di lui, picchiandolo e rinchiudendolo in stanze buie e umide, talvolta anche in spazi più piccoli come un congelatore. Quando Isaac era diventato un licantropo aveva finalmente sentito di avere per la prima volta il controllo sulla propria vita e si era sentito capace di prendere le proprie decisioni. 
Quando aveva ricevuto il morso da Derek, Isaac aveva imparato che cosa era l’affetto, la preoccupazione e l’amore all’interno di una famiglia. Aveva imparato a dare fiducia, a credere che potesse dare amore senza ricevere in cambio solo percosse. 

§§§


«Sì sì, va bene! Abbiamo capito. Ora smetti di lagnarti e cedi il turno», dice Derek annoiato e fingendo uno sbadiglio rumoroso.        
Senza muoversi dalla propria posizione Stiles dà un pizzicotto sulla coscia di Derek, tirandogli leggermente i peli delle gambe lasciate scoperte dai pantaloncini del ragazzo.            
«Antipatico», sussurra Isaac a sguardo basso, senza avere il coraggio di incrociare il proprio sguardo con quello del maggiore.        
«Smettetela!». Stiles prende la parola, stringendo tra il pollice e l’indice un altro lembo della pelle di Derek che si arrossa quasi subito. Quest’ultimo prende ad accarezzare il dorso della mano di Stiles, facendolo rilassare e dimenticare di essere arrabbiato con lui.                            
«Ora parlo io», dice interrompendo il contatto con il minore e schiarendosi la gola.            
Melissa lo interrompe ancora prima che possa cominciare a parlare, bussando alla porta e dicendo loro di scendere a tavola. Quando Stiles vede la donna salta giù da letto e la abbraccia, sfregando ripetutamente la faccia contro il suo camice.            
«Mamma quando viene a trovarmi?», chiede allungando il collo per poter vedere meglio l’infermiera che prima gli stava accarezzando dolcemente i capelli ma che adesso spalanca gli occhi e fissa un punto davanti a sé, strizzandoli quando sente il rumore del calcio di Derek contro l’anta dell’armadio. Scott, Allison e Lydia scendono dal letto e si rifugiano dietro alla donna, come se fosse l’unica in grado di proteggerli. Isaac invece si porta le mani alla testa, afferrando i suoi ricci biondi tra le mani e tirando con forza. Tutto il suo corpo prende a tremare e Melissa scioglie la presa di Stiles e va verso il bambino, abbracciandolo e cullandolo fino a quando questi non si calma. Gli sussurra che va tutto bene, che adesso c’è lei con lui e che non deve avere paura. Derek lo guarda sprezzante mentre esce dalla stanza, seguito da Stiles che allunga una mano verso quella del maggiore, nascosta nella tasca dei pantaloni.         
Scendono le scale mano nella mano, ridendo rumorosamente quando Scott va a sbattere contro una parete, probabilmente troppo distratto dall’odore del cibo.    

   Dopo aver pranzato – Stiles ha mandato giù solo due bocconi – ma se non fosse stato per Derek che lo aveva praticamente supplicato sarebbe rimasto digiuno anche quel giorno, solitamente i ragazzi si riposavano nella sala comune aspettando pazientemente che cominciasse quella che Melissa chiamava la “Pet Therapy”. Isaac era sempre riluttante – e del resto anche Derek, solo Stiles sembrava contento della cosa – ma Melissa aveva spiegato loro che l’unico modo per poter andare a scuola come tutti i bambini della loro età era riuscire a convincere il medico, attraverso quell’esperimento con i cani, che sarebbero stati capaci di interagire in modo pacifico con persone sconosciute. Infatti una volta a settimana veniva dei volontari – per lo più ragazzi liceali che volevano ottenere facilmente qualche credito extra – che si sforzavano di parlare con loro, raccontando di fuori e di tutte le cose che facevano per divertirsi.    
   Quando Melissa dice di raggiungerla al centro della stanza e di sedersi a cerchio intorno a lei, Derek prende Stiles per la mano e si siedono vicini, in modo tale che le loro ginocchia cozzino continuamente l’una contro l’altra. Rafforzando la presa Stiles piega la testa e osserva Derek mentre fa la sua scelta. Consapevole che Stiles avrebbe voluto Scott, mentre Isaac Allison, opta per Lydia la quale, sentendosi chiamare, alza il muso e camminando quasi come se sfilasse raggiunge il ragazzo, stendendosi davanti a lui. Dal lato opposto della stanza invece Allison continua a richiamare l’attenzione di Isaac, spingendo ripetutamente con le zampine per farsi fare le coccole.      

   A quell’incontro c’è anche John che, seduto in disparte e parzialmente coperto da una parete, osserva suo figlio giocare con Scott. Prima che decidesse di ricoverare il suo bambino – quando si recavano nel centro per la terapia settimanale con lo psicologo – Stiles gli raccontava sempre di questo suo amico che lo seguiva dappertutto e a cui voleva un mondo bene. Ogni volta che lo sentiva parlare con tanto entusiasmo si emozionava e pensava che quella volta sarebbe andata meglio. E quando aveva scoperto che Scott non era altro che un cane, il mondo gli era crollato addosso ancora una volta. C’è una soglia massima di dolore che un uomo può sopportare e lo Sceriffo l’aveva superata già da tempo. Dopo mesi di discussioni con lo psicologo, familiari e con Melissa che era anche una sua amica di vecchia data, si era lasciato convincere che ricoverare Stiles fosse la scelta migliore. Lavorava giorno e notte, si era trovato anche un secondo e poi un terzo lavoro per riuscire a far fronte alle spese del centro, e non c’era notte in cui si addormentasse senza la voce di suo figlio nella mente che gli chiedeva: “Papà, dov’è mamma?”.              
   Non ricorda l’ultima volta in cui ha riso, ma ogniqualvolta vede il sorriso luminoso sul volto del figlio mentre gioca con Scott o Derek non riesce a non imitarlo. Fa male vederlo ma non potergli parlare, ma Stiles era felice e questa era l’unica cosa che importasse.   
Una lacrima gli riga la guancia per l’ennesima volta mentre si gira e dà le spalle al suo bambino. Se ne va con il cuore amaro ma leggero e con la speranza che, la prossima volta forse sarà in grado di parlargli.

 

Stiles ha quindici anni quando capisce che non è solo, che non lo è mai stato.         
   Arriva nella camera comune saltellando su una sola gamba e tenendo tra le mani un pacchetto di patatine piccanti. Derek lo sta aspettando seduto sul divano, con una coperta alla sua destra nel caso a Stiles venisse freddo, e il telecomando tra le mani. Scuote la testa e alza gli occhi al cielo quando l’altro cade per terra, rovesciando tutte le patatine sul tappeto.    
«Ops», dice grattandosi la base del collo. Il suo sorriso furbo e malandrino fanno sorridere anche Derek e Melissa che, seduta alla sua scrivania, come sempre fa da spettatrice ai siparietti che riguardano Stiles e Derek. 
«Vieni qui, Bella Swan». L’altro sgrana gli occhi e si finge offeso, sedendosi all’altra estremità del divano. Incrocia le braccia al petto e ruba il telecomando dalle mani di Derek, premendo play e facendo partire il film. Derek sta per dire qualcosa, ma viene interrotto dal bip del cerca persone.        
«È Isaac», si intromette Melissa avvicinandosi. «Tranquillo, ci penso io. Tu goditi la serata».         
«Grazie». La donna gli sorride comprensiva, chiudendosi la porta alle spalle e attaccandoci con lo scotch un grande foglio su cui ha scritto “Occupato”.    
Da quando Derek è ritornato all’ospedale non come paziente ma come infermiere il suo lavoro è raddoppiato, ma come potrebbe dispiacersene quando vede gli sguardi innamorati che lui e Stiles si scambiano? Melissa ha sempre amato tutti i suoi pazienti, ma per quel ragazzino che ancora oggi chiede “Dov’è la mia mamma?” ha avuto un debole sin da subito. Forse perché conosceva John da prima, o forse perché anche nella sua insistenza si faceva amare.            
Mentre si avvia nella camera di Isaac rischia di inciampare a causa di Scott che pensa che fare slalom tra le sue gambe mentre cammina sia una buona idea.  
   Non sono passati neppure cinque minuti dall’inizio del film che Stiles ha mandato al diavolo la sua sceneggiata e si è appoggiato con la testa al petto di Derek, giocherellando distrattamente con le dita del maggiore. L’altro porta la mano libera lungo il bracciolo del divano, abbassandola poi lentamente e adagiandola sui fianchi del minore. Senza rendersene conto abbassa la testa e poggia le labbra sulla fronte di Stiles che alza gli occhi, guardandolo interrogativo e sorpreso. Quello a cercare il contatto è sempre Stiles e anche se da piccoli erano inseparabili, da quando Derek è diventato infermiere si sono inevitabilmente distaccati. E Stiles a quel gesto di affetto non ci è più abituato.          
Non pensa a un rifiuto quando allunga il collo e soffia sulle labbra socchiuse di Derek che, incapace di resistere oltre, afferra la testa del minore e gli cattura le labbra in un bacio passionale che dura fino a che entrambi rimangono senza fiato.               
«Io…». Stiles si alza dal divano ed esce dalla camera sbattendo la porta, correndo come una furia verso la propria stanza per rifugiarsi sotto le coperte di Superman.     
   Derek sospira e si regge la testa con le mani, maledicendosi per essere stato troppo brusco e per aver travisato il comportamento di Stiles.        
Rimane in quella posizione per quasi un’ora; con la testa china e le spalle basse Derek chiede scusa a Claudia per aver fatto soffrire suo figlio.          
«Mi dispiace. Avrei dovuto pensare solo al suo bene e invece mi sono lasciato trascinare dai miei sentimenti». Alza la testa verso il soffitto e parla a qualcuno che non ha mai conosciuto ma che non riesce a smettere di sperare che tornerà. Stiles ci crede e Derek lo desidera con così tanto ardore da crederci un poco pure lui.         
«Ma lo amo. L’ho amato sin da quella volta in cui mi ha sorriso anche se l’ho cacciato via malamente, l’ho amato quando mi curava le ferite che mi procuravo da solo, e lo amo adesso anche se in confronto a me è solo un bambino. Lo amo, Claudia. Lo amo». Tira su con il naso e si avvolge nella coperta che ha portato per Stiles, addormentandosi in posizione seduta e con la testa posata sul bracciolo del divano.        
Stiles ha sentito ogni singola parola perché quando è arrivato in camera sua ci aveva trovato Scott, Lydia e Allison che dormivano sul suo letto, occupando ogni spazio disponibile e obbligando lui a tornare da Derek. 
Gli si siede accanto, si copre per quanto possibile con la coperta e rimane a fissare Derek nella semioscurità della stanza. Nel sonno il maggiore si stende sul divano, obbligando anche Stiles ad imitarlo e lo abbraccia da dietro, lasciandogli un piccolo e dolce bacio sotto l’orecchio.

 

§§§

«Derek. Derek. Derek. Derek». Il ragazzo apre gli occhi, trovandosi di fronte Stiles che, indossando solo i pantaloni del pigiama, continua a scrollarlo per farlo svegliare.      
«Dai, Stiles, ho sonno», dice portandosi il lenzuolo fin sopra la testa, sbirciando comunque attraverso il telo leggero e trasparente i gesti di Stiles. Lo vede incrociare le braccia sotto al petto e indossare un broncio adorabile mentre cammina a tondo nella stanza, lanciandogli di tanto in tanto delle occhiate omicide.           
«E va bene», ride mettendosi a sedere e arrendendosi alle richieste del suo ragazzo. Quando gli è abbastanza vicino allunga una mano e lo afferra per il polso, trascinandoselo sopra.    Gli riempie il volto di baci, soffermandosi un po’ più a lungo sui numerosi nei che gli decorano il viso.            
«Ti amo», sussurra scostandogli i capelli dalla fronte.           
Ma Stiles non lo sente e si mette a sedere sulle sue gambe muscolose.          
«Derek! Muoviti!», urla tirandogli ripetuti colpi sul petto nudo, agitandosi maggiormente quando Derek gli stringe i polsi con forza.           
«Calmati». Alza il tono di voce in modo da essere abbastanza autoritario da riuscire a tranquillizzare Stiles che lo guarda sperduto.         
«Mamma sta arrivando». Sgrana gli occhi quando la consapevolezza di ciò che ha appena detto si fa spazio nella sua mente annebbiata. Il maggiore porta le mani sui suoi fianchi e stringe leggermente, sussurrando a bassa voce: “Va tutto bene. Andrà bene”.                             
Il minore annuisce ripetutamente, tirando su con il naso quando Derek gli asciuga le lacrime.        
«Non piangere», gli sussurra alzandosi a sedere per essere alla stessa altezza del suo compagno.    
«Stai migliorando, Stiles», gli dice soffocandolo in un abbraccio stretto per non fargli vedere gli occhi lucidi. «Ti stancherai di me».       
«Mai. Ti amo». Sorride senza farsi vedere quando Stiles rafforza la presa, stringendogli le spalle con forza, quasi a volersi fondere con lui.           
Stiles ha ventun anni quando la felicità comincia a fare parte della sua quotidianità.

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Note: Allora! Ed eccoci finalmente alla fine di questa storia su cui, credetemi, ho sputato un polmone.     
Innanzitutto vorrei chiarire alcune cose nel caso siano risultate poco chiare.            
Derek, Isaac e Stiles sono dei bambini con diversi problemi psicologici. Rispettivamente problemi nella gestione della rabbia, sindrome dell’abbandono e schizofrenia. Per questi nomi tecnici ringrazio di cuore S_ourwol_f che me li ha indicati!
          
Scott, Lydia e Allison sono invece dei cani, fedeli amici dei bambini che li aiutano ad avere una vita un po’ più normale.
          
Che dire, questa storia doveva essere angst ma è uscita malinconica e in certi punti inquietante, ma spero che vi sia piaciuto.          
P.s: è inquietante perché nel gioco dei ragazzi, quando tocca a Stiles parlare, Claudia è viva ma noi non la troviamo sempre addormentata e con le caratteristiche di una persona deceduta.        
Sappiate che io me la sono fatta addosso mentre Stranger mi ha dato quest’idea! 

Ah! E le parti tra “§§§” che sono al tempo passato sono un gioco inventato dai bambini, una illusione in cui si rifugiano per sfuggire dal loro dolore.
Lo che il finale forse non è quello che vi aspettavate, però si può considerare un lieto fine anche se doloroso perché continua ad esistere una soglia di speranza.

Grazie a chiunque abbia letto!            
Alina_95

   
 
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