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Autore: Stella_Potter394    07/11/2016    1 recensioni
[...]Un altro giorno, ancora. Mi chiedo ancora come abbia fatto a non diventare pazzo nelle mie condizioni, credo che se non avessi avuto una ragione per resistere, qualcosa, un pensiero, a cui aggrapparmi adesso sarei già scivolato da tanto nella pazzia o, peggio, avrei chiesto pietà e allora avrei dovuto vuotare il sacco. Solo al pensiero rabbrividivo. No, non avrei mai fatto nessuna delle due opzioni a costo di morire qui, da solo, solo per proteggerli.
Come un futuro può essere cambiato. Un intreccio di ricordi, sensazioni, sguardi e sentimenti che (spero) vi sorprenderà: è la storia di Jenna e di lui. Lui che le è sempre vicino e che deve proteggerla.
entrate e scoprirete il loro mondo
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

 

Quel sabato mi svegliai presto. Più che altro, perché mia madre si impegnava a buttarmi giù dal letto ad orari improponibili tutte le volte che non andavo a scuola, okay che ero sadica a detta di Ronnie, ma a questi livelli ancora non ero arrivata.

Comunque, dopo avermi svegliata, la sadica madre mi aveva quasi cacciata di casa dicendomi che dovevo andare a fare la spesa per la cena con i genitori di Harry e che avrei dovuto chiamare Matt per farmi accompagnare.

Finalmente, dopo ben tre anni di relazione, si erano decisi. Ero contenta per mio fratello e Harry. Da quello che Matt mi aveva detto, i suoi genitori, al contrario dei nostri, avevano “faticato” molto ad accettare l'omosessualità del figlio e per questo Harry ci soffriva. Lui è sempre stato un ragazzo sensibile. Ricordo bene quando cercava di rimanere il più possibile a casa nostra per non incontrare i genitori svegli facendo il ruffiano con Matt che gliele dava tutte vinte, o quando si mettevano sul divano, accoccolati l'uno all'altro, Matt che gli sussurrava cose per farlo ridere perché gli faceva male vedere Harry piangere. In quelle occasioni ricordo di aver guardato quei due innamorati e aver desiderato molte volte, con tutta me stessa, un amore così. Crescendo poi ho capito che a ognuno di noi spetta un genere diverso di amore, unico nel suo genere e sarebbe venuto quando meno me lo sarei aspettata.

Quindi, lista alla mano e armata di pazienza e coraggio, sono uscita di casa per affrontare l'ardua sfida. Manco a dirlo, Matthew non era in casa per accompagnarmi. Oh, ma mi avrebbe sentita. Quel ragazzo, quando aveva anche solo il sentore di dover fare qualcosa, aveva lo straordinario super potere di trovare scuse. Digitai il suo numero col mio cellulare.

<< Hey, Jenna... >>

<< Passami quell'invertebrato di mio fratello, Harry. >>

Sentii dei sussurri e un “Ahio!” prima che rispondesse. << Sorellina, tutto bene? Sono con Harry adesso quindi... >>

Lo interruppi. << Quindi un bel niente. Ti ricordo che sono i genitori del tuo ragazzo a venire questa sera, e che io non sono obbligata a fare la schiava mentre tu ti godi un pomeriggio libero. Quindi alza le chiappe e vieni subito ad aiutarmi con la spesa. >> avevo omesso che... insomma, nostra madre mi avrebbe obbligata, ma erano sottigliezze.

<< Oh ma era questo? Bastava dirlo, dove sei? >>

Sogghignai. Adoravo il mio essere autoritaria. << Ho quasi finito, tu comincia a venire. >>

<< Ma certo, sorellina adorata. >> e riagganciò.

***

 

Harry mi guardava impaziente. << Allora? >>

<< Allora devo andare, caro mio. La dittatrice chiama. >> Mi alzai in fretta dal letto recuperando la mia giacca. Mi girai verso Harry che stava palesemente trattenendo le risate.

<< Beh, c'è da dire che la dittatrice sa il fatto suo. Fuggiasco. >> si alzò e mi mise le mani sui fianchi. << Va'. Ci vediamo stasera, okay? >>

Lo baciai piano. << Okay. >> Dio, quanto lo amavo.

Ci staccammo e mi diressi alla porta. << Ah, e... dirò a mia sorella che l'hai chiamata dittatrice. Vedrò chi riderà allora. >>

Effettivamente, fui molto veloce a schivare la scarpa che mi lanciò.

Mi fece la linguaccia. << Tanto non ti crederà mai. >>

<< Può darsi... ma almeno mi divertirei a vedere te che sudi freddo. >> gli feci l'occhiolino e andai in ritirata. Non avevo molto tempo.

La dittatrice stava aspettando.

***

Per sua fortuna, Matthew arrivò appena prima che cominciasse a piovere. Con le buste strapiene da portare e fradicia, sarei stata di pessimo umore.

Accostò proprio davanti al supermercato e, uscendo di fretta, mi prese le buste e le depose nel porta bagagli mentre io mi accomodavo sul sedile. Mi raggiunse in fretta.

<< Tutto okay? Visto che sono un gentiluomo? >> si vantò mentre faceva il giro per uscire.

Sbuffai. << Certo, certo. Piuttosto, che ci facevi a casa di Harry? >>

<< Sorellina, pesavo che ancora non fosse arrivato il tuo momento. >> mi chiese quasi scioccato.

<< Il mio momento? >>

<< Sì, pensavo che fosse ancora lontano. >> continuò imperterrito.

<< Ma di che stai parlando? >> Okay, aveva perso la ragione. Forse la pioggia gli aveva lavato via quel poco di sale in zucca che gli rimaneva.

<< Ma del fatto che hai perso la testa, di cosa se no? >> rise quando gli diedi un pugno sulla spalla.

Buffo, avevamo pensato la stessa cosa. << Scemo. Dicevo sul serio, è nervoso? >> gli chiesi cauta. Vidi la sua espressione diventare più seria ma continuò ad avere sulle labbra un leggero sorriso.

<< Sì, abbastanza, ma non lo da a vedere. Sai com'è fatto. >>

Annuii.

<< Inoltre è quasi morto di paura quando l'ho minacciato di dirti che ti ha chiamata dittatrice. >> sghignazzò.

<< Ah sì? Beh, meglio essere una dittatrice che una pappa molla che si fa comandare dalla sorellina. >> assunsi un aria di superiorità per poi scoppiare a ridere alle sue lamentele.

Trascorremmo tutto il tempo in macchina a cantare a squarciagola tutte le canzoni che passavano alla radio, ridendo quando sbagliavamo le parole o quando ce le inventavamo. Arrivati a casa, nostra madre ci accolse calorosamente.

<< Ma quanto tempo ci avete messo? Devo cominciare a preparare la cena. Non possono arrivare i genitori di Harry e trovarmi ancora con le stoviglie da lavare. Oh e se non gli piacesse quello che pensavo di preparare? >> disse, ad un tratto tutta preoccupata.

Risi sotto i baffi. << Primo, ci abbiamo messo tanto perché tu mi hai quasi fatto svaligiare un supermercato. E secondo, adoreranno i tuoi manicaretti. >> le dissi scoccandole un bacio sulla guancia mentre Matt mi porgeva un panino al formaggio appena preparato. Che fame. Non avevo proprio pensato al cibo fino a quel momento.

<< Jenna ha ragione. Sei la miglior cuoca del mondo. >> disse con la bocca piena mio fratello. Io finii il mio panino.

Mia madre sospirò. << Matt, quante volte ti ho detto che non devi parlare con la bocca piena? Jenna, tu come stai oggi? >> sospirai anche io.

<< Bene, mamma, ho solo sonno. Sai com'è, una pazza sadica mi ha quasi trascinata fuori dalle coperte. >> ammiccai.

<< Sì, è vero. Beh vai in camera e riposati, mi aiuterà Matthew per adesso. >> aggiunse facendo quasi affogare il sopracitato. Risi e andai in camera mia, quasi buttandomi sul letto.

Da quando ero svenuta a scuola, i miei genitori continuavano a chiedermi come stavo e a trattarmi come se avessero a che fare con la porcellana, ma io mi sentivo bene. La notte riuscivo a dormire, l'insonnia era sparita, e non avevo neanche il raffreddore. Inoltre gli strani sogni che mi tormentavano erano finiti e con essi anche quella presenza rassicurante che mi parlava. Mi girai supina e chiusi gli occhi, il braccio a schermarli dalla luce. Non potevo dire di esserne contenta tuttavia. Quella presenza aveva lasciato una specie di vuoto, come se mi mancasse. Inoltre era come se fossi in attesa di qualcosa, ogni minimo rumore mi faceva sobbalzare e avevo quasi sempre un brutto presentimento che mi chiudeva lo stomaco. Forse stavo impazzendo, lo dimostrava anche il fatto che ogni tanto avevo come dei flashback che non riuscivo a spiegarmi. Vedevo occhi rossi, un volto sotto la pioggia con degli occhi attenti. Sentivo sempre quella voce che chiamava disperatamente quel nome.

<< Jonathan. >> sussurrai a me stessa per sentire che effetto faceva. Ronnie pensava che stessi diventando pazza e non potevo darle torto. Sorrisi debolmente.

D'un tratto sentii una specie di sussulto e poi la lampada che avevo sul comodino cadde a terra. Mi alzai di scatto per vedere cos'era stato a far cadere la lampada ma nella camera c'ero solo io. Fissai il punto dove era caduta la lampada con sguardo vacuo, poi, alzando le spalle, tornai a stendermi.

Inoltre, il fatto che Ronnie continuasse a fantasticare su di me e quel ragazzo che avevo visto fuori scuola non aiutava.

L'avevo rivisto, una volta.

Stavo tornando da scuola quando ad un tratto me l'ero ritrovata al fianco. Aveva l'aria pensierosa, quasi malinconica. Senza farmi vedere, lo studiai attentamente. Aveva la pelle scura, ma non tanto, una mascella squadrata che avrebbe fatto girare la testa a chiunque, un profilo e degli zigomi perfetti. Portava i capelli molto corti e una leggera barba, ma quello che mi colpì furono i suoi occhi. Azzurri come l'acqua limpida ma seri, duri. Arrossii del fatto che lo stessi fissando e ricominciai a guardare avanti. Avvertivo il suo sguardo su di me e pregavo affinché i miei capelli coprissero il rossore alle guance. Arrivammo fuori casa mia e senza esitazioni mi precipitai dentro. Poi chiamai Ronnie e diciamo che non fu una conversazione piacevole. Avresti potuto parlargli, diceva. Potevi chiedergli il nome, ripeteva. Ma io sostanzialmente ero una fifona coi ragazzi, non sapevo mai che cosa dire o cosa fare e quel ragazzo... avevo paura di sembrare stupida, ecco. Sospirai e mi girai sul fianco. Il sonno stava avendo il sopravvento. Mi sentii accarezzare i capelli e sorrisi.

 

***

 

La cena fu un successone, per la gioia della mamma. I signori Adams erano arrivati alle sette, appena un attimo dopo essere stata svegliata da Matt. Non avevo sognato nulla.

Ancora.

Comunque, non ebbi tempo di pensarci ulteriormente che arrivarono Harry e i suoi genitori. Quando lo vide, Matt gli andò vicino e lo prese per mano - mi parve di vedere Harry arrossire - salutando con l'altra i suoi suoceri. Mamma e Matthew avevano preparato tutto, quindi non ci restò altro che accomodarci a tavola, fortunatamente papà era tornato presto da lavoro altrimenti chi l'avrebbe sentita alla mamma?

I genitori di Harry, superato l'imbarazzo, erano abbastanza simpatici. Li vidi interagire molte volte con Matthew, gli chiesero di tutto: quali erano i suoi piani per il futuro, in che università studiava, come si era trovato a Londra, insomma, ci mancava poco che gli chiedessero anche il numero delle scarpe, ma ne fui contenta. Lui e Harry meritavano di essere felici, e la felicità che leggevo negli occhi di Harry era un premio per Matt che a fine serata ritrovai appartato al piano di sopra abbracciato al suo ragazzo. I signori Adams e Harry se ne andarono verso le undici e mezza, salutando tutti calorosamente.

<< Beh, è andata bene. >> commentò mio padre dopo aver richiuso la porta. Era un uomo sulla cinquantina, ma che si manteneva piuttosto giovane. In pratica un Matthew in versione invecchiata, ma con un carattere più calmo del figlio.

Matt concordò con un sorriso enorme in volto, ricevendo una pacca sula spalla da nostro padre. << Altroché. >>

Ero così contenta per il mio fratellone che mi offrii persino di andare a buttare la spazzatura al posto suo, ricevendo uno sguardo preoccupato dalla mamma, che io ignorai.

Stavo bene, punto.

I bidoni della spazzatura purtroppo erano piuttosto lontani da casa ma non ci misi molto. Quando tornai a casa e mi misi a letto – circa all'una - ero più che sveglia, quindi passai il tempo a leggere, ero così presa dalla lettura che non notai l'orario. Quando ci feci caso – ormai a libro finito – erano le quattro e mezza e mi costrinsi a dormire.

Ero nella luce. Di nuovo. Quasi mi misi a gridare dalla contentezza. Mi guardai attorno per “vedere” e sentire la voce che mi trasmetteva sicurezza.

<< Ti ho trovata finalmente. >> rabbrividii. Quella non era la voce che mi accompagnava da un po' di tempo a quella parte. Era una voce fredda, ringhiava quasi.

Metteva i brividi.

<< Sai quanto a lungo ti ho cercata? >> continuò, mentre vedevo un ombra nera oscurare tutta la luce. Mi ritrovai immersa nel buio in poco tempo. Avrei trovato divertente la cosa se la paura non mi avesse paralizzata. Quella voce mi sembrava di conoscerla. << Ma non importa. Ora potrò finalmente finire l'opera che ho iniziato diciannove anni fa e nessuno, nemmeno il tuo angelo custode, >> sentii tutta l'ironia di quelle ultime parole. << potrà salvarti. Finalmente. >> feci un passo indietro, i muscoli in attesa, come se potessi davvero fuggire.

É solo un sogno. È solo un sogno.

D'un tratto sentii uno spostamento d'aria e mi ritrovai a fissare due occhi rossi come il sangue, freddi come la voce che avevo sentito poco prima.

Gelai sul posto, serrando gli occhi e preparandomi al suo attacco.

Un urlo belluino. Un fulmine bianco in quel mare di oscurità, e quell'attacco non arrivò mai. Riaprii gli occhi per vedere cosa stesse succedendo.

Una luce pura attaccava l'ombra con tutta la sua ferocia ma l'ombra la contrastava con altrettanta freddezza.

Poi sentii una risata.

Era una risata folle che mi fece venire voglia di urlare.

<< Non imparerai mai, uccellino. >> e un fascio rosso investì la luce.

<< Cameron! >> Urlai con tutto il terrore e il fiato che avevo in corpo, alzandomi di scatto. Boccheggiavo.

Era stato un sogno.

Solo un sogno.

Cameron.









Il mio angolino:
Salve signore belle! Okay è da più o meno due settimane che non aggiorno e mi dispiace per aver fatto passare tanto tempo, ma in questo periodo sono stata un po' occupata e inoltre non riusciva mai a soddisfarmi quello che scrivevo.
Chiedo umilmente perdono a chiunque stesse aspettando un aggiornamento >.<
Okay, questo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto qui (e non so se è un bene) spero vi piaccia, perchè forse, per la prima volta, sono soddisfatta di un mio capitolo. Fatemi sapere il vostro parere.
Grazie *manda bacini*,
Stella*

   
 
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