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Autore: Mordekai    11/11/2016    0 recensioni
-La Prima Fiamma ritornerà a bruciare. Splendente, magnifica e devastante. E il mondo ritornerà alla sua era originale-
Qualcosa di terribile sta per abbattersi su Huvendal, qualcosa che va oltre il potere della Regina di Ghiaccio. Solo Arilyn e Darrien potranno salvare il loro regno e quello della Città Desolata dall'imminente catastrofe.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tempo fa le antiche valli verdeggianti del Nord erano ricoperte dal manto bianco della temibile Regina Tyrahieh, una spregevole donna accecata dalla vendetta nei confronti di suo figlio. Il Grande Gelo, così lo chiamavano i suoi abitanti, è durato per due decadi interminabili strappando centinaia di anime da Huvendal e dai suoi confini. Questo flagello fu contrastato dall’Araldo della Luce, una prode ragazza che ha combattuto fino allo stremo delle sue forze contro la Regina di Ghiaccio e le sue creature. Lo scontro fu uno dei più grandi, adrenalinici e letali che l’intero regno di Huvendal e il Nord potessero affrontare; quasi cinquecentomila soldati contro cento Taurus Iglis e Nòr. La spregevole e meschina donna, dopo aver distrutto le sue creature, perso i suoi generali contro i protettori del regno ed essere stata ferita, immobilizzò il vasto esercito per uccidere l’Araldo ma volle farla soffrire strappandole le persone più care. L’odio, la vendetta e la malvagità le fecero dimenticare che la giovane ragazza possedesse un potere immenso e non restò terrorizzata quando fu investita da esso, restandone deturpata e mutilata.
‘’P-pensi che sia finita qui? No, moscerino. Finché avrò ancora fiato, tu non vedrai la prossima alba!’’
Furono le sue parole prima di essere trafitta da una nebbia brillante che le squarciò il petto, lasciando un grosso cratere al suo centro. Quella guerra terminò con la vittoria del popolo huvendaliano e il sole tornò a scaldare con il suo magnifico torpore la terra, le pietre, gli abitanti e gli animali, ridonando vitalità e colori a un luogo imprigionato dal bianco. Il castello, sulla cima del Picco, privato dell’essenza che aveva la Regina, crollò e piombò nella vallata sottostante, provocando enormi fossati che si riempirono d’acqua, una volta che gli immensi blocchi gelidi si sciolsero. Giunsero nel regno nuovi popoli che non osarono fin d’allora di varcare le montagne innevate, portando nuove conoscenze e condividendo il loro sapere, la loro cultura, strategie militari, tessuti e magie; uno in particolare, cupo e misterioso offrì alle Guardie del Regno l’Epteti, una forma avanzata di potere che permetteva di compiere più azioni e diventare letali. Il popolo si chiamava Vadmadra e quel che li rendeva misteriosi erano gli abiti completamente neri, dalla testa ai piedi; il loro volto era coperto da una maschera di colore diverso in base al grado, ed era proprio la maschera a renderli così.
Con il passare del tempo, il regno di Huvendal divenne meta di ogni viaggiatore o esploratore perso in cerca di ristoro, condividendo con il Re ciò che avevano visto nei loro tortuosi e impetuosi viaggi. La conoscenza e le storie erano l’unica moneta che il benigno sovrano accettasse. Ne oro o argento o oggetti di valore, solo le mete visitate e le storie su di loro.
Nonostante la quiete e la brezza primaverile del nuovo ciclo, qualcosa di molto potente si nasconde nelle ombre impenetrabili.  Qualcosa che va ben oltre il comune gelo o la semplice neve.

Il sole sta per spegnersi, ma nessuno ancora l’ha notato.

E forse, non molto tardi, il buio tornerà. Più forte di prima.
 
♦§♦

La luce del sole, che sorgeva lentamente dalle montagne, baciava con i suoi caldi raggi dalle varie sfumature il cielo, gli alberi e la radura sottostante, dipingendola di un tenue rosa e scarlatto. Le chiome dei pini danzavano con leggerezza accompagnate dalla fresca brezza del mattino, mentre nei campi gli agricoltori erano impegnati con il raccolto di grano e cereali, pronti per il commercio ed essere trasformati in pane o prelibati biscotti. Nel regno di Huvendal, invece, i cittadini dormivano ancora eccetto che per i Merfolk che eseguivano l’ultima ronda notturna, con nuove divise resistenti e leggere, permettendo loro di muoversi senza difficoltà e sopportare di più il caldo di metà mattina. Le vetrate del castello, illuminate dalla luce del sole, creavano disegni astratti variopinti sulle colonne, le arcate e le volte sembrando piene di vita.

Qualcuno era già sveglio e nella sala Antares risuonavano colpi metallici, simili a quelli di una spada contro il ferro. Una ragazza dai lunghi capelli rossi, vestita di una tuta verde scuro e pantaloni grigi, colpiva dei fantocci, scheggiandoli e graffiandoli senza che la sua spada subisse danno. Il fulgore che pian piano assumeva il colore dell’oro, illuminava le gocce di sudore che rigavano la fronte e il collo della giovane mentre i colpi si facevano più forti. D’un tratto la sua ‘’furia’’ si arrestò, avvertendo qualcosa di pericoloso pronto ad aggredirla alle spalle. Con un rapido movimento del piede, la ragazza eseguì un montante perfetto ma fu contrastata da un’altra lama lucente e nera.

‘’I tuoi sensi si sono affinati Arilyn. Complimenti.’’- disse Darrien, brandendo la spada con la lama rivolta verso il basso. La ragazza osservò i muscoli del ragazzo contratti sotto la canotta, l’espressione quieta e gli occhi azzurri penetranti e arrossì. Indebolì la presa sulla spada e abbassò l’arma:

‘’Perché devi manifestarti alle mie spalle vestito così?’’

‘’Ormai sono due anni che siamo compagni e vedere il mio corpo ti causa ancora imbarazzo?’’- domandò lui, brandendo le spade e posandole nei foderi appesi al muro. Tornò da Arilyn e le cinse il volto con una mano, scrutando nei suoi occhi smeraldi quel piccolo guizzo di desiderio represso.

‘’Tu non mi provochi imbarazzo, Darrien. E’ solo che…’’

‘’Che vestito con una canotta che lascia scoperte le mie spalle e braccia scolpite suscita in te quel desiderio represso?’’- domandò lui, con un piccolo sorriso. La ragazza annuì debolmente, ancora rossa in viso e con le braccia conserte.

‘’Anche tu susciti in me questa sensazione di desiderio.’’- rispose lui, baciandola e tirandola dolcemente a sé. Si scambiarono lunghi e lenti baci, mentre il sole li avvolgeva nel suo confortevole abbraccio. Erano realmente passati due anni da quell’estenuante e devastante scontro che aveva mietuto vittime, ma aveva concesso la libertà a Huvendal, grazie ad Arilyn, diventata più forte e agile nel combattimento a corpo a corpo e con la spada, eguagliando il suo amato. Continuavano a scambiarsi baci con desiderio, finché la ragazza non si scostò brevemente per sussurrare:

‘’Ti amo.’’

‘’Ti amo anch’io.’’- rispose il ragazzo dagli occhi azzurri e le morse il collo; quel morso era un misto tra dolcezza e desiderio. Le loro labbra si scostarono per riprendersi da quell’intimità travolgente e si scambiarono dei sorrisi, quando udirono dei passi provenire dall’ingresso. Un uomo dai capelli biondi, barba leggermente corta e con indosso un lungo abito blu e bianco che si divideva a lingua di serpente verso le ginocchia comparve brevemente sull’uscio, prima di tornare indietro:

‘’Oh, già svegli?’’- domandò l’uomo entrando con un sorriso sereno.

‘’Non riuscivamo a dormire e pensavamo di allenarci, per restare in forma.’’- rispose il ragazzo, mentendo e sorridendo alla sua giovane amata. L’uomo aprì le finestre, permettendo al vento di rinfrescare la stanza e agli odori della primavera di impregnarsi sulla stoffa, sulle colonne e nei corridoi. Il sole era ormai alto nel cielo azzurro e il regno brulicava finalmente di vita, le urla dei venditori nel mercato sottostante e i bambini che giocavano a rincorrersi erano musica gioiosa. Quell’uomo sorrideva, ascoltando e osservando le persone, prima di essere destato dai suoi pensieri:

‘’Searlas, perché sei qui?’’

‘’Oh, già è vero. Oggi verrà a trovarci una vecchia conoscenza. Devo preparare e organizzare un mucchio di cose, ma quest’aria di allegria mi distrae di continuo.’’

‘’Vecchia conoscenza?’’-domandò perplessa Arilyn, sistemandosi i capelli dietro le orecchie e appoggiandosi al ragazzo dai capelli corvini.

‘’La primavera ha strani effetti, devo dire. La vecchia conoscenza di cui parlo è la Regina degli Ellsanoris. Viene a trovarci dopo molto tempo. E’ curiosa di vedere il nostro regno dopo che i vari popoli hanno saputo della nostra esistenza e hanno condiviso con noi le loro storie e la loro cultura. Anche lei ha buone notizie per noi.’’- rispose Searlas, pulendosi la spallina ricoperta di fuliggine lasciata da una delle tende. Il sorriso che si era formato sulle sue labbra annunciava qualcosa di meraviglioso, ricco di momenti spensierati e allegri.

‘’Che fate ancora qui, datevi una rinfrescata e preparatevi. Ho già chiesto a Nima di portare gli abiti e ciò che serve per oggi. Su, svelti!’’- esortò Searlas battendo le mani allegramente e dirigendosi a svegliare i pochi membri del castello rimasti ad alloggiare, compresi Nestor, Niveral, Aithwen e Sivaln. I due giovani si scambiarono un bacio e si diressero nei rispettivi alloggi. Nei corridoi si respirava un dolce e pizzicante odore di bacche di ginepro, ciliegie e altre erbe aromatiche che rendevano invitante il luogo e ben accogliente. Quando la giovane dai capelli scarlatti era a pochi passi dal suo alloggio, comparve Nima; la domestica era in sovrappensiero e non si rese conto di lei fin quando non venne chiamata:

‘’Nima, tutto bene?’’

‘’Signorina Arilyn! Mi perdoni, non mi ero resa conto della sua presenza e..’’

‘’Non c’è bisogno di scusarsi. Come mai così agitata?’’

‘’Il Re vuole che partecipi anche io al banchetto con la Regina degli Ellsanoris. E’ la prima volta che accade in questi miei cinque anni di servizio. Nemmeno al Gran Galà partecipai. Oh, per il sole, che cosa faccio?’’

La domestica era leggermente scossa e continuava a torturarsi il labbro con i denti e a muovere il piede a destra e a sinistra; Arilyn prese gli abiti che aveva ancora la ragazza tra le braccia e con un sorriso le chiese:

‘’Vieni, puoi indossare qualche mio vecchio abito. Da quando i popoli sono venuti a trovarci, ci hanno donato l’impossibile senza volere monete o oggetti preziosi. Alcuni di questi abiti sono abbastanza larghi per la mia corporatura, ma su di te saranno perfetti. Un po’ come te.’’
Nima si sentì le guance avvampare, imbarazzata e lusingata allo stesso tempo e abbassò leggermente il capo. Quando vide l’alloggio pulito, fresco e che profumava di essenza di cedro, restò sbalordita; gli armadi erano rimasti gli stessi e il forziere, dove un tempo era conservato l’abito militare della ragazza, era aperto lasciando intravedere una camicia di seta rosa con ricami color crema che s’incrociavano, si separavano o si univano in spirali vertiginose.

‘’Prego, è tuo.’’

‘’Cosa? No! Non posso prenderlo. Il mio ruolo me lo impedisce.’’

Arilyn le sorrise, prendendo tra le mani l’abito, che si rivelò essere, in realtà, un lungo abito che terminava in sottili balze sfumate sul bianco, con piccole perle legate da fili d’oro. Glielo porse insieme alle scarpe che si intonavano con l’abito e le disse di provarlo dietro il separé di legno. Quando l’abito di seta sfiorò la sua pelle, Nima provò un brivido piacevole che partì dalla testa e scivolò per tutta la schiena; indossare un abito diverso dalla sua divisa di domestica  la rendeva euforica, quasi da provocarle le vertigini. Una volta pronta uscì dal separé, con le guance rosee e un sorriso timido. Un rumore di acqua corrente nella stanza accanto significava che Arilyn si stava ripulendo dal sudore e dalla sporcizia che i fantocci di ferro le avevo lasciato sulla pelle. Passati alcuni minuti, dove Nima continuava a specchiarsi e a domandarsi se fosse realmente lei, comparve Arilyn, vestita con un abito bordeaux, ricami in argento sul colletto, sui polsini e sulla prima fila di bottoni neri. Il pantalone nero, dalle fattezze militari, scivolava nei lunghi stivali con eleganza da sembrare un tutt’uno con la pelle della ragazza. I capelli erano perfettamente pettinati e il viso aveva un leggero accenno di trucco, fatta eccezione per gli occhi e le labbra.

‘’Sei magnifica.’’- dissero all’unisono le due ragazze, scoppiando poi una risata.

‘’Nima, sei splendida. Oh, però la cuffia va tolta.’’

‘’Non posso, devo portarla sul capo per far ricordare che sono una domestica. Nulla di più. Stesso per i capelli, legati in uno chignon impeccabile.’’- rispose Nima cercando di giustificarsi, ma sapeva di non poterlo fare. Arilyn le tolse dolcemente la cuffia dal capo e disse di sciogliersi i capelli. Quando lo chignon perse la sua forma, i capelli castani della ragazza si posarono dolcemente sulle sue spalle in morbide onde, il che la rendevano ancora più bella di quel che sembrava.
‘’Proprio come la prima volta che ci siamo conosciute. Eri splendida quel giorno e anche oggi.’’

Tutti quei complimenti le fecero avvampare nuovamente le guance ma si riprese subito quando udì altre voci provenire dal corridoio. Entrambe uscirono e si diressero nella nuova sala adibita ai pranzi e alle cene: una sala spaziosa a semicerchio, con drappi di seta color vinaccia con lo stemma del regno cucito egregiamente appesi alle colonne. Davanti alle colonne che sorreggevano il soffitto della stanza c’erano diversi piedistalli in basalto che sostenevano delle anfora di diverse dimensioni e materiali: alcune erano in rame decorate da effigi in bronzo, altre lunghe e dalla base sferica con incisioni dei popoli confinanti e altre così strane da non comprendere quale fosse la loro forma, una in particolare era quella donata dai Vadmadra che sembrava essere costruita da un unico blocco di onice con dettagli in oro e bronzo. Al centro della stanza, invece, c’era un lungo tavolo in quercia che poteva contenere fino a dodici persone, già imbandito con porcellana splendente, bicchieri in vetro colorato, caraffe d’acqua e una di estratto di pompelmo misto a zucchero, miele e liquore. Vicino al tavolo, eretto e immobile come una statua, c’era un uomo con una lunga divisa bianca, con i polsini azzurri e la cuffia dello stesso colore; il dettaglio erano i suoi occhi, freddi e inespressivi.

Arilyn riconobbe l’uomo:

‘’Ryre? Sei tu?’’

‘’Oh, signorina Arilyn, vedo che è in forma. Bella giornata, non crede?’’- domandò lui, con un tono lievemente infastidito e ironico dalla presenza della ragazza.

‘’Sì, è una bella giornata, ma perché indossi quell’abito?’’

‘’Questa ridicola divisa? Sono stato degradato dal mio ruolo di medico scelto e ora devo solo sorridere e dare il benvenuto agli ospiti. In questa ridicola divisa. Che amara umiliazione. Non avete di meglio da fare?’’

Arilyn restò infastidita dal quell’arroganza e a stento tratteneva il fulgore dorato nelle sue mani, facendole brillare. Prontamente Nima la prese sottobraccio e la condusse all’ingresso del palazzo; in poche ore Searlas aveva aperto l’enorme portone dai battenti in ottone, decorato l’effige con lunghi nastri bianchi fin sopra i bordi, steso un lungo tappeto all’entrata decorato da petali di buganvillea e ai lati di esso c’erano cinque soldati ognuno con una mansione specifica: due soldati si sarebbero inchinati alla Regina reggendosi con la spada, altri due avrebbero preso gli abiti da viaggio degli ospiti e l’ultimo li avrebbe condotti da Ryre, addetto a sistemare i loro posti. La luce illuminava il corridoio creando una sfera luminosa sui muri dipinti e riflettendosi sulla corona che aveva tra le mani. Sindar era appoggiata al muro, con le mani intrecciate e lo sguardo rivolto verso il Re, sorridente e che impartiva con gran cortesia le diverse mansioni ai Navra che erano rimasti al suo fianco; la maggior parte dei Navra erano ormai tornati nella loro terra natia, ma altri non avendo luogo dove poter vivere, restarono al fianco di Searlas e di Huvendal.
Arilyn e Nima si avvicinarono alla neo Regina, radiosa e con i capelli biondi perfettamente legati in trecce sul capo, una leggera tonalità di rosa sulle labbra e sulle guance, il vestito verde smeraldo che risaltava il suo fisico tonico terminava in piccole balze con merletti bianchi cuciti all’interno.
‘’Sindar, o meglio Mia Regina, è un piacere rivederti.’’- disse Arilyn comparendo al suo fianco.

‘’Arilyn, mia fedele allieva. Lo stesso vale per me e…’’ Sindar si interruppe quando vide Nima illuminata dalla luce soffusa del sole.

‘’Nima? Sei incantevole mia cara. Quel colore si intona alla tua carnagione.’’

‘’Mia Regina io.. La ringrazio.’’- rispose con un inchino, nonostante si sentisse goffa e imbarazzata nel ricevere complimenti dalla Regina in persona.
D’un tratto, dall’alto delle mura risuonarono tre lunghe note emesse da un corno; Thessalia e le sue figlie erano finalmente giunte, in netto anticipo. Il Re si sistemò la lunga divisa attese al centro dell’ingresso, sorridente e a testa alta. Nella piazza si sentivano applausi e cori di benvenuto per la Regina alleata, giunta con un piccolo plotone dei suoi migliori soldati e le sue due bellissime figlie: Shenyra e Eileen. La primogenita, Eileen, indossava una divisa militare lunga bordeaux, con i passamani argentei e un elegante cappuccio nero con il sigillo dei Custodi sulla punta, il suo viso delicato e i capelli neri la rendevano incantevole. Shenyra, invece, indossava un lungo mantello a mezza ruota di seta nera con cappuccio che le ricadeva sulle spalle, coprendo leggermente una camicia di seta antracite, chiusa sul colletto da tre bottoni in ottone mentre il pantalone, nero e in cuoio ricadeva a sbuffo sugli stivali dello stesso materiale e colore, tranne per il tacco damascato. I suoi capelli erano legati in una lunga treccia a spina di pesce, arruffata e legata da un nastro viola, lasciando ricadere due ciocce sulle tempie. Un particolare interessante erano gli occhi di colore diverso: uno nero e l’altro viola. Una eterocromia affascinante, ma il suo animo non era solare o amichevole come quello della sorella, più serio e distaccato. Dal sigillo che aveva sul mantello, era un Custode delle Stelle Nere; da secoli gli Ellsanoris si erano distinti in due gruppi, le Stelle Protettrici e le Stelle Nere. Thessalia era una Stella Protettrice, come la primogenita. Il loro poteri si basavano sulla cura, meditazione, migliorare le capacità sensoriali e la magia bianca di cui la loro anima era intrisa. Shenyra invece una Stella Nera, dedita a comunicare con le Anziane e a migliorare la magia oscura. Questi due gruppi avevano una sola cosa in comune: la salvezza e protezione degli afflitti.
Come previsto, le tre donne vennero accolte dal saluto militare delle Guardie e da un solenne inchino di Searlas ma non si sarebbe aspettato un inchino dalle figlie di Thessalia.

‘’Mia cara Thessalia, bentornata nel nostro regno. Sei in anticipo, è grandioso.’’

‘’Ti ringrazio Searlas, è stato un viaggio abbastanza lungo e faticoso. Sono affascinata e sorpresa da come il tuo regno si sia espanso così in fretta e abbiate ricevuto visite da popoli di mia conoscenza. I miei complimenti.’’- rispose lei, con un caldo sorriso, mentre si toglieva il mantello e lo consegnò con calma ai due soldati addetti ai loro bagagli. Il viso della donna non mostrava nessuna ruga, solo i capelli avevano assunto una tonalità più opaca e tendenti all’argento. Le figlie fecero lo stesso, finché Eileen non si rese conto della salvatrice di Huvendal, Arilyn:

‘’Per ogni cometa che ho visto, lei è l’Araldo della Luce? E’ magnifica.’’- disse con energia, tanto da provocare una risata ai presenti.

‘’Ti ringrazio, sono onorata. Io sono Arilyn, lieta di far la tua conoscenza. Al mio fianco c’è Nima, una mia fedele amica.’’

‘’Lieta…di conoscerti.’’- si unì alla conversazione la ragazza, imbarazzata e sorpresa di essere stata nominata.

‘’Il piacere è mio Arilyn. Io sono Eileen. Lei è mia sorella, Shenyra. O meglio, la stella sempre imbronciata.’’- affermò con tono da sfottò, poggiandole una mano sulla spalla.

‘’Onorata di conoscervi. Sorella, gradirei di non essere toccata dalle tue manacce.’’- rispose con un sorriso freddo, generando un piccolo luccichio violaceo nelle mani. Tutti si diressero nella nuova sala, accolti da Ryre con un sorriso e un benvenuto privo di gioia, ma forzato, cercando di essere il più gentile possibile. Eileen e Nima durante il tragitto si scambiavano qualche sorriso, arrossendo entrambe. Mancava però Darrien, che ritardava la sua presentazione. Quando ognuno fu al proprio posto, la Regina degli Ellsanoris notò una delle sedie vuote, proprio vicino ad Arilyn:

‘’Arilyn, il tuo compagno dov’è?’’

‘’Vogliate perdonare l’attesa, ho avuto difficoltà nell’indossare gli stivali nuovi donati dal mio Re. Perdonatemi.’’

La comparsa di Darrien pietrificò i presenti: la postura eretta, lo sguardo penetrante, le mani congiunte dietro la schiena, i capelli, seppur lunghi, pettinati all’indietro e lucenti lo rendevano simile ad una opera d’arte. La sua divisa nera splendente, aperta sul petto da lasciar intravedere una camicia bianca con decorazioni rosse, i polsini in argento e la ‘’coda’’ della divisa che terminava in una lingua serpentina consentiva alle gambe di muoversi con fluidità. Sulle sue spalle, invece, c’erano dei piccoli merletti blu notte cuciti in modo da non strapparsi e da non essere ingombranti. Arilyn arrossì violentemente nel vederlo in tutta la sua bellezza e il suo fascino, ma cercò di mascheralo coprendosi con i lunghi ciuffi rossi.

Dal corridoio giunsero diverse Guardie con enormi vassoi in ceramica, sotto l’attenta guida di Ryre, che con sospiri faceva comprendere la sua enorme frustrazione. Le pietanze variavano di grandezza e di gusto, dall’agrodolce al salato: riso con crema di radicchio, manzo ripieno di noci, pesce arrostito con patate a fette, formaggio con miele e, come dolce, una crostata con glassa alla ciliegia. Tra una portata e l’altra ognuno dei presenti raccontava le sue avventure negli ultimi due anni dalla liberazione del gelo: Thessalia raccontò di come ricostruì il suo regno, pietra per pietra, vetro per vetro e dell’esilio del figlio per alto tradimento verso le Stelle e la Dea del Cosmo; fece ricostruire la sala dove un tempo lei e suo marito ricevevano ospiti, questa volta con un solo trono al centro e alle sue spalle una immensa statua fatta di bronzo, ottone e vetro. Quest’ultimo venne scelto solo per gli occhi della statua, così che il sole potesse illuminarli e renderla quasi viva e maestosa a tutti i visitatori. Searlas, invece, raccontò dei popoli oltre le montagne innevati, delle loro storie e della vasta conoscenza che ognuno di loro possedesse. Raccontò della visita del popolo mascherato, i Vadmadra:

‘’Si presentarono un giorno davanti alle nostre mura, tutti schierati in perfetto ordine in base al loro ‘’grado’’. Credo, ognuno di loro indossava una maschera di colore diverso e occupavano posti in base a ciò.’’

‘’E cosa vi hanno donato o hanno condiviso con voi? Qualcosa di utile spero.’’- esordì Shenyra, affascinata dal nome del popolo e dalla particolarità.

‘’Come avete visto all’ingresso di questa stanza, c’è quello stranissimo vaso che durante la notte brilla di varie tonalità d’azzurro e blu e fluttua a pochi centimetri dalla sua base. La cosa strana è che solo uno di loro poteva parlare e condividere con me l’arte dell’Epteti, che ha permesso ai miei soldati di sfruttare maggiormente il potere del fuoco o dell’elettricità senza alcuno sforzo. Il resto di quelle figure mascherate restava in silenzio, come se fossero fantasmi. Popolo davvero interessante, anche se inquietante.’’- terminò di dire con una piccola risata. L’atmosfera era un misto di sorrisi, risate e racconti incredibili, anche le figlie di Thessalia avevan vissute grandi avventure, per questo non si sono mai fatte vedere al primo incontro con Arilyn e Darrien. D’un tratto il Predone dell’Oscurità aggrottò la fronte e sentì un vociferare fuori la porta della sala:

‘’Darrien? Qualcosa non va?

Il ragazzo restò con lo sguardo fisso sulla porta e questa, improvvisamente, si spalancò con un assordante rumore di legno e ferro, alzando una nube di polvere e rivelando due soldati armati di lance che cercavano di afferrare una bambina vestita di stracci logori e sporchi di fango.

‘’Soldati, fermi!’’- ordinò Darrien alzandosi e facendosi come scudo per proteggere la bambina.

‘’E’ entrata di soppiatto da una finestra del corridoio. Non sappiamo da dove viene o se è un nemico mandato dai vecchi ladri della foresta.’’
La ragazzina si strinse alla divisa di Darrien, impaurita dalla ferocia che avevano i soldati, come avvoltoi affamati. Le lacrime le rigavano il viso e non riusciva a parlare, ma con una carezza sulla testa della bambina riuscì a tranquillizzare il suo animo irrequieto.

‘’Comandante, ci consegni la bambina. Dobbiam-‘’

‘’Dobbiamo, soldato? Vorresti imprigionare una bambina che cerca riparo?’’- domandò irritato il ragazzo, mentre dalla sua mano si sprigionava il suo oscuro potere, suscitando la sorpresa dei soldati e delle figlie di Thessalia. Il comandante riusciva perfettamente a controllare il suo potere e a prolungarne l’uso, senza rischiare di sfregiarsi le braccia o ricorrere a continue cure da parte di Nestor.

‘’Io…’’

‘’Riposo soldati. Ce ne occuperemo noi.’’- intervenne Arilyn, avvicinandosi alla bambina sorridendole appena per poi essere ricambiata. I due soldati si inchinarono e se ne andarono, amareggiati per il loro comportamento e timorosi di venir degradati. Il Re si avvicinò con un piatto pieno di avanzi del pranzo, un po’ di formaggio e dell’acqua. La trovatella ringraziò con uno splendido sorriso, ma Thessalia impallidì nel vedere sulla sua mano un antico simbolo dei Custodi.

‘’Bambina, perdonami se interrompo il tuo pasto, ma da dove provieni?’’

‘’Io…dalla Città Desolata, signora.’’

‘’E quel simbolo disegnato sulla tua mano chi te lo ha fatto?’’- domandò indicando una stella a dieci punte disegnata sulla mano, circondata da una sfera e con una runa al suo interno.

‘’Non lo so, mi sono svegliata nel cuore della notte un giorno e mi sono ritrovata questo disegno sulla mia mano.’’- rispose la piccola tra un morso di formaggio e un bicchiere d’acqua. La Regina delle Stelle si alzò lentamente dalla tavola e si diresse verso la finestra, tenendosi il petto con le mani. Searlas si avvicinò e domandò preoccupato se stesse bene:

‘’Pensavo fossero solo leggende sulla sua esistenza o storielle per bambini, ma mi sono sbagliata.’’

‘’Thessalia, di cosa parli? C’entra qualcosa la bambina?’’- domandò Searlas, osservando la trovatella che si toglieva il cappuccio rivelando dei capelli biondo perlacei luminosi e perfettamente in ordine, nonostante gli abiti sporchi. La Regina dei Custodi sì voltò leggermente, notando le sue figlie parlare con la bambina e notava che il simbolo sulla sua mano luccicava impercettibilmente e, deglutendo rumorosamente, si diresse da lei, cercando di mascherare il suo nervosismo.

‘’Bambina, perdonami nuovamente, potresti dirmi il tuo nome?’’

‘’Io mi chiamo Narwain, signora.’’

‘’Il tuo popolo pregava la religione delle Stelle e la Dea del Cosmo?’’

‘’Sì, nella mia città pregavamo le Stelle Primordiali per protezione e prosperità. Perché?’’- domandò con innocenza e un sorriso luminoso.
‘’Nulla, ero curiosa, mia cara bambina.’’- rispose carezzandole una guancia e alzandosi per invitare Darrien, Arilyn e il Re Searlas a seguirla. Non appena furono abbastanza lontani da non essere sentiti, il giovane comandante domandò il motivo del suo pallore e tremore alle mani:

‘’La bambina si chiama Narwain. Lei e il suo popolo pregavano le Stelle Primordiali. E…’’

‘’Cosa sono queste Stelle Primordiali Thessalia? E Narwain cosa c’entra con loro?’’- domandò Arilyn, scrutando dall’uscio della porta la bambina che danzava e faceva sorridere Eileen e Sindar. La Regina dei Custodi fece un lungo respiro e cercò di tranquillizzarsi, ma inutilmente. La scoperta di una Primordiale era segno di un evento di grande importanza e, in parte, cupo:

‘’Secondo l'Antico Libro del Cosmo, le Primordiali erano le prime vere Stelle generatesi nel cielo. Da esse son nate le varie costellazioni e galassie. Una di queste Primordiali era conosciuta come Madre del Globo. Può assorbire, generare, moltiplicare o addirittura distruggere le altre stelle. Il simbolo che ha sulla mano appartiene solo a questa tipologia di stella e lei ne fa parte.’’

‘’Dunque la bambina non sa di essere la Madre del Globo?’’- domandò Searlas.

‘’No, ma dovete riportarla nella sua città. Non può restare ad Huvendal, se qualche sciacallo venisse a sapere della sua ‘’rarità’’ potrebbe venderla come merce o sfruttare il suo potere per sottomettere altri popoli. Solo che mi sfugge il motivo della sua venuta nel vostro regno.’’- rispose Thessalia sistemandosi una ciocca di capelli. La Regina dei Custodi, ancora una volta si diresse dalla bambina, ma Searlas la bloccò sull’uscio:

‘’Mia amica, sei ancora agitata dalla scoperta. Lascia che sia io a parlare.’’

E così fece il buon Searlas, avvicinandosi e sedendosi a pochi centimetri dalla pargola che rideva per la buffa posa assunta, tanto da farle tingere di rosa le guance:

‘’Piccola Narwain, ricordi come e perché sei venuta qui?’’- domandò con calma, nonostante una nota di serietà. La piccola lo guardò negli occhi e capì di dover rispondere e si sforzò nel ricordare il suo viaggio:

‘’Io…Io…’’

Non ci volle molto, dato che i suoi ricordi iniziarono a manifestarsi con violenza tale da cancellare la sua allegria. Le sue mani tremavano e lentamente gli occhi si riempirono di lacrime. Qualcosa di inspiegabile e terrificante doveva essere accaduto nella sua città natale.:
‘’Io ricordo solo che c’erano fiamme…Urla ovunque, pianti, la mamma stava male e non si muoveva dall’uscio della casa, e poi occhi rossi che divampavano come lucciole e un uomo dai lunghi capelli bianchi camminava con un sorriso malefico sul suo volto. Ricordo poi una luce abbagliante che mi ha guidato fin qui e mi diceva…diceva di trovare gli eroi di Huvendal e…’’- il pianto le impedì di proseguire. Searlas le carezzò la testa, tentando di tranquillizzarla come meglio poteva.

‘’Quanto tempo hai impiegato per giungere da noi?’’

‘’Quasi un mese, sono stata ospitata da qualche viandante prima di raggiungere il vostro regno.’’- disse singhiozzando e pulendosi con un lembo del mantello che aveva sulla schiena. Searlas guardava la sua compagna e i suoi amici, notando in tutti uno sguardo preoccupato per le imprese della piccola.

‘’Un ultima domanda e poi uno dei miei soldati ti accompagnerà in un alloggio dove potrai pulirti e riposare. Ricordi il nome dell’uomo che ha attaccato la tua città?’’

‘’Mia madre, prima di sentirsi male, disse di fuggire da…da…’’

‘’Sì? Come si chiama?’’

‘’Gallart.’’-rispose con un sospiro.

Il Re sbiancò nel sentire quel nome: ‘’Non è possibile.’’


 
   
 
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