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Autore: SusanButterfly    12/11/2016    0 recensioni
[Spoiler!]
-No! Lasciatemi andare!- gridò la voce di un uomo poco lontano. Era Kureo Mado, trattenuto da un collega.
-Non puoi fare niente, se vai da lei verrai ucciso anche tu!- rispose il compagno.
-Non m’importa, non m’importa! Lasciami andare, devo aiutare mia moglie!-
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mado Kureo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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NdA: Adoro Akira e ho cominciato ad apprezzare Kureo Mado solo dopo -Spoiler!- la sua morte. Questa introspezione della scena della morte della madre di Akira mi sembrava doverosa, visto che è appena accennata in due pagine di manga. Hope you like it.


Sacrifice

Il team investigativo della circoscrizione ventiquattro si muoveva compatto, affinché ognuno avesse le spalle guardate da un compagno. L’investigatore speciale Marude, della divisione I, apriva la strada.
Il sotterraneo era semibuio; l’unica fonte di illuminazione costituita dal fascio di flebile luce delle loro torce. Le pareti di pietra grezza erano scheggiate, deturpate da crepe come la pelle squarciata di un guerriero. L’aria che respiravano gli investigatori era umida, odorava di metallo.
All’improvviso il corteo si fermò. Kureo Mado aveva scorto una chiazza scura sul pavimento.
L’investigatore rivolse la luce della torcia in quel punto, e la macabra visione di un braccio tranciato si presentò agli occhi di tutti. Altri pezzi di carne erano sparsi attorno a quel resto, e poco lontano giaceva una testa mozzata, divorata per metà.
Kureo trattenne un conato di vomito. Era un investigatore del comando antighoul, non un ragazzino. Se si fosse mostrato disgustato i suoi colleghi avrebbero pensato che era un debole, quando quella spedizione per lui non era affatto la prima.
Nonostante la sua discreta esperienza, gli risultava impossibile abituarsi a certe scene.
Al contrario, sua moglie non sembrava per nulla turbata. Si limitava a fissare quelle spoglie sanguinolente senza battere ciglio. La sua freddezza era superiore a quella dei restanti componenti della squadra, tanto che alcuni si chiedevano se fosse in grado di provare sentimenti come la paura o il raccapriccio.
L’unico a conoscerla davvero era suo marito. Kureo era il solo a sapere che oltre ad essere una gelida investigatrice, la donna nascondeva un lato dolce. Raggiungerlo però non era facile, tanto che lui soltanto vi era riuscito.
Sembrava impossibile osservare quella donna e immaginare che potesse tenere in braccio la sua bambina guardandola con occhi pieni d’affetto. Eppure quella sera, prima di uscire di casa per unirsi alla spedizione, lo aveva fatto.
Kureo sorrise appena per quel recente ricordo, distogliendo lo sguardo per riportarlo sulla strada da percorrere.
Non erano i primi resti umani che incontravano lungo la loro via: il ghoul a cui stavano dando la caccia aveva ucciso almeno una decina di persone, divorandone alcune quasi completamente.
Altre vittime però erano state morse a malapena, così da indurre gli investigatori a pensare che quel mostro uccidesse non tanto per fame, quanto per il puro godimento che traeva dal togliere la vita.
Camminarono ancora per qualche minuto, lo scorrere dell’acqua nelle tubature e i loro passi leggeri come unici suoni nel silenzio.
Se solo l’avessero sentito, metà della squadra non sarebbe morta.
Il ghoul però comparve all’improvviso, fulmineo come un’ombra, completamente silenzioso.
L’investigatore speciale Marude assistette a bocca aperta alla morte di tre dei suoi compagni che le affilate lame del kagune tranciarono in due.
Il ghoul uccise altri quattro investigatori prima che riuscissero a muovere un muscolo. Il mostro, terminato quello scatto distruttivo, alla fine si fermò.
Gli uomini rimasti, la signorina Mado in testa, avevano sfoderato i quinque. Finalmente poterono distinguere chiaramente l’assassino: era un ghoul di proporzioni fuori dal comune.
Il suo corpo non era visibile, poiché coperto da un mantello. Solo la corazza del kagune spuntava sulla schiena, strappando la stoffa.
Doveva aver indossato un cappuccio, ma a causa dello spostamento d’aria provocato dai suoi tempestivi attacchi si era abbassato. Il volto era celato da una maschera, ma dietro di essa nella penombra riluceva un minaccioso bagliore rosso.
Uno solo.
-È… è un sekigan!- gridò uno degli investigatori, ormai incapace di mantenere la posizione. La voce colma di terrore, quasi piangente.
Marude era perfettamente consapevole che non avevano alcuna speranza contro un essere del genere.
Soltanto gli investigatori speciali avevano delle possibilità di vittoria, e avrebbero dovuto essere almeno in quattro. La sua squadra non era composta da uomini forti, eccetto uno. O, per meglio dire, una.
In quanto capo, a Marude spettava la responsabilità della scelta. Se avesse deciso di combattere i suoi uomini sarebbero morti, e ne aveva già persi troppi. Non poteva permetterlo, così ordinò: -Ritirarsi, svelti! Ritirata immediata!-
Tutti presero a correre senza farselo ripetere due volte. Il sekigan scelse proprio quel momento per partire alla carica.
Successe tutto in pochi secondi, ma Marude vide che Mado restava ferma sul posto, mentre i compagni la sorpassavano correndo all’impazzata.
Non aveva bisogno di sentirselo ordinare: già sapeva quale fosse il suo compito. In quanto membro più forte della squadra, doveva distrarre il ghoul per guadagnare tempo e permettere agli altri di fuggire.
Marude non poté che provare ammirazione per quel senso del sacrificio, mista a una certa vergogna verso di sé.
Mado andava incontro alla morte senza battere ciglio. Lui sarebbe mai stato in grado di fare lo stesso?
Non ebbe il tempo per rispondersi; dovette scappare velocemente lungo la galleria.
Il sekigan fu addosso a Mado, ma la donna deviò il suo attacco. Era decisamente di un altro livello rispetto agli uomini della squadra. Quelli che erano stati uccisi per primi non erano neppure riusciti a rendersene conto. Mado, benché non lo eguagliasse in velocità in quanto umana, era in grado di intercettare i movimenti del ghoul.
Ben presto il kagune del sekigan cozzò contro il quinque dell’investigatrice. Quest’ultimo era un’arma pesante, dalla lama larga e lunga, ma Mado lo maneggiava con disinvoltura quasi si fosse trattato di un pugnale.
-No! Lasciatemi andare!- gridò la voce di un uomo poco lontano. Era Kureo Mado, trattenuto da un collega.
-Non puoi fare niente, se vai da lei verrai ucciso anche tu!- rispose il compagno.
-Non m’importa, non m’importa! Lasciami andare, devo aiutare mia moglie!- urlò Kureo, riuscendo quasi a sfuggire alla forte presa dell’altro tanta era la furia che gli metteva in corpo la disperazione.
Nel profondo sapeva che il destino di sua moglie era segnato, e altresì sapeva che lei lo avrebbe accettato senza problemi. Ma non poteva lo stesso stare a guardarla mentre moriva.
Il compagno lo riagguantò, serrando le braccia attorno al suo torace esile. -Kureo, no!- Kureo lanciò un grido animalesco. -Lasciamiii!-
Lo scontro tra il sekigan e sua moglie intanto era divenuto serrato.
Ad un certo punto, vedendo che il marito non accennava a voler andare, Mado si voltò verso di lui.
-Non lasciare che io muoia per niente, Kureo.- disse. Non gridò, ma la sua voce rimbombò lo stesso per la galleria. -Non lasciare che Akira cresca orfana.-
Kureo restò per un attimo immobile, pietrificato sul posto. Sentì la mano del collega che gli stringeva il braccio e quasi incoscientemente si lasciò trascinare via da lui.
La donna si era inevitabilmente distratta per rivolgergli quelle parole.
Il ghoul la colpì. Venne sbattuta violentemente contro la parete viscosa, mentre il sangue cominciava a sgorgare da un profondo taglio sulla spalla sinistra.
-Stupido di un Kureo… mi hai fatto perdere tempo.- borbottò digrignando i denti.
Si rialzò in fretta scartando di lato prima che il ghoul le mozzasse la testa con il kagune. Il dolore alla spalla esplose: era una ferita grave.
Nonostante ciò non poteva ancora arrendersi: Kureo e quell’altro investigatore non erano sicuramente usciti fuori, e non era certa che gli altri fossero al sicuro.
Avevano bisogno di più tempo.
Mado impiegò tutte le proprie forze: si abbassò, saltò, deviò di lato, mirando con il quinque al corpo del ghoul. Più volte riuscì a toccarlo, ma la lama si limitò a sbattere contro una corazza più dura dell’acciaio. Quel ghoul era il più temibile che avesse mai affrontato durante tutta la sua carriera.
Mado fece un mezzo sorriso. -La mia più grande paura è sempre stata quella di morire in maniera stupida. Sono contenta che per lo meno me ne andrò da questo mondo per mano di un degno avversario.- disse, calando il quinque contro la testa del ghoul.
L’impatto fu così potente che la maschera si scalfì, ma il quinque si spaccò in mille pezzi.
Mado rimase a guardare il sekigan, reggendo ancora in mano l’elsa del quinque distrutto.
Ormai dovevano essere usciti tutti, avrebbero riferito di quell'abominio al quartier generale e ben presto una squadra specializzata lo avrebbe fatto scomparire dalla circolazione.
Disarmata e ferita, non aveva più scampo. Il kagune del sekigan le trapassò lo stomaco.
Mado spalancò la bocca, che le si riempì di sangue, che poi prese a colarle lungo il mento e sulla divisa.
-M-mi dispiace… t-tanto… A-Akira…- disse, anche se l’unico ascoltatore era il suo assassino.
Quest’ultimo si limitò ad estrarre la lama dal suo corpo, per poi avventarsi contro la carne pallida del suo collo.
L’investigatrice morì con un unico rimpianto: quello di non aver visto crescere sua figlia.
Ma aveva compiuto il suo dovere.
   
 
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