“ Mi sentirei
sollevato se potessi vedere sangue.
Cento volte ho impugnato
una lama per conficcarmela nel cuore
[…] Spesso anch’io vorrei aprirmi
una vena che mi desse libertà eterna.”
§
Città
di Calleos
*** Sacro
Ordine dei
Cervi Bianchi***
Sezione
Archivi Riservati
7 settembre 1987
Sono Toma
Ozaki, ho quindici anni e il mio compleanno è il diciotto
marzo.
Non so di preciso descrivere Tokyo, la mia città
natale…ho abitato
fuori dal centro. Non ho la minima idea di come siano i quartieri alla
moda, quelli
finanziari ecc…
Combatteva per Calleos, la
sua nuova dimora, la sua nuova ragione di vita eppure…vi era
un sentiero
alle spalle che
seguitava, segretamente,
a lampeggiare richiamandolo attraverso una calda luce. Ormai sarebbe
dovuto
svanire seppellito da fredda cenere e invece riusciva ancora a
respirare.
Ogni sassolino rotolava in
avanti incespicando tra i suoi piedi
e
costringendolo a voltarsi indietro.
Ecco…si
entrava attraverso un vialetto marchiato da pietre piatte
che avevano una circonferenza irregolare. Da piccolo le credevo enormi
biscotti
che mi accoglievano sotto i corpi distorti di bonsai e già
mi facevano
pregustare il sapore della merenda.
La nostra
dimora era
rettangolare e sormontata da uno di quegli spioventi tetti grigi epoca
Edo. Acquattata
sul prato verdissimo, attenta e serena, si
sviluppava tutta su un unico piano.
Possedeva
un atrio dalle pareti lisce color crema decorate da qualche cartiglio
che
recava iscrizioni sanscrite
di
protezione. Saliti tre gradini c’era una grande sala da
pranzo che aveva una
vetrata ampia che mostrava il giardino dove stavano una magnolia,
alcuni
mandorli e dei ciliegi.
In
primavera erano uno spettacolo unico ed io m’incantavo con
faccia da ebete per vederli.
Non era quello il momento di
rimpicciolirsi a andarsene in giro per i corridoi della memoria con un
triciclo
giocattolo!
Non poteva permetterselo
davanti a quel nemico che sorrideva e scansava ciascun pugno.
Le pareti che mi piacevano di più erano quelle della camera
dei
miei genitori…Grigio perlacee, ordinatissime ma per nulla
fredde…Delle stampe
vivaci e incandescenti le impreziosivano senza appesantirle e un letto
matrimoniale basso
e morbido troneggiava
con le sue coperte blu e rassicuranti. Sul cuscino sinistro
c’era il profumo
ruvido di muschio dei capelli neri di mio padre , mentre su quello
destro
s’avvertiva quello frizzante di fragola e sandalo di mia
madre che aveva i
capelli rosso-rame. Sì…lei era straniera, veniva
dall’Europa , dall’Irlanda. Io
e mia sorella gemella abbiamo preso da lei.
- Coraggio , ragazzo! – lo
esortava ironicamente Biak – Questo è un numero
mediocre! Scommetto che sei in grado di fare
un’esibizione migliore!
Frequentavamo la stessa palestra di karate. Si trovava vicino alla
nostra casa ed era un edificio molto antico che somigliava ad un grande
tempio
scintoista in cui
vi erano uomini maturi
di mezza età e pochissimi ragazzini.
C’era un sinuoso albero dalle foglie rosse che mostrava con
le sue
lunghe braccia un cancello di legno, il torii …che segnava
quel favoloso
confine tra il quotidiano e il sacro. Fuori la strada di campagna
ombreggiata
dai cinguetti degli uccelli e dai timidi suoni delle rare automobili ,
dentro
un viale orlato da
cipressi ossidati. Quando
veniva la sera, le lanterne s’accendevano come tanti
melograni incandescenti.
Toma disegnò due
semicerchi
nell’aria e face
scaturire delle scie
fulve e brusenti come uno sciame di api furibonde. Le
scagliò in una pioggia di
proiettili contro l’avversario sperando di colpirlo ma si
accorse che fu
inutile. Quest’ultimo lasciò uscire dalla bocca un
vento piombo che
rinsecchì tutte
le scaglie rendendole
identiche a pruni morti.
Prima di iniziare i corsi, adoravo lavarmi le mani sotto
il chozuya, il padiglione di preghiera
in cui vi è una lunga vasca votiva per fare le
abluzioni…lì , io e mia sorella
, avevamo vergogna di giocare…perché lo specchio
circolare del
padiglione della palestra, lasciava
scorgere il riflesso degli alberi scossi dal vento del silenzio.
La passione per il karate era una filosofia di vita, una fonte
d’acqua trasparente. Papà e Mamma erano dei
campioni e loro
stavano attenti al nostro
apprendimento. Affianco al tempio poi c’era anche una bella
scuola in cui erano
iscritti i bambini delle prefetture di campagna. Ogni cosa era
collegata
perfettamente e io e mia sorella apprendevamo e ci divertivamo in
quello
splendido ciclo.
Mi arrabbio spesso per questo.
- La tua frustrazione è
così palpabile che mi pare di solleticarla –
rideva Biak spostandosi con
le movenze
fluttuanti di una piovra – la tua energia emana potenti
rifrazioni ma nella
sostanza è fiacca….Prima non possedevi
quest’afflizione... Come mai?
- Caro Toma! –
esclamò con un tono accomodante e tarlato –
capisco
il motivo per cui ti senti così…Non vuoi
più reprimere i reconditi battiti che
devi avvolgere sempre in un duro panno.
- Piantala di blaterare! –
cercò di urlare l’adolescente tra una
tosse e l’altra soffocato dal grumo volante degli insetti
spettrali – sei
soltanto una carogna che striscia!
- La tua tristezza si è
incendiata -
giudicò incuneando le sopracciglia in alto
in un’espressione dolente – allora le tue ferite
sono falsamente cicatrizzate…Devi
scusarmi ragazzo, purtroppo suscito quest’emozioni alle
persone che incontro…E’
il mio agre destino.
- Non sei certo il mio medico!
C’era
un signore…un amico dei nostri genitori che non ci aveva mai
convinto. Non comunicava nulla di cattivo, infido o
viscido…anzi…Però osservava
in particolare i nostri combattimenti
con sguardo serissimo, attento e una tristezza amara e
insormontabile.
Si chiama Mitsumasa Kido.
E’
un aristocratico, un
professore di
storia e archeologia che
ha compiuto
molti studi in Grecia e che ha condotto
numerose ricerche sulle arti marziali nel mondo…
Quando riusciva, in alcuni fine settimana, veniva a trovarci e ad
assistere volentieri ai tornei.
Ammirava i karateki ma nel momento in cui osservava me e mia
sorella si corrucciava pensoso…quasi intuisse in noi
qualcosa di diverso e inquietante…ma
cosa?!
Alla fine degli scontri ci faceva i complimenti sorridente come se
nulla fosse…i suoi occhi comunque tradivano una
severità indagatrice e
rammaricata. Ogni volta pareva volesse rimandare una pesante
rivelazione che
non avremmo mai accettato.
L’adolescente
indietreggiò
tentando di temporeggiare , riscuotersi e trovare una mossa per
frastornare il
Negromante e raggiungere la gabbia di ossa che imprigionava Nikita.
L’amico non era ancora
giunto alle rive dell’Acheronte poiché conservato
in uno stato di essiccata
ibernazione.
Non bisognava comunque stare tranquilli : il confine tra coma e
morte si poteva rompere in modo irreparabile.
Però….v’erano gli occhi di
Biak a calamitare morbosamente
l’attenzione….
Quei bulbi neri,oceanici, e
smarrenti in cui le iridi gialle e accoltellanti ticchettavano dettando
una musica lugubremente
affettiva .
Toma, malgrado provasse viva
avversione, non poteva fare a meno di fissare. Se se lo vietava avrebbe
perso
un appiglio troppo importante…
Dipendeva da quello sguardo
e non riusciva a disfarsene.
Quel
giorno orrendo a mia sorella capitò una cosa strabiliante.
Correvamo
nel cortile della palestra durante
una
pausa allenamento. Aveva fioccato
e
quindi quale terreno migliore per una battaglia a palle di neve. Mentre
giocavamo, lei si fermò di
colpo. Mi
disse di far silenzio.
Stava sentendo le aquile delle montagne.
Io, allibito, chiesi in che modo potesse sentirle da vicino visto
che i monti erano lontani. Marin provò a spiegarmi la
traiettoria di quei suoni
disegnando strane parabole in aria che….diedero forma ad un
disegno….un’immagine argentea e celeste fatta di
cristallo e vapore.
Papà e mamma, che erano andati in città in
macchina, non
facevano ancora ritorno e io , in preda
ad una febbre improvvisa e incomprensibile, svenni.
- Sai –
riprese lo specter
con il tono sibilante di una risacca marina – ho
l’impressione che ti comporti
come un bambino che stia nascondendo qualcosa di proibito alla mamma.
- Niente….-
ribatté a cuore
ondulato – niente nascondo alla Madre Luna!
Lo spirito traghettatore aveva capelli rossi e occhi azzurri.
Perdevo sangue dal dorso. Si erano aperte, senza alcuna causa,
delle ferite che poi si richiusero dopo alcuni minuti.
Il Negromante avanzò con le
catenelle della grande tiara che altalenavano incantatrici e gli occhi
radianti
di luce gialla da ceri di cubicoli.
- Toma – spiegò
flemmaticamente - a
te piace stare
rintanato sotto fronde tenebrose affinché i raggi lunari non
ti trafiggano…Sai
che la Luna non è così immacolata e nitida. Tu
detesti la tua sorte, la
tua prigionia tra fiori immortali e
ghiacciai.
Un’altra
ferita enorme stava per esserci inflitta: verso mezzanotte
scoprimmo che papà e mamma erano morti in un incidente sulla strada di casa.
Kido ci prese in affidamento per due settimane senza disperdere
inutili parole di conforto…
Non esistevano discorsi che potessero costruirci una nuova
casa….Cercò invece di spiegarci che la nostra
attività di arti marziali sarebbe
drasticamente cambiata e avremmo seguito altri addestramenti, prova da
gente
non comune.
Non capimmo
granché, a parte il fatto angosciante di abbandonare il
nostro Giappone ed entrare in contatto con altre persone.
- I tuoi piedi traballano –
osservò lo stregone – qualcosa di
pesante grava allacciato al tuo collo facendoti perdere
l’equilibrio?
- Ti conviene pensare al tuo di
equilibrio! – sbraitò Toma - Yama
no
sakebi josho!
Senza scomporsi , lo spettro assorbì le
ondate creando una palizzata violacea che effuse una concatenazione di
altri
frastuoni ancora più potenti di quelli di prima.
Prima che
si concludesse quel mese infernale , il signor Kido ci
condusse all’aeroporto.
Durante il tragitto in macchina non aveva detto una parola e ci
aveva lasciati vicini, attaccati l’uno all’altra
sull’enorme sedile posteriore
che pareva c’ inghiottisse tra fauci di pelle nera.
Grecia e Danimarca.
Infatti notammo un gruppo di persone che
stava attendendo.
Da una
parte stavano tre
strane donne col volto
coperto da grossi
occhiali neri e dall’altra due ragazzi che erano Nikita e
Roald.
Scoppiammo a piangere.
- Non comprendi ancora, sciocco,
che io sono l’unico che può fare
qualche cosa per te? – lo rimproverò tenero flettendo le labbra
come ali di
rapace – stai tanto male, in realtà…e
hai tanta paura. Sei stato costretto a
metterti una benda sulla bocca per non fiatare …in modo
sconveniente.
- Che ne sai dei miei giuramenti, lurido
schiavo di Ade! La melma
dello Stige e le acque pure di Calleos non sono la stessa cosa! Credi
che mi
lascerò affogare da te?!
- Oh! Da quando, di grazia, staresti
nuotando in superficie? Non ti
sembra che i tuoi compagni e la tua Maestra ti tengano con la testa
sottacqua lasciandoti
scorgere solo un pallido riflesso di cielo?
Mia sorella venne presa per
mano dalle donne e
io fui trascinato via
da quelli che sarebbero diventati i miei compagni di battaglia.
Gridavo,
scalciavo, cercavo di dare pugni ai miei involontari
carcerieri.
Nikita
tentava inutilmente di calmarmi mentre Roald, zitto, mi stringeva
fortissimo il braccio. Alla fine urlò di smetterla
minacciando
di sferrarmi un ceffone.
Tacqui. Non
aprii bocca né durante lo scalo a Copenaghen, ne
durante la traghettata fino in Groenlandia.
Tre quarti del mio DNA non esistevano più.
- No…- mormorò il
giovane – io so cosa voglio diventare….lo so
benissimo.
- Con me puoi essere sincero –
lo rassicurò – bastava la tua
famiglia a renderti felice e invece guarda : sei arrivato qui, tra
gente che
crede in divinità che ti deprederanno dei pilastri della tua
anima…tutto ciò
che sei.
Dalla bocca gli colò un
viscoso rivolo di sangue fin troppo scuro, quasi nerastro. Di colpo si
fermò
vibrando leggermente e dopo si frastagliò ai contorni
facendo comparire miriadi
di zampette minuscole.
Con immensa ripugnanza, il
cavaliere si accorse che quel rigagnolo si
era tramutato in un sottile millepiedi che si rifugiò di
nuovo tra le gengive
livide del Negromante.
Selene, dea
celeste, che guardi la terra….
Ogni
lettera è un suono speciale e celeste…che compone
il nome di “
Campana magica”.
Lei
è musica
magica e lo vedo
nella bella calligrafia con cui mi
scrive.
- Mi dispiace convincerti con le maniere
forti , ragazzo.
Atena,
Selene e cara Maestra Artemis…
I miei
amici mi derideranno furibondi.
Per adesso perdonatemi , vi scongiuro. Continuerò a servirvi
con
devozione ma non voglio pensare che un giorno metterò le ali
e andrò via per
sempre.
La vera dea del
mio focolare è soltanto lei.
- Toma, Toma, piccolo
Toma…sei un pochino sleale verso l’Ordine dei
Cervi Bianchi. Non dovresti avere questo…Sicuro che il
sentiero per diventare
angelo di Artemide sia
quello giusto?
Una cordicella da cui
pendeva una pietra azzurra circondata da una filigrana nera.
Era il ciondolo che gli regalò
Marin quando aveva otto anni…Appeso
all’estremità un sacchettino di cuoio
contenente la prova
di una puerile colpevolezza.
Roald stava tentando di
analizzare l’aurea nebulizzata del proprio avversario: non
vedeva che razze di
pesci nuotassero in quell’abisso, quali piante fossero morte
da tempo.
Tutto era un’eco guasta che
proveniva da una radio che scrosciava sonorità prive di
sillabe.
A gambe erette, pugni chiusi
e con volto di vetro , il ragazzo attendeva l’ennesimo
attacco per valutare
freddamente una mossa ben mirata che potesse dare il
colpo di grazia.
Purtroppo Vesperus aveva un
modo di combattere a dir poco controverso: pareva fosse semplice buttarlo con la schiena a
terra e invece
mostrava un’incredibile solidità. Un albero dalle
fronde molli e lattiginose
con un tronco di ferro.
Lo strano armigero si
avvicinò ciondolando, con una balestra nera retta con mani
precarie. Le gambe
compievano movimenti liquefatti e i tacchettii della corazza sembravano
iniettare ruggirne in fibre vuote. Il capo era proiettato
giù e dondolava ebbro
e svitato.
“
Una mente pensante è assente” considerava il giovane “
è indubbio che sia la marionetta del
Negromante…eppure è realmente morto?”
Lo pseudo - automa avanzava
tentando di guardarlo negli occhi ma tornava sempre a scrollare il
volto a
terra.
“
Che essere inclassificabile. Le sue batterie potrebbero cadere a
pezzi proprio ora…”
Vesperus
s’immobilizzò e
restò per alcuni secondi
spento. Persino
l’armatura si opacizzò quasi fosse un esoscheletro
che smagriva di linfa.
“
Bene. E’ in letargo. Sarà meglio ridargli la
cognizione del
tempo.” Roald si mise in posizione
d’attacco con gli
avambracci sollevati. Partì veemente cercando di sferrare un
colpo all’elmo
dello specter ma costui reagì altrettanto repentinamente:
scansò con agilità
inaudita l’assalto, si spostò verso sinistra e
imbracciò il mangano scoccando
il dardo.
Il ragazzo lo evitò saltando
e lasciando sbriciolare
una grossa
roccia. Altre frecce si librarono contro ma lui le scavalcò
tutte a mo’ di
gradini taglienti e sferrò una temibile pedata
all’avversario che si riversò al
suolo. In fretta come prima e con disinvoltura felina, costui si
riappropriò
dell'’arma e scheggiò un’altra folgore
che colpì quasi invisibile la gamba destra del
ragazzo perforando il
paracosce.
Egli capitombolò sulla neve
riuscendo tuttavia a risollevarsi sul ginocchio e sulla mano sinistri.
Stringendo i denti e con un lieve brontolio si strappò via
la punta della
freccia: era fatta di leggera e affilatissima selce e il sangue gli
sgorgò dal
quadricipite in ruscelli zigrinati e rapidi.
Si rialzò deglutendo
qualsiasi lamento di dolore. Non
doveva
perdere tempo a contorcersi , il cervello lo proiettava oltre il calore
agre della
ferita che sbavava.
Vesperus si mostrava un
guerriero dall’inquietante imprevedibilità.
Bisognava evitare di dissolvere
energie inutili perché non c’era soltanto Nikita
da trarre in salvo.
Da molti minuti percepiva
Toma che annaspava sbattendo furiosamente le braccia.
All’orizzonte il
Negromante aveva innalzato una polvere che odorava di lapide.
Takashi era ormai alle porte
del Tempio della Neve Dorata. Sotto il protiro di colonne doriche fatte
di
alabastro, Artemis e i suoi soldati stavano combattendo contro di lui.
Il falco scaraventandosi ,
artigliando e tornando alla posizione di partenza
faceva disperare chiunque. Quindici guerrieri
, che giacevano proni o supini sulle
larghe
scalinate calcaree, erano stati trucidati in un battibaleno. Senza
emettere
attacchi di consistenze possanza, il cavaliere nero aveva spaccato
corazze
uguali a gusci di ostriche e con bestiali calci era riuscito a sfondare
casse
toraciche e crani incastrando le ossa nei polmoni e nella materia
cerebrale.
La regina di Calleos fissava
irata e impotente i cadaveri sfigurati
dei suoi uomini che esibivano sterni liquefatti nel sangue e crepature
erompenti di sostanze
flosce e viscide.
Avrebbe voluto fare molto di
più per salvare quei fedeli discepoli ma la mente stava
azzoppata dall’atroce
fiacchezza. La
circolazione strisciava
faticosamente nelle vene ed era un miracolo che riuscisse a reggersi
sulle
gambe.
Eryx, anche lui contuso in
più punti e col fluente pelo bianco lordato di chiazze
scarlatte, obbediva
alla padrona trascinando via i feriti
per allontanarli dal nemico. La
dedizione di quel cane era incredibile : nonostante avesse quasi dodici
anni
non aveva intenzione di far cedere le zampe martoriate.
- Maestà –
sghignazzò Takashi protendendo un sorriso
clownesco – credo che dovresti concedermi l’onore
di visitare i giardini
pensili della tua Babilonia artica…Sai, non voglio
continuare a inzaccherare i
gradini di questo splendido edificio.
- No…no….tu non
vedrai mai quei giardini….
- Su, non essere ottusa regale
fanciulla…C’è sempre una prima volta.
Proiettò gomitate,
ginocchiate, mulinelli di gambe. Takashi restò sinceramente
sbalordito mentre
si schermava colto alla sprovvista.
La sacerdotessa saltava coi
nervi di una gazzella e graffiava lanciandosi come un ghepardo mentre
l’uomo
arretrava e si scansava simile ad un reziario in difficoltà.
Per darsi la giusta
propulsione ella balzò sul fusto di una colonna e poi sulla
parete ombreggiata
del tempio. Arrotolandosi in una matassa di salti mortali, si
distese
e piovve sulla
testa del rivale . Lui
però la ghermì per la caviglia e la
lanciò con violenza contro i portali del
santuario che si spalancarono in fracasso.
La sventurata crollò sul
pavimento della navata centrale, rotolando e balzando per quasi venti
metri.
Si fermò quasi priva di
sensi sotto la cupola tratteggiata da raggi lunari.
- Perdonami, regina. Non è
nel mio stile danzare una polka selvaggia
con una splendida donna.
- Notevole, bambina mia- commentò lui – sei ridotta maluccio ma non hai ancora le ossa rotte. Meglio così. Un' attrice coprotagonista , un'etoile deve brillare fino all'ultimo...
La sacerdotessa non riusciva
a rispondere talmente era intontita dalle percosse della caduta e il
sangue
farfugliava debole e pallido nelle membra.
-
Non
abbatterti – rimettendola per terra- ora assisterai
al gran finale. Tranquilla. Non rovinerò il tuo tempio.
Basterà agire in questo
modo.
Sotto v’era il tunnel
segreto che conduceva al Tempio di Artemide. Un’aorta
rocciosa che collegava i due santuari
gemelli.
- Aphro! Che cavolo ti prende? Stai
toppando alla grande!
Aphrodite si stava allenando
commettendo errori grossolani mentre
Death Mask lo analizzava con cipiglio irritato chiedendosi
cosa lo
inducesse a non schermarsi adeguatamente nei momenti di
difesa oppure per quale motivo attaccasse
quasi sfibrato del consueto e frizzante smalto.
- Aphrodite! – esclama
ruvidamente -
Svegliati! Sei diventato un pezzo di ricotta?!
- Stai facendo mosse vomitose!
– lo strigliò afferrandolo con mala
grazia per il braccio affinché si rialzasse – mi
spieghi mo’ quale valvola non
ti funziona nel cervello?
Cancer soffiò arrochito
dall’impazienza:
- Sta mattina è iniziata
‘na merda, capisco. Ci siamo sputati
ingiurie , bestemmie* …e ci siamo presi a mazzate. Hai
menato forte , diamine!
Perché non lo fai ora?!
- Senti , bello, ho i coglioni che
girano peggio dei mulini a vento.
O mi spieghi finalmente che cazzo ti piglia o ti meno giù
dal colle!
- Mi…mi…sen…-
tartagliò l’altro.
- Cosa? Dì’ !
parla!
- Mi
sento…male….davvero.
- Che hai Aphro? – insistette
angustiato – cosa ti senti?!
- Lei…- riuscì a
rispondere
con tono esfoliato- lei...Artemis….Artemis
Per nulla lo confortava lo
sciabordio e il nitore delle acque del canale.
Capiva che tra qualche istante
avrebbe dovuto eseguire l’ordine di suo padre. Cosa sarebbe
successo lo
ignorava e lo rendeva
furente ma la
stanchezza inchiodava al suolo e gli evitava l’ulteriore
sofferenza di guardare
il cielo nebbioso e libero.
Doveva però sollevarsi e
osservare meglio il luogo circostante. Aiutandosi con le mani gonfie di
scorticature e le ginocchia intorpidite si alzò : la linea
dell’estuario era
ghermita ai lati da rovi intrecciati simili ad arabeschi sbiancati di
gelo. Tra
i luccichii acuminati delle spine e le foglie zigrinate, fiorellini
turchesi,
somiglianti a margherite di campo, ingentilivano malinconicamente quel
gioco di
ansiosi e ruvidi riccioli.
All’estremità finale il
fiume biforcava entrando in due enormi grotte che mostravano, quasi
sbadigliando minacciosamente, file di stalattiti venate di aerei
riverberi
acquatici.
Al di sopra di quegli incavi
sorgeva , ancora più impressionante, la cinta muraria
orientale di Calleos,
plasmata nella pietra viva, emanazione di una magia divina.
“
Ikki…Ikki….” sfrigolò un subdolo vocio
telepatico “ figliolo, pazienta
ancora alcuni minuti per il tuo paparino e per il
tuo avvenire…Vedrai che nessun Cavaliere
eguaglierà il fulgore del tuo sangue!
“
Il cosmo di Toma emetteva ad
intermittenza sprazzi d’energia che schiumavano nel nero
totale. Roald aveva ,
oramai, la certezza che il Negromante fosse una nefasta balena che
ingoiava
l’amico, lo silurava da un angusto sfiatatoio per poi
intrappolarlo nuovamente.
Come se non bastasse
Vesperus stava atrocemente aumentando la disinvoltura delle movenze di
battaglia. Il
danese lanciava diversi
dei suoi attacchi più veloci che venivano ridotti in schegge
luminescenti dagli
incredibili dardi della balestra. Si faceva pressante la convinzione
che vi
fosse un collegamento tra Biak e il cervello pseudo meccanico dello
schiavo
corazzato.
“
Assurdo! “ rimuginava frustrato il giovane “ non si è mai visto uno
specter o un altro guerriero divino in grado
di avere il dono dell’ubiquità! Il Negromante
è presente nel campo di battaglia
di Toma e nella testa di lamiere di quell’essere!”
Balzava sul terreno e
saltava per deviare i manrovesci del nemico che schizzava con la
sconsiderata
furia di un orso.
“
Toma! Ti stai facendo maciullare i nervi dai trucchi di quel
fattucchiere? Non puoi commettere idiozie mentre dobbiamo salvare
Nikita! “
Vesperus gli colpì di
striscio la tempia che , pulsando raggrumata, fece scivolare sangue.
“
Toma! Sei uno stupido moccioso! “
Il cavaliere automa lo
falciò con il fianco della balestra sollevandolo
violentemente da terra. Roald
non distinse il gorgoglio del sangue che gli sovraffollava le meningi e
il
rumore livido del corpo che carpionava disperdendo pezzi
d’armatura.
Un uomo normale sarebbe
morto con le costole in poltiglia e le viscere tritate.
Quando sbatté sulla neve
alzando spruzzi macchiati di cremisi , sentì quattro ossa
incrinate , il fegato
incastrato nell’intestino e un ematoma che gli marchiava
l’addome.
Nonostante la testa girasse
dolorosamente, la tempra ghiacciata del suo animo, rimise a tacere ogni
sfarfallio di vertigine .
Vesperus scagliò altri tre
dardi che lui afferrò con sconvolgente destrezza.
Lasciandoli lievitare
in aria li dispose a mo’ di
triangolo che si venò di salinature luminescenti.
- I messaggi tornano al mittente
– esclamò – dardo
della giustizia di Odisseo!
Il ragazzo corse più veloce
che poté verso la muraglia di nebbia cinerea eretta da Biak.
Aphrodite non riusciva a
stare in piedi senza vacillare. Percepiva i
contorni dei colli e
dei massi in rovina sovrapporsi,
disciogliersi nell’azzurro tiepido del cielo
e poi brusire confusamente sugli stridori dei gabbiani e
lo
stropicciamento degli alberi.
Death Mask ormai non faceva
più battute perché vedeva l’amico
più bianco della ghiaia che incideva l’erba ,
con le ciglia semicalate in un’espressione di mortifero sonno.
- Aphro, vieni – lo
incitò sollevandolo di peso – è meglio
se ti
sdrai nella tenda prima di crollare con la testa a pezzi.
- No…no…aspetta….
- Aspetta cosa, scemo?
- Lei, Artemis…
- Tu non sei innamorato ma sei drogato
di quella donna!
- Death! È in pericolo!
- Credimi –
balbettò l’altro – il suo
sangue…respira troppo
lentamente…
- Che intendi dire?
- Ne ha poco…lo
percepisco...nel mio corpo…c’è
metà del suo sangue.
Nel suo corpo c’è metà del
mio…in Groenlandia sta accadendo qualche cosa.
- Aphro! Cavolo ,devi sdraiarti!
- No.!No! devo…
- Che diamine vorresti fare? Non
dirmi…
- Devo andare a Calleos !
- Sei fuori dai coppi! Non puoi
teletrasportarti!
- Death. Ho bisogno del tuo aiuto!
Il suolo scolava verso
l’alto fluido, bianchiccio e friabile.
Il cielo roteava verso il
basso quasi fosse marmo nero di scie selciate.
Toma ormai non capiva né dove
poggiassero i suoi piedi né cosa spannasse la sua testa. Era
un piccolo frammento
d’asteroide che
galleggiava nello spazio profondo.
Avvertiva le membra alleggerirsi
in maniera rimbombante, quasi che al posto del sangue gli stesse
cominciando a
scorrere etere.
- Lo so , Toma… per te le
ossa non sono meri e taciti resti…Possono
parlare.
- Lasciami! Lasciami!
- Quando dormi da solo non ti aggrappi
alle ululanti costole dei
tuoi genitori? Loro suonano tristi e vuote….vorrebbero di
nuovo farti sentire
la carne dei polmoni e del cuore che custodivano per tenerti ancora
più vicino.
- No! - continuava a sperare reclamando
- io sarò un angelo di
Artemide! Me ne andrò dalla terra!
- Davvero? – lo pungolava - E
in che modo potrai spiccare il volo se
la tua schiena è troppo piccola per delle pure e grandi ali?
- C’è il marchio
della luna sulla mia pelle!
- Questo marchio sta grondando sangue ,
Toma – disse il Negromante
toccando la ferita - Artemide sa bene di non poter riporre la sua stima
in te!
- Maledetto schifoso! Hai contaminato il
sacro sigillo!
- Oh, no ragazzo mio….vedi,
molte volte gli esseri umani vivono di
scuse e di bugie e tu non fai eccezione.
- Vattene!
- Guardami negli occhi ! Valuta il dono
che ti sto per
porgere! Nel nero che cogli nuotano due fiamme …i cuori dei
tuoi
genitori…riesci a sentire i loro battiti?
Dopo i primi secondi di
letargo terrorizzato, Toma restò incantato dalla luce degli
iridi….
no….non erano iridi…erano
due belle lanterne d’oro che i genitori avevano appeso per
lui e Marin. Quel
buio…era oscurità famigliare …erano le
dolci orme proiettate dalle finestre
chiuse della loro stanza.
- Io…io…li…li…sento!
Li sento!
- Posso riportarli da te. Sarebbe
magnifico vero? Finiresti di
asfissiarti in dubbi, tormenti e apparenza! E poi non trovi che anche
la tua
sorellina tornerebbe a essere felice?
- Marin…
- Sì, dopo che
avrò strappato dalle tenebre dell’Averno i vostri
genitori, vi permetterò di unirvi e andare via su una strada
di luce e pace.
- L-luce e…p-pace?
- Sì…io sono nato
per concedere un’altra alternativa alla morte.
Una trafila di triangoli
roteanti rigonfi di saette strepitò scavando il terreno.
- Prisme
af rod frost!
- Toma!
Toma! – esclamò adirato il compagno raggiungendolo
– cosa pensavi di
combinare?!
- Dunque –
sentenziò con tono sordo – ti stavi
lasciando rimescolare le
cervella alla stregua di un invertebrato?! Tu che appartieni ai Cervi
Bianchi?
- Sanguini
pure dietro il collo… – osservò a denti
stringati il danese
– meriteresti di finire sotto le
acque dell’Artico ma non possiamo perdere tempo. Aiutami con
Nikita.
- Maledizione!
– vociò Roald
– riprenditi! Non sei più
un marmocchio!
Vesperus, con incredibile agilità, gli
aveva raggiunti.
Biak fece esplodere la teca che lo
rinchiudeva e camminò verso i tre guerrieri che erano
prostrati a terra.
- Ammira, buon Vesperus – sorrise
–
renderò il mio monumento di spoglie umane ancora
più sublime e tu , caro
amico…otterrai maggior linfa. Ci dobbiamo affrettare, prima
che quel nefando di
Mefistofele si appropri esclusivamente delle Reliquie Arcane.
La scultura di ossa si
ricompattò
prendendo le sembianze di un serpente bianco e limaccioso che ,
dilatando le
fauci di costole , inglobò Roald, Nikita e Toma.
- Coraggio, Maestà! Cerca di
rinvenire!
- Manca ancora qualche metro
all’ingresso del giardino che ti ha
donato papà Pericles! Non vorrei che tu finisti addormentata
all’ouverture del
mio spettacolo!
- Guarda come sono pio, Artemis! Senza
scalfire quest’opera d’arte entrerò
nel tuo eden.
Mosse silenziosamente la
mano libera seguendo un disegno invisibile composto da cinque punti
incogniti.
La giovano imprecò biascicando:
- Dannato…c-come…hai…
Il falcò entrò e
fece
capitombolare Artemis su un cespuglio di fiori gialli.
Si guardò attorno fischiando
meravigliato: le colonne corinzie che traboccavano d’edera,
il bacile centrale d’acqua
leggera e frusciante, la cupola di
cristallo con inciso il disegno di una rosa...
- Splendido, davvero splendido
– mormorò l’uomo col sorriso di un
assaggiatore di pietanze – non vi è dubbio che qui
sotto possa celarsi lui.
- Vedi, Altezza – continuava
solenne il Falco – le radici di queste
piante, il profumo dei fiori, colano talmente nelle viscere della terra
che
neppure il sommo Pericles le conosceva fino in fondo. Qui si cela il
dispensatore dell'aurea casta e florida che ha concesso questo
dono…Credi siano
bastati la composizione dell’acqua e la chimica di un uomo a
produrre tale
miracolo?
- Forse penserai
all’intervento della vostra Artemide o forse di
Demetra. Ebbene no. Si tratta di qualcosa di letteralmente
scottante… Scottante
di una luce ancora più elevata dell'Olimpo. Adesso
è giunto il momento che io
tenga fede ad un sacrosanto patto.
- Dei tuoi patti –
sibilò irata Artemis – dei miracoli che tu
farnetichi non m’importa nulla. Questo tesoro l’ha
creato mio padre e basta.
- Non metto in dubbio il talento di
Pericles….Sto soltanto mostrando
una grossa verità che voi incoscienti avete gratuitamente
sfruttato.
- Tutto è stato eseguito
nella legge dell’armonia
creando una possibilità di vita anche qui!
- La tua presunzione di figliola
prediletta soccomberà e lo vedrai
iniziando a versare il tuo contributo.
- Bene, Falco…ecco la mia
ultima offerta – rispose brancolando - crimson
thorn!
Ridendo estasiato, Takashi
spalancò le braccia
e accolse quel
flusso scarlatto di energia in una sfera luminosa e palpitante.
- Ti sarò eternamente grato
Artemis per la tua fascinosa
avventatezza…Per principiare il mio rituale occorreva il
sangue limpido di una
vergine guardiana.
- O linfa incontaminata e profana
– pronunciò Mefistofele –
conficcati nelle acque trasparenti di questo
bacile….ombreggia di cremisi ogni
onda.
Mentre la terra prendeva a
tremare un abbaio sempre più insistente si
avvicinò all’ingresso del cortile
sotterraneo: Eryx , avendo fiutato l’odore aspro delle ferite
della padrona, aveva
percorso, lercio e contuso , tutto il sotterraneo del Tempio della Neve
Dorata.
Scavalcato il portale di
Artemide si precipitò sul corpo della ragazza. Lo
annusò, lo spintonò con il
muso emettendo guaiti e , constatando che non riusciva a
riprendersi,
aprì le
mandibole e la trascinò per un
braccio allontanandola dalle incombenti spaccature del suolo.
“
Ikki…” avvertì rimbalzare nel
cervello il cavaliere della Fenice “
Ikki…è giunto il momento. Invadi con le
tue piume di fiamma i fiumi davanti a te. Incendia il tuo cosmo e fai
evaporare
ogni goccia d’acqua…”
“
Allora, Ikki? Esiti? Evoca la tua costellazione...e il tuo
avvenire ti potrà condurre a scavalcare le gerarchie dei
Cavalieri d’Atena…”
Più per paura atterrante che
per sincera convinzione l’adolescente aprì gli
arti superiori e, simulando, un
potente battito d’ali, urlò
per non
udire la coscienza
che gli ordinava di
disobbedire:
- Hoyoku
Tensho!
Archi vertebrali, clavicole,
falangi, strizzavano e corrodevano la pelle, da cui il sangue delle
contusioni
stagnava sotto la blusa da combattimento e la corazza rovinata.
In quel agglomerato
infernale di ossa appuntite e melma barbugliante era impossibile tenere
gli
occhi aperti e tentare di respirare con le nari e la bocca :
l’ossigeno
penetrava in quella prigione mutando gradualmente in acido nitrico.
Roald , tuttavia, non si
dava per vinto.
Nonostante i condotti
respiratori infiammati , il cuore e i polmoni che quasi si
raggomitolavano nel
petto, cercava a tentoni i due compagni.
Sapeva che non
erano lontani e che avevano i sensi
ottusi. Finché almeno a lui restavano lembi di
lucidità doveva resistere…
Allungava con fatica le
braccia ma si trovava quasi paralizzato con quelle fredde pulsazioni
d’intorpidimento che vessano gli arti addormentati.
“
L’unico modo per liberarci” considerava” è
frazionare
il mio cosmo residuo….Una parte la devo usare per
sprigionare energia e rompere
queste tenaglie e l’altra rimanente per proteggere Toma e
Nikita…Il problema è
che alla fine l’incantesimo si rigenera e io non so come
affrontare il
Negromante! “
Prima che la demoralizzazione
gli ghermisse il cervello , si decise a cominciare a il piano di fuga.
Con l’emicrania che gli
ribolliva nelle orbite e nella fronte, prese a emettere
un’aurea purpurea che
irradiò gli inermi Nikita e Toma.
Scatenando un’esplosione
potente e veloce fece spruzzare
in aria cocci di scheletro e salivate fangose.
Lui e i compagni sbatterono
al suolo sentendo il gelo ruvido della neve picchiargli vitalmente la
faccia.
- Ma è portentosa la tua
forza di volontà – rise Biak compassionevole
– però mi duole affermare che
sia…sciagurata e sprecata.
- La
cosa che mi diletta di voi cavalieri –
continuò – è la caparbietà
di rialzarvi fino al disintegra mento delle vostre
energie…perché non volete accettare che la ruota
della fine vi abbia già
investito e vi stia massacrando tra i suoi raggi. Questa prigione di
ossa e
melma tornerà a masticarvi.
Sembrava proprio un gufo…un
gufo piuttosto strano…
- E’ uno di
loro – ringhiò
Biak uguale ad una fiera con le zampe incastrate in una tagliola
– è uno di
quella stirpe dannata! Perché mai è
qui?
Il rapace dal color argento
e bianco intimò sollevando un tono greve e ventoso:
- Biak, delle laide stelle del
Negromante…vedo che non cessi di
perfezionare i tuoi incantesimi neri. Sei il più abile
giocoliere di vita e di
morte, degno del nome di tua sorella liberata impunemente dal castigo
divino.
- Quelli della tua cristallina razza non
dovrebbero svolazzare negli
infimi mondi!
- Hai ragione. Ma , vedi, obbedisco
all’Armonia Suprema e non ho il
cuore in putrefazione.
Biak, col viso ancora più
candeggiato di collera, fu
costretto a
mettere in salvo la pelle:
- Non credere che mi lascerò
incendiare da te! Vieni, Vesperus!
Porteremo a termine il dovere del nostro sovrano Ade!
Toma, nel frattempo, aprì
gli occhi e alzò il viso dal guanciale ghiacciato del suolo.
Il ciondolo di
Marin ancorato al suo collo giaceva brillante sul bianco. Prima che il
compagno
potesse accorgersene , febbrilmente allungò la mano, lo
arrotolò e se lo
nascose sotto il pettorale della corazza.
Se si fosse scoperto , ciò
che nascondeva quel sacchetto di cuoio arrampicato al pendente, gli
avrebbero
rotto le ossa delle ali ancora immateriali.
- Testa di minchia! –
sbraitava Death – non so
se riesco a teletrasportare te e il tuo
culo in Groenlandia!
- Merda! Sei uno dei pochi cavalieri che
ha poteri telecinetici!
Puoi farcela!
- Io non ho le facoltà di Mu
, genio! Posso dislocare negli inferi
solo la tua anima! Il corpo resta qui! Come faresti a dare il tuo
sangue ad
Artemis?
- Tu non riesci…a cercare un
altro varco…dimensionale?
- Sì. Ho limitazioni
temporali di teletrasportare me stesso, però
sì. Sono in grado di spostarmi nel mondo dei
vivi….comunque il problema restano
gli altri. A meno che…
- Allora? – chiese impaziente
Aphrodite – cosa ti è venuto in mente?
- Ascolta – rispose grave
l’altro – ho trovato una soluzione ma è
veramente rischiosa e dobbiamo agire in soli dieci minuti: per attuare
il
tuo teletrasporto
bisogna che ti
dimezzi.
- Che?! In che senso? Prima
teletrasporti il mio busto e poi posteriore e gambe?!
- No, caro salmone, non si tratta di
sfilettarti! Non ho il potere
di teletrasportare una persona vivente perché il peso della
carne e dell'anima
sono eccessivi. Trasferirò
il tuo
spirito a Calleos sottoforma di fuoco fatuo e successivamente
arriveremo lì io
e il tuo corpo. Passeranno dieci secondi perché le tue parti
si possano
riunire. Mi auguro che riuscirai a salvare Artemis in pochissimo tempo.
E’ un
incantesimo che se si prolunga ci prosciuga i cosmi e quindi...tanti
saluti!
- Ho capito, Death! Prepariamoci in
fretta!
- Aphrodite! Sei pronto per andare un
po’ all’inferno?
- Pronto.
Cancer
concentrò nella mano destra scie blu violacee che si
diffusero energicamente:
- Sekishiki
Meikaiha!
Nel dolore mortifero , la
sacerdotessa era fortunata a non assistere allo scempio che Takashi
faceva del
tesoro creato da Pericles…Le colonne corinzie crollavano
alla maniera di gambe
infantili spezzate dalla furia d’una falciatrice mentre le
fiamme , con mani
impietosamente bacchiche , strappavano le rigogliose edere dalle
architravi
decorative. Lo splendido busto della madre Aspasia era finito a terra ,
sformato,
non dissimile da un’ anfora sbriciolata che attende di
entrare nella bocca di
una fornace. Le
rose blu si
polverizzavano disperdendo nell’aria fumeggi di cenere
sanguinea.
Eryx trascinava via la
padrona con le
zampe e il muso
ustionati, l’allontanava dalle faglie che potevano
inghiottirla, la proteggeva
in qualsiasi modo con i residui d’energia che lo facevano
guaire e leccarle il
viso serrato dalla maschera. L’unico scudo che poteva
utilizzare era il suo
corpo dalla pelliccia bianca lordata di polvere, sangue e neve
appiccicosa.
- Viscere della terra! –
esclamava Mefistofele aumentando l’aurea
tellurica del suo cosmo – schiudete ogni antro, ogni
serratura! Lasciate che il
Figlio del Sommo Re della Luce torni a sentire l’aria superna!
Eryx abbaiò rauco e gioioso,
scrollando la grossa coda umida e sgualcita.
- Buono bello, buono – lo
calmò il cavaliere dei Pesci carezzandolo
– adesso aiuterò la nostra Artemis!
- Ma guarda! – rise Takashi
– la platea di spettatori s’ingrandisce!
Per giunta si tratta di due nobili Cavalieri d’Oro!
- Che le fiamme ti distruggano, bastardo!
- Bel damerino, le fiamme obbediscono a
Takashi di Mefistofele!
- Complimenti , demone cornuto!
– sbeffeggiò lui – sembri proprio un
tipo coi contro attributi! Ma anche noi abbiamo palle
d’acciaio!
- Ti assumerei volentieri se facessi
commedie! Ma ho da concludere
uno spettacolo ben più grandioso!
- Aphrodite!–
esclamò Death
- io vi copro
sperando di non finire
squagliato nel magma! Fai presto!
- Liberati, o Sacro Protettore
– invocò Takashi – tu che fosti
plasmato dal sangue puro del Primo dei Primi , tu che
guerreggiasti sorreggendo il giusto
Sovrano dei Ribelli Celesti, tu che finisti deturpato e relegato
nell’ ignobile
sottosuolo del mondo umano…Manifesta le tue rilucenti
spoglie d’Iperuranio,
sublime Araldo di Lucifero!
Una protuberanza bianca , di
acquosità fredda venne partorita dall’utero
stracciato della terra.
Era un enorme teschio di
rettile dal muso
appuntito e dalla
dentatura affilatissima che pareva incisa e lavorata da un gioielliere.
Le
orbite ovali e risonanti di nero , le sei corna che
s’ergevano simmetriche
uguali a lance di soldati: le più lunghe collocate
posteriormente sul cranio e
le altre quattro che degradavano verso la fronte . Delle venature
ematiche
contrassegnavano i confini delle ossa mascellari, del setto nasale ,
dei
rigonfi archi sopraccigliari redigendo una mappature desertica di
quelle lande
dure e rapprese.
Sgusciarono fuori le
vertebre del collo e del chilometrico dorso trapuntate di spini ed
erosioni,
sbalzarono le possenti costole della cassa toracica, sbarre ricurve
guardiane
di un cuore selvaggio ed estinto. Le
quattro gambe terminavano in zampe compresse e infilzate da grossi
artigli ad
uncino similari a quelli di uno sparviero. Le ali da pterodattilo si
allungavano a dismisura robuste e aguzze verso i fondali scuri.
Roald
e Toma, che trasportavano lo stordito
Nikita, furono costretti a fermarsi sotto i portali delle mura Ovest. I soldati gridavano
allarmati , intimavano di
allontanarsi perché dal Tempio di Artemide si diffondevano
terribili mareggiate
di energia infera.
Tra le abitazione
abbandonate scorrevano grossi pulviscoli grigi e barbagli rosseggianti
e
arancioni che non segnalavano certo l’avvento del sole.
- Che diamine è quello?!
– esclamò stavolta Roald nervoso – dove
si
trova la Maestra Artemis?!
- Nel nostro sottosuolo –
mormorò Toma atterrito – era sepolto quel
mostro?
- N-non può
essere…- balbettò arrochito –
è…il drago di Lucifero!
Più che un sonno greve, il dormiveglia
s’era innalzato e sollevato in
un molesto quanto colloso ritmo. Un fruscio leggero ma velenoso che
gettava
visioni ma che non perdeva contatto col silenzio duro delle mura della
stanza.
Si usciva dai pensieri e si rientrava.
Il disegno cruento delle
zanne di Icelo, le sue oscene imprecazioni, la voce sotterranea di
Morfeo, gli
amici che correvano chissà se per angosciante furore o per
frenetica allegria,
il Maestro Sion che prima parlava in uno studiolo di mattoni e poi in
un campo
scuro dove luccicavano lugubri papaveri…Poi Leira che
navigava con lui e Kiki
verso casa e salutava gli spettri dei suoi genitori…
Il sottofondo di quella
strozzante canzone che aveva udito a Lindo….Panta
rei, panta rei…tutto scivola e non come vorrei….
Leira che gridava aiuto, Icelo
che lo voleva dilaniare con gli artigli, Morfeo che lo rinchiudeva in
un
sepolcro di marmo e papaveri, poi Sion che non lo udiva, poi gli amici
che
apparivano e scomparivano, Kiki che annegava in mare, di nuovo i
genitori…poi
Leira che gli dava un bacio ma che poi arrabbiata se ne
andava…Cercava di
afferrare la sua mano quando alla fine stava afferrando un lembo di
lenzuolo.
Kiki per fortuna
sonnecchiava, proiettato beatamente supino e col viso tondo rivolto
verso la
finestra dalle vetrate che schiarivano.
Con dolcezza
frammista a tristezza il fratello maggiore si ricordò delle
mattine trascorse
nel Jamir in cui all’alba vegliava il suo piccolo
giaciglio…
- Fratellone! – si
lamentò Kiki- questi biscotti fanno schifo!
- Purtroppo è
quello…. che offre la casa…ci dobbiamo
accontentare.
- Sanno di carta bagnata e caccole!
- Kiki, per favore!
- Fratellone…ti ho fatto
arrabbiare?
- No…- sospirò
l’altro più dolcemente – solo
che…non ho dormito bene
e mi sento a pezzi. …
Kiki guardò sul vassoi etto
lo yogurt bianco che doveva ancora aprire e glielo porse:
- Ti do il mio yogurt!
- Grazie, mangia pure tutto. Non ho
tanta fame.
Stravolto il ragazzo lo
prese febbrilmente per la corda e osservò quelle pulsazioni
di matrice solare
che presero a gloglottare quasi fossero risonanze di sauro.
Così com’erano
apparse si spensero disperdendo aureole fumose.
Death Mask, il cane Eryx e
Aphrodite , che portava in braccio l’inerme Artemis, stavano correndo
freneticamente lungo il
corridoio segreto che portava alla botola del Tempio della Neve Dorata.
Le pareti minacciavano di
scontrarsi alla maniera di un vaso sanguigno stritolato mentre le
fiaccole o
s’erano spente o stavano facendo ardere il pavimento di
fiamme verdastre e
acide.
- Porca puttana! –
inveì Death Mask - non
ce la faremo in due minuti a portare zanna
bianca e la regina fuori dal santuario! Stiamo sprecando energie e tu
stai
peggio di me!
- Death! –
tossì – mancheranno venti metri alla botola!
Acceleriamo!
I
sensi erano talmente smagliati da non riuscire ad afferrare il minimo
ragionamento o ipotesi. Il vento, gli ululi, quel freddo stranamente
liscio li
sferzarono senza dolore scaraventandoli in orizzontale quasi volassero
sopra
chissà che lande.
Si
sentiva stupido, confuso e umiliato.
Ikki
stava fuggendo con la testa sollevata a guardare
l’agghiacciante mole del sauro
scheletro… Si aspettava qualcosa di mostruoso ma non che
bisognasse riesumare i
resti di quel drago che da morto emanava un residuo di potenza
incommensurabile. E lui che aveva infiammato le acque del canale ! con
il suo
cosmo! Con parte delle sua anima! E se avesse venduto una percentuale
della sua
essenza sancendo definitivamente una condanna di cui non conosceva la
minima
clausola?
Ora
che tutto gli si spianò violentemente davanti, stava
rimangiando i suoi
propositi di servitù. Doveva farsi venire in mente un piano
alla svelta e
raggiungere suo fratello Shun.
- Ottimo lavoro, Vesperus –
disse Biak – bisogna far imparare ai ragazzi che
disertare deturpa
l’onore…soprattutto quando i sacri gemelli Hypnos
e Thanatos tengono d’occhio i
virgulti promettenti.
- Perché scappare? Vieni ad
ammirare il modo in cui ridimensionerò la gonfiaggine di tuo
padre!
Death Mask si era sollevato
faticosamente da terra mentre Aphrodite era ancora seduto con la
schiena posata
contro un masso.
Avevano i capelli
scomposti, un
lividore un po’ farinoso e
il sangue che ancora sbatteva forte nelle vene e nei muscoli.
- Chi diavolo ci ha teletrasportato qui?
– domandò Cancer – secondo
te Aphro si tratta di un cavaliere?
- No…non ho percepito
qualcosa di umano…sembrava…energia
pura…
- Beh sì…energia
lo era…però…se ci fosse stata una
coscienza? Un
essere dietro tutto?
- Può
darsi….c’è una serie di cose
misteriose…quel Takashi, per
esempio…quello che ha distrutto tutto…
- Mi dispiace …-
sospirò sinceramente contrito Death – scopriremo
chi è quello stronzo, vedrai…
- È mai possibile che i fiori
e le piante…si possano bruciare come
le creature più inutili dell’universo? Pare quasi
che sia un’emerita
stupidaggine seminare….tanto a che servono cose che si
strappano con una
facilità assurda?
- Aphro. Dobbiamo rimetterci in piedi.
Io ne ho viste di robe andate
in fiamme, credimi…non vale la pena farsi domande. Se pensi
ad ogni casa che
viene distrutta allora costruire è uno spreco.
- Il giardino del tempio di
Selene…quello che, purtroppo,
non hai mai visto nel suo aspetto
originario…era il regalo del re
Pericles ad Artemis…Era un rifugio sacro creato da un padre
in tutto e per
tutto. Avevo anche io l’onore di entrare e di sentire
quell’acqua che irrigava
ogni rosa e che adesso è
stata
prosciugata dalle voragini.
- Bisogna che facciamo rapporto al
Grande Tempio di Atene. Se
vogliamo almeno vedere da lontano qualcosa di buono , prepariamoci .
non c’è
nulla da lasciare in sospeso! Specialmente quel dinosauro alato di
Satana!
- Sì…tra qualche
ora sgomberiamo da qui e cerchiamo la prima nave
diretta ad Atene…spero con tutto il cuore che Artemis
resista.
- Emergi dagli abissi
dell’invisibilità , o Cratere Leteo -
spiccò
– riplasmati dal tornio arcano e giungi a ricomporre le
Reliquie dell'Araldo
di Lucifero.
Le ossa del drago si disgregarono
ordinatamente e si rimpicciolirono in tante lamine brillanti che
defluivano
all’interno della bocca del vaso.
Ormai nulla poteva
interrompere quella sinfonia ma , proprio alla fine,
Mefistofele vide il
cranio del demone roteare e volare nella
direzione opposta verso uno squarcio nel cielo viola e rosso che lo
ingerì chiudendosi.
- Cosa significa, putrido stregone?!
– urlò – da quando voi , sterco
dello Stige, mettete
le zampe su ciò che
appartiene ai Cavalieri Neri?
- Esimio Mefistofele – rispose
derisorio il Negromante – credevi che
io e il mio fido compagno fossimo venuti qui soltanto per annusare la
scia miasmatica
delle tue orme ? Una percentuale dei tuoi guadagni deve essere offerta
al
nostro Signore Ade…Come dite voi , pirati da strapazzo, si
rema sullo stesso vascello
, no ? sono questi i patti. Io mi occupo di ricavare garanzie concrete.
- Le garanzie te le ficco sai dove?
- Ora capisco perché il tuo
povero figliolo voleva tagliare la
corda…
L’inesplicabile gufo bianco
e argento tornò a mulinare rapido e a scompigliare i fiocchi
di neve
cominciando a controllare la rotta della bufera.
- Uno di quei spiritelli è
qui ?! – tuonò Takashi sbigottito
dall’aurea immensa che emanava il volatile – che
diamine! Com’è che è arrivato?
- È comparso anche prima!
– soggiunse lo Specter – ormai la missione
è fatta ! torniamo alle basi e allontaniamoci immediatamente
da Calleos!
- Ricorda ragazzo! – lo spinse
via – le piume della fenice hanno siglato
un giuramento celeste!
Artemis sostenuta da Toma e
affiancata dal fedele Eryx contemplava la desolante visione della
città di
Calleos ricolma di
ferite.
-Q…Quanti
sono….i soldati
morti ? – chiese ammaccata.
- Non abbiamo ancora fatto
il resoconto , Maestra – rispose Roald che aiutava Nikita a
stare in piedi –
credo comunque che siano state minori in rapporto a quelle dei
cavalieri Neri.
- Voi, invece? State bene
ragazzi? Nikita?
- Mi…mi hanno salvato Roald
e Toma – abbozzò un sorriso il giovane .
- a dire il vero –
precisò
il danese – è venuto anche in aiuto…uno
strano gufo…
-Un gufo?
- Sì…io non
credo davvero si
tratti di un comune cavaliere…Pare che emani
un’energia dannosa per quel
Takashi di Mefistofele e il Negromante.
- Penso, Maestra – aggiunse
Nikita – che sia la stessa energia che, non so come, vi abbia
portata in salvo
con Eryx dal Tempio di Selene quando è comparso
quell’enorme scheletro di drago
dal sottosuolo.
- Già- si
ricordò ansiosa la
sacerdotessa – Takashi voleva evocare una
creatura…una creatura che , secondo
lui, aveva donato la fertilità a Calleos.
- Maestra –
rivelò Nikita
teso – sono le spoglie del leggendario drago di Lucifero.
Artemis
proiettò il viso verso il Santuario e
sentì
una trave , lanciata a tutta forza, massacrarle il petto e le viscere.
Ogni fine colonna che da
bambina credeva fosse fatta di polvere lattea, il bellissimo tetto in
tegole
rosate e il giardino sotterraneo creato da suo padre…quello
scrigno intimo
fatto di suoni lievissimi e dello scrosciare eterno
dell’acqua…tutto a
brandelli, diradato, ammucchiato alla neve grigia crivellato dai
fiocchi di
ghiaccio…Un groviglio irriconoscibile di fratture esposte e
organi
polverizzati.
Guardò allibita la cicatrice
rossa sul palmo…e capì di che si
trattava…anche se aveva il naso coperto
avvertiva il profumo fresco, pungente, agrodolce delle rose di
Aphrodite.
Nel dolore si aprirono lembi
di una gioia dolente e incredula.
“
Aphrodite…” pensò” Ti sei fatto
trasportare fin qui? Dimmi…mi hai sentito? Sei in grado di
sentire persino una
fiammella che si spegne a chilometri di distanza? Ecco…il
prezzo del nostro
sangue…della tua linfa che è in ogni mia cellula
e che non potrà vedere più il
giardino di Pericles…Avrei voluto tanto vederti donare
all’infinito il tuo
profumo alle mie rose blu…”
- Non
temere, regina di Calleos. La fondamenta delle città non
sono ancora crollate.
Artemis strinse con dolorosa commozione
le sopracciglia sentendo la pelle che emetteva attrito contro la parete
della maschera.
- Sei…sei
tu? – domandò timorosamente dolce.
Toma provava una sorta di mesto conforto
nello sfiorare a distanza la sua regina che finalmente assumeva le
sembianze di
un suo riflesso naufrago…
- Padre –
riprese lei – sei tornato?
- Mi
rincresce , Artemis,
ma non sono padre
di nessuno.
Artemis fu costretta ad accettare che
non aveva davanti a sé Pericles…Era un uomo con
la stessa altezza, la stessa
forte e gentile corporatura ma dall’aurea e dal vestito
completamente diversi e
singolari.
I cavalieri lo esaminavano incuriositi:
non si trattava certo di un guerriero e neppure di un mago o di un
sacerdote
qualsiasi. Il suo cosmo trasmetteva una luce sottilissima , perforante
e
imprendibile, identica ad un ultrasuono che si spostava rapidissimo
nelle
profondità dello spazio.
Il suo aspetto somigliava moltissimo ad
un gufo: un voluminoso e pesante mantello era
niellato di piume metalliche e
straordinariamente leggere che sfumavano dal grigio piombo, al perlaceo
al
bianco. Una tunica color argento si fletteva in tante pieghe
all’estremità
disegnando rigagnoli d’ombre bluastre. Una cintura nera e
ieratica stringeva la
vita poderosa e solida e due stivali scuri avvolgevano piedi grandi ma
ben
proporzionati.
Il viso pallido incuteva una strana
trepidazione: il
desiderio di guardarlo
a lungo e distogliere presto gli
occhi.
Possedeva una bella forma leggermente lunare incorniciata da una corta
barbetta
mascellare che terminava a punta sul mento. Il naso era rigido e
indagatore
mentre gli occhi si stappavano accecanti. Avevano la cornea di un
giallo
intenso e le iridi nerissime.
Due sopracciglia
cespugliose si spostavano all’insù dando
un’espressione di limpidezza
inquisitoria. Una chioma di capelli brizzolati e crespi faceva
schiumare due
ciuffi che si sollevavano paralleli e ruvidi ai lati della testa.
- Abitanti
di Calleos – pronunciò – mi chiamo
Helèno e son disceso dal cielo estremo dell'Iperuranio
poiché appartengo alle schiere degli Alchimisti di Eutopos.
Solo un silenzio schiacciato dagli
ululati della neve batté il ritmo.
I guerrieri di Selene a malapena
scossero le ciglia.
I secondi parvero boccheggiare
totalmente sordi.
Artemis , prendendo alla fine coraggio, appellò:
- O sommo
Alchimista…potresti rivelarci l’enigma che avvolge
le spoglie del drago di
Lucifero? Quali siano le origini di Takashi di Mefistofele e di Biak
del
Negromante?
- Taluni
umani hanno osato impossessarsi di facoltà contro natura e
contro
l’immaginario… La vostra terra è
intrappolata da nubi d'inestricabile tempesta .
Nubi che si son dissolte, nubi che ora vagano , nubi che invaderanno il
blu.
Note inerenti ai capitoli precedenti:
" ci siamo sputati ingiurie, bestemmie "* : Death Mask e Aphrodite hanno pesantemente litigato nel Cap 19.
Note
personali ( attenzione
x chi non avesse letto il cap : spoiler più in basso
) :
ho portato a conclusione il capitolo 20
in ritardo ma non in modo biblico come avvenuto, purtroppo,
quest’anno ^^”
Dunque mancano sei capitoli alla
conclusione de L’Occhio dell'Ariete! XD che praticamente
è il primo libro di De
servis astrurum che sarà trilogia… Questo
l’avevo stabilito da tempo come il
disegno generale di tutta la saga , compresi i colpi di scena e gli
intrighi
più importanti.
In tutti questi episodi ho seminato i
germogli di quello che avverrà nel secondo
libro…Avete visto le vicende dei
nostri cavalieri d’oro e avete tastato quelle
dei Cervi Bianchi…Sono entrati in scena
Ikki, Takashi, Biak
del Negromante, il
misterioso Vesperus e….il Terzo Alchimista di EuTopos ( Tamira è
comparso nel cap 13 e Evelyn nel 15
)…
Il drago di Lucifero è e sarà un
elemento importantissimo, diciamo anche una chiave per gli sviluppi
dell’avventura! ;)) mi auguro che stiate apprezzando queste
imprese, questi
combattimenti esteriori e interiori ( mi auguro pure che Death e Aphro
abbiano
fatto una figura più “ nobile” rispetto
ai capitoli precedenti) !
Un abbraccio grande
e Grazie come sempre!
Alla prossima!^^