Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Tada Nobukatsu    18/11/2016    0 recensioni
Eccoti qua! Sai, mi aspettavo una tua visita. Ho visto come lo guardi, ho letto la curiosità e il disagio nei tuoi occhi. Hai bisogno di una guida, non è così? Un guida per poter leggere i pensieri del capitano Levi, perché vedere costantemente quel suo sguardo freddo, come se disprezzasse ogni cosa, ti turba. È normale, lui è fatto così. Ma, vedi, Levi in realtà è più semplice di quello che sembra e, che tu ci creda o no, nemmeno lui è immune ai sentimenti profondi di affetto. Posso assicurartelo, io c'ero, l'ho visto con i miei occhi.
Per il momento però tutto ciò che ti serve sapere è che ci sono tante cose che Levi può disprezzare, ma tra queste quelle assolutamente da evitare sono tre: lo sporco, il colore rosso e le Calendule.
Sii tenace, non demordere e avrai la meglio, perché, vedi, alla fine Levi ha il cuore tenero.
Adesso però siediti e lascia che ti racconti una storia...
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Rosso sangue



Levi percorse il cortile esterno del centro di addestramento, diretto verso l'ufficio di Erwin, seguito da un paio dei suoi sottoposti. Era stato convocato per discutere della prossima spedizione e dato che nell'ultimo periodo Erwin si era preso bizzarramente la briga di presidiare alcuni degli addestramenti delle reclute, Levi si era trovato costretto a raggiungerlo lì.

Fu allora che la vide per la prima volta, con la coda dell'occhio, e certo non gli avrebbe dato molta importanza se non fosse stato per quei suoi accecanti capelli rossi: come fiamme le avvolgevano il viso, ricadendo appena sotto il mento e premurandosi di nascondere uno dei suoi occhi azzurri con una ciocca. Era sola. Da dentro il casolare alle sue spalle sopraggiungevano le urla dei compagni, intenti a cenare e far comizi, discutendo della faticosa giornata appena superata. Ma lei era sola, appoggiata alla ringhiera in legno con il naso rivolto al cielo stellato. Sorrideva come una bambina, una bambina piena di gioia pensò Levi visto che potè distintamente sentirla canticchiare, nell'istante in cui le passò a fianco. Chissà che aveva da essere tanto allegra. Dondolava la testa delicatamente e intonava un motivetto a fior di labbra. Aveva la voce morbida, anche se particolarmente acuta.

Levi la superò senza concederle ulteriori attenzioni, anche se quei capelli rossi non se li sarebbe più tolti dalla testa per il resto della serata. Riportava alla mente il sangue che troppe volte aveva visto versare intorno a lui, quello stesso sangue che puntualmente lasciava qualche orribile macchia nascosta sui suoi vestiti o sulle sue armi e che poi ripulire era una vera rogna. Era un colore che non gli piaceva per niente. Esistevano davvero persone che lo portavano addosso con tanta disinvoltura e giovialità? La cosa lo irritava.

«Sei in ritardo» lo accolse Erwin, aprendo la porta del suo casolare e permettendogli di entrare.

«Non dire stupidaggini» lo rimbeccò Levi, entrando.

«Sei nervoso» notò Erwin, accorgendosi di come il tono di Levi fosse risultato più aspro del solito.

«Le reclute mi irritano» spiegò Levi, mettendosi a sedere con pesantezza sulla sedia davanti alla scrivania.

«Le hai conosciute?» chiese Erwin,raggiungendolo.

«Non proprio» ma quei capelli color sangue bastavano a fargli venire il mal di stomaco dal nervoso.

«Andrò subito al sodo, allora, visto il tuo umore. Eccoti tutti i dettagli...» annunciò porgendo al capitano un fascicolo e cominciando a spiegare la strategia della prossima spedizione.


Era da poco mattina, quando le reclute si riunirono nel cortile esterno per un allenamento libero. Le regole prevedevano il corpo a corpo, semplice combattimento umano contro umano, niente di particolarmente stancante se entrambe le parti si accordavano nell’impegnarsi il meno possibile. I ragazzi si raggrupparono a due a due nei vari angoli del cortile, provando tecniche di combattimento di vario genere, mentre uno degli ufficiali passeggiava tra loro correggendo solo qualche postura e valutandone le capacità. Poi si scambiavano, sceglievano liberamente il prossimo compagno, ogni tanto azzardavano addirittura a riposarsi, anche se non troppo a lungo per evitare le sgridate e le punizione, e dopo ricominciavano. Il resto degli ufficiali era intento a discutere di faccende private, in un angolo, buttando solo un occhio ogni tanto sul gruppo di reclute per assicurarsi che ci fosse ordine e disciplina.

Erwin era tra loro e scorreva gli occhi sulla lista dei cadetti, leggendone i nomi, mentre i suoi colleghi si preoccupavano di politica e finanziamenti. Non era quello di cui si impensieriva maggiormente lui in quel momento, per questo destinava loro la minima attenzione.

«Quanti di loro hanno espresso il desiderio di unirsi all’Armata Ricognitiva?» la voce di Levi alle sue spalle diede consistenza alle sue preoccupazioni.

«Sempre troppo pochi. Badano bene a voler salva la vita» disse Erwin.

«Non copriremo le perdite, non è così?»

«Se continuiamo di questo passo l’Armata Ricognitiva andrà scomparendo. Senza considerare che anche il popolo non prova fiducia in noi e i piani alti sono sempre più riluttanti a concederci finanziamenti per le spedizioni.»

"Che branco di idioti" avrebbe voluto dire Levi, ma si tenne per sé quell'insulto, sapendo che tanto non ce ne sarebbe stato bisogno: Erwin sapeva sempre cosa pensava.

Si guardò intorno, apparentemente disinteressato e annoiato, quando Erwin gli porse la domanda che avrebbe voluto fargli anche prima: «Come mai qui?»

«Volevo dare un'occhiata» si limitò a rispondere Levi. «Chissà quali di questi volti rivedrò la settimana prossima tra le file della nostra armata.»

«Non sei mai stato uno a cui interessava.»

«Allora non mi conosci abbastanza.»

Non era vero, Erwin lo conosceva eccome e Levi sapeva che aveva ragione.

Ancora una volta gli occhi caddero con una certa prepotenza su quel colore rosso così accecante. Più lo guardava, più gli ricordava il sangue versato nei campi là fuori e la cosa lo mandava in bestia.

«Da quanto tempo è in pausa?» chiese con una certa irritazione, notando come lei fosse l'unica tra i suoi compagni a starsene seduta a terra. La testa sollevata al cielo, gli occhi chiusi, come addormentata, e ancora quello stupido sorriso sulle labbra. Gli dava decisamente sui nervi.

Erwin guardò la ragazza e tirò un leggero sospiro, senza rispondere, come se non ne avesse bisogno. A parlare al suo posto fu l’istruttore Keith, una volta Comandante, un uomo scorbutico, irascibile e sicuramente poco propenso al perdono. Si avvicinò alla ragazza ringhiando come un cane e alzò la gamba, pronto a sferrarle un calcio. La mano della ragazza scattò come meccanica, afferrando la punta dello stivale dell’istruttore, bloccandolo. Solo allora lei aprì gli occhi e guardò curiosa ciò che aveva afferrato, come se neanche avesse avuto coscienza di ciò che era successo. Quando notò lo stivale sobbalzò, spaventata.

«Che fai qui a terra?» le urlò contro Keith, ignorando il fatto che il suo piede fosse ancora ben saldo tra le dita della ragazza.

«Niente!» balbettò lei, sconvolta dal fatto che l’istruttore avesse voluto colpirla.

«E i tuoi compagni che fanno invece?» urlò nuovamente Keith.

La ragazza si guardò attorno, come se fosse appena arrivata, poi sorridente rispose: «Si stanno allenando!»

Si rizzò sulla schiena, orgogliosa di aver dato una risposta corretta, ma la cosa parve non compiacere Keith come aveva forse sperato.

«E perché tu non lo stai facendo?» urlò Keith sempre più forte, facendola spaventare ancora di più.

«Non lo so, lo chieda a loro!» piagnucolò lei.

«L'hanno di nuovo messa da parte» osservò Erwin. «Nessuno vuole avere a che fare con lei.»

Quei capelli rossi come il sangue erano per Levi un motivo più che sufficiente, ma comunque chiese con una certa curiosità: «Per quale motivo?»

Erwin si limitò a sospirare e alzare le spalle, in un gesto di chi sa ma preferisce lasciar perdere.

«Luciel!» chiamò Kieth, facendo sobbalzare un ragazzo alto circa un metro e ottanta, dai capelli biondi legati dietro la nuca. Era un bel colosso, certamente non all'altezza della ragazza che pareva un vero e proprio scricciolino.

«Battiti con Mari» ordinò.

Luciel fece una smorfia di disappunto, guardando dall'alto al basso la ragazza ancora seduta ai suoi piedi, pochi metri più distanti. Mari in risposta gli sorrise luminosa, ma ricevette in cambio un altro sbuffo irritato. Quel Luciel non sembrava proprio d'accordo con la scelta dell’istruttore, che con un ultimo strattone finalmente liberò il piede e si allontanò di qualche passo. «Avanti, fatemi vedere di cosa siete capaci.»

«Ma lei lo sa già di cos...» cominciò Mari, ma fu prontamente interrotta da un furibondo: «Esegui gli ordini senza obiettare» che la fece urlare come una ragazzetta spaventata dal buio.

«Sembra così infantile, come può essere arrivata fino a questo punto?» in molti abbandonano gli addestramenti ben prima, pensò Levi. Come poteva lei, piccola e minuta, con quell'atteggiamento così stupido, essere arrivata fino a quel punto con quel sorrisetto gioioso e soddisfatto?

«Non sottovalutarla» l'ammonì Erwin.

«Non ho intenzione di farlo» disse Levi, prima di fare qualche passo verso la coppia che si preparava a combattere. «Ehy tu!» chiamò, facendo voltare la ragazza che si indicò con aria interrogativa, chiedendosi se parlasse a lei.

«Sì, parlo a te, come hai detto che ti chiami?»

«Mari» balbettò, ora improvvisamente agitata. Forse incredula che si trovasse di fronte proprio il famigerato capitano Levi.

Levi esitò un attimo prima di chiedere: «Solo Mari? Non hai un cognome?»

«Nessuna famiglia, nessun cognome, Signore!» Sembrò risvegliarsi e scattò sull’attenti, con il saluto militare. «Qui mi chiamano in molti modi diversi, a dire il vero, ma per il momento Mari è quello che preferisco.»

"Nessuna famiglia? È orfana" constatò Levi, prima di proseguire con la domanda che più gli premeva: «Hai deciso a quale corpo militare ti unirai, finito l'addestramento?»

A quella domanda, gli occhi della ragazza andarono spalancandosi e lentamente si mossero per posarsi sullo stemma cucito sulla giacca del capitano. Le ali della libertà. Lo stemma dell’Armata Ricognitiva.

Uno strano sorriso le incurvò il viso mentre mormorava: «Io metterò le ali.»

Non fu difficile per Levi capire ciò che intendeva dire, quella frase non poteva che significare una sola cosa. Eppure il modo in cui aveva pronunciato quella risposta lasciava aperte nella mente del capitano mille porte.

"Verrà con noi in esterno. Potrei trovarmela a fianco durante un combattimento o una cavalcata. Quei rossi capelli color sangue potrebbero stare al mio fianco più a lungo del previsto" e la cosa lo metteva poco a suo agio.

Si tolse la giacca e la porse a Erwin al suo fianco. Poi cominciò a tirarsi su le maniche.

«Levi, cosa vuo...» iniziò a chiedere Keith, ma Levi lo zittì, ordinando a Mari: «Battiti con me.»

«Eh?» stridette lei in risposta, arrossendo in viso. «Dice sul serio?» balbettò.

«Sì, se dovrai cavalcare al mio fianco voglio testare personalmente le tue capacità.»

«È molto premuroso da parte sua, capitano, ma tanto vale a questo punto che mi mettiate direttamente tra le fauci di un gigante!»

«Hai paura?» chiese Levi inarcando un sopracciglio. Dov'era finita la sicurezza e la tranquillità che aveva avuto fino a quel momento?

«Certo che ne ho! Sono solo una recluta, cosa crede possa fare contro uno dei migliori capitano dell’armata?»

"È falsa modestia? O fa sul serio?" quella ragazza continuava a metterlo di fronte a mille domande e nessuna risposta. Chi diamine era?

Levi terminò la preparazione e si posizionò davanti a lei, al posto di quel Luciel che non parve essere rammaricato dall'idea di rinunciare all'incontro.

«Ne è sicuro allora?» chiese ancora lei, poco convinta e intimorita.

«Se porterai con te questa esitazione, quando andrai lì fuori, sarai la prima a morire, lo sai?»

Mari restò pensierosa qualche istante, portando lo sguardo direttamente agli occhi di Levi, centrando le sue pupille senza nessun tipo di esitazione o timore. La cosa lo turbò appena, notando come improvvisamente lo squilibrio delle cariche e delle forze non sembrasse pesarle più.

«Un animale, se minacciato, non attacca subito» disse lei, con un tono improvvisamente differente da quello avuto fino a poco prima. Sembrava che qualcosa si fosse risvegliato in lei, qualcosa di meno stupido e più pericoloso. «Ma prova prima a risparmiare le forze, lanciando avvertimenti. Lo sapeva? Non crede che sia da prendere d’esempio? Basta solo accantonare l'orgoglio, ammettere "ho paura" e si eviterebbero centinaia di spargimenti di sangue inutili.»

"Ma di che parla?" si chiese lui.

«Ma qualora le minacce non funzionassero a evitare lo scontro, allora si è inevitabilmente chiamati alle armi. Non ci si può tiare indietro. La priorità diventa la sopravvivenza. Che cosa affascinante, non crede?» sorrise infine, continuando a fissare gli occhi del capitano. Quella sfacciataggine, ammetteva, lo faceva sentire poco a suo agio, ma non abbassò lo sguardo neanche per un istante.

«Sei una gran chiacchierona» constatò lui.

«Siamo dotati di una tale capacità come il linguaggio, non vedo perché non sfruttarlo» sorrise ancora, senza però battere ciglio. Era come se avesse le pupille incollate a quelle dell'avversario, non abbassava lo sguardo e non mostrava segno di cedimento neanche per un istante.

Levi percepì lo stesso fastidio che avrebbe potuto provare se avesse fissato il sole troppo a lungo, e senza rendersene conto si ritrovò a socchiudere appena gli occhi, come per proteggersi.

«Vuoi andare avanti per molto? O mi fai vedere di cosa sei capace?»

«Lo sto già facendo» mormorò lei candidamente e una strana sensazione chiuse per un attimo la gola di Levi. Era... inquietante.

Non avrebbe aspettato oltre, cominciava a stufarsi, perciò passò all'attacco per primo allungando il pugno nella sua direzione. Mari non si mosse fino all'ultimo, continuando a cercare gli occhi del capitano e fissandolo. Poi schivò il colpo con destrezza, muovendosi il minimo indispensabile. Levi non sprecò tempo e continuò a colpire, pugno dopo pugno, calcio dopo calcio. Mari si dimostrò rapida e agile nello schivare, ma la cosa che continuò a metterlo in difficoltà furono quegli occhi azzurri puntati ai propri, nonostante i movimenti. Non guardava le mani, non guardava i piedi, solo gli occhi e riusciva comunque a schivare per tempo. Tentò con un altro calcio e lei saltò incredibilmente in alto, schivando ancora.

"È straordinariamente agile" pensò Levi mentre tentava altri colpi, sempre più potenti e sempre più aggressivi e più mirati. Ma Mari riusciva in ogni caso a schivarli, indietreggiando o saltando. Ma non attaccava. Continuava a fissarlo, ma non attaccava.

"Quanto mi da sui nervi!" pensò Levi digrignando i denti e provando come gesto disperato a lanciarsi contro di lei, tentando di afferrarla in una presa e impedirle di divincolarsi ancora.

"Adesso!" pensò Mari e in un istante si piegò, salvandosi dalla presa, e si spinse contro lo stomaco del capitano. Levi fece appena in tempo ad abbassare lo sguardo, vedendosela catapultare contro, e ancora una volta incrociò i suoi azzurri occhi ben impiantati nei propri. Ebbe un istante di esitazione e Mari ne approfittò per scaraventarlo a terra, atterrandogli sopra. La ragazza sollevò velocemente la testa, guardando sorpresa il capitano sotto di sé, scuotendo i capelli come un animale appena uscito dall'acqua. Poi lanciò un urletto allegro, esclamando: «Incredibile, ce l'ho fatta!»

Levi l'osservò da quella sua posizione sottomessa, incredulo. Si era lasciato fregare: lei non aveva fatto altro che provocarlo per tutto il tempo e lui si era lasciato andare all’impulso, perdendo la concentrazione per un breve istante. Istante che Mari aveva straordinariamente colto e aveva volto a suo vantaggio. Era irritante, era decisamente irritante. Interruppe i suoi festeggiamenti con un colpo di fianchi, ribaltando velocemente la situazione, sbattendola al suolo e posizionandosi sopra di lei. Le piantò un braccio contro la gola, per immobilizzarla, e sollevò il pugno chiuso sopra il suo viso. Mari tenne gli occhi momentaneamente chiusi, lamentando dolore alla testa, che aveva battuto a terra nel ribaltamento. Non appena li riaprì vide il pugno di Levi cadere rapidamente verso il suo naso, ma fermarsi appena in tempo per non colpirla realmente. «Mai cantare vittoria troppo presto» le mormorò a pochi centimetri dal viso, col tono di chi l'avrebbe volentieri uccisa. Solo allora tornò a fissare i suoi occhi, chiedendosi se avesse finalmente abbandonato quella sfacciataggine. Ciò che vi trovò invece lo fece rabbrividire: l'occhio sinistro di Mari, l'unico visibile dato che i capelli coprivano il destro, fissava il pugno ancora fermo a pochi millimetri dal suo viso. Immobile, sembrava avesse addirittura smesso di respirare. La pupilla ristretta in maniera quasi innaturale si spostò lentamente dal pugno al viso di Levi e lui per un istante ebbe la sensazione di cadere nel vuoto. Che razza di sguardo era quello? Metteva i brividi.

Si sollevò, con una velata impellenza, e si affrettò ad allontanarsi da lei, cercando comunque di non dare troppo nell'occhio e di risultare normale.

«E non distrarti» aggiunse, prima di voltarsi e tornare da Erwin per riprendersi la giacca.

«Che ne pensi, allora?» approfittò il comandante del suo momento di rivestizione, per chiedere.

«È ancora un pulcino» comunicò Levi, e lo pensava davvero. Era bastato poco per farla piagnucolare di dolore e paura, era bastato poco per ribaltare le situazione, non aveva mostrato la minima traccia di tecniche di combattimento né di esperienza. Era debole, non sarebbe riuscita a buttarlo a terra se lui non fosse stato sbilanciato e avesse vissuto quel momento di confusione, e scioccamente non aveva nemmeno cercato di concludere il combattimento. Non aveva avuto modo di verificare la potenza dei suoi colpi, ma per quello che aveva visto era sicuro che non fossero tanto precisi né potenti. Era decisamente un pulcino. Sollevò una mano, osservandola quasi con irritazione: "Ma allora perché sto tremando in questo modo?"



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NDA.

Hello to Everybody! Probabilmente non mi conoscete (e come potreste?) ma magari chi frequenta anche il fandom di Haikyuu ha già avuto modo incrociare le strade con me. In caso contrario (com’è probabile) mi presento:

Nome in codice: Tada Nobukatsu-kun (sì, sono una ragazza ma uso il kun u.u per capirlo dovreste conoscere l’origine di questo nome, ma certo questo non è il posto migliore per raccontarlo [ma tanto vi basta andare nelle mie Bio per capirlo]).

Origine: Villaggio degli elfi di Babbo Natale.

Impiego: Distruggere i regali di Natale e incolpare Rudolph!

Età: indefinita.

Stupidità: smisurata!

Tornando seri (AOT è un Fandom serio! Cerchiamo di mischiarci alla folla e non farci notare, Rudolph!)... scrivere questa fic mi ha dato non pochi problemi. Per la difficoltà? Per il messaggio subliminale? Per l’analfabetismo acuto che ogni tanto mi distrugge dentro? No… per i nomi, cazzo! Possibile che non si riescano ad accordare e dire “tizio si chiama così e caio cosà”? No, da una parte ci sta scritto Erwin, dall’altra Elvin, da una parte lo chiamano corpo di ricerca, dall’altra Armata Ricognitiva (nelle scans è addirittura scritto Legione Esplorativa), da una parte si chiamano Giganti, dall’altra Titani. Quindi, tutto questo per dirvi che se trovate scritte cose differenti (può essermi sfuggito un corpo di ricerca tra le armate ricognitive) non datemi per pazza, ho solo avuto difficoltà a scegliere a quale versione adattarmi.

Poi, ancora, per il momento di AOT ho visto solo l’anime, il manga ho cominciato a leggerlo da poco e per quanto conosca alcuni risvolti futuri (non sono mica andata a spoilerarmi il mondo su wikia, nono) e abbia visto gli OVA, ci sta che ci siano imprecisioni dovuti al fatto che con la fonte ufficiale cartacea sono un po’ indietro. Perciò fffffforry, don’t kill me please.

Ancora… (sono una gran chiacchiera, proprio come Mari, lo so u.u ma essendo la prima NDA devo specificare qualcosa. I prossimi NDA saranno più leggeri, promesso) in che periodo è ambientato il tutto? Come scoprirete più avanti, appena prima della storia originale, un anno dopo la caduta del Wall Maria. In realtà avrei voluto ambientarla ancora prima, ma dato che il nostro Levi è entrato in Armata appena nel 844, non ho potuto fare grandi miracoli e mi sono dovuta adattare (lasciandomi la licenza poetica -non so quando quando realmente sia successo- di affermare che sia diventato capitano non troppo tempo dopo). Essendo dunque appena prima dell’originale, potrete ritrovare alcune delle nostre vecchie conoscenze (come avete già potuto vedere con l’istruttore Keith e, ovviamente, Erwin), mischiati a tanti OC dai nomi pescati dal cilindro (ad cazzum, come dico sempre *Luciel cof cof*).

CREDO di non dover aggiungere altro… (era pure l’ora!!!).
Vi saluto e vi lascio appuntamento alla prossima settimana! Se volete lasciarmi un commentino i’m happy shalalalalala… altrimenti grazie lo stesso per aver almeno letto fin qui xD

Per concludere… vi lascio un’immagine creata con un bellissimo sito (Rinmaru Games, per chi fosse interessato) in cui ho dato un viso reale a Miss Mari senza-cognome.

Click sul link qua sotto se volete vedere la ragazza dai capelli color sangue (venghino signori venghinoooo ahahah) (Che in realtà nell’immagine è un normalissimo rosso, ma nella mia testa è veramente un rosso sangue).

*cof cof nell’immagine è presente un piccolo spoiler, ma tanto se non sapete cos’è non potete riconoscerlo cof cof*


Mari! -> https://postimg.org/image/hb8lpj2cv/ <- Mari!


BYYYYYEEEEE


Tada Nobukatsu-kun



   
 
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