Capitolo
1: Una
Scatola Di Cartone pt. 1
Porto
Alghepoli,
Hoenn
19
giugno, un
anno dopo
Due
giorni al
Campionato Internazionale
Sapphire
stringeva
tra le dita il ciondolo che le aveva regalato Ruby. Non sapeva quale
strana forza l’aveva spinta a portarlo con sé, soprattutto dal momento
che lei
non portava gioielli come principio assoluto. Tuttavia si trovava lì,
con una
mano sul trolley che conteneva tutti i suoi bagagli e l’altra stretta
sul
cristallo blu che aveva appeso al collo.
La
ragazza
era tutta immersa nei suoi pensieri, quando vide in lontananza la
sagoma di una persona che conosceva bene. Le andò incontro.
‒
Perché devo essere sempre io quella che aspetta?! ‒ domandò furente ad
un
assonnatissimo Emerald.
Il
ragazzo
eluse la sua frustrazione con indifferenza: ‒ Sbrighiamoci, o
partiranno senza di noi… ‒ e la oltrepassò lasciandola con un palmo di
naso.
I
due salirono sulla M/N Providence, gigantesca nave, ultimo progetto del
Capitano Remo. Quella era l’imbarcazione che li avrebbe condotti a
Holon. I due
Dexholder entrarono nelle loro cabine, o meglio, Sapphire entrò nella
propria
ed Emerald la seguì.
‒
Quanto lusso, sul ponte prima ho visto una tizia con un Furfrou dalla
pelliccia
più curata dei tuoi capelli ‒ la prese in giro il biondo.
‒
Non mi inquieta tanto quello ‒ fece lei guardando fuori dall’oblò verso
l’infinita distesa azzurra del mare. ‒ quanto i giornalisti che si
aggirano per
tutta la nave, lo sai come funziona a Holon, sì?
‒
Finché non mi infastidiscono mentre combatto, possono farmi tutte le
domande
che vogliono, per quanto mi riguarda… ‒ mormorò Emerald.
‒
Il primo che prova a puntarmi una telecamera contro invece torna a casa
dentro
un salvagente ‒ sibilò la dolcissima Sapphire.
‒
Non dovresti preoccuparti così tanto ‒ suggerì lui.
‒
Sì, invece. Non sopporto la televisione ‒ dichiarò categorica.
I
due cominciarono a scomporre le valige. Emerald tornò nella sua stanza.
Si
incontrarono poco dopo sul ponte, seduti al bancone del bar. Sapphire
aveva in
mano una granita celeste di un qualche gusto esotico e indefinibile,
Emerald
stava ancora aspettando il suo frappè al mango.
‒
Hai mica sentito Green, Gold e gli altri? ‒ domandò la ragazza.
‒
Green poco, Gold fin troppo… ‒ commentò ironico lui.
‒
Scemo. Intendo per sapere dove incontrarci e roba del genere ‒ chiarì
Sapphire.
‒
Dai, arriveremo domani a notte tarda, abbiamo tempo per preoccuparci di
certe
cose ‒ rispose Emerald. ‒ Certo, un viaggio su una nave del genere
dovrebbe
durare un mese o giù di lì, hai visto che ci sono tre piscine diverse
una delle
quali con l’idromassaggio? Grazie ‒ la barista gli aveva servito il
frappè.
‒
No, ero più interessata ai Campi Lotta in realtà ‒ rispose calma lei.
‒
Se fai sempre le stesse cose finirai per consumarti ‒ le puntò la
cannuccia
contro.
Sapphire
non
rispose. Emerald sospirò. Aveva intuito che qualche contorto pensiero si
attorcigliava su se stesso nel complesso cervello femminile con cui
stava
conversando, ma l’ultima delle cose che aveva voglia di fare in quel
momento
era chiederle cosa non andasse.
‒
Qualcosa non va? ‒ domandò coraggioso.
‒
Ho dimenticato le Ball in cabina ‒ lo liquidò lei.
Emerald
trattenne
le esultanze e si concentrò sulla bevanda mentre la ragazza accanto a
lei lasciava lo sgabello e il bicchierone di granita azzurra ancora
mezzo
pieno. Sapphire tornò bofonchiando nella sua stanza, la valigia era
aperta ma
ne erano stati estratti solo lo spazzolino, la cintura delle sfere e il
portafoglio.
Senza
guardare,
come cercando di autoconvincersi che non stesse veramente cercando
quell’oggetto, estrasse “casualmente” dalla valigia la bandana nera e
blu regalatale
da Ruby per il suo compleanno l’anno precedente. Rilesse la scritta
lasciata
dal ragazzo nella parte interna: “Chi
è
nato una volta sa già come risorgere”. Criptico, ermetico. Ci
rimuginava
sopra da una decina di mesi. Chissà cosa aveva voluto dirle, il
signorino? La
annusò come si annusa un tartufo pregiato e la ripose a posto scrollando
la
mano. Era tutto lì, tutta la sua vita: le sue vecchie bandane e quelle
nuove,
la sua Scheda Allenatore che citava le molteplici fatiche compiute nelle
tante
terre che aveva attraversato da quando aveva dieci anni, il suo Pokédex,
emblema del suo ruolo nel complesso ecosistema dell’Allenamento Pokémon,
simbolo
del suo legame con la famiglia e con gli amici. Tutto dentro di sé, in
un
involucro fragile come una scatola di cartone.
Bussarono
alla
porta. Sapphire aprì sperando si trattasse di gente gradevole.
‒
Aspetti a iscriverti ai banconi di sopra per non scoraggiare tutti gli
altri
aspiranti partecipanti al torneo? ‒ le chiese con un sorriso
luminosissimo
Crystal, la sua collega e amica di Johto.
‒
Chris! ‒ la abbracciò lei, felice di vederla.
‒
Emerald mi ha chiamato poco fa perché si annoiava, è da prima di salpare
che vi
cerco, lo stordito non aveva capito che anche io mi sarei imbarcata qui
‒ la
informò uscendo dall’abbraccio.
‒
Non lo sapevo neanch’io a dire il vero…
‒
Non fa niente, in mezzo a questo mare di gente ti ho trovata lo stesso.
Allora,
com’è andata a Sinnoh? ‒ le domandò tirandola fuori dalla sua cabina e
portandola a camminare sul ponte, alludeva al viaggio nella regione del
nord che
l’amica aveva compiuto nei mesi precedenti alla conquista delle medaglie
in
compagnia di Gold.
‒
Ah… esilarante e imbarazzante allo stesso tempo.
‒
Beh, è Gold, è il suo marchio di fabbrica ‒ sorrise quella con un velo
di
malinconia.
‒
Iscrivermi, hai detto? ‒ cambiò argomento Sapphire.
‒
Sì, ci sono i banchi d’iscrizione alle Internazionali dall’altra parte,
questa
rotta è stata allestita in occasione del torneo, quindi…
‒
Tu hai già fatto?
‒
Non so se ho davvero voglia di partecipare, sono specializzata
nell’indebolire
i miei avversari senza mai mandarli davvero al tappeto ‒ rise.
‒
Lo so, lo so, ma per un’occasione del genere… per poter almeno dire di
aver
partecipato.
‒
Ma sì infatti, non vorrei perdermi questa occasione ‒ sorrise
incrociando le
braccia all’altezza del grembo. Aveva un corpo leggero, particolarmente
snella,
fatta eccezione per i fianchi e le cosce ben torniti, alta quanto
Sapphire,
avvolta in un vestitino leggero, portava i capelli legati una coda
all’altezza
della nuca.
Erano
arrivate
fianco a fianco fino ad una zona del ponte occupata da una intricata e
rumoreggiante matassa intricata di popolo. Sia Sapphire che Crystal
ebbero un
moto di fastidio a quella vista. Aggirarono la folla. Dal poco che
riuscivano a
vedere sembrava che, al centro di quel maremoto di colli che si
allungavano per
vedere meglio, inviati di tutte le televisioni mondiali stessero
intervistando,
interrogando, infastidendo sia coloro che confermavano le proprie
iscrizioni al
Campionato sia gli inviati del comitato organizzativo.
‒
Tutta questa roba… ‒ fece Sapphire riferendosi al groviglio di persone.
‒ è la
fila?
‒
No, scherziamo? Quasi tutti fan di Allenatori famosi, gli iscritti sono
tanti
ma non è che ogni singolo essere umano su questa nave ora voglia
partecipare ‒
negò categorica Crystal.
‒
Meno male, e allora dov’è che comincia la fila?
Le
due
riuscirono a trovare, a malincuore dato che avrebbero preferito
iscriversi
in un altro momento, l’inizio della coda che contava davanti a loro
ancora una
dozzina di persone. Iscriversi non era un processo brevissimo,
soprattutto per
via degli invadenti e potenzialmente denunciabili reporter che ronzavano
attorno agli Allenatori. Dopo alcuni minuti si aggregò alle ragazze,
superando
coloro che si erano a loro volta accodati dietro con la scusa che le due
gli
stessero tenendo il posto, Emerald.
‒
Odio la televisione e vieni ad
iscriverti a quest’ora? ‒ domandò pungente all’amica.
‒
Dove sei stato? ‒ gli chiese Crystal.
‒
Mi ha fermato un tipo, ha riconosciuto il conquistatore del Parco Lotta
di sei
anni fa, all’edizione inaugurativa.
‒
Sei diventato vintage, Rald? ‒ lo punzecchiò.
Il
biondo
le lanciò un’occhiata omicida.
‒
Dite che si sono rialzati gli standard dall’ultimo Torneo
Internazionale? ‒ si
intromise Sapphire mutando la conversazione. La risposta cedette alcuni
secondi
alla riflessione dei due interlocutori.
‒
Considera che l’ultima edizione si è tenuta prima della vera e propria
formazione dell’Associazione Pokémon, la maggior parte degli Allenatori
sapeva
sì e no usare una MT… ‒ commentò Crystal. Lei era una maestra, ci teneva
a
certe cose.
‒
Ha ragione, se in questa edizione parteciperanno pure Capipalestra,
Superquattro e Campioni un livello generale abbastanza alto è d’obbligo
‒
continuò Emerald.
‒
Ho letto che ogni Allenatore in base al proprio livello potrà saltare un
determinato numero di gironi ‒ spiegò la castana. ‒ quelli che si
presentano
con otto o meno medaglie saranno i primi a sfidarsi, ai pochi che
vinceranno
tra loro si aggregheranno possessori di numero compreso tra nove e
ventiquattro
medaglie più i Capipalestra e gli Assi dei Parchi, nel terzo girone
entrano i
possessori di venticinque-quarantotto medaglie più i Superquattro e i
conquistatori di almeno un Parco Lotta e infine nel quarto girone coloro
che
hanno quarantanove o più medaglie e i Campioni.
‒
Insomma, tu entri al quarto girone, giusto Zafferano? ‒ chiese Emerald.
‒
Sì e, cavolo… non chiamarmi in quel modo!
‒
Parti avvantaggiata, eh…
‒
Non metterla così, con questa tipologia di torneo l’Allenatore più forte
del
mondo anche se non ha una singola medaglia con sé può arrivare in
finale, la
difficoltà è crescente, ma per uno che sarebbe comunque arrivato agli
ottavi di
finale il primo, il secondo girone e così via sono ostacoli da saltare a
piè
pari.
‒
Ma tu devi fare meno lotte, matematicamente è scorretto.
‒
In realtà è lo stesso concetto della Torre Lotta che ti piace tanto, non
conta
il numero di lotte che fai se i tuoi Pokémon vengono ricaricati di volta
in
volta, e inoltre la difficoltà crescente serve a bilanciare gli scontri
in base
agli Allenatori.
‒
E poi lei avrà meno tempo per abituarsi agli occhietti e alle grida di
quattrocentomila persone più spettatori da casa puntati su di lei, non è
tutto
oro quel che luccica… ‒ sussurrò Crystal in difesa dell’amica.
In
quel
momento l’ultimo Allenatore che separava Sapphire dal bancone iscrizioni
se ne andò via con fare derelitto per la il troppo poco tempo che le
telecamere
gli avevano concesso.
‒
Nominativo? ‒ chiese un operatore con gli occhi puntati su un monitor
mentre
cinque o sei suoi colleghi operavano con quaderni, cellulari, altri
computer e
persino calcolatrici. Il bancone era ordinato, ma lo staff sembrava una
brulicante famiglia di insetti.
‒
Sapphire Birch.
Beccata.
Quello
tolse gli occhi sottili dallo schermo e la fissò stupito abbassandosi
gli occhiali. Il branco di giornalisti, fotografi e cameraman piovve su
di lei
come attratto magneticamente. Per fortuna avevano la decenza di non fare
domande o commenti durante il processo di iscrizione e si limitavano a
riprendere, scrivere appunti e fare foto. La ragazza si limitò a
sembrare
allegra e a non guardarsi intorno spaesata, le tornò difficile quando
notò che
alcune scene venivano mandate in diretta su dei megaschermi sparsi in
punti
strategici della nave sintonizzati su canali che seguivano l’evento del
Campionato Pokémon Internazionale ventiquattro ore su ventiquattro, con
commenti, supposizioni, opinioni di esperti e interviste, dirette e
biografie
sui partecipanti.
‒
Provenienza?
‒
Albanova, Hoenn.
‒
Età?
‒
Diciotto anni.
‒
Giorno di nascita?
‒
Venti settembre anno…
Andarono
avanti
con dati da carta d’identità che avrebbero potuto facilmente estrarre
dalla sua Scheda Allenatore. La volevano tenere lì davanti per più tempo
possibile, l’operatore doveva sentirsi una specie di ragazza in bikini
pronta a
dare il via alle auto di una corsa clandestina nelle vie notturne di
Austropoli.
E in effetti i reporter facevano a spallate per l’inquadratura migliore
e la
pole position per piazzare il proprio microfono davanti alla bocca di
Sapphire.
Innocentemente parlando.
‒
La Scheda Allenatore ‒ chiese il tipo.
Calò
il
silenzio più assoluto, la massa di gente che accerchiava la scena
sembrava
essersi messa in pausa come fosse un film, il brusio proveniente dal
resto del
ponte della nave si chetò, persino i frenetici inviati del comitato
smisero di
annotare cose, registrare dati e sistemare conti dietro il loro bancone.
‒
Medaglie ‒ domandò l’addetto alla registrazione cercando evidentemente
di
estrarre materiale per le telecamere, dal momento che aveva il suo
completo ID
cartaceo nella mano.
‒
Sessantaquattro, conquistatrice delle regioni di Hoenn, Kanto, Johto,
Sinnoh,
Sidera, Unima, Kalos, e Adamanta…
Panico.
Urli,
strepiti, fischi di apprezzamento, applausi e persino esternazioni tipo
“Sapphire, sposami!” si
levarono dalla
folla in un clamore generale che fece perdere quasi tutti e due i
timpani alla
ragazza ma che allo stesso tempo le tinse gli zigomi tondeggianti della
ragazza
di un rosso intenso. Flash di macchine fotografiche a raffica mentre
avvicinava
la mano a quel faccino un poco timido e imbarazzato che fa strage di
cuori in
televisione.
Quando
il
caos si fu finalmente calmato, il tipo restituì alla ragazza la scheda
non
dopo averle rivolto altre due o tre domande che però non ottennero lo
stesso
successo della domanda sulle medaglie; tranne forse quella sulla classe
Allenatore, la cui risposta “Dexholder”
sapeva
però di esotico e non di eccezionale come la esorbitante cifra di
traguardi da
lei conseguiti. La verifica del documento, della foto tessera per i
connotati e
della firma erano andate a buon fine. Sapphire si ritrovò in mano un
pass
magnetizzato che la definiva nientemeno che “Allenatrice
Rango
S” e sotto citava “Girone
numero 4” con la coccarda del Campionato, il simbolo della regione
di
Holon, la sua foto e il suo nome.
Si
sentì
una giocatrice di basket professionista quando ebbe appena un doppio
passo per allontanarsi dalla fila prima che…
‒
Come si sente ad essere una delle più giovani Allenatrici che abbiano
raggiunto
questo livello mai nella storia?
‒
Reputa che il Pokédex possa diventare uno strumento di ampia diffusione
nel
caso in cui un Dexholder si distingua particolarmente in questo
Campionato?
‒
Cosa ne pensa degli Shedinja? Dovrebbero o no essere proibiti in un
torneo
ufficiale?
‒
A che gusti le piace il gelato?
A
questa domanda fece una smorfia stranissima, tipo quelle che escono la
mattina
appena svegli ripensando al folle sogno appena girato testa che
lentamente cade
nel dimenticatoio.
‒
Per quale motivo ha scelto di non assumere alcun agente che curi la sua
figura
pubblica o gestisca la sua presenza mediatica
A
quel punto ebbe quasi l’impulso di rispondere con un calcio fortissimo
nel
calcagno di quel giornalista, ma si trattenne. Muovendo la bocca come
per
tentare di rispondere qualcosa a quella tormenta di domande, si mosse
ondeggiando in malo modo verso la sua cabina e senza aspettare Emerald e
Crystal vi si serrò dentro tenendo fuori i simpaticoni grazie alle
spesse porte
d’acciaio della privacy. Non se ne pentì neanche quando vide coi suoi
occhi in
un servizio serale la faccia da ebete che aveva fatto mormorando
qualcosa come “scusate, ho da
fare” e chiudendo la
porta della sua stanza sul naso di un reporter. Aveva avuto la conferma
di ciò
che più temeva, quel giorno. Lei non si era mai interessata a roba come
pubblicità e immagine mediatica, ma con la fama che, volente o nolente,
aveva
ottenuto diventando una degli Allenatori più decorati al mondo, tutto
l’interesse e la fame di scoop della stampa si era riversata su di lei.
Non
poteva più evitare niente di tutto ciò, non nell’aria di Holon, la
regione dei
VIP. Era un povero agnellino davanti alle telecamere, non osava
rispondere più
in malo modo dopo un incidente avuto a Kalos con un fotografo
ossessionato da
lei, ma non aveva idea di come gestire il grande carico di gente
interessata a
lei che aveva dato prova della propria esistenza in tale occasione.
Ne
parlò
a Chris e Emerald durante un rinfresco verso sera. La ragazza non aveva
subito la stessa valanga dopo essersi iscritta, nel contesto del puro
duello
Pokémon non era tra i più temuti, ma dopo essersi fatta riconoscere e
aver dato
prova di avere un Pokédex qualche dozzina di giornalisti si era fiondato
pure
su di lei. Emerald invece, stella dei Parchi Lotta di tutto il mondo,
aveva
gestito l’eccesso di fama alla grande dimostrando esperienza e sangue
freddo in
quelle circostanze. Certo, non era stato assaltato da reporter rabbiosi
come
Sapphire, era comunque una star di secondo piano rispetto all’amica, ma
aveva
avuto lo stesso la sua fetta di attenzione.
‒
È perché hai anche il faccino dolce… ‒ tentò di sminuire Crystal
addentando un
muffin.
Sapphire
la
trafisse coi suoi occhi di ghiaccio della morte. Crystal guardò altrove.
‒
Dovresti godertela finché puoi, non duri più di tanto se sei solo brava
ma non
prendi nessun ruolo tipo… che ne so? Campione della Lega… ‒ mormorò
Emerald in
tono evidentemente cupo.
Sapphire
avvertì
la tonalità della sua espressione ed evitò di ribattere.
‒
Silver dovrebbe già trovarsi a Holon ‒ intervenne Crystal. ‒ Gold invece
non ho
idea di dove sia.
‒
Al posto giusto ‒ disse una voce dietro di loro. ‒ come sempre.
Gold
comparve
alle loro spalle con un sorriso a sessantaquattro denti stampato in
faccia e un bicchiere lungo e sottile di Taittinger Nocturne pieno di
bollicine. Crystal lo fissò sorpresa, Emerald e Sapphire accolsero
l’amico.
‒
Come diavolo hai fatto a salire sulla nave? Al molo non c’eri ‒ domandò
la catcher.
‒
Tartarughe marine ‒ rispose quello nascondendosi in tasca la Ball di
Togebo.
‒
È legale per un Allenatore salire su una nave a metà del viaggio? Adesso
non mi
dirai che esiste una specie di tariffazione per passeggeri raccolti in
mezzo
alla strada, giusto? ‒ commentò Emerald.
‒
In realtà… ‒ Gold mostrò il biglietto mezzo stropicciato di categoria “Allenatore vagante”. ‒ è
esattamente
così.
Gold,
coi
suoi capelli che sembravano dover esplodere, la sua camicia dai mille
colori molto poco discreta e la sua collana floreale, si aggregò al
gruppo. Per
prima cosa si recarono di nuovo al banco iscrizioni dove il ragazzo
dagli occhi
d’oro, investito come Sapphire dalla valanga di reporter, gestì il tutto
con la
massima freschezza, lasciando tutti gli inviati sazi di informazioni e
ritrovando mezz’ora dopo i suoi tre amici al buffet al quale erano
tornati
causa noia e fame. Il resto del tempo scorse leggero tra un drink e un
aneddoto
circa l’ultima annata di viaggi interregionali condotti da Gold o
Sapphire. Sul
tardi ognuno tornò alla propria cabina e si gettò in branda in attesa
dello
sbarco che sarebbe avvenuto il giorno seguente.
Sapphire
si
alzò prestissimo. Il sole sorgeva placido e la nave solcava acque tanto
calme da sembrare fatte di vetro. La ragazza uscì sul ponte, lo trovò
gradevolmente deserto, incrociò giusto un paio di inservienti che con in
mano
stracci fradici che la salutarono sorridendo. L’avevano riconosciuta, la
Conqueror, uno dei Dexholder.
Camminò
ascoltando
gli strilli dei Wingull a caccia della colazione, avvertì anche lei
un certo languorino. Si era stretta la cintura delle Ball attorno agli
shorts
di jeans che portava sotto ad una canotta color papavero. Aveva
intenzione di
portare la sua squadra a scaldarsi i muscoli in uno dei rettangoli di
Allenamento, ma pensò che avrebbe avuto tutto il tempo necessario anche
dopo un
buon cornetto e un cappuccino. Fece l’errore di rivolgersi al barista
maschio
tra i due che erano in servizio, il tipo la squadrò con fare seducente e
le
disegnò dei petali di rosa nella schiuma. Lei evitò il suo sguardo per
tutto il
tempo e, presa dalla fretta, fece pure esplodere una bustina di zucchero
nel
tentativo di aprirla.
Due
minuti
dopo aveva già sceso sul bordo di uno dei Campi Lotta. Lesse tutte le
normative che la sensibilizzavano al rispetto dell’ambiente circostante
e della
quiete degli altri passeggeri evitando mosse quali Terremoto o Ondaboato. Si
ritrovò
a far lottare Toro, il suo Blaziken e Kiruru, il suo Gallade, in un
silenzioso ma letale corpo a corpo in cui le sue indicazioni si
limitavano a
piccole correzioni della difensiva dell’uno o dell’altro. Si rallegrò
del fatto
che nessun fotografo fosse nei paraggi, quello sarebbe stato oro per
loro ma
l’avrebbe resa prevedibile agli occhi di eventuali futuri avversari.
Andò
avanti schierando Dono contro Aggron, ma li ritirò subito entrambi
rendendosi
conto che la più discreta delle loro mosse aveva fatto dondolare la
nave. Fece
tornare in campo Gallade e Blaziken, ma stavolta permise loro di
affrontarsi
nelle loro forme Megaevolute. Iniziava a permettersi l’utilizzo di mosse
un po’
più distruttive quando la sua solitudine fu di colpo spezzata.
‒
Vacci piano con Psicotaglio, ti
squalificano
al torneo se spezzi in due i Pokémon dell’avversario ‒ e Gold per
la seconda volta apparve all’improvviso alle sue spalle. Aveva un
bicchiere di
succo di pompelmo nella mano destra e nella sinistra un tovagliolo con
scritto
un numero telefonico, presumibilmente quello della barista.
‒
Era mica un complimento, quello? E che ci fai alzato prima di
mezzogiorno? ‒
rispose lei con un sorriso seccato.
‒
Non so… era mica un buongiorno, quello?
Per
un
momento cadde il silenzio tra i due.
‒
Allora, che sei venuto a fare qui? ‒ domandò lei.
‒
Avevo voglia di passeggiare assieme ai miei Pokémon ‒ rispose Gold
mettendo una
mano sulla cintura delle Ball.
‒
Intendi renderti utile oppure posso continuare da sola in santa pace? ‒
chiese
quindi Sapphire facendosi spuntare un velo di allegria sul volto.
‒
Fammi posto, dai.
E
cominciarono a far lottare i loro Pokémon cercando di non demolire tutto
ciò
che avevano attorno. Gold dopo un certo tempo propose di mettersi in
pratica in
uno delle modalità di Allenamento che aveva maturato con Red in cima al
Monte
Argento molti anni prima: i due avrebbero dovuto scontrarsi con un
Pokémon
ciascuno sferrando le mosse più deboli e meno efficaci nei confronti
dell’avversario. I due non tentavano questo esercizio per la prima
volta, lo
avevano già fatto a Johto e a Sinnoh, avendo viaggiato assieme in quelle
regioni.
‒
Pilo, Fogliamagica!
‒
Togebo, Forzasfera!
Tropius
fu
colpito da una bolla di energia pura che gli scalfì appena le squame
mentre
Togekiss riuscì ad evitare la tempesta di foglie scatenatagli contro con
un
paio di vertiginose virate.
‒
Lo sai che quando lotti mi spaventi? ‒ fece ad un certo punto Gold
cadendo in
malo modo in mezzo alla situazione.
Sapphire
prese
una tinta indefinibile. ‒ Come scusa?
‒
Sei minacciosa, sembra che tu voglia saltare addosso all’avversario e
addentarlo al collo furiosamente ‒ spiegò quello.
‒
Non capisco.
‒
A te piace lottare, giusto Sapphire?
‒
Certo che mi piace… ‒ rispose come fosse ovvio.
‒
Togebo, Ondashock!
‒
Verdebufera!
Stavolta
fu
la mossa di Gold ad andare a vuoto, Sapphire riuscì a sballottolare il
Pokémon avversario dall’altra parte del campo.
‒
Eppure sembra che tu faccia uno sforzo immane, lo sai? ‒ esordì una
seconda
volta il ragazzo.
‒
Scusami?
‒
Ti piace lottare, Sapphire?
La
ragazza
esitò. ‒ Gold, te l’ho già detto, la smetti di…
‒
Forzasfera!
Fu
colta
alla sprovvista, Tropius incassò un secondo attacco.
‒
Pilo, rispondi con Energipalla!
‒
Togebo, difenditi!
La
bolla
di energia verde impattò contro il petto del Pokémon di Gold che
resistette all’impatto senza cedere minimamente.
‒
Basta così, rientra ‒ e il ragazzo dagli occhi d’oro mise fine alla
battaglia.
‒
Gold non puoi lasciare le cose così su due…
‒
Ho voglia di un gelato, forse torno tra un po’ ‒ e si congedò in fretta
come
era arrivato.
Sapphire
rimase
lì come un’idiota, con gli occhi fissi sulla porta dietro cui era
sparito Gold.
Verso
le
nove e mezza, la ragazza di Hoenn si rese conto che il flusso di persone
cominciava ad aumentare. Al quinto spettatore occasionale che si fermava
lì nei
pressi e cominciava a fissarla a bocca aperta come fosse una
spogliarellista
smise di far lottare i propri Pokémon e tornò nella sua cabina dove si
rinchiuse in doccia.
Alle
dieci
era sul ponte e cercava le facce di Emerald e Crystal in mezzo alla
folla. Non impiegò molto a trovare la Dexholder di Johto, il suo
corregionale
invece era praticamente invisibile tra tutte quelle persone. Vide che si
trovavano davanti ad uno dei maxi schermi e lo fissavano parlottando tra
loro
con espressione atona. Trovandosi poco dietro di loro, istintivamente
Sapphire
portò lo sguardo alla trasmissione.
Al
centro
dello schermo c’erano una decina di personaggi che camminavano su un
tappeto rosso in mezzo ad una pioggia di flash di macchine fotografiche
e
schiacciati da entrambi i lati da folle ululanti: i Campioni delle Leghe
Pokémon. Davanti a tutti Red, che portava una casacca bianca e dei
bermuda
floreali, seguito da Ruby, con indosso una camicia bordeaux e dei
pantaloncini
neri, più dietro Camilla, Iris e tutti gli altri. C’era grande festa a
Vivalet,
la capitale di Holon, i massimi esponenti delle lotte Pokémon del mondo
erano
giunti nella regione. Subito dopo scorse una ripresa in cui tutti loro
lasciano
le impronte delle mani in un calco di cemento ancora fresco appena sotto
la
titanica statua di un allenatore che stringe in mano una trofeo che
ricorda una
Poké Ball e che dovrebbe essere proprio la coppa del vincitore del
Campionato
Internazionale. Stacco. Una anchor man cominciò a parlare del reale
inizio dei
festeggiamenti nella regione ospitante il torneo. L’interesse di
Sapphire si
disperse.
Stavano
per
sbarcare a Holon, mancava un solo giorno all’inizio di tutto. Era il
momento di iniziare a percepire la tensione.