Serie TV > Castle
Ricorda la storia  |       
Autore: nikita82roma    19/11/2016    4 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Richard Castle una volta aveva letto una frase che gli era sembrata bellissima: “Ama il tuo sogno seppur ti tormenta”. 

Era stato qualche anno prima, quando ancora si dilettava a leggere letteratura straniera per puro piacere personale. L’aveva trovata immediatamente adatta. Forse perchè la persona che l’aveva scritta chiamava la donna che lo ispirava la sua “musa”, o forse perché aveva sempre sperato che il sogno che tanto lo tormentava, prima o poi, sarebbe divenuto la sua realtà. 

Quel giorno, però, aveva detto basta. 

Basta ai sogni.

Basta ai tormenti.

Basta alla sua musa. 

Non riusciva ad andare oltre. Non riusciva a rimanerle a fianco, impotente, amandola non corrisposto mentre la vedeva distruggersi con le sue stesse mani. 

Impossibilitato a bloccarla, a fermare quelle azioni che presto l’avrebbero fatta annegare nel  suo stesso sangue, avrebbe dovuto assistere di nuovo a quelle scene strazianti, come meno di un anno prima. 

Per cosa, poi? Per nulla. Per un mucchio di bugie. 

Credeva fermamente in quello che le aveva confessato, credeva in quel ti amo che aveva pronunciato disperato e credeva ancora di più in quello arrabbiato che le aveva detto quello stesso giorno. Anche adesso, dopo le parole che erano state dette, per lui non era cambiato nulla. La amava, ma nonostante lei già lo sapesse, aveva fatto finta di niente. Era sparita prima, tornata poi.

Si sentiva illuso da quel qualcosa che aveva colto in lei, come un tentativo di avvicinamento, un suo provare a cambiare le cose tra loro, ma alla fine erano sempre lì, con lei bloccata dalle sue ossessioni. Più importanti di tutti, anche della sua stessa vita, e sicuramente più importanti di lui.

Castle sapeva di non poter fermare le sue mani, eppure lo avrebbe tanto voluto fare. Gliele avrebbe volute bloccare contro il muro attorcigliandole alle sue, tanto più grandi, e baciandola per farle capire che quel ti amo era vero e autentico, era reale. 

Ma ora non poteva più restare a guardarla, attendere oltre, perchè non avrebbe retto all’essere di nuovo lì con lei senza riuscire a salvarla. I miracoli non accadono mai più di una volta e lui era convinto che lei il suo bonus l’avesse già giocato. 

Le aveva detto addio, quindi. 

Le aveva detto che l’amava e poi le aveva detto addio. Ed era stato straziante, perché era convinto che non l’avrebbe più rivista. 

Ora sarebbe stato il suo ricordo a tormentarlo, perché sapeva che lui, Kate Beckett, non l’avrebbe mai potuta dimenticare. Poteva cancellare tutte le sue foto, tutti i file che la riguardavano, ma la damnatio memoriae con lei non funzionava: anche eliminando tutte le tracce fisiche, non sarebbe mai riuscito a cancellarla dalla sua mente. 

Su questo si era rassegnato nell’attimo stesso in cui era uscito da quella casa ma si era imposto di non cedere. 

Per questo non aveva risposto alla sua chiamata, prima di andare alla cerimonia di Alexis. E poi nemmeno alle altre che aveva continuato a ricevere una volta tornato a casa e, rimasto solo, aveva cercato di togliere ogni traccia visibile di lei dalla sua vita. 

Aveva tolto la suoneria al cellulare buttandolo chissà dove. Se le avesse parlato, non sarebbe riuscito a dirle addio di nuovo. 

Ma, se le tracce visibili erano facili da cancellare, quelle interiori era impossibile eliminarle. Rimanevano ben marcate anche dopo svariati bicchieri di scotch.

Sentì bussare alla porta e decise di ignorare chiunque fosse. Non voleva vedere nessuno ma i colpi non smettevano, era un bussare insistente. Si alzò dal divano, deciso a mandare al diavolo chiunque fosse. 

Aprì la porta e rimase di stucco vedendo chi si parava davanti a lui. 

Javier Esposito aveva il volto stravolto ed era bagnato fradicio: solo in quel momento Rick realizzò che fuori stava piovendo da parecchio tempo e che nè il rumore incessante del temporale che si stava abbattendo su New York, nè i lampi che rischiaravano il loft semibuio avevano attirato la sua attenzione.

- Castle… - il detective ispanico era sulla porta e Rick fece meccanicamente un passo di lato per lasciarlo passare, così questo avanzò, entrando nel loft. Non gli ci volle molto a capire, leggendo le pieghe del viso dell’amico, cosa fosse successo.

- Si tratta di Beckett, vero? - disse solamente Castle, addolorato, rassegnato. 

Sapeva che sarebbe andata così, ma non pensava sarebbe successo così presto. Si passò una mano tra i capelli.

- Sì. È grave Rick. Molto grave.

- Perché sei qui da me, Javier? Non ti ha detto niente Beckett?

- Sì. Però credo tu debba sapere. - Prese dalla tasca un cellulare e glielo diede. Il cellulare di Beckett. 

Era sporco di sangue e con il vetro spaccato. Si vedeva appena lo schermo. 

- Sei stata l’ultima persona che ha chiamato quando è stata  ferita. Ha provato a chiamare te, Castle! - Gli urlò Esposito tra le lacrime - Non ha chiamato i soccorsi, ha chiamato te!

Mentre gli parlava lo spinse, posando le mani sul suo petto e facendolo indietreggiare inerme, forse per spronarlo a reagire ma anche e soprattutto per sfogarsi. 

-Poi visto che tu non le hai risposto ha anche provato a scriverti un messaggio. Guardalo, Castle. Guarda l’ultima cosa che ha scritto Kate! Guarda con cosa l’ho trovata in mano! Perchè non le hai risposto Castle? Perchè!? 

- Chi mi ha chiamato fino a poco fa con il suo telefono? 

- Io! Con il suo, con il mio, dal distretto. Non hai mai risposto!

- Glielo avevo detto. Ho chiuso. 

- Cosa le hai fatto Castle? Perché Kate è stata così imprudente? Eh! Rispondimi!

- Io… Javier non credo che… - Provava a giustificarsi. Non era colpa sua, si ripeteva senza troppa convinzione mentre subiva le urla del detective, che non lo lasciava parlare.

- Leggi cosa ha scritto su quel telefono, Castle. Leggi l’ultimo messaggio che non ha potuto inviare,perchè non ce l’ha fatta! - Javier era un fascio di nervi, Castle, invece, un uomo senza volontà. Gli tremavano le mani. Deglutì, dopo aver visto cosa campeggiava sullo schermo. “Anche io ti amo Castle”.

- Chi altri lo ha visto?

- Solo io. 

- Non dirlo mai, mai, mai a nessuno. Ok? Nè cosa hai letto, nè cosa ho letto io.

- Perché, Castle?

- Non c’è un perché. Tu fallo e basta. Dov’è?

- Al Presbyterian.

Castle uscì di casa con Esposito. Tutte le barriere che si era costruito quel pomeriggio erano crollate in un attimo.

- Cosa le è successo?

Javier guidava con gli occhi lucidi

- Metti fuori la sirena, Castle. - Rick eseguì meccanicamente, pensando a quante volte aveva voluto fere quella stessa azione quando era in auto con Kate, solo per farla arrabbiare. 

-L’hanno pugnalata nello stesso vicolo dove hanno pugnalato sua madre, Johanna. E L’hanno lasciata lì... L’ha trovata un ragazzo che lavorava nel ristorante all’angolo, quando è andato a buttare la spazzatura. Era lì da un po' e quasi esangue, quando è arrivata l’ambulanza. C’era ancora battito ma le lesioni sono gravi. Se solo l’avessero trovata prima sarebbe stato tutto più facile.

Castle sapeva che Esposito stava implicitamente dando la colpa a lui, che non le aveva risposto. Quanto prima lo aveva chiamato? Quanto era stata agonizzante prima di perdere i sensi? E cosa aveva pensato in quei momenti? Lo aveva odiato? Sicuramente. Meno, però, di quanto si stesse odiando lui in quel momento.

- Glielo avevo detto che non le avrebbero dato tregua. Che era un bersaglio, che si sarebbe fatta ammazzare!

- Non lo dire Castle! Non. Lo. dire.

Non si parlarono più per il resto del tragitto. Arrivati in ospedale, Rick lo seguì in quei corridoi asettici e vuoti, riusciva  a mala pena a tenere il passo svelto del detective. 

Poi li vide, svoltato l’ultimo angolo, e loro videro lui. Erano tutti voltati in quella direzione, attirati dal rumore dei loro passi che rimbombava nel silenzio assoluto che sembrava regnare in quel reparto. C’era Ryan, appoggiato al muro con la cravatta allentata e con Jenny stretta a lui. C’era Lanie, sola su una panchina che scuoteva la testa. C’era Victoria Gates, in piedi con lo sguardo fisso in avanti ed il cellulare in mano. 

E c’era Jim Beckett, seduto con la testa tra le mani.

Esposito avanzò, mentre Castle rimase pietrificato, impossibilitato ad avanzare dal peso della colpa che lui stesso si addossava e che era convinto anche gli altri gli dessero, per non averle risposto al telefono. 

Javier si voltò a guardarlo, invitandolo a farsi avanti. Si sedette vicino a Jim, poggiandogli una mano sulla spalla. Solo in quel momento l’uomo alzò la testa per guardarlo e Castle capì l’esatto significato di maschera di dolore.

- La stanno ancora operando - disse la Gates aggiornandoli. Tra tutti i presenti era quella più lucida, forse perchè era quella che conosceva Kate da meno tempo, o forse solo perchè era quello che il suo ruolo le imponeva - non sappiamo nulla.

- Da quanto? - Chiese Castle

- Più di tre ore.

A quelle tre ore se ne aggiunsero altrettante, fatte di silenzi, sospiri e preghiere, per chi credeva ancora in qualcosa. Tre ore fatte di singhiozzi trattenuti, lacrime mute. 

Tre ore che, per Castle, si composero di ricordi e rabbia. Sentimenti che andavano a mescolarsi a quell’amore che provava e che era  talmente forte che lo scorrere lento del tempo era pura agonia. Era esattamente questa la situazione che non voleva più patire. Quel messaggio non aveva cambiato il suo stato d’animo, anzi lo aveva fatto arrabbiare maggiormente.

Tre ore fatte di domande, chiedendosi perché era dovuta arrivare al limite prima di poterlo ammettere,  perché non poteva averlo fatto prima? Si sarebbero risparmiati tutto questo, tutti loro. 

Era un pensiero egoista, lo sapeva, ma quel messaggio gli aveva fatto scattare dentro qualcosa che non sapeva nemmeno lui decifrare. Era quello che aveva sempre voluto sentirsi dire, ma non così e non in quel modo. Non avrebbe dovuto pensarci, ma non poteva fare a meno di rivedere nella sua mente quelle poche parole scritte su un cellulare dal vetro sporco di sangue, il sangue di Kate. 

Quelle cinque parole rimanevano impresse davanti ai suoi occhi e non poteva nemmeno pensare alla possibilità che quelle fossero l’unica testimonianza di un loro “noi” mai esistito, se qualcosa non fosse andato per il verso giusto. 

Perché quel loro amore doveva intrecciarsi sempre con lo spettro della morte?

Non si era nemmeno accorto che, in preda ai suoi pensieri, non era più vicino a Jim. Senza nemmeno rendersene conto aveva preso a camminare su e giù per il corridoio come un’anima in pena, fino a quando non sbattè un pugno sul muro con troppa forza, attirando gli sguardi di tutti. Si scusò con un gesto rassicurando che era tutto ok, anche se non era vero. 

Non era per niente ok. Niente. 

Desiderava tremendamente che qualcuno uscisse da quella maledetta porta e gli dicesse che era andato tutto bene, che Beckett era fuori pericolo e che si sarebbe svegliata presto così avrebbe potuto incazzarsi direttamente con lei, chiederle spiegazioni, urlarle che lui lo sapeva e che lei era una stupida. Che avrebbe dovuto pensare a tutte le persone che aveva fatto stare male con i suoi comportamenti. 

E che la amava. Solo a pensarlo sentiva come se gli stessero strappando la carne viva dal corpo. Poteva non rivederla più e tutto quello che le aveva detto era che era finita ed era stanco. Era vero, era finita e lui era molto stanco di tutta quella situazione, ma non doveva finire così. Non poteva.

Era notte fonda. Non si era mosso nessuno. Nessuno aveva parlato. Sembravano statue di un presepe tragico. Si aprì una porta ed una luce fredda invase il corridoio. Ne uscì un medico che sembrava avere intorno un alone mistico, ma erano solo gli occhi troppo affaticati nella penombra del corridoio che non riuscivano a mettere bene a fuoco la figura che avanzava. Si tolse la mascherina che ancora gli ciondolava a lato del viso, il camice macchiato di chiazze scure, la fronte sudata sotto la cuffia.

- C’è qualche parente della detective Beckett?

Jim, che era scattato in piedi appena la porta si era aperta, si avvicinò prima che finisse di parlare. Castle, di contro, era indietreggiato di qualche passo. Poteva vigliaccamente andarsene il più velocemente  possibile, in caso di notizie spiacevoli, ma era comunque abbastanza vicino per sentire tutto. 

Non sapeva bene come questo lo facesse sentire ma Beckett era ancora viva. L’intervento era stato molto complesso, non riusci a processare mentalmente tutta la parte dei tecnicismi medici che il dottore descrisse, capì solo era che era viva per miracolo, ancora una volta. 

Il suo cuore, però, era debole per tutto quanto accaduto negli ultimi mesi e non potevano sbilanciarsi. Su niente.

Ci fu un espressione di tirato sollievo nei volti di tutti, ma nessuno riuscì a sorridere o a gioire a causa delle parole successive del dottore. Fu Esposito a fare l’ingenua domanda.

-Tra quanto si rimetterà questa volta?

La risposta del medico gelò tutti.

-In questo momento non posso dirle nemmeno se lo farà, detective.

Li lasciò lì sospesi in quella bolla di indefinito, mentre Jim fintamente calmo gli chiedeva cose molto più semplici: dove fosse e quando avrebbe potuto vederla. Arrivò un altro medico che rispose alle domande dell’uomo.

- La porteranno in terapia intensiva. - disse poi a tutti gli altri - Credo che per ora, non possiate più fare niente qui.

Non li stava mandando via, ma veramente Jim sapeva che continuarla a vegliare era inutile per tutti. Ci era già passato, sapeva come andavano quelle cose. 

- Dai Castle, ti riporto a casa - Gli disse Esposito mentre gli altri si allontanavano dopo aver salutato Jim ed essersi fatti promettere che li avrebbe avvertiti in caso di novità. Rick rimase interdetto davanti a quelle parole. Non sarebbe andato a casa, ma non sapeva a che titolo poteva rimanere con Jim.

- Ecco, io… - balbettò lo scrittore

- Ok, Castle. Avvisaci se ci sono cambiamenti. - Esposito aveva capito. Quel messaggio gli aveva fatto ricostruire una storia in testa tra i due, che non sapeva quanto fosse reale, ma che per ora gli bastava.

- Al sesto piano - Disse Jim a Castle vedendolo seduto in disparte. Rick alzò la testa come ridestato da quelle parole. - La terapia intensiva è al sesto piano. Andiamo?

Percorsero il corridoio fino all’ascensore. Salirono lentamente fino al sesto piano condividendo quel piccolo spazio e lo stesso imbarazzo nel trovarsi lì senza sapere cosa dire.

- Katie non è una persona facile. - Disse Jim rompendo ogni barriera che c’era tra loro, compresa quella del silenzio, dell’imbarazzo e dei loro rapporti. - Non si apre facilmente con gli altri. Ha paura di essere ferita.

- Visti gli eventi dell’ultimo anno, dovrebbe temere anche gli altri tipi di ferite. - Rick non voleva essere così duro con Jim. Non era colpa sua e stava già soffrendo abbastanza senza bisogno della sua ironia nera e becera.

- Quelle ferite le teme sempre di meno - disse l’uomo rassegnato. - Richard, io so che Katie ci tiene a te.

- Lo so anche io questo signor Beckett…

- Perché sei qui?

- Perché se non ci fossi stato mi sarei chiesto perché non ero qui.

- Sei bravo con le parole, Castle. Per questo saresti piaciuto tanto anche a mia moglie.

Avrebbe voluto avere spiegazioni su quel “anche”, ma il sobbalzare dell’ascensore che segnalava l’arrivo al piano e l’apertura delle porte lo fecero rimanere in silenzio, a crogiolarsi nei suoi timori.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: nikita82roma