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Autore: Road_sama    20/11/2016    3 recensioni
Ogni singola persona vivente in questo Pianeta ha due singoli occhi unici. Dentro questi occhi si nasconde un Universo. Da piccolo capii che la macchina fotografica era strutturata proprio come l’occhio umano. Le immagini prendono forma attraverso la luce che passa nella lente. E così cominciai a fotografare il maggior numero di occhi. Sono Joshua Dun e faccio il fotografo. Vorrei raccontarvi la storia degli occhi che hanno cambiato il mio mondo.
//JoshxTyler/Joshler//
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questa è la prima fanfiction che pubblico nel fandom e mi sento agitata (?), amo veramente i Twenty One Pilots e la loro musica è diventata parte integrante della mia vita. Per sbaglio sono incappata nel mondo dei joshler e quindi alla fine eccomi qua.
Alcuni dialoghi e quasi tutta la prima parte della fic sono ripresi da un film stupendo che vi consiglio di vedere che si chiama IOrigins, però non credo sia necessario mettere tra gli avvertimenti movieverse perché la storia di per sè è completamente diversa. In ogni caso, sottolineo che tutti i diritti per la storia sviluppata e i dialoghi elaborati sono riservati ai produttori e agli scrittori del film e non mi appartengono.
Questo è il primo capitolo di una fic che ne avrà due (appena ho tempo pubblicherò anche il secondo).
Fatemi sapere cosa ne pensate o cosa devo aggiustare perché in realtà non avevo nemmeno intenzione di pubblicare questa fic, quindi non giudicatemi troppo, ok?
Buona Lettura!
Road_sama



 

Feded Eyes

 

Ogni singola persona vivente in questo Pianeta ha due singoli occhi unici. Dentro questi occhi si nasconde un Universo. Da piccolo capii che la macchina fotografica era strutturata proprio come l’occhio umano. Le immagini prendono forma attraverso la luce che passa nella lente. E così cominciai a fotografare il maggior numero di occhi. Sono Joshua Dun e faccio il fotografo. Vorrei raccontarvi la storia degli occhi che hanno cambiato il mio mondo.
Tutto cominciò mentre frequentavo l’ultimo anno dell’Università di fotografia a New York. Era Halloween.
Un mio amico mi aveva costretto ad andare alla festa organizzata da lui, non che avessi avuto qualcos’altro da fare. Tutto sommato mi piace la gente, non troppa nello stesso luogo ma una volta ogni tanto ci sta. Siamo arrivati alle undici circa in questo posto un po’ isolato che dava sull’Hudson. Si trattava di una vecchia fabbrica che era stata poi adibita per le feste. Non c’era molta gente a dire la verità e la maggior parte si era persa a ballare in un ammasso di corpi caldi e sudati. Non prestai molta attenzione alle decorazioni alle pareti né tanto meno alla musica che stava risuonando dalle casse. Avanzai tra la gente e mi andai a sedere ad uno sgabello del bar. La barista mi guardò con un sorriso.
-Carino il tuo costume.- io le feci un mezzo sorriso di rimando subito dopo essermi gettato un’occhiata addosso. Non si poteva certo dire che una camicia rossa a pois bianchi e delle orecchie da topolino fossero esattamente un costume di halloween.
-Anche la macchina fotografica ne fa parte?- aveva continuato sistemandosi meglio la mascherina nera sul naso.
-Si, uhm, è tipo una versione nuova di topolino. Perché, ehi, chi ha detto che non può fotografare anche lui?- Lei aveva riso nascondendo la dentatura perfetta dietro ad una mano sottile.
-Cosa ti porto, topolino?- il sorriso malizioso che aveva preso forma sul suo viso mi fece ben sperare che magari prima della fine della serata sarei riuscito a rubarle il numero.
-Quello che hai di più forte.- a dire il vero non avevo molta voglia di bere ma almeno avrei passato il tempo a fare qualcosa. Mi portò uno shot di un liquido verde che sapeva disgustosamente di anice ma quello fu solo l’inizio di una serie abbastanza lunga di bicchierini.
Decisi di prendere una boccata d’aria quando la testa prese a girarmi bruscamente. Dovevo camminare un po’ e magari cercare il mio amico che avrebbe dovuto portarmi a casa anche se conoscendolo, probabilmente, ora stava facendo qualcosa di piuttosto ricreativo.
Uscii dalla fabbrica abbandonata e inspirai aria nei polmoni. Subito mi sentii un po’ meglio. Osservai le luci della città brillare davanti a me e riflettersi nell’acqua scura del fiume. Misi le mani in tasca e feci qualche passo verso la riva. Più mi allontanavo dalla festa e più il rumore della musica veniva sostituito da quello rilassante della notte. Non mi accorsi subito che qualcuno mi stava guardando quindi quando voltai leggermente la testa il mio cuore perse un battito.
Seduto su una ringhiera a qualche metro da me c’era un ragazzo. Aveva una camicia chiara a righe. Le maniche corte permettevano di intravedere i tatuaggi sulle sue braccia. Non riuscivo a vedere il suo viso perché era coperto da un passamontagna bianco. Lasciava le gambe a penzoloni davanti a sé. C’era qualcosa di inquietante e malato nel suo abbigliamento forse fu proprio per questo che ricambiai il suo sguardo per un po’ non sapendo bene cosa fare. Alla fine mi avvicinai soppesando ogni passo.
-Tutto bene?- gli chiesi quando fui a poco meno di due metri. Lui mi squadrò con attenzione, sentii il suo sguardo perforarmi da parte a parte come se potesse guardarmi dentro con facilità. Solo dopo lunghi istanti mi rispose.
-Sto guardando la Luna.- aveva la voce roca e tranquilla. Alzai lo sguardo al cielo e solo in quel momento notai una Luna piena e bianchissima stagliarsi sopra di noi. Passai la lingua tra le labbra prima di riportare l’attenzione su di lui. Osservai il suo profilo schiacciato dal passamontagna bianco. Mi soffermai un attimo sulle labbra piene che sporgevano dalla stoffa e poi continuai la mia risalita verso l’alto fino ad incontrare i suoi occhi.
-Posso fare una foto ai tuoi occhi?- gli chiesi all’improvviso. Lui parve rimanere spiazzato da quella domanda insolita.
-Perché?-
-E’, uh, una specie di hobby, credo.- strinsi l’obiettivo freddo della macchina fotografica tra le dita e notai che il ragazzo stava seguendo ogni mio movimento. Lo vidi scendere dalla ringhiera e colmare la distanza che ci separava. Era alto più o meno come me però sembrava molto meno robusto.
-Ok.- mi concesse e io non aspettavo altre parole. Accesi la macchina fotografica e me la portai all’occhio sinistro. Feci un passo in avanti e mi posizionai proprio davanti al suo occhio destro. Attivai il flash e ruotai la rotellina della messa a fuoco. Un’iride di un marrone chiaro si stagliò davanti a me. Premetti il pulsante e nell’istante in cui la luce artificiale si attivò la pupilla del suo occhio si restrinse. La foto che si proiettò sullo schermo mostrò qualche riflesso verde che prima non avevo notato. Feci lo stesso procedimento anche con l’altro occhio. Per tutta la durata della procedura lo sconosciuto non si mosse di un millimetro. Controllai che si fossero salvate entrambe le foto e poi spostai la levetta della macchina sotto alla parola “off”.
-Ciao, sono Josh.- dissi infine riportando i miei occhi direttamente sui suoi.
-Ciao Josh.- mi disse semplicemente senza presentarsi a sua volta. Il silenzio calò di nuovo tra di noi ma durò solo qualche istante.
-Lo sai cosa sono i fasianidi?- mi chiese all’improvviso spostando leggermente la testa di lato. Io scossi la testa cercando di capire se avessi sentito bene o fosse tutta opera dell’alcol.
-I fasianidi sono degli uccelli. Uccelli che provano tutte le emozioni in un solo istante. Quando cantano esprimono amore e rabbia e paura e gioia e tristezza. Tutto insieme. Mescolato in un unico suono magnifico.- parlò lentamente scandendo ogni singolo suono. Mi sentivo confuso e colpito allo stesso tempo.
-Di dove sei?- gli domandai alla ricerca di informazioni su di lui. All’improvviso mi era venuta voglia di sapere tutto sul suo conto.
-Di un altro pianeta.- disse con una serietà che tradiva l’affermazione. A quanto sembrava lui non pareva altrettanto interessato a farsi conoscere.
-Come fa il loro canto?- gli chiesi a quel punto, lasciandomi completamente trasportare da quel ragazzo così singolare. Lui si inumidì le labbra.
-Più o meno fa così. Avvicinati.- accostai l’orecchio alla sua bocca e sentii il suo respiro caldo accarezzarmi la guancia.
Il suo urlo straziante mi fece allontanare di colpo. Indietreggiai di un passo, mentre la sua voce mi rimbombava nella testa.
-Assomiglia più ad un rumore.- i suoi occhi sembravano sorridere. Almeno si stava divertendo.
Avanzò verso di me. Avvicinò di nuovo la sua bocca al mio orecchio ma questa volta le nostre guance si toccarono nonostante fossero separate dalla stoffa pesante del passamontagna. La sua spalla sfiorò la mia.
-E quando gli capita di trovare l’amore della loro vita, sono al tempo stesso felici e tristi. Felici perché capiscono di essere di fronte all’inizio, ma tristi perché in fondo è già finita.- un brivido percorse con prepotenza la mia spina dorsale. Sentivo l’eccitazione ribollire nelle mie vene ma allo stesso tempo non riuscivo a muovermi. Mi sentivo intontito e almeno dieci emozioni diverse affollavano la mia mente.
Solo quando sentii la sua mano afferrare la mia decisi di non pensare più.
Mi condusse di nuovo all’interno della fabbrica abbandonata. Mi spinse tra i corpi sudati facendo attenzione a non toccare nessuno e continuò la sua camminata tra le luci rosse e blu della festa. Rischiai di inciampare un paio di volte però mi lasciai condurre ugualmente dalla sua mano tiepida. Una musica tranquilla e piuttosto triste risuonava nella stanza e ogni suono era più attutito nelle mie orecchie. Mi sembrava di averla già sentita da qualche parte, parlava di morte, di cancro. Facemmo una scalinata che portava al piano inferiore. Superammo una coppietta occupata a farsi addosso al muro. Percorremmo un corridoio umidiccio e poi mi sospinse dentro all’unico bagno degli uomini del locale. Mi sedetti sulla tavoletta abbassata del water e mi lasciai sopraffare dalla situazione.
Il ragazzo davanti a me mi sfilò la cintura e con gesti veloci mi aprì i bottoni dei pantaloni. Fece lo stesso con i suoi e si posizionò a cavalcioni sopra di me. Lo presi per i fianchi e lo strinsi a me. Lo baciai dal buco del passamontagna e lo sentii ricambiare. Serrai gli occhi in completa balia delle sue labbra. Cominciò a muoversi sopra di me seguendo un ritmo martellante e straziante allo stesso tempo. Lui con una mano si aggrappò alla mia spalle e con l’altra strinse i miei capelli. Si lasciò sfuggire un sospiro nel momento in cui interrompemmo il bacio.
-Sei sicuro che domani non ti pentirai di questo, vero?- gli domandai con respiro affannoso. Lui aprì di scatto gli occhi. Li piantò nei miei e immediatamente in quelle iridi marroni dai riflessi verdi lessi il rammarico.
Con la stessa velocità con cui tutto era successo lo vidi staccarsi da me. Si alzò boxer e pantaloni e non mi guardò nemmeno una volta mentre si richiudeva la porta alle spalle e usciva dal bagno. Impiegai qualche secondo in più per realizzare ciò che era successo e mi rivestii in fretta. Non poteva andarsene, non potevo lasciarlo andare senza prima aver saputo come si chiamava. Volevo avere di più che una semplice conversazioni sui fasianidi e una semi scopata nel bagno di una fabbrica abbandonata. Risalii i gradini a due a due e rischiai di scivolare sul vomito di qualcuno ma continuai a correre fino a che non fui in strada. Lo vidi salire su un taxi, lo rincorsi per un po’, ma era troppo tardi.
  
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