Non che interessi a molto, le mie storie non sono mai state particolarmente seguite su EFP, nessuno mi ha chiesto spiegazioni.
E forse è un bene, perché non avrei saputo neanche darle, visto che non c'è un motivo particolare legato alla mia sparizione da EFP.
Sono migrata anche su Wattpad, sì, ho pubblicato la storia anche lì, e sono tornata perché non mi andava di lasciare tutto in sospeso, volevo finire la storia anche qui, come vorrei, pian piano, finire le altre.
E niente, ho già detto troppo, meglio finirla qua con queste parole al vento, spero solo che a qualcuno questa storia possa ancora interessare.
O possa essere una bella nuova scoperta.
♥
Claudia
si riprese lentamente nel corso del week-end e dei primi giorni della
settimana seguente.
Prima di tutto cominciò a scenderle la
temperatura, e man mano che la febbre calava la donna cominciava ad
avere momenti di veglia, anche se la lucidità e la
possibilità di
parlare tornarono più avanti.
La cosa più importante però fu
che in breve i medici riuscirono a smettere di tenerla intubata e,
dopo un breve periodo in cui tenne la mascherina giorno e notte,
ricominciò a prendere l'ossigeno tramite i tubicini almeno
quando
era sveglia, proprio come prima dell'infezione.
Francesco era
rimasto a lungo preoccupato dall'eventualità che i polmoni
dell'amica potessero venir danneggiati in modo permanente, ma alla
fine della cura antibiotica, fortunatamente, le analisi non
riscontrarono altro che le già note metastasi.
Gravi, certo, ma
ormai lo sapevano ed era sempre meglio che dover fare i conti con
qualcosa di nuovo.
Nel giro di pochi giorni Claudia aveva ripreso
a biascicare qualche parola, benché sempre molto affannata,
e unna
sera aveva voluto telefonare al figlio.
Era stata una chiamata
breve ma commovente in cui la donna aveva ripetuto ancora una volta
la promessa di tornare a casa presto.
Dal giorno della prima
chemio, inoltre, Claudia non aveva più versato lacrime, o
almeno
così era stato fino al mercoledì successivo.
Era un pomeriggio
caldo, già decisamente afoso malgrado fosse solo
metà giugno, e la
paziente era stata messa a riposo dopo una pesante dose di
antidolorifici necessari a placare i forti dolori alla schiena dovuti
alla malattia e al busto che le aveva prescritto l'ortopedico e che
pareva farle più male che bene.
Accanto
a lei il padre, che la guardava con occhi tristi chiedendosi quale
peccato così grande perché dovesse soffrire non
in prima ma in
terza persona, un dolore ancora più terribile.
Le teneva la mano
accarezzandole dolcemente il viso come quando, da bambina, rimaneva
allettata due o tre giorni per colpa delle classiche influenze
stagionali.
Quanto si era illuso di poterla vedere sempre in
salute, quanto era stato sciocco nel pensare che solo per il fatto di
essere diventati ormai adulti i suoi figli gli sarebbero di certo
sopravvissuti.
Rimaneva sempre impietrito e scosso davanti alle
storie di genitori che perdevano i loro figli ancora bambini, magari
dopo mesi di malattie e sofferenze in quell'età che doveva
essere
spensierata e dedita solo ai giochi, e si sentiva fortunato per
essere riuscito a vedere Gianluca e Claudia crescere tranquilli,
laurearsi, sposarsi, avere dei figli a loro volta.
Forse, pensava,
era stata proprio l'assurda convinzione di poter essere sempre
così
tranquilli e felici a rendere ancora più devastante il
cambio di
programma che la vita gli aveva
imposto quando Claudia si era
ammalata.
Le
accarezzò dolcemente il volto per poi passare ai lunghi
capelli
castano chiari, e fu allora che si consumò un altro dramma,
quando,
togliendo la mano dal capo della figlia, l'uomo non si trovò
ciocche
dei suoi capelli impigliati tra le dita.
Stavano cadendo,
probabilmente non appena si fosse svegliata ne avrebbe trovati altri
sul cuscino fino al momento in cui la sua testa sarebbe rimasta
completamente calva.
Il signor Oreste tenne stretta tra le mani la
ciocca e chiuse gli occhi strizzandoli nel tentativo
di non piange
o, almeno, di farlo senza rumore per evitare di svegliare la figlia.
Si chiese con quale coraggio e con quali parole le avrebbe
raccontato ciò che era appena accaduto, ma non ne ebbe
bisogno;
Claudia si svegliò poco dopo e notò subito i suoi
capelli tra le
mani del padre.
Mentre gli occhi le si gonfiavano di lacrime
cercò con le mani altre ciocche già staccatesi
dal suo capo, e
trovandole scoppiò forte, senza provare vergogna o voglia di
piangere, perché il dolore che provava in quel momento era
più
forte di qualsiasi altro sentimento.
Sì, la terapia era stata
tremenda, i dolori di quel giorno e di quelli successivi erano stati
terribili, e non avrebbe mai dimenticato gli sguardi dei suoi cari
quando le avevano raccontato ciò che aveva rischiato, ma
vedere i
suoi capelli cadere le pareva addirittura peggio di quello che
già
aveva patito dal momento della diagnosi.
Fin da allora aveva
provato a convincersi che quel dettaglio estetico sarebbe stato
l'ultimo dei suoi problemi vista la grave situazione clinica, ma una
parte di lei sapeva che sarebbe potuto non essere così
facile.
Insieme ai capelli avrebbe perso presto le ciglia e le
sopracciglia, il suo volto sarebbe diventato anonimo, vuoto, per lei
sarebbe stato quasi impossibile riconoscersi allo specchio o sentirsi
realmente bella.
- Papà passami il mio cellulare per favore.-
Chiese quando si fu calmata. - E... e anche quella ciocca che hai in
mano, per piacere.-
L'uomo obbedì senza replicare, quasi sicuro
di aver compreso le intenzioni della figlia.
Claudia, dopo aver
smesso di piangere ed essersi asciugata gli occhi, sistemò i
capelli
già caduti in modo da farli sembrare ancora al loro posto,
impostò
la fotocamera interna del cellulare e click, si
scattò una
foto.
Poggiò
il telefonino sul comodino e lasciò i capelli lì
dov'erano sapendo
che, presto o tardi, ne avrebbe dovuti raccogliere molti di
più.
-
Ecco fatto, adesso ho una foto che mi ricorderà sempre come
erano
prima di tutto questo. Probabilmente non avrò il coraggio di
guardarla fino a quando starò così, ma dopo
potrebbe essere un
obiettivo.- Spiegò.
- Vedrai che quando ricresceranno saranno
ancora più belli di prima.- Provò a consolarla il
padre.
Lei
sorrise. - Sai, ho letto da qualche parte che dopo la chemio
potrebbero ricrescere diversi in forma o colore, ma di quello mi
preoccupo poco. Prima di essere ricoverata, sapendo che tanto questo
sarebbe accaduto, ho anche pensato di tingerli. Nulla di troppo
eccentrico, magari neri o biondi, o meglio ancora rossi, come mi
sarebbe sempre piaciuto, ma poi ho avuto paura di dare nell'occhio e
trovarmi a dover rispondere a domande che avrei preferito evitare.-
-
Potrai farlo dopo, magari anche provando diversi colori... sei
così
bella, bambina mia, credi che ti starebbe bene qualsiasi cosa. E poi
sei giovanissima, avrai il tempo per fare tutti i tentativi che
vorrai, anche se essendo tuo padre penso sempre che il meglio di te
tu lo dia rimanendo naturale.-
Claudia
lo osservò con dolcezza.
Parlare del futuro le faceva bene, le
dava più speranze di qualsiasi cosa le potessero dire i
medici, si
sentiva come obbligata a sopravvivere anche solo per realizzare i
sogni di chi le era accanto
Quella
sera Davide passò per stare un po' con la sua amata, e la
visione
dei capelli caduti non poté che intristirlo, malgrado la
forza della
moglie lo riempisse sempre di orgoglio.
Prima del fine settimana
la donna si ritrovò col capo completamente scoperto e
iniziò a
utilizzare i foulard che aveva preventivamente acquistato.
Non lo
toglieva mai se non quando era sola, anche in compagnia delle persone
più care nascondeva la testa per sentirsi meno a disagio e
più
donna.
La domenica pomeriggio andò a farle visita, per la prima
volta da quando era ricoverata, la sua amica Isabella.
Erano
rimaste sempre in contatto, anche nei giorni peggiori qualche notizia
sulle condizioni di Claudia le era arrivata tramite Davide, ma
l'ammalata aveva a lungo rimandato quell'incontro in attesa di
trovarsi a suo agio nella nuova situazione, e l'amica si era
naturalmente adeguata a quella sua richiesta.
Avevano passato
oltre tre ore insieme, ore in cui avevano parlato di tutto lasciando
ben poco spazio alla malattia, come se volessero impedirle di
rovinare anche quella chiacchierata tra amiche.
O almeno quello
era stato l'intento, visto che alla fine il cancro risbucava spesso,
qualunque fosse l'argomento di discussione, come per ricordare alle
due donne che non potevano neanche fingere che tutto andasse bene.
-
Sto pensando di chiedere a Davide di portarmi il tablet qui in
ospedale, magari per fare, ogni tanto, qualche videochiamata e vedere
anche Guido...-
- Non è una cattiva idea, forse farebbe bene ad
entrambi. Perché non glielo hai ancora proposto?-
Claudia
sospirò. - Ma lo vedi come sto messa? Prima, forse, poteva
anche
essere fattibile, ma adesso... Guido non sa neanche che ho perso i
capelli, e comunque le rare volte che mi guardo allo specchio lo vedo
anche io di essere diversa da prima, tra malattia e cure non so
neanche dirti cosa sia peggio.- Commentò lasciando cadere la
testa
sul cuscino.
Isabella le prese la mano con dolcezza. - È vero,
forse tutto questo sta modificando il tuo aspetto fisico, e non
riesco neanche ad immaginare ciò che tu provi per questo.
Ma sei
bella, Cla', anche e soprattutto perché porti su te stessa
il
ritratto di ciò che stai vivendo, della battaglia che
combatti non
togliendo mai il pensiero da quelli che ami, e non è una
cosa da
poco.
Prima o poi tornerai a casa, tuo figlio vedrà ciò
che ti
sta accadendo e non lo nego, può essere che inizialmente
avrà
difficoltà a riconoscerti. Per questo cominciare con foto o
videochiamate potrebbe essere una buona idea, vedrai che
capirà chi
sei e cosa sta accadendo, e sono certa che nel vostro rapporto nulla
cambierà.-
L'ammalata ascoltò quelle parole con gli occhi umidi
di lacrime di commozione.
- Sono così fortunata ad averti, Isa.
E a proposito di quando sarò fuori di qui vorrei farti una
domanda...-
-
Dimmi pure, te l'ho detto che puoi contare su di me per qualsiasi
cosa.-
- Forse questa è una cosa scema, ma sai che ho sempre
invidiato moltissimo la tua passione e la tua abilità con il
trucco,
e volevo chiederti se ti andasse di aiutarmi in qualche modo, magari
insegnandomi a disegnarmi le sopracciglia o a sistemarmi in qualche
modo che mi valorizzi e mi renda femminile anche in questo periodo
della mia vita; io voglio essere Claudia, non una malata di cancro.-
Isabella le sorrise. -Lo farò, e con tantissimo piacere.
Appena
tornerai a casa e sarai in condizioni ci organizziamo; vengo da te un
pomeriggio e passiamo il tempo a truccarci come quando avevamo
quindici anni.-
Claudia
scoppiò in quella che voleva essere una fragorosa risata ma
si fermò
ben presto, appena sentì il suo corpo accusare il debito di
ossigeno.
Si
riprese fortunatamente nel giro di pochi minuti, e vista la frase
appena detta dall'amica le due cominciarono a ricordare dei tanti
anni trascorsi insieme, lasciando che il pomeriggio terminasse
davvero in modo tranquillo.
Solo in serata, dopo aver salutato
Isabella e trovandosi in compagnia del marito, la donna si era fatta
più cupa e triste.
La mattina seguente, il lunedì, dopo neanche
due settimane piene dalla prima, devastante, seduta, avrebbe
affrontato nuovamente la chemioterapia.
Avevano anticipato di un
giorno per due motivi; il primo era che farlo di lunedì, una
volta
ogni due lunedì, pareva più regolare ed ordinato,
anche se alla
fine non vi era differenza con il martedì o qualsiasi altro
giorno
della settimana, ma soprattutto erano riusciti a rivedere il
protocollo in modo da renderlo più leggero e sopportabile
dal
delicatissimo fisico della donna, e volevano capire il prima
possibile quali sarebbero stati gli effetti collaterali.
Claudia
iniziò a rattristirsi verso l'ora di cena, e Davide lo
notò
subito.
- Non hai praticamente toccato cibo, amore, non va bene,
lo sai...-
La donna sbuffò. - Non ho tanta fame, Davide,
scusa.-
- È successo qualcosa oggi pomeriggio con Isa?-
Ipotizzò.
- Macché, lo sai che lei è sempre dolcissima, in
questo momento poi... no, semplicemente non ho fame.-
Il
magistrato scosse la testa. - Sono due settimane che sei qui, e
quando sei stata in condizione hai sempre mangiato un minimo. Anche
perché tu per prima sai quanto sia importante, visto anche
cosa
dovrai fare domani...-
Sentite quelle ultime parole Claudia voltò
il viso di scatto, come se non volesse farsi vedere, e l'uomo
capì
il motivo di quel rifiuto di cenare.
- Amore...- Le sussurrò
senza sapere cos'altro dire.
Lei si girò nuovamente verso di lui
con gli occhi rossi e le lacrime che iniziavano a scenderle lungo i
lineamenti sempre più sottili.
Si sentiva in colpa quando
piangeva e si disperava davanti a chi amava, conscia di come
peggiorasse la loro disperazione ogni volta che si mostrava in
lacrime davanti a loro, ma sapeva di avere bisogno dei loro abbracci
e delle loro parole consolatorie per andare avanti.
- Non voglio
farla, ti prego. Portami a casa, se mi ami portami a casa.- Lo
supplicò con la voce rotta dal pianto.
Davide sentì il suo
cuore distruggersi.
- Lo farei, amore mio, ti giuro che se potessi
lo farei.- Provò a spiegarle nascondendo il senso di
impotenza e
struggimento che riempivano il suo cuore in quel momento.
- Se
potessi anche solo soffrire al posto tuo lo farei da questo stesso
momento. Ma non posso, non posso...-
- Non voglio stare di nuovo
male, non voglio soffrire anche per guarire.- Pianse ancora. - Anche
se il protocollo è stato modificato la chemio è
la chemio. E non
voglio farla, voglio andare a casa da mio figlio.-
Tossì forte,
tutto quel dolore l'aveva affaticata molto, e cercò, seppur
molto
debole, le braccia e il corpo del marito per farsi stringere.
-
Amore mio... lo so, ma portarti a casa ora, smettere tutto, vorrebbe
dire lasciarti andare via da noi, e non posso permetterlo. È
una
battaglia dura, e io sono qui per fare tutto quel che posso per
lottare con te.-
Claudia non disse nulla, si lasciò cullare dal
marito e si addormentò lì.
Lui le poggiò dolcemente la testa
sul cuscino, le sistemò l'ossigeno e le tolse il foulard,
essendo,
con fatica, riuscito a obbligarla a non usarlo almeno quando
dormiva.
In quei momenti, anche se aveva appena pianto ed era
distrutta dalla sofferenza, pareva tranquilla, rilassata, donando a
Davide un minimo conforto.
Se fosse stato Credente avrebbe passato
le notti in lacrime davanti ad una Croce o al Cielo chiedendo a Dio
di farla soffrire al posto suo, ma in quel momento l'unica sua
divinità era il medico che aveva in cura Claudia.
E oltretutto,
da magistrato quale era, sapeva che le pene, tanto quelle umane
quanto quelle divine, non potevano essere modificate in quasi nessun
modo.
Dovevano solo aspettare la fine di tutto quello, con la
tragica consapevolezza di non sapere neanche quanto quella pena
dovesse durare.