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Autore: misslittlesun95    20/11/2016    0 recensioni
Claudia Petrolini ha trentun anni ed è già madre, moglie, medico, deputata ed ex ministro.
Questo perché dieci anni prima ha trovato la forza e il coraggio di iscriversi al partito Comunista e abbandonare tutta la sua vita, passata in un quartiere degradato e malfamato di Roma, per inseguire i suoi sogni.
Adesso però il suo passato è tornato, a tre settimane dalle elezioni, con le sembianze di un uomo buttatosi dall'alto di un palazzo in costruzione
quell'uomo è Oscar, amico di Claudia per un periodo che parve eterno fino al giorno della sua scelta.
Catapultata d'improvviso nel mondo reale si scopre fragile e, soprattutto, fisicamente debilitata, malata, non più il forte personaggio pubblico da tutti conosciuto ma una semplice donna.
Abbandona la politica e tenta di salvarsi e guarire, di riprendersi pezzi di vita che temeva di aver perso.
Cercando la forza di essere se stessa nelle parole che le disse Oscar durante il loro ultimo incontro: "Ricordati di guardare il tramonto. [...] Te guardalo, sempre, così magari ti ricorderai di me e di questi anni che ti apparterranno fino alla fine della tua vita."
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sì, sono sparita per quasi un anno. 
Non che interessi a molto, le mie storie non sono mai state particolarmente seguite su EFP, nessuno mi ha chiesto spiegazioni.
E forse è un bene, perché non avrei saputo neanche darle, visto che non c'è un motivo particolare legato alla mia sparizione da EFP.
Sono migrata anche su Wattpad, sì, ho pubblicato la storia anche lì, e sono tornata perché non mi andava di lasciare tutto in sospeso, volevo finire la storia anche qui, come vorrei, pian piano, finire le altre.
E niente, ho già detto troppo, meglio finirla qua con queste parole al vento, spero solo che a qualcuno questa storia possa ancora interessare.
O possa essere una bella nuova scoperta.
 ♥  

Capitolo XVIII


Claudia si riprese lentamente nel corso del week-end e dei primi giorni della settimana seguente.
Prima di tutto cominciò a scenderle la temperatura, e man mano che la febbre calava la donna cominciava ad avere momenti di veglia, anche se la lucidità e la possibilità di parlare tornarono più avanti.
La cosa più importante però fu che in breve i medici riuscirono a smettere di tenerla intubata e, dopo un breve periodo in cui tenne la mascherina giorno e notte, ricominciò a prendere l'ossigeno tramite i tubicini almeno quando era sveglia, proprio come prima dell'infezione.
Francesco era rimasto a lungo preoccupato dall'eventualità che i polmoni dell'amica potessero venir danneggiati in modo permanente, ma alla fine della cura antibiotica, fortunatamente, le analisi non riscontrarono altro che le già note metastasi.
Gravi, certo, ma ormai lo sapevano ed era sempre meglio che dover fare i conti con qualcosa di nuovo.
Nel giro di pochi giorni Claudia aveva ripreso a biascicare qualche parola, benché sempre molto affannata, e unna sera aveva voluto telefonare al figlio.
Era stata una chiamata breve ma commovente in cui la donna aveva ripetuto ancora una volta la promessa di tornare a casa presto.
Dal giorno della prima chemio, inoltre, Claudia non aveva più versato lacrime, o almeno così era stato fino al mercoledì successivo.
Era un pomeriggio caldo, già decisamente afoso malgrado fosse solo metà giugno, e la paziente era stata messa a riposo dopo una pesante dose di antidolorifici necessari a placare i forti dolori alla schiena dovuti alla malattia e al busto che le aveva prescritto l'ortopedico e che pareva farle più male che bene.
Accanto a lei il padre, che la guardava con occhi tristi chiedendosi quale peccato così grande perché dovesse soffrire non in prima ma in terza persona, un dolore ancora più terribile.
Le teneva la mano accarezzandole dolcemente il viso come quando, da bambina, rimaneva allettata due o tre giorni per colpa delle classiche influenze stagionali.
Quanto si era illuso di poterla vedere sempre in salute, quanto era stato sciocco nel pensare che solo per il fatto di essere diventati ormai adulti i suoi figli gli sarebbero di certo sopravvissuti.
Rimaneva sempre impietrito e scosso davanti alle storie di genitori che perdevano i loro figli ancora bambini, magari dopo mesi di malattie e sofferenze in quell'età che doveva essere spensierata e dedita solo ai giochi, e si sentiva fortunato per essere riuscito a vedere Gianluca e Claudia crescere tranquilli, laurearsi, sposarsi, avere dei figli a loro volta.
Forse, pensava, era stata proprio l'assurda convinzione di poter essere sempre così tranquilli e felici a rendere ancora più devastante il cambio di programma che la vita gli aveva
imposto quando Claudia si era ammalata.
Le accarezzò dolcemente il volto per poi passare ai lunghi capelli castano chiari, e fu allora che si consumò un altro dramma, quando, togliendo la mano dal capo della figlia, l'uomo non si trovò ciocche dei suoi capelli impigliati tra le dita.
Stavano cadendo, probabilmente non appena si fosse svegliata ne avrebbe trovati altri sul cuscino fino al momento in cui la sua testa sarebbe rimasta completamente calva.
Il signor Oreste tenne stretta tra le mani la ciocca e chiuse gli occhi strizzandoli nel tentativo
di non piange o, almeno, di farlo senza rumore per evitare di svegliare la figlia.
Si chiese con quale coraggio e con quali parole le avrebbe raccontato ciò che era appena accaduto, ma non ne ebbe bisogno; Claudia si svegliò poco dopo e notò subito i suoi capelli tra le mani del padre.
Mentre gli occhi le si gonfiavano di lacrime cercò con le mani altre ciocche già staccatesi dal suo capo, e trovandole scoppiò forte, senza provare vergogna o voglia di piangere, perché il dolore che provava in quel momento era più forte di qualsiasi altro sentimento.
Sì, la terapia era stata tremenda, i dolori di quel giorno e di quelli successivi erano stati terribili, e non avrebbe mai dimenticato gli sguardi dei suoi cari quando le avevano raccontato ciò che aveva rischiato, ma vedere i suoi capelli cadere le pareva addirittura peggio di quello che già aveva patito dal momento della diagnosi.
Fin da allora aveva provato a convincersi che quel dettaglio estetico sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi vista la grave situazione clinica, ma una parte di lei sapeva che sarebbe potuto non essere così facile.
Insieme ai capelli avrebbe perso presto le ciglia e le sopracciglia, il suo volto sarebbe diventato anonimo, vuoto, per lei sarebbe stato quasi impossibile riconoscersi allo specchio o sentirsi realmente bella.
- Papà passami il mio cellulare per favore.- Chiese quando si fu calmata. - E... e anche quella ciocca che hai in mano, per piacere.-
L'uomo obbedì senza replicare, quasi sicuro di aver compreso le intenzioni della figlia.
Claudia, dopo aver smesso di piangere ed essersi asciugata gli occhi, sistemò i capelli già caduti in modo da farli sembrare ancora al loro posto, impostò la fotocamera interna del cellulare e click, si scattò una foto.
Poggiò il telefonino sul comodino e lasciò i capelli lì dov'erano sapendo che, presto o tardi, ne avrebbe dovuti raccogliere molti di più.
- Ecco fatto, adesso ho una foto che mi ricorderà sempre come erano prima di tutto questo. Probabilmente non avrò il coraggio di guardarla fino a quando starò così, ma dopo potrebbe essere un obiettivo.- Spiegò.
- Vedrai che quando ricresceranno saranno ancora più belli di prima.- Provò a consolarla il padre.
Lei sorrise. - Sai, ho letto da qualche parte che dopo la chemio potrebbero ricrescere diversi in forma o colore, ma di quello mi preoccupo poco. Prima di essere ricoverata, sapendo che tanto questo sarebbe accaduto, ho anche pensato di tingerli. Nulla di troppo eccentrico, magari neri o biondi, o meglio ancora rossi, come mi sarebbe sempre piaciuto, ma poi ho avuto paura di dare nell'occhio e trovarmi a dover rispondere a domande che avrei preferito evitare.-
- Potrai farlo dopo, magari anche provando diversi colori... sei così bella, bambina mia, credi che ti starebbe bene qualsiasi cosa. E poi sei giovanissima, avrai il tempo per fare tutti i tentativi che vorrai, anche se essendo tuo padre penso sempre che il meglio di te tu lo dia rimanendo naturale.-
Claudia lo osservò con dolcezza.
Parlare del futuro le faceva bene, le dava più speranze di qualsiasi cosa le potessero dire i medici, si sentiva come obbligata a sopravvivere anche solo per realizzare i sogni di chi le era accanto
Quella sera Davide passò per stare un po' con la sua amata, e la visione dei capelli caduti non poté che intristirlo, malgrado la forza della moglie lo riempisse sempre di orgoglio.
Prima del fine settimana la donna si ritrovò col capo completamente scoperto e iniziò a utilizzare i foulard che aveva preventivamente acquistato.
Non lo toglieva mai se non quando era sola, anche in compagnia delle persone più care nascondeva la testa per sentirsi meno a disagio e più donna.
La domenica pomeriggio andò a farle visita, per la prima volta da quando era ricoverata, la sua amica Isabella.
Erano rimaste sempre in contatto, anche nei giorni peggiori qualche notizia sulle condizioni di Claudia le era arrivata tramite Davide, ma l'ammalata aveva a lungo rimandato quell'incontro in attesa di trovarsi a suo agio nella nuova situazione, e l'amica si era naturalmente adeguata a quella sua richiesta.
Avevano passato oltre tre ore insieme, ore in cui avevano parlato di tutto lasciando ben poco spazio alla malattia, come se volessero impedirle di rovinare anche quella chiacchierata tra amiche.
O almeno quello era stato l'intento, visto che alla fine il cancro risbucava spesso, qualunque fosse l'argomento di discussione, come per ricordare alle due donne che non potevano neanche fingere che tutto andasse bene.
- Sto pensando di chiedere a Davide di portarmi il tablet qui in ospedale, magari per fare, ogni tanto, qualche videochiamata e vedere anche Guido...-
- Non è una cattiva idea, forse farebbe bene ad entrambi. Perché non glielo hai ancora proposto?-
Claudia sospirò. - Ma lo vedi come sto messa? Prima, forse, poteva anche essere fattibile, ma adesso... Guido non sa neanche che ho perso i capelli, e comunque le rare volte che mi guardo allo specchio lo vedo anche io di essere diversa da prima, tra malattia e cure non so neanche dirti cosa sia peggio.- Commentò lasciando cadere la testa sul cuscino.
Isabella le prese la mano con dolcezza. - È vero, forse tutto questo sta modificando il tuo aspetto fisico, e non riesco neanche ad immaginare ciò che tu provi per questo.
Ma sei bella, Cla', anche e soprattutto perché porti su te stessa il ritratto di ciò che stai vivendo, della battaglia che combatti non togliendo mai il pensiero da quelli che ami, e non è una cosa da poco.
Prima o poi tornerai a casa, tuo figlio vedrà ciò che ti sta accadendo e non lo nego, può essere che inizialmente avrà difficoltà a riconoscerti. Per questo cominciare con foto o videochiamate potrebbe essere una buona idea, vedrai che capirà chi sei e cosa sta accadendo, e sono certa che nel vostro rapporto nulla cambierà.-
L'ammalata ascoltò quelle parole con gli occhi umidi di lacrime di commozione.
- Sono così fortunata ad averti, Isa. E a proposito di quando sarò fuori di qui vorrei farti una domanda...-
- Dimmi pure, te l'ho detto che puoi contare su di me per qualsiasi cosa.-
- Forse questa è una cosa scema, ma sai che ho sempre invidiato moltissimo la tua passione e la tua abilità con il trucco, e volevo chiederti se ti andasse di aiutarmi in qualche modo, magari insegnandomi a disegnarmi le sopracciglia o a sistemarmi in qualche modo che mi valorizzi e mi renda femminile anche in questo periodo della mia vita; io voglio essere Claudia, non una malata di cancro.-
Isabella le sorrise. -Lo farò, e con tantissimo piacere. Appena tornerai a casa e sarai in condizioni ci organizziamo; vengo da te un pomeriggio e passiamo il tempo a truccarci come quando avevamo quindici anni.-
Claudia scoppiò in quella che voleva essere una fragorosa risata ma si fermò ben presto, appena sentì il suo corpo accusare il debito di ossigeno.
Si riprese fortunatamente nel giro di pochi minuti, e vista la frase appena detta dall'amica le due cominciarono a ricordare dei tanti anni trascorsi insieme, lasciando che il pomeriggio terminasse davvero in modo tranquillo.
Solo in serata, dopo aver salutato Isabella e trovandosi in compagnia del marito, la donna si era fatta più cupa e triste.
La mattina seguente, il lunedì, dopo neanche due settimane piene dalla prima, devastante, seduta, avrebbe affrontato nuovamente la chemioterapia.
Avevano anticipato di un giorno per due motivi; il primo era che farlo di lunedì, una volta ogni due lunedì, pareva più regolare ed ordinato, anche se alla fine non vi era differenza con il martedì o qualsiasi altro giorno della settimana, ma soprattutto erano riusciti a rivedere il protocollo in modo da renderlo più leggero e sopportabile dal delicatissimo fisico della donna, e volevano capire il prima possibile quali sarebbero stati gli effetti collaterali.
Claudia iniziò a rattristirsi verso l'ora di cena, e Davide lo notò subito.
- Non hai praticamente toccato cibo, amore, non va bene, lo sai...-
La donna sbuffò. - Non ho tanta fame, Davide, scusa.-
- È successo qualcosa oggi pomeriggio con Isa?- Ipotizzò.
- Macché, lo sai che lei è sempre dolcissima, in questo momento poi... no, semplicemente non ho fame.-
Il magistrato scosse la testa. - Sono due settimane che sei qui, e quando sei stata in condizione hai sempre mangiato un minimo. Anche perché tu per prima sai quanto sia importante, visto anche cosa dovrai fare domani...-
Sentite quelle ultime parole Claudia voltò il viso di scatto, come se non volesse farsi vedere, e l'uomo capì il motivo di quel rifiuto di cenare.
- Amore...- Le sussurrò senza sapere cos'altro dire.
Lei si girò nuovamente verso di lui con gli occhi rossi e le lacrime che iniziavano a scenderle lungo i lineamenti sempre più sottili.
Si sentiva in colpa quando piangeva e si disperava davanti a chi amava, conscia di come peggiorasse la loro disperazione ogni volta che si mostrava in lacrime davanti a loro, ma sapeva di avere bisogno dei loro abbracci e delle loro parole consolatorie per andare avanti.
- Non voglio farla, ti prego. Portami a casa, se mi ami portami a casa.- Lo supplicò con la voce rotta dal pianto.
Davide sentì il suo cuore distruggersi.
- Lo farei, amore mio, ti giuro che se potessi lo farei.- Provò a spiegarle nascondendo il senso di impotenza e struggimento che riempivano il suo cuore in quel momento.
- Se potessi anche solo soffrire al posto tuo lo farei da questo stesso momento. Ma non posso, non posso...-
- Non voglio stare di nuovo male, non voglio soffrire anche per guarire.- Pianse ancora. - Anche se il protocollo è stato modificato la chemio è la chemio. E non voglio farla, voglio andare a casa da mio figlio.-
Tossì forte, tutto quel dolore l'aveva affaticata molto, e cercò, seppur molto debole, le braccia e il corpo del marito per farsi stringere.
- Amore mio... lo so, ma portarti a casa ora, smettere tutto, vorrebbe dire lasciarti andare via da noi, e non posso permetterlo. È una battaglia dura, e io sono qui per fare tutto quel che posso per lottare con te.-
Claudia non disse nulla, si lasciò cullare dal marito e si addormentò lì.
Lui le poggiò dolcemente la testa sul cuscino, le sistemò l'ossigeno e le tolse il foulard, essendo, con fatica, riuscito a obbligarla a non usarlo almeno quando dormiva.
In quei momenti, anche se aveva appena pianto ed era distrutta dalla sofferenza, pareva tranquilla, rilassata, donando a Davide un minimo conforto.
Se fosse stato Credente avrebbe passato le notti in lacrime davanti ad una Croce o al Cielo chiedendo a Dio di farla soffrire al posto suo, ma in quel momento l'unica sua divinità era il medico che aveva in cura Claudia.
E oltretutto, da magistrato quale era, sapeva che le pene, tanto quelle umane quanto quelle divine, non potevano essere modificate in quasi nessun modo.
Dovevano solo aspettare la fine di tutto quello, con la tragica consapevolezza di non sapere neanche quanto quella pena dovesse durare.

   
 
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