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Autore: Stella cadente    22/11/2016    5 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12.
 

Jehan Frollo, ogni volta che interagiva col suo gemello Claude, si sentiva morire. Era scappato subito, dopo che lui gli aveva dato gli appunti, perché non riusciva a stargli vicino per più di tre secondi. Era semplicemente una cosa fisiologica: Claude metteva soggezione alle persone. O, se non lo faceva con gli altri, di sicuro lo faceva con lui.
Aveva preso velocemente le distanze, e non solo fisicamente. Era da un po’ di tempo, ormai, che lui e il gemello non si parlavano neanche. Jehan si ricordava com’era, prima: erano così uniti, così... inseparabili.
 E ora, per qualche strano motivo, non lo erano più. Così, all’improvviso. Jehan si ripeteva sempre che era tutta colpa di Claude se ora erano in quelle condizioni, ma sapeva benissimo che in realtà non era così, che anche lui ci aveva messo del suo, e che era successo e basta – forse perché non avevano più bisogno di essere uniti come prima.
Erano nati entrambi in una potente stirpe di maghi, cresciuti in una di quelle ville in stile vittoriano che solo i maghi di un certo rango potevano permettersi; se li ricordava, Jehan, i giochi tra le colonne in marmo in stile classicheggiante e gli incantesimi nel giardino circondato da piante d’ogni tipo, mentre la loro madre li guardava orgogliosa.
Il loro padre era sempre stato un uomo allegro, e la madre era sempre stata una donna chiusa, ma gentile; ed era subito apparso ovvio a tutti che Claude fosse semplicemente diverso, ma a loro andava bene lo stesso. Non si univa mai agli scherzi, era sempre serio, sempre chino sui suoi libri, sempre silenzioso, come se vivesse in un mondo completamente diverso da quello degli altri. 
Ma andava bene, perché faceva parte di loro, della loro vita. Jehan lo ammirava molto: quando erano piccoli era solito prenderlo come esempio e cercare di imitarlo, mentre lui rideva e lo prendeva bonariamente in giro.
Ogni membro della famiglia di Jehan era stato smistato in Grifondoro, a scuola, ed aveva sempre dimostrato una grande solidarietà verso tutti: i Frollo erano una di quelle famiglie prestigiose e di buoni principi, i cui membri venivano smistati in quella Casa da secoli.
Claude, invece, era stato smistato in Serpeverde. E quella era stata una prova ulteriore della sua diversità.
I genitori avevano comunque accolto bene la notizia; Jehan era giunto alla conclusione che forse se lo aspettavano, vista la situazione che ogni volta si presentava tra le mura di casa, ma in ogni caso non avevano battuto ciglio e si erano congratulati con lui, che per la prima volta aveva dimostrato una parvenza di felicità.
Per i primi anni aveva funzionato. Erano ancora loro, ancora i fratelli Frollo, quelli che nonostante la diversità sono uniti, invincibili, forti, finché sono insieme; poi, dal quarto anno, la vivacità di Jehan aveva cominciato ad infastidire Claude. O almeno, al Grifondoro ogni volta sembrava così.
Aveva cominciato a non sopportare più il suo sguardo penetrante e altezzoso, o il modo in cui lo sminuiva ogni volta che otteneva un buon risultato a scuola. Claude aveva cominciato a sembrare lontano, irraggiungibile, perché lui era un Serpeverde ed era superiore a lui, a sua madre, a suo padre, a tutti. Era questo che trapelava da ogni suo gesto, da ogni suo sguardo, persino dal modo in cui parlava: il senso di superiorità.
E Jehan aveva provato a ricucire quello strappo nel loro rapporto, ma ogni tentativo era sembrato troppo vano persino per lui, che era un Grifondoro ed era suo fratello.
 
 
«Claude, guarda! Ho imparato un nuovo incantesimo!»
«Ho da fare Jehan, non posso guardarti.»
Suo fratello era chino su un grande libro, preso sicuramente dalla Sezione Proibita, che aveva l’aria di essere antico di secoli.
«Ma volevo fartelo vedere. È stupendo; piacerebbe anche a te» disse il ragazzino, senza perdere il sorriso.
«Jehan, sto studiando. Dopo» sentenziò il gemello, senza neanche alzare gli occhi dal libro.
E quel dopo non arrivò mai.
 
 
Aveva provato ad avvicinarsi a lui più volte, e sempre era stato respinto con freddezza e brutalità. Perché sì, anche un “dopo”, detto da Claude, suonava come la frase più cattiva che ci potesse essere: era l’espressione che aveva mentre lo diceva a ferirlo. Erano quegli occhi vacui, come se non gli importasse, ad essere più dolorosi di una coltellata, o una Maledizione Cruciatus, o qualunque altra cosa che facesse un male cane.
La verità era questa: a Claude non importava di lui, lo riteneva insignificante e indegno della sua considerazione.
E Jehan non avrebbe mai smesso di stare male per questo.
 
 
«In ogni caso presumo che non ti interessi più, oramai, quello che sto dicendo» dichiarò, facendo guizzare gli occhi neri verso le vetrate in un gesto arrogante, come se lo ritenesse troppo idiota per capire quello che diceva.
«No, Claude, ti stavo ascoltando.»
«Non è vero» fece lui, atono. Quella frase così semplice zittì del tutto Jehan, che si arrese alla verità delle sue parole e al fatto che, ancora una volta, suo fratello avesse ragione: era vero, non lo stava ascoltando. In realtà non gli importava di quello che stava dicendo sull’Artimanzia; voleva solo avere una scusa per passare un po’ di tempo con lui.
Avevano ormai quindici anni; era passato un anno da quando Claude sembrava snobbarlo, eppure Jehan non voleva arrendersi.
«Jehan!» Febo piombò tra di loro, ignorando il Serpeverde che lo guardava altero. «Devi sapere l’ultima su Merida ed Eris. Per le mutande di Merlino» e qui Claude lo guardò dall’alto in basso, disgustato. «Merida è stata fantastica. Ti aspetto in cortile!»
E schizzò via in un attimo, così come si era presentato.
«Vai dai tuoi... amici» e ancora quel tono schifato, impregnato di veleno. «Stai perdendo tempo, qui.»
Jehan gli voleva dire che non poteva decidere per lui, che se voleva restare sarebbe restato, e che lui non poteva farci niente. Il corridoio era ormai vuoto: avrebbero potuto parlare in pace, e niente e nessuno glielo avrebbe impedito.
«No, Claude» disse invece. «Ci andrò dopo.»
«Joannes» insistette, chiamandolo con il suo nome per intero come per dargli un ordine. «Vai dai tuoi amici e divertiti.»
«Non puoi darmi ordini!» sbottò lui. «Da adesso in poi le cose cambieranno, non voglio più che la situazione sia così tra noi» si mise a nudo. «Io... vorrei che tornassimo uniti, come quando eravamo più piccoli» rivelò, quasi con timidezza.
Era orgoglioso, e questa era forse l’unica cosa che aveva in comune col fratello: non gli era mai piaciuto mostrare le sue debolezze, ma per Claude l’avrebbe fatto mille volte.
Il ragazzo sembrò colpito da quella frase, ma durò solo un momento.
«Non è più possibile» disse poi, riacquistando la sua aria fredda e altezzosa. «Siamo diversi, Joannes.» Lo pronunciò come se fosse una condanna, e il Grifondoro si sentì crollare il mondo addosso. Claude l’aveva sempre chiamato con il suo nome per intero solo quando si arrabbiava con lui, e il fatto che l’avesse fatto – di nuovo –  in un contesto normale, come per sottolineare la distanza che c’era tra loro, lo destabilizzò.
«E poi lo avevi già detto una volta» gli sembrò di vedere risentimento e delusione dietro a quelle parole, ma in ogni caso erano ben celati sotto una maschera di pietra. «E le cose non sono cambiate per niente.»
«Se solo tu me lo permettessi...»
«Non ha più importanza ormai. Le cose stanno così.»
«Le cose cambieranno!»
«Smettila di ripeterlo!» urlò Claude, e Jehan sobbalzò leggermente, tanta era la rabbia con cui lo aveva detto. «Smettila di essere ipocrita!» aggiunse poi, trafiggendolo con i suoi occhi freddi.
Il ragazzo non sapeva come sentirsi; sapeva solo che quegli occhi avevano, come sempre, il potere di immobilizzarlo e di farlo sentire costantemente sotto Inquisizione.
«Vado» riuscì a dire solo, prima di allontanarsi.
Il Serpeverde non lo richiamò, né tentò di raggiungerlo, e sul viso pallido di Jehan rotolò la lacrima più dolorosa che avesse mai versato.
“Smettila di essere ipocrita!”
Quelle parole lo avrebbero perseguitato per sempre, probabilmente.
 
 
 
Poi – oltre a Febo e Merida, che ora era la sua ragazza – aveva conosciuto anche Esmeralda, Philip, Anna ed Ercole, e il dolore, per un po’, se ne andava.
Se ne andava perché faceva finta che se ne andasse. Fingeva di provare solo disappunto verso Claude e verso il modo in cui era, quello che faceva o come si comportava, ma la verità era che avrebbe dato chissà cosa per essere come lui, che se ne infischiava di tutto e di tutti e andava avanti da solo, senza curarsi di chi lasciava per strada. Fingeva di stare bene da solo – come Claude – ma la verità era che avrebbe fatto l’impossibile per avere la sua approvazione. Fingeva che i suoi amici gli bastassero e che non gli importasse d’altro, ma in realtà senza Claude si sentiva vuoto.
Fingeva.
E forse era proprio questo a fargli male più di ogni altra cosa.


 
  
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Sinceramente non ho idea di come mi sia venuto in mente di scrivere questo capitolo: mi andava semplicemente di dare profondità al personaggio di Jehan, ed ecco che cosa ne è uscito. Mi sono trovata completamente presa da questo brano: non ho neanche fatto attenzione al capitolo nel suo insieme, ho scritto completamente di getto fino alla fine. Qui vediamo un lato inedito del nostro Jehan, un lato incredibilmente tragico e sensibile, che si discosta tantissimo dalla caratterizzazione dell’inizio – e soprattutto della sua controparte originale. Vediamo un ragazzo segnato dal vuoto del mancato affetto da parte del fratello, e l’altro – Claude – che è ai suoi occhi completamente freddo e indecifrabile. Claude e Jehan mi hanno ricordato Anna ed Elsa in versione più “cruda”, ecco. Spero che sia piaciuto anche a voi, perché ci tengo tantissimo a sapere che ne pensate in particolare di questo capitolo.
Grazie per seguirmi, siete fantastici.
Alla prossima,
Stella cadente


 
  
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