Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: ElenaNJ    23/11/2016    2 recensioni
[crossover con Cosmowarrior Zero]
Siamo nel 2984 e la rinata Federazione Terrestre è sotto shock: Tadashi Daiba, il suo amatissimo Primo Ministro, è stato assassinato da un individuo identificato come... Harlock!
Warius Zero, di ritorno da una lunga missione ai confini del cosmo, è contattato in gran segreto da Yuki Kei e, messo al corrente degli inquietanti fatti che fanno da contorno e precedono il delitto (tra cui il sospetto di una cospirazione ai livelli alti del Governo e la sparizione di gran parte dell'equipaggio dell'Arcadia), decide di portare a termine la missione che gli era stata affidata quattordici anni prima: catturare Harlock.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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cap 8 Mayu sollevò la testa.
Sopra di lei, il relitto dell’Arcadia oscurava la luce dell’ultimo sole di Futuria.
Un fiocco di neve volteggiò giù dal cielo livido e le si sciolse sulla fronte sudata.
Bilanciò la tracolla della borsa sulla spalla e aumentò il passo.
I flaconi di salina, la bombola d’ossigeno e la scatola di metallo con siringhe, fiale e strumenti le tintinnarono contro il fianco.
Sfiorò la radio che il Signor Eluder le aveva dato per contattare il Dottore in caso d’urgenza e pregò con tutto il cuore che non ci fosse bisogno della maggior parte della roba che stava trasportando.
La salita terminò all’improvviso e si trovò davanti al buco che Grenadier e i suoi avevano aperto nello scafo. Entrò. Nel buio rischiarato a tratti dalla luce dei riflettori, il ponte di comando dell’Arcadia era ormai irriconoscibile.
Papà…
Privo della sua presenza, quel luogo che aveva sentito come casa sua sin dal primo momento in cui ci aveva messo piede le sembrava ora immenso, vuoto ed estraneo.
Chissà se anche la sua casa sulla Terra, senza Yuki e Tadashi…
No.
Inghiottì il nodo che le aveva stretto la gola e si diresse verso la postazione di pilotaggio. Non era il momento di pensare ai morti, non era il momento di lasciarsi prendere dalla paura. Se c’era una cosa che aveva imparato da quella lunga, terribile avventura, era che non bisognava mai cedere alla disperazione, per niente al mondo.
– Harlock! Mettiti questa e vieni qui subito. Ho bisogno di te.
Mayu trasalì. Nella voce di Zero c’era la stessa disperata urgenza di quando l’Herakles l’aveva presa in ostaggio nel laboratorio di Kurai.
Oltrepassò di corsa i riflettori e saltò nella piccola conca sotto la postazione di pilotaggio.
Seduta su una metallina, un maglione troppo grande infilato di sbieco sulle spalle tremanti, Yuki alzò su di lei uno sguardo confuso.
– Mayu... stai bene?
– Sì – Mayu le si lasciò cadere accanto e le gettò le braccia al collo – Sì, non preoccuparti.
I suoi capelli umidi le pizzicavano la guancia e la sua mano gelata dietro la nuca le mandò un brivido giù per la schiena, ma non si era mai sentita tanto sollevata in vita sua. Da qualche parte dentro di lei, si rese conto, aveva davvero temuto di non rivederla mai più.
– Allora – Yuki deglutì e la staccò da sé – Allora va’ da Tadashi.
Mayu volse lo sguardo nel punto in cui era fisso il suo e tutto il sollievo che aveva provato svanì di colpo nel vederlo steso fra Harlock e Zero, che gli stava insufflando aria nei polmoni.
La paura che le aveva gelato il cuore la sera in cui Yuki e il Dottore lo avevano riportato a casa in fin di vita e l’ansia, la frustrazione e il senso d’impotenza che aveva provato nel laboratorio di Kurai quando non aveva potuto far niente per Harlock e Zero la riassalirono con violenza.
Chiuse gli occhi, sfiorò la sua ocarina.
No. Non stavolta.
Si obbligò a riaprire le palpebre e afferrare il borsone.
– Zero, Harlock! Il suo cuore...?
– È presto per dirlo – Zero abbassò la cerniera del maglione di Tadashi e gli fece scivolare l’indice e il medio della mano destra sul pomo d’Adamo – Ma la sua temperatura è scesa a ventitré gradi e non gli sento più il polso.
Le sue dita si spostarono di lato sull’incavo del collo di Tadashi. Gli tastò la carotide per un tempo che a Mayu parve infinito, poi guardò Harlock.
– Comincia.
Senza una parola, Harlock sollevò il secondo maglione che ricopriva il petto di Tadashi e gli fece scorrere l'indice e il medio della mano sinistra lungo il margine inferiore della cassa toracica. Arrivato al di sopra del punto in cui l'ultima costa s’incontrava con lo sterno, si fermò con un sussulto. Mayu seguì il suo sguardo e si sentì male per lui. Il punto di compressione era proprio sopra quella cicatrice. Harlock ansimò, pallido come un fantasma. Un rivolo di sudore gli colò nell’occhio arrossato e lucido. La mano di Zero si chiuse attorno al suo avambraccio.
– Ce la fai?
Con un brusco cenno del capo, Harlock accostò la base della mano destra alle due dita e ci posò sopra la sinistra. Sbatté la palpebra, si mise sulla verticale dell’area di compressione e spinse in giù.
– Uno, due, tre…
Zero si raddrizzò.
– Mayu, hai una radio con te?
Mayu annuì. La sua mano tremava sul bottone della tasca.
– Devo chiamare il Dottore?
Lo sguardo di Zero si spostò da lei a Yuki.
– Non ancora. Occupati prima di lei.
Mayu gli fece un cenno affermativo e aprì il borsone.
Thermos, termometro, sfigmomanometro...
Per una volta sapeva cosa fare e, proprio come aveva pensato, aiutava.
Svitò il tappo del thermos e il profumo del thé la riportò a giorni in cui la neve era uno spettacolo da ammirare rapita col naso all’insù, ai pupazzi e alle battaglie a palle di neve nel giardino, al tepore del camino nel soggiorno e a quel vecchio tappeto ormai sbiadito e pieno di macchie per tutte le volte che lei, Yuki e Tadashi ci si erano seduti per asciugarsi davanti al fuoco con una tazza fumante fra le mani. Sembrava passata una vita.
Strinse forte la presa attorno al tappo, lo capovolse e lo riempì fino all’orlo. Avrebbe fatto tornare quei giorni, a qualunque costo.
Anzi, saranno ancora più belli.
Guardò Harlock. Non ricordava d’averlo mai visto così pesto ed esausto in vita sua, ma la sua espressione, adesso, era la stessa che ricordava da quando era bambina.
Ferma. Determinata. Rassicurante. Rilasciò le dita. Non tremavano più.
– Tredici, quattordici, quindici.
Harlock fermò le compressioni e Zero si riabbassò su Tadashi.
Mayu porse il thé a Yuki. Lei allontanò la sua mano.
– Non pensare a me. Va’ da lui...
– Bevi, Yuki. Ti riscalderà.
– Non pensare a me, ti ho detto! Va’ da Tadashi! Va’ da lui prima che...
Mayu non aveva mai sentito quel tremito nella sua voce, non aveva mai visto nei suoi occhi tanto terrore… e aveva paura quanto lei, forse persino di più, ma non c’era tempo per confortarla, non ce n’era per discutere.
Sospirò, la risata allegra del Dottor Zero che le risuonava nella mente.
Con certa gente ci vuole pugno di ferro in guanto d’acciaio, cara mia!
Le spinse il thé sotto il naso e aggrottò la fronte.
– Bevi – lei stessa si stupì della durezza nella sua voce – Siamo solo in tre e se dovessi sentirti male dovremmo darti la precedenza. Se non vuoi prenderti cura di te stessa per il tuo bene, fallo almeno per il suo!
Yuki trasalì, distolse lo sguardo e prese il tappo fra le mani tremanti. Trangugiò un paio di piccoli sorsi e Mayu tirò il fiato. Non s’era nemmeno accorta d’averlo trattenuto, e non aveva tempo per pensare a che effetto le avesse fatto esser lei, per la prima volta, a farle una ramanzina.
Le misurò temperatura e pressione e sospirò di sollievo: i suoi valori erano bassi, ma non correva pericoli imminenti. Le fece infilare le braccia nelle maniche del maglione, le drappeggiò sulle spalle quello che giaceva ai suoi piedi e la coprì con l’altra coperta isotermica, poi raccolse strumenti e borsa e si alzò.
– Non muoverti da qui, qualunque cosa succeda.
Si lasciò cadere in ginocchio di fianco ad Harlock proprio mentre eseguiva le ultime due compressioni e Zero si preparava a cercare di nuovo tracce di respiro e polso carotideo. Infilò il termometro nell’orecchio di Tadashi, gli chiuse il manicotto attorno al braccio e avviò lo sfigmomanometro.
Accanto a lei, Harlock rilassò le braccia e si voltò verso Zero. Lui scosse la testa.
– Mayu?
Il display dello sfigmomanometro e quello del termometro diedero i loro responsi.
Mayu inghiottì.
– Temperatura ventidue – la sua voce si spezzò – Massima cinquanta, minima trentatré. Battito irregolare.
– Non va bene – Zero aggrottò la fronte – Non va bene per niente. Mayu, chiama il Dottore! Harlock, continuiamo!
Da qualche parte dietro di loro, Yuki gemette. Mayu sperò che restasse dov’era a finire il suo thé e accese la radio.
– Mayu – la voce del Dottor Zero era appena percettibile in un vociare confuso di sottofondo – Cos’hai lì?
Mayu gli fece un sunto della situazione e gli ripeté i valori di Tadashi.
– Quanto ci metterà la squadra della Karyu ad arrivare?
– Non ne ho idea – la voce del Dottore s’abbassò ancora, tesa – Ma voi continuate con la CPR*. Bisogna assicurarci che il sangue gli arrivi al cuore e al cervello.
– Dobbiamo usare la bombola?
– Se non c’è respiro autonomo, meglio aspettare. Bisogna fargli salire la temperatura, ma non troppo in fretta. Hai della salina riscaldata con te?
– Sì.
– Ti ricordi la procedura di somministrazione endovena?
Il cuore prese a batterle a mille e la gola le si seccò. Inghiottì e un dolore sordo le risalì su per la gola fino alle orecchie. Era a pezzi. Aveva freddo. Aveva paura. Non aveva mai fatto una cosa del genere senza il Dottore a guidarla passo passo e controllarla. Sfiorò il braccio inerte di Tadashi. Non poteva tirarsi indietro.
– Sì.
– Allora procedi. Subito. Gauge sedici, quello col butterfly grigio**.
Mayu scoprì il braccio sinistro di Tadashi e tirò fuori dalla borsa il tubicino che le aveva indicato il Dottore.
Respirò a fondo, imbevette un batuffolo di cotone nel disinfettante, gli legò il laccio emostatico appena al di sopra del gomito, gli afferrò il braccio con la sinistra e lo bloccò tra le ultime tre dita e il pollice. 
Tamponò con cura la pelle sotto la piega dell’avambraccio e la massaggiò col pugno dal basso verso l’alto per spingere verso il laccio la maggior quantità possibile di sangue. La vena spiccò azzurrina contro la pelle livida. La premette con l’indice appena sotto il punto che aveva scelto, afferrò il butterfly per le due alette, tirò via il cappuccio con i denti e fece penetrare l’ago per un paio di centimetri lungo l’asse del vaso sanguigno, pronta a fermarsi e arretrare alla minima resistenza. Non ce ne furono. Qualche goccia di sangue scuro rifluì lungo la camera di controllo del tubicino trasparente, ancora chiuso all’estremità dal suo tappino. Mayu fissò il butterfly con uno strappo di cerotto, allentò il laccio emostatico e adagiò il braccio di Tadashi lungo il suo fianco.
Tirò fuori dalla borsa la bottiglia di salina, la capovolse, l’agganciò a una stanga di metallo che pendeva sopra di lei, rimosse i cappucci protettivi dall’ingresso per il deflussore e dalla sua punta e li collegò. Compresse la camera di gocciolamento fino a riempirla a metà e controllò il tubo. Nessuna bolla d’aria.
– Fatto. A quanto regolo?
– Dieci gocce ogni quindici secondi. Un’ora. Gli è tornato il polso?
Zero scosse la testa, Harlock era già alla decima compressione.
Mayu aprì il rubinetto e regolò il deflussore.
– No.
– Insistete – il Dottore gridò qualcosa d’incomprensibile a qualcuno lì con lui – Asciugatelo, copritelo con tutto quello che avete e preparate una siringa d’adrenalina, giusto per precauzione. Dieci millilitri in venti di fisiologica. Cercherò di mandarvi qualcuno con un defibrillatore al più presto. Passo e chiudo.
Mayu prese una coperta isotermica, l’avvolse attorno alle gambe e ai fianchi di Tadashi e tornò al suo posto.
Tirò fuori dal borsone il contenitore con siringhe e fiale e guardò Harlock: era sempre più pallido, ansimava e rivoli di sudore gli scorrevano sul viso e sul petto costellato di tagli, lividi e cicatrici. Aspettò che terminasse la serie di compressioni e gli sfiorò la fronte. Era bollente. Guardò verso Zero per chiedergli di dargli il cambio e lo vide scostarsi con un sussulto. Dalle labbra blu-violacee di Tadashi uscì un lungo ansimo sibilante, poi un gorgoglio roco. Aveva aperto gli occhi, ma il suo sguardo era fisso, le pupille dilatate. Il suo collo già teso s’arcuò ancor di più, le sue braccia e le sue gambe si contrassero e si rilassarono in preda a violenti spasmi. Zero gli bloccò il braccio con la flebo.
– È in fibrillazione***! Mayu, iniettagli l’adrenalina, presto!
– Devo ancora prepararla! E inserirgli un altro catetere, chiamare il Dottore per chiedergli ogni quanto ripetere la somministrazione...
Non ce la farò mai!
Ansimò. Dove aveva messo la radio? E la borsa? Dov’era quella maledetta scatola? Cosa c'era scritto sui flaconi di fisiologica? Si sentiva soffocare.
– Calmati, Mayu. Respira – una mano sulla sua spalla, la voce di Yuki – Fa’ una cosa alla volta. Penso io a chiamare il Dottore e trovarti il catetere. Tu prepara la siringa.
Un altro spasmo. La metallina scivolò via dalle gambe di Tadashi, i suoi talloni si piantarono nella neve. Mayu prese dalla borsa un flacone di sodio cloruro.
Zero alzò la testa.
– Presto! Abbiamo meno di cinque minuti!
Dopo di che…
Mayu scosse il capo. Non doveva pensarci. Afferrò la siringa, tirò indietro lo stantuffo e inserì l'ago nel tappo di gomma della salina. Spinse lo stantuffo per comprimere l'aria nella boccetta, la capovolse per coprire la punta dell'ago con il liquido e aspirò.
Venti millilitri.
Dalle narici e dalla bocca di Tadashi uscì un rantolo spasmodico, raggelante.
Non voltarti. Non piangere. Non tremare.
Inspira. Espira. Una cosa alla volta.
Prese la fiala d’adrenalina e ne picchiettò la porzione più stretta per fare in modo che non vi restasse dentro del liquido, lo aspirò e sollevò la siringa con l'ago verso l'alto.
Premette lo stantuffo finché una minuscola goccia non imperlò la punta dell’ago.
– Ci sono!
Yuki le porse catetere e disinfettante.
– Il Dottore ha detto di ripetere ogni cinque minuti, se non risponde. Ma prima vuole che lo chiamiamo. Ha anche detto che la squadra arriverà in meno di dieci minuti.
Mayu annuì, ma non si poteva certo aspettare.
Gli occhi di Tadashi, adesso, erano del tutto arrovesciati nelle orbite. Rivoli di saliva gli colavano dagli angoli delle labbra.
Il suo corpo si tese come un arco e ricadde giù in un’altra violenta convulsione.
– Bloccagli il sinistro.
Yuki gli afferrò il braccio, ma le sfuggì prima ancora che avesse il tempo di sollevargli la manica. Zero guardò verso il suo orologio.
– Due minuti!
– Dannazione!
Harlock si mise a cavalcioni sul bacino di Tadashi, serrò il pugno a una ventina di centimetri dal suo petto, piegò il polso verso l’alto e gli sferrò un colpo d’ulna alla metà inferiore dello sterno.
– Non azzardarti a mollarmi così, Tadashi – ritrasse la mano – Non eri tu quello che voleva riportarmi sulla Terra a tutti i costi? Se sei un uomo, mantieni la parola!
Gli sferrò un altro colpo. Le gambe di Tadashi scalciarono la neve e ricaddero prive di forza.
– Lo ammetto, a volte ho desiderato che morissi, perché ti invidio, non sai quanto – Harlock gli soffiò aria nei polmoni e ricominciò a comprimergli il petto, le labbra curvate in una piega amara – Ogni volta che ti guardo, vedo il ragazzo che non sarò mai più e l’uomo che non diventerò mai e fa male, oh, se fa male, ma la sai una cosa? Io questo male lo voglio! Voglio tornare sulla Terra con te, vederti realizzare tutto quel che avrei voluto fare io, avere tutto ciò che ho sempre desiderato e invidiarti e star male e ferirti ancora e ancora, perché finalmente ho capito che tutto questo possiamo superarlo! Perciò vivi e torna a casa con me, ti prego!
Le convulsioni cessarono di colpo. Harlock barcollò all’indietro e cadde a sedere tra le gambe di Tadashi, ansimante e scosso dai brividi, l'occhio spalancato nel vuoto. Zero eseguì altre due insufflazioni e gli tastò la carotide.
Mayu applicò il catetere al braccio sinistro di Tadashi, ci inserì la siringa e spinse in giù il pistone il più adagio possibile. Trenta tacche d’eternità, scandita solo dal battito impazzito del suo cuore e dagli ansiti di Harlock.
L’ultima goccia svanì nel tubicino e lei alzò la testa, terrorizzata.
Incontrò lo sguardo scioccato di Zero con il regolatore di flusso della bombola d’ossigeno fra le dita della mano destra e la maschera nella sinistra, poi quello stravolto di Harlock, che le mise una mano sulla spalla. Lì accanto, Yuki intrecciò le sue dita a quelle di Tadashi.
– Torniamo a casa – singhiozzò – Torniamo a casa.





* CardioPulmonary Resuscitation – termine in lingua inglese per la rianimazione cardiopolmonare (RCP)
** Il gauge (inglese per "calibro") è un'unità di misura di diametro che, in ambito medico, viene applicata principalmente agli aghi, contrassegnati da un colore e un numero. Il butterfly è un tipo di ago con due alette, appunto, a farfalla.
*** La fibrillazione ventricolare (FV o VF) è un’aritmia che provoca contrazioni non coordinate dei ventricoli nel cuore. Quando si verifica, la gittata cardiaca cessa completamente.





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Disclaimer: fanfic basata sul mondo ed i personaggi di "Capitan Harlock" (Uchu kaizoku Kyaputen Harokku" e "Cosmo Warrior Zero" (Kosumo Woria Zero), creati da e © Leiji Matsumoto.
Tutti i diritti per questi personaggi sono © Leiji Matsumoto, Toei Animation, Enoki Fims e probabilmente un mucchio di altra gente.
Il loro utilizzo in questa storia non implica appoggio, approvazione o permesso da parte loro.
Siccome questa storia è stata pensata e scritta da una fan per altri fan, prego di non plagiarla, di citarmi come autrice in caso di pubblicazione altrove e di non ridistribuirla a pagamento. Grazie!

   
 
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