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Autore: Myn_Khaaru    24/11/2016    1 recensioni
Ci si ostina sempre a voler trovare un motivo, a cercare di capire senza comprendere, vedere senza guardare. Ma cosa nasconde dentro di sé qualcuno che ormai non ha più nulla da perdere? che non ha più motivo per nulla? che non ha più vincoli, che dentro è già morto?
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Sono ancora qui. È l’ennesima volta che vengo qui, a testa china, guardando il vuoto che mi si para di fronte, il nulla che potrebbe abbracciarmi e cullarmi con sé.
Il bordo è sottile, ho a malapena un precario equilibrio a sostenermi, e piove, piove tanto.
Piove così tanto che le lacrime si confondono, piove così tanto che a piangere sembra il cielo. Lo fa per me.
Le sue lacrime sono tristi, piene di amarezza e sofferenza, le mie invece sono vuote. Copiose, certamente, ma prive di emozioni o sentimento.
Quando le avevo perse? Quando avevo smesso di vivere?
Le risposte le avevo, ma non avevo la forza di dare loro una forma.
Non avevo la forza di fare nulla. Né di vivere. Né di morire.
Non era la prima volta che il mio corpo mi portava qui, non era la prima volta che osservavo l’oscurità, che la contemplavo.
Qui, sul picco del crepuscolo, come lo definiva lei.
Un modo infantile di chiamare la propria tomba. Eppure lo trovavo così carino, così… appropriato.
Qui un meraviglioso sole splendente ha fatto vedere la sua ultima luce al mondo. Qui, un meraviglioso sole splendente era sceso in picchiata, per spegnersi, per non tornare.
In confronto a lei io sono una semplice luna, un satellite, una roccia che può vivere solo di un riflesso di luce che non gli appartiene.
Già, una luce riflessa.
Sai, ho fatto come mi avevi chiesto. Ho diffuso la tua storia, le tue memorie, le tue emozioni e le tue sensazioni.
Ho restituito la tua luce a coloro che stavano perdendo la propria, a quelle piccole fiamme che stavano cedendo all’oscurità.
Ho mantenuto la promessa, quella promessa di tanto tempo fa. Quella maledetta promessa che tu mi strappassi un attimo prima di cedere, un attimo prima di spegnerti.
È stato estremamente egoista da parte tua interrompere un suicida, impedirgli di compiere l’ultimo passo, fermarlo, dargli una ragione di vivere.
Ti sono grato e allo stesso tempo non potrò mai perdonarti.
Dovevi proprio venire quel giorno qui, in un giorno di pioggia come questo, facendo la mia stessa pensata?
Dovevi proprio venire qui, il giorno che io stesso avevo deciso di farlo?
Mi sono sempre chiesto se fosse stata una coincidenza, o se in realtà tu, come me adesso, eri già venuta qui più volte, come se fossi io l’intruso, come fossi io colui da maledire, colui che ha rovinato i tuoi piani.
Ti ricordi le parole che mi dissi quel giorno?
Mi dissi di non preoccuparmi. Di non stare a sentire gli altri. Dicevi che mi capivi, che sapevi cosa si provava a perdere la battaglia contro sé stessi, che sapevi cosa voleva dire ascoltare parole di chi invece non capiva nulla, non poteva capire, non voleva capire.
Poggiasti la testa contro di me. Eravamo entrambi incuranti dell’acqua che ci veniva addosso, dello scrosciare, del peso che ogni goccia aveva, gocce che colpivano direttamente il cuore, gocce che risvegliarono la nostra parte più infantile, più primordiale.
Piangemmo. Non per paura. Era rassegnazione?
O era solo un modo di liberarci di quella pioggia in eccesso che riempiva i nostri corpi?
Tu ti sedetti, proprio dove sono io ora, sorridesti guardandomi, e mi dicesti che eri felice di avermi conosciuto, nei nostri ultimi istanti.
Ricordo il momento dopo, quando ti rabbuiasti, e sempre rivolgendoti a me, facesti una richiesta.
Lo so che non volevi rincuorarmi, lo so che non volevi farmi desistere. So che il tuo desiderio non era quello di diventare come gli altri, di dirmi che era sbagliato.
Lo so.
So quanto ti pesò farmi quella richiesta. So quanto soffristi nel delegare a qualcuno quel compito.
Avevi delle faccende in sospeso. Lo so. Lo capisco.
Tante cose da fare, e non ne avevi più la forza. Io l’avevo. Lo so.
Tu mi chiedesti se potevo farti un favore, se potevo raccontare la tua storia e il tuo dolore ai tuoi amici, ai tuoi familiari, se potevo aiutare quelli che erano come noi, ma non ancora in un punto di non ritorno.
Io dissi sì.
Tu sorridesti. E ti lanciasti. Mentre lo facevi ti girasti, mostrandomi il volto, sussurrandomi grazie.
Poi, il vuoto.
Ho mantenuto la promessa. Per più tempo di quello che credevo. Ho fatto ciò che mi avevi chiesto.
Ma non ho vissuto, non potevo farlo. Questo no. Lo sai.
Il mio compito qui è concluso, questo mondo non ha più nulla per me e io non ho più nulla per questo mondo.
Ora non ho più forze. Non ho più forze.
Mi siederò qui, ancora un po’, aspetterò.
L’oscurità mi guarda. È così bella.
È bella come lo sei stata tu.
Non rimpiango il giorno in cui non ho vissuto con te. Rimpiango quello in cui non sono morto con te.
Ma per quello, posso rimediare ora.
Faccio forza sulle braccia, mi spingo in avanti. Nulla per il momento ostacola la mia picchiata. Presto però, anche la luna tramonterà.
E solo allora, io ti raggiungerò.
   
 
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