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Autore: la luna nera    25/11/2016    6 recensioni
Rovistare nei vecchi bauli può riservare delle sorprese. Fra biancheria d'altri tempi e gioielli meravigliosi, Maddy e Alyssa trovano un sacchetto contenente due orologi da taschino dall'apparenza innocua. Ma si sa, sono proprio gli oggetti più anonimi a nascondere sorprese e le due ragazze lo scopriranno di persona, trascinando nell'avventura che stanno per vivere anche Jordan che invece ha ben altri grattacapi a cui pensare.
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mhm… Che mal di testa…”
Alyssa si voltò e vide Jordan che si stava svegliando massaggiandosi la fronte e coprendosi gli occhi con l’altra mano a causa della luce diurna che lo stava leggermente infastidendo.
“Ben svegliato.” Si sedette accanto a lui. “Come ti senti?”
Mugugnò di nuovo. “Non troppo bene, te l’ho detto che mi fa male la testa e se ti metti a chiacchierare come fai di solito, peggiori solo la mia condizione.”
Roteò gli occhi e al contempo si sentì sollevata perché quella risposta fu la conferma che Jordan era tornato il ragazzo di sempre. “Ok, mi tappo la bocca e non ti disturbo più.” Si alzò incamminandosi lungo il sentiero che aveva scorto poco prima.
“Ehi, dove vai?” Si alzò e le corse dietro barcollando. “Dov’è Lady Rowanne?”
“Oh, non lo so. E’ possibile che sia fra le potenti braccia di un aitante cavaliere.”
Restò in silenzio per una manciata di secondi. “Quindi non siamo più nel Regno di Artù.”
“Già.”
“E dove siamo finiti adesso?” Alyssa continuava a camminare senza rispondergli. “Dove stai andando?”
Lei si voltò sorridendogli. “A visitare Firenze.”
“Cosa-Come?”
Si bloccò all’istante.
“Ti piace il luogo in cui ti ho portato?” Gli indicò con la mano il panorama.
Guardò la città che si sviluppava davanti ai loro occhi: molti dei monumenti che ammirava nei libri o in internet si innalzavano già sui tetti della città: la maestosa Cupola del Brunelleschi era lì a dominare il Rinascimento italiano, o meglio, della Signoria retta dalla famiglia de’Medici, poi imponente stava il Campanile di Giotto e poco più in là svettava la torre di Palazzo Vecchio. L’Arno serpeggiava silenzioso fra le strette vie cittadine, sicuramente sopra di esso già esisteva Ponte Vecchio e il solo pensiero di trovarsi in quella città famosa in tutto il mondo per le sue bellezze artistiche ed architettoniche gli faceva toccare il cielo con un dito. Spostò l’attenzione sulla ragazza, poi la portò di nuovo sul panorama gli brillavano gli occhi tanto era entusiasta di trovarsi lì. “Come siamo finiti in questo luogo fantastico?”
“Grazie a me.” Gli sorrise con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di splendido. “Merlino mi ha confidato che questo orologio, come l’altro del resto, ha la facoltà di condurci in qualsiasi luogo vogliamo. Basta pensarlo anche in minima parte, schiacciare il pulsante e…il gioco è fatto. Se non pensiamo ad una località ben precisa, sceglie lui per noi. Semplice, no?”
“E tu hai pensato di venire qui? Perché?”
Abbassò lo sguardo. “Beh, immaginavo ti piacesse visitare un luogo come Firenze vista la tua grande passione per l’architettura e che tutto questo potesse giovarti dal momento che hai rischiato seriamente di morire.”
Jordan rifletté soppesando con grande attenzione le parole udite: ricordava di essersi procurato una brutta ferita nel torneo cavalleresco per ingraziarsi Lady Rowanne, poi nella sua mente vi erano solo frammenti di quanto aveva vissuto. “Ho rischiato di morire?”
“Già. E se non fosse stato per Merlino non so cosa sarebbe potuto accadere.”
Ricordò vagamente di aver bevuto una strana pozione in un meraviglioso calice e di aver passato momenti travolgenti di pura passione con Rowanne. E poi….e poi… “Ti giuro che non farò più cazzate, mi hai portato in un posto bellissimo e farò il bravo per dimostrarti tutta la mia gratitudine.”
Per la prima volta Jordan le aveva rivolto parole carine. L’afferrò per la mano e la trascinò giù per il sentiero che conduceva alla città del giglio. Faticava a tenere il suo passo, ancora una volta l’abito che indossava, per quanto suggestivo, era di una scomodità allucinante e non era facilissimo correre per la stradella sterrata con quella roba addosso. Nonostante questo era bellissimo vivere quei momenti con lui, era felicissima di aver fatto qualcosa che gli aveva provocato tanta gioia e in cuor suo iniziava davvero a pensare che forse un lumicino di speranza di apparire diversa ai suoi occhi poteva accendersi.
Arrivarono presso una delle porte di accesso alla città: era maestosa ed imponente, molto elegante così come lo erano alcune carrozze e qualche portantina che transitavano di lì assieme a molte persone evidentemente appartenenti a ceti inferiori. C’erano carri trainati da buoi che entravano in città carichi di prodotti delle campagne, contadini e villani, donne e bambini, uomini, cavalieri e fanti di ventura. Jordan osservava con sguardo estasiato tutto quel brulicare di vita a cui faceva da sfondo la magnificenza della Firenze rinascimentale. Senza mai lasciare la mano di Alyssa entrò in città facendo tesoro di ogni angolo ed ogni scorcio di quel luogo.
“Scusa…. Ma dove mi stai portando?”
“Eh?” Il ragazzo era totalmente rapito.
“Hai una vaga idea di quello che vuoi fare? Dove stiamo andando?”
Al che, Jordan si fermò ed iniziò a guardarsi attorno.
“Dove andiamo?.... Ehm…. Là! Andiamo là, c’è la cupola del Brunelleschi. Voglio sperare di incontrare qualche grande architetto del passato.”
Giunsero quindi di fronte alla maestosità della cattedrale fiorentina, il piazzale antistante brulicava di vita che pian piano si riversava lungo la via che conduceva verso la riva dell’Arno. Si unirono alla folla poiché era piuttosto chiaro che stava per accadere qualcosa e quel qualcosa Jordan non se lo voleva perdere per niente al mondo. Non appena si trovarono in quella che secoli dopo sarebbe diventata Piazza della Signoria, videro una catasta di legna attorno alla quale vi erano degli alti prelati dall’aria severa e austera sebbene gli abiti che indossavano erano tutt’altro che austeri. Uno di essi portava un grande crocifisso fra le mani e pareva farsi strada fra la folla mormorante; dietro di lui, in condizioni terribili, una donna dalle mani legate e dalle evidenti ferite su tutto il  corpo veniva trascinata da un gruppo di uomini vestiti di nero. La sventurata si reggeva in piedi a fatica, come se tutte le torture cui sicuramente era stata sottoposta l’avessero privata delle forze necessarie a tenersi in piedi. La collocarono sulla catasta di legna e la legarono ad un palo e mentre venivano recitate delle preghiere in latino, un tizio dal macabro copricapo appiccava il fuoco fra le urla disperate della donna che si dichiarava innocente ribadendo di non essere una strega. Poi fu avvolta da un fumo nero e denso, dopodichè non si udì più niente, solo il crepitio delle fiamme.
Alyssa raggelò all’istante aggrappandosi al braccio di Jordan, il quale ritenne estremamente sconveniente restare lì a guardare quello spettacolo raccapricciante. Trascinò via la ragazza che faticava a camminare, la sentiva tremare e notò il suo viso pallido, teneva la mano destra sullo stomaco e forse vi avrebbe tenuto pure l’altra se lui non gliel’avesse stretta forte fra le sue. Percorse quelle viuzze strette e affascinanti sulle quali si affacciavano le botteghe degli artisti e degli artigiani: c’erano dipinti che raffiguravano soggetti religiosi molto belli e raffinati e poi statue terminate o soltanto abbozzate, blocchi di pietra in attesa di esser lavorati; notò dei negozi di tessuti provenienti da chissà dove destinati forse a diventare abiti preziosissimi di qualche potente signora. Tuttavia, in quel susseguirsi di normale vita rinascimentale, si insinuava ancora l’acre odore del fumo, per cui decise di abbandonare provvisoriamente la città e cercare altrove un riparo per la notte. Varcarono la soglia della porta cittadina, Alyssa ancora non aveva aperto bocca se non per tossire e tentare di domare i conati di vomito. Continuarono quindi a camminare a passo svelto senza voltarsi indietro, videro un gruppo di case arroccate su di un colle a poca distanza, perciò decisero di provare a cercare un posto sicuro in quel luogo. Sembrava una piccola fortificazione autonoma, forse un piccolo villaggio cinto da mura, dove avrebbero potuto trovare un posto in cui mangiare un boccone e trascorrere la notte. Erano stanchi, soprattutto Alyssa che non chiudeva occhio da quasi un giorno intero. Entrarono quindi in quel paesello dal quale si godeva una bella vista sulla città di Firenze, c’erano alcune persone che presero ad osservarli con insistenza e curiosità neanche troppo mascherate.
“Guarda…” Jordan indicò una piccola insegna. “Quella è una locanda, che ne dici di fermarci lì per la notte?”
Alyssa alzò gli occhi osservando quanto aveva suggerito il ragazzo: l’edificio era di modeste dimensioni, c’erano tre finestre al piano di sopra e due al piano di sotto, al centro delle quali stava la porta d’ingresso sormontata dall’insegna recante il nome “La Locanda della Civetta”. Aveva sempre associato quel pennuto alla sfortuna e in tutta onestà provava un forte senso di disagio nel dover alloggiare in un tale luogo. Fu colta da un capogiro causatole proprio da questo pensiero nefasto, Jordan non ci pensò due volte e, sorreggendola, si diresse verso quel locale. Entrò e si trovò in un ambiente piuttosto buio, non filtrava troppa luce dall’esterno, qua e là delle lucerne illuminavano debolmente sia l’ingresso che il salone in cui erano sistemati dei tavoli, probabilmente la sala da pranzo o qualcosa del genere.
“Buonasera pellegrini.” Una giovane donna si avvicinò. “Posso esservi d’aiuto?”
“Ehm…. Si… Per favore….” Jordan provava uno strano senso di disagio stando di fronte a quella affascinante locandiera dallo sguardo penetrante.
“E’ molto debilitata.” Essa posò la mano sulla testa di Alyssa. “Ha bisogno di assoluto riposo.” Poi fissò il ragazzo. “Seguitemi al piano di sopra fino alla stanza numero 6. E’ l’unica libera.”
Non osò dire una sola parola, la ringraziò con un debole cenno della testa e la seguì iniziando a salire quei gradini di legno fino alla porta della loro camera ed entrò. Aiutò Alyssa a stendersi sul grande letto che si trovava sulla parete destra, sulla sinistra c’era un piccolo scrittoio su cui la donna aveva depositato una lucerna accesa, unica debole fonte di luce in tutta quell’oscurità.
“Bene, vi auguro buon riposo messere.” Chiuse la porta andandosene senza aggiungere altro.
 
 
 
 



 
Buon Venerdì a tutti!
Stavolta sono riuscita ad aggiornare in tempi ragionevoli.
Permettetemi di ringraziare ognuno di voi che, nonostante la mia non  impeccabile puntualità, continuate a seguire le vicende di Jordan ed Alyssa.
Abbiamo dunque lasciato l’epoca di Re Artù e l’orologio li ha condotti proprio dove la ragazza voleva, cioè nella Firenze rinascimentale, culla di arti e mestieri ma anche di ignoranza e superstizione. La caccia alle streghe ha provocato un numero troppo alto di vittime innocenti, l’ignoranza appunto e la mancanza di istruzione ne sono state alla base e forse anche ai giorni nostri in qualche angolo del mondo qualche cosa di simile accade ancora.
 
Vi auguro un buon fine settimane, attendo i vostri commenti!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 
  
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