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Autore: Duncneyforever    25/11/2016    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Non riesco ancora a credere di aver accettato: sono bastati gli occhi da cane bastonato del rosso per convincermi. Rari, come la pioggia nel più arido dei deserti, blu come il più bello degli zaffiri, mi hanno completamente persuasa. Ho scacciato ogni cattivo pensiero e ho annuito lentamente, quasi a volermi piegare sotto il peso di quello sguardo. Tante parole per una semplice moina? Non avrei mai pensato nulla di simile se non avessi visto un qualcosa di più, un bagliore mai visto negli occhi da mostro di Rudy, colmi d'odio e presunzione. Ho seguito il tedesco fino alla camera da letto, una stanza decisamente ampia poco distante dalla " mia ". Il suo gusto raffinato mi ha colpita molto, ma la cosa che mi ha sorpresa di più è stato il design della camera in sè, in stile ottocentesco e riccamente arredata; vi è un armadio enorme in legno massiccio che occupa un'intera parete, un lampadario a pendente simile a quello in soggiorno, tende pesanti color rosso vivo, un tavolino in vetro, una poltrona di pelle nera... Il letto grande, a baldacchino, anch'esso in legno di quercia, con un tendaggio rosso, cuscini e lenzuola del medesimo colore. Per carità, molto d'effetto, ma il solo colore rosso mi ha indotto pensieri a dir poco brutti.

Ho provato un senso di vergogna e spaesatezza per quasi cinque minuti, prima che il colonnello mi invitasse a sdraiarmi. Dopo essersi liberato della camicia egli si è tolto anche i pantaloni della divisa. Mi ha vista arrossire e morire dall'imbarazzo... Surreale ma vero, alla fine abbiamo trovato un compromesso: io avrei tenuto su il mio pigiama ( composto dalla maglia più larga che possiedo ) e lui avrebbe indossato un paio di pantaloni. Ho aspettato che lui si coricasse per sedermi sul letto e raggomitolarmi sotto le coperte, il più lontano possibile da lui. 

- Garantisco che non mordo - dopo aver detto ciò, si avvicina e " invade " il mio spazio vitale, facendomi provare irrequietezza e fastidio. Mi spingo fino al limite della piazza e lo guardo con aria di sfida, cercando di tenermelo lontano. 

- Saresti un folle se pensassi davvero che io mi fidi di te. - 

- In effetti lo sono, ma prometto che non ti farò alcun male.. Se volessi qualcosa da te potrei anche prendermela senza chiedere, ti pare? - 

- Non oserai... - 

- Tu dici? - 

- Non immagini neppure quanto odi il tuo modo di fare e di essere - mi accartoccio su me stessa e abbraccio forte il cuscino, infossando la faccia sul morbido tessuto e assottigliando lo sguardo, come al solito. Rüdiger, incurante della mia vivace contrarietà, mi prende per la vita e mi schiaccia sul suo petto nudo, tra le sue braccia; io mi divincolo fin quando non realizzo l'inutilità del mio sforzo... Poi mi lascio cadere sul materasso, stanchissima. Evito il contatto diretto con la sua pelle, ma quando percepisco un brivido di freddo pervadermi le ossa, mi stringo istintivamente a lui, rendendolo felice come non mai. Non so davvero cosa aspettarmi da un individuo simile... Manterrà la sua promessa? 

 

I raggi del sole filtrano attraverso i tendaggi rubino e la quiete domina nella stanza ma, nonostante questo, ho il terrore di aprire gli occhi... Se il rosso mi avesse fatto qualcosa mentre dormivo? Ho un sonno molto pesante e, per di più, potrebbe anche avermi drogata o qualcosa di simile... insomma, potrebbe avermi fatto di tutto senza che io me ne sia accorta. Il fatto che io non abbia sentito un dolore atroce nel bassoventre mi rassicura ovviamente, ma non mi rende del tutto tranquilla. Dopo un secondo mi accorgo delle braccia forti del rosso ancora attorno al mio corpo: non mi cinge con prepotenza, ma neanche con dolcezza. Sembra quasi che voglia proteggermi. 

- Guten Morgen, Prinzessin - sussurra, fregando la punta del suo naso dritto sulla mia e carezzandomi un fianco. 

- C-che stai f-facendo? - Sbotto, scostandomi da lui e alzandomi in piedi con uno scatto. Il rosso ridacchia di gusto, appoggiandosi sui gomiti e allargando le gambe snelle. Imporporo di botto alla vista degli addominali asciutti e levigati in evidenza, ma le tento tutte per non farmi notare... Senza successo ovviamente. 

- Mettiti qualcosa adosso per l'amor di Dio! Non siamo ad una sfilata della collezione estate... - La sua risata da iena è così dannatamente irritante! Pensare che poco fa ero così comoda appoggiata al suo petto, mentre ora vorrei solo svuotare una fialetta di cianuro nell'acqua che beve. 

- Paperella, ho bisogno di te. La prossima settimana mi dovrò recare a Roma per firmare degli accordi e dovrò ottenere le simpatie dei tuoi amici italici. Vorrei conquistare la loro fiducia portando te al mio fianco. Sicuramente avrai notato la mia bravura nel parlare la tua lingua ma, ovviamente, non sono italiano e non conosco tutte le parole, quindi verrai con me e mi farai da interprete. -  

Come? Io tornare in Italia con lui? Farmi vedere ( dalla mia gente ) in compagnia di costui? Ma siamo impazziti? Chissà cosa penserebbero di me... Ne soffrirei molto. 

- La tua non mi pare proprio una richiesta - faccio presente, notando che il tono del rosso non ammette repliche. 

- No, infatti. È un ordine. Verrai comunque? - Mi chiede, con la sua faccia da pugni, neanche da schiaffi. 

- Sai Rudy, in questo momento ti manderei volentieri a quel paese, e dico questo perché non vorrei essere volgare, intendiamoci. - 

 

È passata qualche ora da quella conversazione e l'assenza di Friederick si fa già sentire: ho scoperto che il biondo avrebbe tanto voluto salutarmi, ma non gli è stato permesso a causa del tempo. Il ragazzo ha preso immediatamente l'auto e si è recato alla piccola stazione di Oswíeçim per non perdere il treno. 

Ora non so cosa fare, me ne sto qui seduta in attesa della colazione mentre la mente è impegnata altrove: è sul divano di casa mia, con un ragazzo nordico accanto che nonostante la sua infelice situazione trova il modo di scherzare e farmi sorridere. Sono ancora convinta che questa situazione sia paradossale, e il tutto sia soltanto frutto della mia immaginazione; filerebbe tutto liscio se non fosse per una prova contraria alla mia ipotesi: nei sogni non senti nulla a pelle, mentre qui sento tutto. Sento i brividi dovuti al freddo e le guance scottare per la vergogna, percepisco il contatto con altre persone e il dolore fisico tutte le volte che il colonnello mi afferra con troppa forza... Non può trattarsi di un sogno, ma non riesco ancora a spiegarmelo perché probabilmente tutto questo non ha una spiegazione. Iniziò a sentire la lontananza da casa mia e la mancanza della mia famiglia e dei miei amici, pur sapendo che la cosa non possa essere reciproca data la diversa percezione del tempo in due secoli diversi. Non so come tornare a casa così come non so come sia stato possibile sopraggiungere qui; Friederick mi ha promesso delle risposte che non può darmi, ma almeno apprezzo il gesto. Chissà cosa ne pensa lui... Forse crede che si sia trattato di un fenomeno paranormale o, dato il suo ( che poi sarebbe anche il mio ) credo, che si sia trattato di un miracolo. 

Meglio non pensarci per il momento, altrimenti finirò per impazzire del tutto. 

- Per te, Fräulein - Ariel porta un tagliere molto ricco sul tavolo, sul quale vi è accuratamente sistemato ogni ben di Dio: una caraffa di latte, una brioche, alcuni Lebkuchen ( tipici biscotti tedeschi ) al cioccolato, una mela verde, una manciata di cereali e un bicchiere di succo all'arancia.

 Un certo languore mi pervade lo stomaco ( chissà come mai ) 

- siediti con me Ari, le tue porzioni sono sempre tanto abbondanti. - Lo invito a sedersi e lui, ormai abituato, siede al tavolo senza lamentarsi, con un sorriso accennato sulle labbra. In una settimana il ragazzo sembra essere rinato e a vista deve aver ripreso qualche etto, se non un chilo e passa: una magnifica notizia, ma se il colonnello se ne accorgesse sarebbero guai per tutti e due. 

- Mi stai viziando ragazzina, sono mesi che non mangio cose simili... - Farfuglia, tra un boccone e l'altro, portandosi alla bocca un altro pezzo di brioche alla marmellata. 

 È quasi divertente vederlo mangiare, ma non faccio che provare compassione nel vederlo inghiottire il cibo il più velocemente possibile e reggere saldamente il piatto tra le mani, per paura che qualcuno glielo possa sottrarre da un momento all'altro. 

- So che hai fame, ma devi mangiare poco alla volta, a piccoli morsi. Potresti sentirti male altrimenti. - 

Lui segue il mio consiglio, scusandosi per non si sa quale colpa ( forse per abitudine ) e, così facendo, riesce a terminare la sua porzione in qualche minuto anziché in pochi secondi. Sono orgogliosa di lui, anche perché in questa circostanza non sono sicura che mi sarei trattenuta; anzi, credo proprio che avrei divorato voracemente tutto ciò che mi sarei trovata davanti.  

Dopo aver terminato la colazione, ho atteso fino alle quattro e un quarto, l'ora in cui Zeno ( che ormai chiamo sempre Zohan ) sarebbe venuto a prendermi, parlando con Ariel ( senza intralciarlo nel suo lavoro ovviamente ) e provando a leggere un libro di cui non ricordo neanche il titolo, in quanto in tedesco e troppo complicato da ricordare. 

 

Ho trascorso quasi una settimana in questa casa, senza Friederick e senza la mia amata tecnologia, in un tempo lontano e a stretto contatto con la guerra. Che dire... Non posso assolutamente dire di essermi annoiata, anche perché Ariel e Zeno sono certamente una buona compagnia per me, così simili ma così diversi. Due giorni fa, invece, ho insistito per rivedere i " miei " bambini e alla fine Zohan non ha potuto che accontentarmi. Quale gioia nel saperli vivi! Quasi piansi dalla contentezza e corsi subito in infermeria dopo aver saputo del piccolo infortunio di Maël, il quale era inciampato su un'asse e si era ferito a una gamba. Il dottore deve aver provato pietà per un bambino così piccolo e deve averlo curato come meglio poteva. Grazie a quest'anziano signore dagli occhi grigi, trovai il bimbo correre per l'infermeria come un leprotto. Ringraziai profondamente quell'uomo dall'animo buono e riportai Maël dal fratello e dai suoi amici. Giocai con loro per tutto il pomeriggio, cercando il più possibile di evitare i crucchi e tentando di tenerli lontani dai lavoretti ( mica tanto lavoretti ) che avrebbero dovuto svolgere. Nessuno mi disse niente dato che agli occhi dei prigionieri sono " ariana " anche io, ma la cosa mi disgustò lo stesso, seppur in quella circostanza mi tornò decisamente utile. Mi pianse il cuore quando dovetti lasciarli, ma promisi loro che sarei tornata.

Per il resto conobbi Gunther tre giorni fa ( uno dei pochi tedeschi con cui posso parlare la mia lingua senza gesticolare per farmi capire ) e constatai che egli fosse realmente come Fried e Zeno mi avevano descritto: non molto bello, ma abbastanza simpatico; naso grosso, occhi piccoli e scurissimi, labbra quasi invisibili e orecchie a sventola, ma divertente, non troppo idealista e generoso. 

Il meno peggio, come dire. 

Zohan, lo stesso giorno, mi spiegò di non poter cercare Max, poiché gli era stata assegnata la sezione femminile. Io dovetti accettare questa cosa, seppur con dispiacere, ma non mi rassegnai e, tutt'ora, non ho ancora rinunciato. 

Le cose con Rudy, invece, sono andate un po' migliorando, seppur ieri pomeriggio ci sia stata una violenta sfuriata da parte mia, poiché appena rientrata in casa e appena passata la porta, avevo subito notato Ariel con le mani insaguinate che, trattenendo i singhiozzi, ripuliva il pavimento dai vetri e dal suo sangue ancora fresco. Ho aggredito il rosso perché sicurissima che fosse stato lui e, infatti, proprio lui era stato: diceva che il ragazzo aveva scheggiato un bicchiere mentre lo risciacquava ( cosa non vera, oltretutto ) e che, di conseguenza, aveva spaccato il bicchiere a terra e, dopo aver gettato il giovane sul pavimento, aveva schiacciato le sue mani contro i vetri rotti, facendo pressione con le scarpe. Per tenermi buona, il bastardo aveva pensato bene di lasciarmi medicare quella povera creatura, sapendo che il mio malcontento avrebbe " guastato " la lievissima simpatia provata nei suoi confronti qualche giorno prima... 

Dormire insieme è diventata un'abitudine e se i primi giorni la cosa mi irritava moltissimo, adesso non mi disturba neanche più di tanto. Fa davvero freddo in questo posto sperduto nel nulla e Rudy ha un corpo possente e caldissimo che mi fa da trapunta...

Insomma, come pelouche non è così male. 

Anche il risveglio è stranamente piacevole, perché mi sento protetta tra le sue braccia e perché nonostante si svegli molto prima di me, non si alzi mai dal letto e resti sempre accanto a me. È davvero sorprendente questo e l'inaspettata dolcezza del rosso, in questi momenti, mi ricorda quella di Friederick, seppur meno costante e meno intensa. 

Mi sono resa conto di voler trarre da questa sorta di avventura un qualcosa di nuovo, di non voler vedere ciò che è già stato scritto, ma ciò che nessuno vuole raccontare; vedere di quanto più " bello " possibile in quest'epoca di guerre a non finire, prima di scomparire così come sono comparsa.

- Rudy? - Chiamo, a mezz'aria. 

- Ja?

- Domani verrò con te. - 

 
  
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