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Autore: Jasmine_dreamer    27/11/2016    1 recensioni
"La finisci di starmi addosso? Mi perseguiti da settembre, quando l'anno scorso non conoscevi neanche il mio nome!" disse Alexia.
"L'anno scorso eri un cesso, poi non so cosa sia successo!" rispose Parker.
"Si chiamano tette. Ecco cos'è successo, quando ti crescono le tette improvvisamente diventi figa."
Lui rise: "Guarda che le tette non c'entrano, contribuiscono, ma non sono loro la causa del tuo cambiamento. Quando ti ho vista ho pensato che eri una favola."
Sul sorriso di Alex comparve un sorriso dolce e pensò a quanto fosse carino Parker. Poi si ricordò che era Parker e disse: "Non mi compri con due parole in croce, sai?"
"Oh che strano, sembrava di si."
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Parker si avvicinò ad Alexia e Jamie che parlavano nel corridoio.
"Che fate?"
"Nulla." rispose secca Jamie.
"Un'altra che non subisce il mio fascino?"
"Direi.." Fece Alex: "Jamie è lesbica, Parker."
"Oh, potremmo fare una cosa a tre!" esclamò Parker.
Alexia gli tirò un pugno sul braccio.
"Aia! Eh dai scherzavo!" rise Parker: "E comunque se vuoi farmi male devi impegnarti di più."
"La prossima volta ti amputeranno il braccio allora!" 
Poi suonò la campanella, le ragazze salutarono Parker e si diressero verso la loro classe.
"Tu e Parker fate sempre così?"
"Più o meno.." rise Alex: "ma tu non mi hai più detto perché hai cambiato scuola a novembre."
"Ad ottobre i miei si sono lasciati, e io e mio padre ci siamo trasferiti qui."
"Capisco." disse Alexia.
Poi Jamie le sorrise: "Sono arrivata, ci vediamo."
Alex la salutò con la mano, ed un pensiero assurdo le passò in testa.
Possibile che le piacesse Jamie? No era assurdo, le erano sempre piaciuti i ragazzi, non poteva essere lesbica o bisex.
Eppure c'era qualcosa in Jamie, che la attraeva come se fosse una calamita.

Finite le lezioni, Alexia fuori si accese una sigaretta e vide Parker con dei ragazzi attorno e due ragazze che facevano le troiette cercando di attirare la sua attenzione, ma lui non ci badava. Quando notò Alex, lei se ne accorse e fece per andarsene ma lui la chiamò e lei non potè più fare finta di niente.
"Alexia! Non evitarmi!"
"Che cosa vuoi Parker?" chiese brusca.
"Ehi, che ti prende?" fece Parker stranito.
"Niente."
Poi sulla bocca di Parker sbucò un ghigno.
"Tu sei gelosa!" esclamò.
"Non sono gelosa, Parker!"
"Sì che lo sei."
"Di cosa dovrei essere gelosa, scusa? Di due ochette che starnazzano, mettendo in mostra i loro culi perfetti solo in cerca di un cazzo su cui saltellare?!"
Forse un po' gelosa lo era, ma non lo avrebbe mai ammesso, neppure a se stessa.
"Si esatto!" disse Parker ridendo.
"Ma finiscila." Alex girò i tacchi e se ne andò.
Ma Parker la seguì: "Altro che quella che non subisce il mio fascino, tu lo subisci eccome! Hai una cotta per me, ammettilo."
"Parker, tu ti fai troppi viaggi mentali." disse Alex guardandolo: "Quella è mia madre, ciao."
"Ciao gelosona!"
In macchina Jessica chiese ad Alex: "perché parlavi con Parker?"
"Perché è un deficiente. Si è passato tutte le ragazze più fighe della scuola, anche se credo che a lui basta che abbiano la vagina e se le fa piacere, quel cretino montato è pure convinto che io abbia una cotta per lui."
"Perché è così..." Fece la madre.
"No mamma, non ho una cotta! Voi vi immaginate le cose."
"D'accordo!" rise Jessica.
Poi dopo qualche secondo, si fermarono ad un semaforo rosso ed Alex se ne rese conto: "Eh no mamma, non posso avere una cotta per Parker Shian!"
La madre le sorrise: "Eh invece sì, figlia mia."
Alexia scosse la testa esasperata.

"Quindi, ricapitolando: in un giorno hai scoperto di avere una cotta per due persone." Fece Matilde accarezzando Kira mentre vagava nei suoi pensieri: "Per qualcuno dovrai essere più cotta, no?"
"Sì?!" chiese Alexia: "No?!" 
Matilde la guardò incerta.
"Non lo so!" Strillò Alex mettendosi le mani nei capelli e lasciandosi cadere sul letto affondando il viso nel cuscino.
Poi si tirò su: "Ma tanto che importa, uno è un puttaniere e Jamie... è una ragazza!"
"E allora?!"
"E allora?! Sarebbe strano..." disse Alexia.
"Ma se ti piace che te ne frega scusa."
"Come faccio a capire chi mi piace di più?" scrollò le spalle.
"Boh pensaci. Chi ti piace di più?"
"Oh merda, Maty!" esclamò Alex.
"Che succede?"
"La prima persona a cui ho pensato quando me lo hai chiesto è Parker! Sono rovinata, sono come tutte le altre, aaah! Mi faccio schifooo!"
Matilde rise: "Ma come la fai tragica."
"La situazione è drammatica!" Fece alzandosi e allargando le braccia.
Poi si lasciò cadere sul letto, e Matilde, ridendo, la abbracciò.

"Alexia!" 
Alex lanciò via la sigaretta e facendo finta di niente, se ne andò a passo spedito mentre nella sua mente continuava a ripetere: "Merda, merda merda!"
Ma non fu abbastanza veloce, perché Parker la raggiunse.
"Oh Alex! Sono giorni che mi eviti, perché?" domandò.
"Tuffo nel passato Parker!"
"Sarà! Ma ero io ad evitarti, non tu."
"Forse all'asilo Parker! Visto che solo all'epoca facevo di tutto per attirare la tua attenzione."
"Mamma mia, come sei scontrosa Rattatà!" Rise Parker.
Alex lo fulminò con lo sguardo, ma Parker continuò a sorridere, quindi alla fine lo fece anche Alexia.
"Bene, questo sorriso mi piace." disse Parker tirandole una gomitata scherzosa: "Domani hai impegni?"
"Dipende, se vuoi uscire sì!" Rise Alex.
"Allora cancellali! Dopo scuola? Però a sto giro pizza, non vorrei vederti di nuovo mangiare quello schifo."
"E smettila che è buonissima!"
"Sisi non lo metto in dubbio!" fece Parker alzando le mani.
Alex sorrise, scosse la testa e pensò a quanto fosse stupido.
"Snorlax!" urlò poi.
Parker fu stranito: "Snorlax?"
"Beh Snorlax è stupido, tu sei stupido, quindi da oggi in poi ti chiamerò così!"
"Ma dai, Snorlax è obeso! Io non sono obeso." Fece Parker: "I soprannomi devono rappresentarti!"
"Tu mi chiami Rattatà, e Rattatà è orrendo. Staresti dicendo che sono orrenda?!"
"Beh.." annuì scherzoso.
"Parker!" esclamò lei tirandogli uno schiaffetto sul petto.
Parker rise: "Sto scherzando!" 
"Sisi certo!" disse Alex facendo la finta offesa.
"Dico davvero." si fece tutto serio: "Tu sei bellissima."
Alexia fu pervasa da una piacevole sensazione. Ma poi tornò alla realtà, ricominciò a camminare e disse: "Non te la do Parker."
Parker la seguì in corridoio: "Beh io ci ho provato!" 
Risero assieme.
"Io vado in classe." Fece Alex salutandolo con la mano.
"Ciao Alex!" disse Parker andandò nella sua classe.
Alex si sedette accanto a Matilde, che disse ridendo e a bassavoce: "Uuh, Parker!"
"Smettila, quanto sei scema!" disse Alex ridendo a sua volta.
Poi passò Jaqueline che, di proposito, fece cadere tutti i libri dal banco di Alex.
"Oh scusami!" fece smorfiosa.
Quando Alex li ebbe raccolti tutti si sedette e a Matilde disse: "Non la sopporto, è diventata una stronza!"
"No.." Fece Maty guardandola: "Lo è sempre stata! Mi ha fatto passare per una troia, quando la troia è lei visto che ha iniziato a piacerle Jackson quando lui già si sentiva con me, come ogni ragazzo che le è piaciuto, deve piacere sempre prima a me! Quindi che si fotta, a sto giro non mi sono messa da parte, non può averla sempre vinta lei."
Alexia annuì.
Poi Jaqueline passò e fece di nuovo cadere tutto, ma questa volta dal banco di Matilde, e scoppiò a ridere dicendo: "Chinati per raccogliere le cose, tanto sei abituata!"
"Senti stronza!" si alzò Alex: "Ma che diavolo di problemi hai?"
"Meglio stronze che troie!" urlò Jaqueline.
"Infatti menomale che io e Maty non siamo troie come te!"
"Che cos'hai detto?!"
"Hai sentito, puttana!"
"Ragazze calmatevi dai." disse Matilde mettendosi in mezzo.
Ma Jaqueline la spinse e Maty dopo aver detto: "Questo è davvero troppo!" le saltò addosso e iniziarono a menarsi.
Iniziarono a tirarsi i capelli, calci, schiaffi.
Alex era indecisa, nel panico più totale che non sapeva che cosa fare.
Sapeva che così Matilde sarebbe andata incontro a parecchi guai, ma le piaceva che picchiasse Jaqueline senza prendersi neanche uno schiaffo.
Sì lo sapeva che era sbagliato, la violenza lo è sempre.
Ma se si fosse messa in mezzo si sarebbe presa qualche cartone anche lei, meglio evitare.
Per fortuna si intromise Jamie che passava casualmente da lì e le divise prima che arrivasse la prof.
"Se vi beccano, vi sospendono!" Urlò Jamie.
E poi se ne andò.
Alexia pensò a quanto fosse bella, lo era davvero.
Poi scosse la testa, aveva pensato la stessa cosa di Parker, doveva darsi una calmata.

Parker tornò a casa e come ogni pomeriggio, Miriam era lì.
"Dov'è papà?" chiese lui.
Ubriaca, lei gli rispose: "Ed io che cazzo ne so?" 
Parker annuì e aprì il frigo.
"Dovreste fare la spesa."
Miriam gli scagliò la bottiglia di whisky addosso, però sbattè contro il muro e si ruppe.
"Fattela da solo la spesa, marmocchio."
"Va' al diavolo." disse uscendo di casa sbattendo la porta.
"Sei solo un figlio di puttana!" la sentì gridare.
Dio, come la odiava.
Si comprò una bottiglia di tequila e si sedette a scolarsela su una panchina.
"Parker.." sentì una voce dolce e calda, e una mano che gli si posava sulla spalla.
Si girò e la vide, avrebbe riconosciuto la sua voce in mezzo a mille.
"Alexia."
Il suo sguardo era dolce e preoccupato.
"Perché sei qui a scolarti una bottiglia di tequila alle 4 del pomeriggio e da solo?"
Parker scrollò le spalle.
"Boh, avevo voglia di bere."
Lei fece una risatina finta e si sedette accanto a lui: "Alle 4 di pomeriggio?!"
"Sì." rispose secco.
"Non volevo disturbarti, me ne vado." disse facendo per alzarsi.
"No!" la prese per il braccio: "Non ho voglia di parlare, ma tu stai qui. Non andartene... per favore."
Alexia fu intenerita dal suo sguardo e tornò a sedersi.
Lui lasciò la bottiglia a terra e mise la testa sulle sue gambe, che ebbe un sussultò, ma Parker non ci fece caso e chiuse gli occhi.
"Sei l'unica persona che voglio vedere in questo momento." sussurrò Parker.
"Ohw Parker." fu tutto ciò che riuscì a rispondere.
Poi Alexia capì che si era addormentato e gli accarezzò i capelli e le guance.
Dopo circa un'ora a studiare il suo profilo decise di svegliarlo.
"Parker." disse posandogli una mano sulle spalle: "Io devo andare."
"Sì, scusami." fece lui tirandosi su: "Ero ubriaco, ma ti prometto che non succederà più, terrò le distanze."
Lei fu un po' delusa, ma annuì non facendolo notare.
Poi si alzò in piedi, gli fece un cenno con la mano per salutarlo e corse via prima di sentire il saluto di Parker.
Piangeva, piangeva disperatamente mentre correva, ma non capiva perché.
"Che cosa mi succede papà?" Pensò alzando gli occhi al cielo.
Poi si fermò, si lasciò cadere in ginocchio, si accovacciò su sè stessa e disse: "Ma che diavolo mi sta succedendo?"
Andò a sedersi su una panchina in un parchetto non molto lontano da lì.
Si accese una sigaretta, musica nelle orecchie e si perse in un mondo tutto suo, con gli occhi chiusi e la mente altrove.
   
 
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