Fanfic su artisti musicali > Altri
Segui la storia  |       
Autore: kuutamo    27/11/2016    0 recensioni
[David Garrett]
[David Garrett]Infondo eravamo tutti dei poveri esserini rotti, bambole di porcellana con le guance in cocci e il cuore strappato, ognuno che combatteva contro il suo demone, il suo male.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


" Allora, ci vieni stasera al pub?" 

" No Jaqueline, ho un gran cerchio alla testa, mi dispiace "

Lei borbottò qualcosa e poi fece un colpetto di tosse.

" Ehm.. Guarda che è la stessa scusa della settimana scorsa, dovresti almeno studiartele meglio " la guardai, stanca. Non le avevo mentito, nessuna delle due volte, ma in parte era vero ciò che affermava.

" Non me la sento, tanto non sei sola, voglio dire, Joseph non viene? " presi il cappotto da dietro il bancone e lo indossai.

" Buona serata signor Christiensen "

" Anche a voi ! " disse felice di vederci andare via.

Cercai una mentina nella borsa e quando la trovai la inghiottii.

" Desdemona, devi finirla con questa storia assurda "

" Quale storia? " dissi acida ma indifferente, scontrandomi con il fresco dell'aria di giugno.

" Sono passati due mesi, due. Due mesi che non fai altro che pendere da quel telefono e sussultare ogni volta che squilla. State insieme? Rispondimi stavolta " si arrabbiò.

" Non credo, no. Non è una relazione "

" Ecco. Quindi per l'amor di Ronnie James Dio, smettila di comportarti come una vedova solitaria. Non ha detto anche lui che è meglio se restate amici? Allora fallo e inizia a vivere come facevi prima " 

Prima? L'unico momento in cui mi sono sentita quella di << prima >>, quella di una volta, è stato con lui. Quando se n'è andato sono tornata alla realtà, e lo ammetto è stata dura rientrarci, ma non mi conosci abbastanza se affermi che prima ero felice o altre strozzate varie. 

La mia mente esplose, la mia parlantina no.

" Jaqueline, ma che cosa vuoi da me? Vuoi che venga con te a quella stupida festa? Ok, lo farò ma poi? Non mi alletta per niente l'idea di vedere gli altri, ne di sentire te e Joseph litigare come cane e gatto. Voglio andare a casa, fare un bagno caldo e guardare un film "

" Se solo ti aprissi di più… "

" Sai come stanno le cose.. Te l'ho spiegato "

" Si, ma non so come stai tu… Insomma - continuammo a camminare per la strada, mentre le vetrine ad una ad una si abbassavano con le luci spente - dici di stare bene e l'attimo dopo quasi non contieni i lucciconi. Vorrei starti più vicina ma non me lo permetti, vorrei aiutarti, ma mi schivi "

" Sei molto dolce Jaque, ma quando sto così, mi piace stare da sola… Apprezzo molto quello che fai, tutti i tentativi per farmi distrarre, ma dovrà passare…deve. " guardai fisso davanti a me, le luci delle strade che iniziavano ad accendersi e a brillare.

" Ricordati che sono tua amica.. " 

" Lo so, certo che lo so… Però non preoccuparti "

" Spero che non debba davvero "

Arrivammo al semaforo e poi ci separammo.

" Passa una buona serata allora " disse.

" Anche tu Jaque, e divertiti non litigare " le sorrisi, poi mi voltai ed entrai nella metropolitana scendendo le scale ripide.

 

La metropolitana di Vienna era diversa da ogni altra. Ogni sua stazione era lungi dall'essere monotona e omologata, tranne quelle più moderne, un non-luogo che si faceva presto a confondere. No, ogni fermata era diversa con i suoi particolari, e le mie stazioni preferite erano quelle più antiche, con parti in legno verniciato di un verde chiaro antico, pieno di crepe ed angoli scheggiati. Il tempo era passato portando con se i giorni migliori di tutte quelle architetture, ma lasciando un'infinita bellezza che non sarebbe mai svanita. Questa è la differenza tra gli edifici e l'essere umano: noi invecchiamo, la nostra pelle si raggrinzisce e i capelli s'imperlano di grigio, ed intanto perdiamo persone importanti camminando per il nostro percorso, che non è poi tanto lungo. Le pareti hanno occhi, custodiscono segreti, hanno visto nascere, crescere, invecchiare e morire molte persone e nonostante tutto sono ancora qui, ancora in piedi, forti e vigorosi, quasi fossero lo scheletro portante e la memoria di noi esseri viventi. 

 

L'aria mi prese per la seconda volta di sorpresa; nonostante fossimo alla fine di giugno, di sera a volte un venticello freddo si faceva largo fra le strade, smuovendo i rami degli alberi dalla loro staticità estiva, creando turbinii ed onde sulla superficie dell'acqua delle fontane e dei laghetti.

I lampioni facevano risplendere le pavimentazioni e si specchiavano sulle vetrine dei piccoli negozi. Quella sera c'era poca gente attorno ai tavolini della gelateria, famosa per il suo gusto sacher artigianale. 

Di solito mentre camminavo, mi capitava spesso di guardarmi i piedi, soprattutto quando conoscevo bene il percorso che stavo intraprendendo. In quel momento lo feci, e mi resi conto che le mie scarpe erano davvero rovinate, arrivate decisamente al capolinea e che era ora di gettarle nella pattumiera. Mi dissi che l'avrei fatto appena arrivata a casa, ormai mancava poco. Strinsi la giacca al petto  e di colpo il cellulare squillò, il vento mi accarezzava i capelli vicini alle tempie. Lessi il nome sullo schermo - risposi.

 

" Com'è andata? Dio, racconta "

" Desdemona, cavolo, non avevo mai visto tutta quella gente. Le cose si stanno smuovendo più di quanto mi aspettassi "

" Te l'avevo detto - sorrisi attraversando la strada - era inevitabile, tu sei fantastico. Streghi le persone "

Silenzio.

" Già, forse è così… Tu come stai? "

" Tutto bene, qui niente di nuovo, tutto uguale " sospirai.

Silenzio.

" Ti ho pensata… - disse, poi si schiarì la voce e continuò piano - ti ho pensata durante Stop Crying, ricordi? "

" Si, certo … Anche io ti ho pensato "

" E a cosa hai pensato? " che domanda bastarda. Si sarebbe accorto che improvvisamente arrossii anche a dieci mila chilometri di distanza. Furbo.

" A tutto, a niente "

" Cosa vuoi dire? "

" Mi sono resa conto che  è difficile lasciarti andare… Molto di più di quello che pensavo "

" Non voglio che tu mi lasci andare .. "

" Devo, prima o poi… Lo hai detto anche tu che non è possibile… "

" Lo vorrei davvero " gli si smorzò in gola.

" Anch'io.. Anch'io " guardai assente la notte davanti a me.

" Hai programmi per stasera o sei sola? "

" Cos'è, sei geloso Mr Garrett ?" chiesi scherzando, sdrammatizzando. Sentì un sorriso anche dall'altro capo.

" Mi preoccupo solo per te. Ti isoli troppo, sei sempre sola "

" Ma ci sei tu… " mi sfuggì.

Sentii l'amarezza, una nota d'amarezza nel suo respiro.

" Cazzo, devi smetterla David… Non riesco a tenermi nulla per me da quando ti conosco. Davvero, è insopportabile "

" Invece è una cosa che mi piace, sei sincera. Dovresti esserne felice "

" Sono anche troppo sincera - mi morsi un labbro. Intanto aprii il portone ed iniziai a salire le scale - Tu invece cos'hai in programma? "

" Solo tanto riposo, mi sono chiuso in camera e non credo che avrò neanche la forza per togliermi i vestiti di dosso " 

" Jet lag eh? Brutta bestia"

" Puoi dirlo forte "

" Sai, dovresti comprarti un libro super noioso così basterà iniziarlo a leggerlo quando l'aereo parte per farti sette ore filate di sonno. Provalo, secondo me funziona ! "

" Seguirò il tuo consiglio, di solito sono sempre ottimi "

" Che film mi consigli per stasera? Sono molto indecisa, sceglilo tu per me " mi comportavo davvero come se lui fosse lì con me, quando in realtà era solo un'ombra che si proiettava dalla mia mente alla realtà. Sembravo una vedova che non riusciva a liberarsi del fantasma del marito, Jaqueline aveva perfettamente ragione.

" Chiama Jaqueline e invitala, almeno passi la serata con lei "

" È al pub. So quello che stai per dirmi, ma avevo un gran mal di testa e non ci sono andata, mamma "

" Sei l'unica persona in assoluto che conosca che non sappia inventare una balla decente! " 

" Beh, meglio così no? Allora, quale film mi consigli? "

" Musicale "

" Giuro che se rivedo August Rush stavolta piango senza smettere fino a lunedì "

" Allora un thriller "

" Va già meglio, grazie " - feci cadere le chiavi sul pavimento e con uno sbuffo le raccolsi, entrando nell'appartamento.

" Cos'è quel fracasso, hai rotto qualcosa? "

" Mi sono cascate le chiavi, sono appena rientrata "

" Non dovresti ritirarti da sola, almeno compra un'auto, così devi fare solo le scale e sei già dentro " a volte si preoccupava in un modo così dolce, sembrava che ci tenesse davvero a me.

" Non mi piacciono le auto "

" Sei una ragazza strana, quasi a tutti piacciono le auto "

" Io sono Quasi " dissi sorridendo.

" Forse è un punto a tuo favore, chissà "

" Sei sempre pieno di complimenti, eh! "

" Non fare la permalosa, lo sai che vai bene così come sei. Altrimenti non saresti tu "

" A quanto dici sembra che tu mi conosca da sempre, e invece è solo da pochi mesi "

" Non saprò i particolare, ma ho capito come sei davvero "

Mi sedetti sul letto a riposarmi, lasciando la borsa sul pavimento.

" Ah si, e come sono? " 

Silenzio. 

" Sei strana, ma dietro la maschera di stranezza che indossi quasi involontariamente ce n'è un'altra, fatta di dolore e lacrime… Qui però mi hai fermato, ricordi? Non sono riuscito ad andare oltre, ma sotto tutti quei muri ci sei tu, la stessa che scherza, che ride delicatamente portandosi una mano al mento, tu "

Rimasi spiazzata per un attimo, come tutte le volte che mi faceva un complimento, che scavava, che s'insinuava dietro quei muri di cui parlava con un piccone.

" Chi sei tu, David? " sospirò.

" Credo che non smetterai mai di farmi questa domanda, vero?.. "

" Credo che non smetterai mai di cogliermi di sorpresa " sorrise. Se chiudevo gli occhi riuscivo a vederlo, di fronte a me. 

" Spero proprio di no, come spero che non smetterai tu di farlo "

 

Ed eccolo lì, che di nuovo lasciava e sparpagliava indizi nella mia povera mente già parecchio confusa. Cercava di dirmi di non smettere, di continuare a parlare con lui, a fargli compagnia. Continuava a tenermi vicina a sé, era straordinariamente bravo in questo. E forse, poi, era la medesima ed identica cosa che facevo io. Ad entrambi sembrava piacere sguazzare in quel tipo di dolore, soffocante. O almeno per me. Lui non mi diceva mai, semmai lasciava solo intendere quanto stesse male. 

Perché ci tenevamo ancora ancorati l'uno all'altra? Dopotutto era stata una notte, una sola bellissima notte. Non l'avrei mai dimenticata, ma poteva bastare? Poteva bastare per legarmi ad una persona così tanto? Poteva bastare per riservarmi a lui soltanto? Poteva bastarmi per continuare a respirare? Ad arrancare nel buio.
 

 

Le giornate in libreria passavano piene, grazie alla bella stagione e ai fiori nelle aiuole dei parchi che portavano innumerevoli turisti in quella che sentivo vicina a definire la mia città. Per lo più i turisti acquistavano guide e mappe, e i più acculturati aggiungevano al conto libri sui personaggi illustri che erano vissuti, passati o anche solo sepolti a Vienna. Il signor Christiensen mi diede anche un piccolo aumento, e non mi fece che piacere, dal momento che sul fronte traduzione non c'erano notizie ormai da mesi. 

In quel periodo leggevo avidamente, come se volessi vivere dentro quello spessore leggero che hanno le pagine e non nella mia vita. La finzione era sempre bene accetta, una finestra che dava sul mondo perfetto, sul mondo irrealizzabile. Continuavo ad amare molto la lettura perché mi faceva sentire a casa e soprattutto mi faceva sentire senza alcun difetto, perché tra quelle righe io non avevo volto, se non quello dei protagonisti narrati. A volte mi piaceva estraniarmi da me stessa, spersonalizzarmi.

Mia madre era sempre precisa, attenta e meticolosa nel rito delle sue telefonate. Mi chiedeva sempre le solite cose, come stavo, se mangiavo a sufficienza e se c'erano novità. Verso la metà di luglio, durante la pausa in un caldo pomeriggio, quando risposi al telefono ebbi per un minuto un tuffo al cuore. Successe qualcosa che mi stupì, che in qualche modo mi smosse qualcosa dentro, che poi però ritornò al suo posto.

 

" Come stai, papà? " 

" Bene, continuo a prendere quelle inutili medicine, ma un giorno o l'altro smetto " lo diceva sempre, e appena glie lo sentii dire sorrisi.

" Dovresti, ma prima consulta il tuo dottore, non si sa mai. Come vanno le cose a Parigi? " chiesi.

" Tutto piatto. L'ultima volta che io e tua madre siamo andati all'opera siamo rimasti molto delusi, è da almeno due stagioni che assumono gente che 'prova' a suonare. Improponibile "

" Beh, potresti consigliarli, dopotutto ti conoscono da una vita, si fideranno di te "

" Sai, potrei anche farlo ma, se sei bravo in una cosa perché farla gratis? " era tipico di lui: me lo aveva sempre detto, notai se non altro che da quel lato non era affatto cambiato. Tra noi c'era come un imbarazzo in apparenza sottile ma in realtà profondo, come uno squarcio su una tovaglia da pranzo, ma entrambi facevamo del nostro meglio e cercavamo di coprirlo mettendoci sopra i piatti, per non far brutta figura.

" Giusto " abbozzai una risata.

" Desdemona.. "

" Si? " dissi speranzosa.

" La nonna a volte mi chiede quando tornerai, insomma quando ci verrai a trovare.. "

" Papà non lo so.."

" So che hai il tuo lavoro - disse soffermandosi con un accenno d'insofferenza nella voce - le tue cose, ma cerca di trovare un ritaglio di tempo "

" Papà?.. "

" Dimmi "

" Tu vuoi vedermi?.. " dissi in pieno imbarazzo, coprendomi gli occhi con la mano sudata.

Ci fu silenzio, almeno per qualche secondo prima che sospirasse e rispondesse.

" Ricordi il Natale qui? Eri così ansiosa di aprire i tuoi regali.. Lo sei stata anche crescendo, anche per delle stupidaggini. Credo che quel periodo dell'anno sia stato il più duro - disse a fatica, con parole tirate, emozionate - anche la nonna lo ha avvertito sai? "

" Papà, rispondimi.. "

Sospirò piano.

" Sono tre anni che non ti vedo vicino al camino a scartare i regali e ci manchi. Non ricordo più neanche che profumo abbia la mia bambina "

Sorrisi, mentre gli occhi facevano quel che potevano per non fare scorrere fiumi di lacrime a lungo represse. Tirai sù col naso alzando gli occhi al cielo per ricacciarle indietro.

" Grazie "

" Di cosa? "

" Avevo bisogno di sentirtelo dire, papà "

Percepii quello che mi parve un sorriso dall'altro lato, lontano. Mi guardai le gambe fasciate dai jeans grigi e i piedi tesi verso il muro di mattoni del vicolo in attesa e poi glie lo dissi.

" Mi manchi. Mi mancate tutti ".
 

 

Quella conversazione mi aveva parecchio scombussolata, mi aveva scossa a tal punto da dirgli che mi mancava. Forse non glie lo avevo mai detto, come non riuscivo più a dirgli ti voglio bene. 

Quella chiacchierata mi fece bene e grazie ad essa mi resi conto poi di quanto fossimo simili: entrambi tentavamo di biascicare qualche parola sensata, in imbarazzo, investiti da treni in piena corsa. Volevamo entrambi che fosse l'altro  a sporgersi per primo, ad esporsi. E quella volta lo feci io, ma fu molto naturale, lo avvertii come un istinto da non poter non prendere in considerazione. Mi era mancato davvero non sentire la sua voce: veniva al telefono di rado e sembrava sempre una forzatura,  e anche se probabilmente anche quella volta lo aveva fatto sotto l'insistenza della mamma, era riuscito a farlo vincendo il suo orgoglio, e questo mi bastava. Mi bastò per intravedere una minuscola luce in lui: gli mancavo, e in quel momento mi sentii serena. 

 

David mi mancava,  ed era inutile negarlo anche solo a me stessa.

La cosa che mi mancava di più erano le sue braccia, il calore che sprigionavano, il suo odore. Ok, forse erano più di una le cose di cui sentivo la mancanza ma si riassumevano nel suo nome.

Eravamo rimasti in bilico, sul filo del rasoio, senza neanche sapere quando ci saremmo rivisti. Quell'inconsapevolezza mi uccideva, era come vivere nell'ignoranza, non smettendo mai di sperare in qualcosa d'indefinito. 

Tra noi c'erano molte cose non dette, alimentate dalla paura di andare oltre, ma quel limite lo avevamo già superato; ora dovevamo tornare indietro. Dovevamo sederci e parlare, decidere cosa fare di quello che stava nascendo fra noi, di quello che c'era stato, o almeno era così che me lo immaginavo. Nell'impossibilità di sapere il giorno preciso in cui ci saremmo rivisti rimandavo sempre le prove dei miei discorsi mentali, non arrivando mai ad una conclusione nella mia mente: nella solitudine buia della notte buttavo qui e lì dei pensieri, delle presunte parole che avrei voluto dirgli e che forse un giorno gli avrei detto, ma le appuntavo con leggerezza nella mia mente, dimenticandole nel momento esatto in cui chiudevo gli occhi e mi addormentavo. Era un lassismo a cui non potevo sottrarmi; la pura e semplice verità era che volevo che andasse così, volevo lasciar correre, volevo che tutti i pensieri mi scivolassero addosso. Non ero mai stata così e anche se la mia parte razionale tentava di riportarmi all'ordine, dentro di me c'era caos ed era immenso. Volevo essere in balia delle sensazioni, per la prima volta, anche se facevano male. 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Altri / Vai alla pagina dell'autore: kuutamo