Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Raflesia Harlock    27/11/2016    6 recensioni
E se Maya e Masumi non fossero mai saliti sull’Astoria? Come sarebbero riusciti a superare anni di fraintendimenti e segnali distorti, e a mostrarsi l’un l’altro per quello che sono, mettendo in gioco veramente loro stessi e il loro legame? Può forse Maya illudersi di conoscere Masumi avendone sempre visto due facce, quella nascosta del donatore di rose, protettiva e rassicurante, e quella irriverente e cinica dello spietato affarista della Daito? O può forse Masumi credere di conoscere Maya, o persino se stesso, abituato a portare una maschera dall’età di 10 anni e cresciuto in condizioni di deprivazione affettiva che bloccano i suoi passi e non gli consentono di riconoscere facilmente né i propri sentimenti né quelli degli altri? In questa fanfiction ho sviluppato una ipotesi, cui il titolo allude. Ne deriverà un percorso insolito che metterà i due a dura prova, rendendoli infine più consapevoli, che spero vi piacerà.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO X

 

 

Mentre la metro schizzava veloce in mezzo alla città, la mente di Maya era ancora preda dei pensieri più contradditori.

Adesso lo avrebbe rivisto e solo l’idea le faceva esplodere il cuore nel petto. Quanto gli erano mancati i momenti passati con lui, la sua voce, i suoi occhi, le sue labbra…!

No! Non doveva pensarci!

E se a suo modo fosse sincero? Se una parte del suo cuore battesse per lei? Se si fosse sdoppiato fino a quel punto… Si morse nervosamente il labbro inferiore.

No, non aveva importanza, anche fosse, lei sapeva bene come stavano le cose, non sarebbe cambiato nulla. Lui non intendeva assumersi la responsabilità dei suoi sentimenti e lei non si sarebbe lasciata trascinare in quel delirio. Non aveva alternative. Lui poteva offrirle solo un’illusione o nel migliore dei casi una realtà parallela come quella in cui si era lasciata irretire nelle ultime settimane, ma da cui ora si sarebbe liberata a qualsiasi costo.

Non gli avrebbe dato più scuse, più posti dove nascondersi. Avrebbe reciso quel legame illusorio, per quanto penoso sarebbe stato.

 

Quando Mizuki la vide arrivare stringendo fra le mani una rosa scarlatta ebbe un sussulto. Si alzò in piedi e stava per andarle incontro quando vide quello sguardo, lo stesso che era dipinto da giorni sul volto del suo capo.

Com’è possibile? Cosa sta succedendo?

 “Maya, tutto bene?” azzardò titubante.

Maya non trovò neanche la forza di rispondere, ne aveva talmente poca che si sarebbe accasciata sul pavimento. Si aggrappò alla sua scrivania e la fissò negli occhi, scuotendo la testa. Un groppo alla gola le impediva di parlare.

Mizuki la guardò preoccupata, valutando rapidamente cosa sarebbe stato meglio fare.

 “Maya, perché non vieni con me a bere un caffè, stavo per  prendermi una pausa” esordì infine.

Lei scosse ancora la testa. Poi si fece  coraggio, temendo che se non lo avesse fatto subito non ci sarebbe più riuscita.

 “No, mi scusi… - deglutì e la guardò negli occhi - Devo parlare con il signor Hayami”

 “Il signor Hayami purtroppo è impegnato in una riunione…” scandì Mizuki lentamente, esitando sul da farsi. Non era una riunione normale, ma un Consiglio di Amministrazione e per di più importantissimo, poiché si si sarebbe deciso sul progetto di allestimento della Dea Scarlatta da proporre all’Associazione Nazionale e sulla strategia volta all’ottenimento dei diritti.  “Vuoi aspettarlo?” aggiunse poco convinta, chissà quando sarebbe finita quella riunione.

 “Non posso; fra meno di due ore ho la prova generale” replicò Maya indurendo lo sguardo.

Maya, cosa ci fai qui nel giorno della prova generale? Mizuki la guardò contorcersi le mani, doveva trattarsi di una cosa veramente importante.

Maya racimolò un briciolo di determinazione e continuò.

 “Non importa. Non serve… In fondo non ho niente da dirgli” le labbra le tremavano “Devo solo restituirgli questa” mormorò con la voce spezzata dall’emozione profonda che provava. Guardò la rosa per un attimo, poi con due dita la poggiò delicatamente sulla scrivania di Mizuki, proprio al centro.

Mizuki seguì tutto il movimento pensando vorticosamente ai significati reconditi di quel gesto. Lei sapeva… si era dunque rivelato… o forse lo aveva capito da sola, ma quando e come…? In ogni caso quel gesto era inequivocabile. Lo stava rifiutando.

Al diavolo!  Si alzò. “Vado a chiamarlo!”

Maya la trattenne per la manica della giacca.

 “No, signorina Mizuki! È meglio così… Non ha mai avuto intenzione di rivelarsi, di assumersi la responsabilità di queste rose. Allora io glielo risparmio…”

 “Maya, credo davvero sia meglio che vi parliate”  provò a insistere.

Maya continuò senza ascoltarla.

 “Non ha mai voluto... E anche se lo facesse adesso… - deglutì e alzò lo sguardo verso di lei - … Ormai è troppo tardi” aggiunse a fil di voce. Ed era così davvero, solo in quel momento se ne rese conto “Vorrei solamente che gli dicesse che…” strinse il braccio di Mizuki che ancora teneva fra le mani, parlava a fatica “…che io lo ringrazio per tutto quello che ha fatto. Reciterò solo per lui... Ma ora deve smettere di mandarmi queste rose e tutto il resto o mi spezzerà il cuore” espirò tutta l’aria e rimase immobile con lo sguardo fisso a terra

Mizuki tacque, ammirata da tanta forza.  Quella giovane ragazza stava indubbiamente soffrendo e nonostante questo riusciva a andare fino in fondo. E aveva ragione, lui non si era mai assunto la responsabilità che gli spettava. Era però sicura che anche i sentimenti del suo capo fossero sinceri e profondi. Lanciò un'occhiata impaziente verso la porta della sala riunioni, pregando che per qualche miracolo ne uscisse il signor Masumi, ma così non fu.

Cominciò allora seria, a voce bassa: “Forse le cose potrebbero cambiare Maya, parlagli, non vi siete mai parlati con sincerità”

 “Non posso più, signorina Mizuki, e poi mi creda, io gli ho parlato, non gli ho nascosto nulla. Lui conosce i miei sentimenti” le confessò la giovane spassionatamente.

Mizuki fu sorpresa da quella risposta e realizzò che probabilmente i suoi sospetti riguardo un possibile ricatto erano alquanto verosimili.

 “Maya, non è facile la situazione in cui lui si trova… Credo che non sia libero di scegliere, credo sia ricattato” provò ad obiettare, senza molta lucidità, più che altro per prendere tempo.

Maya la guardò senza capire. Il signor Hayami ricattato? Non riusciva a immaginarsi niente del genere e comunque a lei non aveva mai dato nulla a vedere. L’idea la innervosì ancora di più.

Anche fosse, non ha mai pensato di dirmelo. Certo, non confiderebbe mai certe cose ad una ragazzina!

Mizuki la vide irrigidirsi impercettibilmente. Maya si asciugò con la manica gli occhi umidi e inspirò.

 “Adesso devo andare. Non posso aspettarlo più, è tardi. Grazie, signorina Mizuki” la guardò per un attimo e poi corse verso gli ascensori.

 

Addio mio ammiratore, addio dolce illusione della mia adolescenza. Ti lascio vivere nel mondo irreale che hai costruito per noi, se vorrai, ma da solo, senza di me. Io reciterò per te ogni volta, ma non mi avrai che per il tempo di uno spettacolo teatrale… Mio Orfeo, quando l’incantesimo finirà, quando vorrai afferrarmi, io come Euridice, sarò svanita. Quando il sipario calerà io sarò vera e sarò altrove, dove tu non potrai più raggiungermi.

 

***

 

Masumi uscì dalla riunione come una furia ed entrò direttamente nel suo ufficio, ignorando la segretaria che si era alzata in piedi vedendolo sopraggiungere. Era irritato da tutte quelle discussioni. Aveva preso la sua decisione e non sarebbe tornato indietro, l’avrebbe difesa a dispetto di tutto e di tutti, anche di fronte a suo padre che certamente sapendola avrebbe dato in escandescenze. Ormai non gli importava più. Fra tre giorni i diritti sarebbero stati attribuiti una volta per tutte, lui si sarebbe sposato e quello stato di intollerabile soggezione sarebbe finito… insieme a quel che restava delle sue illusioni.

Fece per aprire la vetrina dei superalcolici quando il suo sguardo fu catturato da qualcosa che non avrebbe dovuto essere lì. Si irrigidì rimanendo immobile mentre il suo cuore perse un battito.

Sulla sua scrivania campeggiava una rosa scarlatta.

Maya…

Realizzò come stavano le cose nel giro di un istate e si sentì mancare la terra sotto i piedi. Lentamente girò intorno alla scrivania e si mise a sedere, trattenendo il respiro, senza distogliere gli occhi dal fiore. Per quanto potesse sembrare assurdo, quella rosa se la ricordava. Quella mattina aveva composto il mazzo personalmente, scegliendo le rose una a una. Sì, era una di quelle, l’aveva scelta per prima, perché era bellissima, perfetta. E adesso l’aveva scelta lei per dirgli addio…

Sentì ogni energia defluire dal corpo. Chissà da quanto tempo lei sapeva. Chissà quanto doveva aver sofferto per arrivare a quella decisione. In quel momento entrò Mizuki chiudendosi la porta alle spalle lentamente. Il suo sguardo costernato era la migliore delle conferme.

 “Non ha voluto che la chiamassi” sussurrò.

Lui annuì lentamente. Non aveva dubbi che la sua segretaria avesse fatto tutto il possibile. Del resto lei non aveva alcuna responsabilità in questa debacle.

 “Ci pensa lei ad annullare l’incontro con il Presidente dell’Associazione per lo spettacolo?” domandò assorto, continuando a fissare quel fiore.

La segretaria annuì lentamente,  gli occhi seri carichi di aspettativa.

Masumi si alzò, prese il cappotto e con calma si avviò agli ascensori, senza dire altro. Lei distese le labbra in un sorriso che voleva essere di incoraggiamento.

 

Quanto era stato cieco. Quante chances gli aveva dato che lui non aveva saputo cogliere. L'eco delle sue parole risuonava senza sosta nella sua mente.

 "Non é chi sognavo che fosse" "Mi considera solo un'attrice. Ma io lo amo, amo quella parte di lui". Come aveva fatto a non capire?

 "La sua doppiezza mi atterrisce". "Non rinuncerà mai al suo nome, né al passato. Non si rivelerà mai". E lui aveva ampiamente confermato tutti i suoi peggiori timori.  

Adesso cosa poteva dirle?

Non c’erano più giochi da fare, adesso si sarebbe mostrato nudo, di fronte a lei, con tutte le sue debolezze. Era il minimo che potesse fare. Non si illudeva che potesse bastare a rimediare a tutti gli errori che aveva fatto, ma doveva dirle la verità, tutta quanta.

 

Aveva appena varcato l’ingresso dello Shuttle X quando incontrò Kuronuma.

 “Signor Hayami, è venuto a vedere la prova generale? Mi fa piacere. A proposito, Complimenti. Ho saputo che l’Associazione Nazionale ha scelto un teatro  Daito per la prima messa in scena. È un po’ come aver messo un’ipoteca su quei diritti, no? – e così dicendo gli strizzò l’occhio - E ovviamente, complimenti anche per il suo ormai imminente matrimonio. Sembrerebbe che lei abbia centrato tutti i suoi obiettivi, ex-giovane Presidente, o forse mi sbaglio?” lo punzecchiò Kuronuma.

Vedendolo avanzare in mezzo ai bouquet di rose scarlatte accatastati lungo il corridoio senza degnarli di uno sguardo, il viso dimagrito e l’aria stravolta, aveva avuto un’intuizione che lo aveva fatto sorridere e preoccupare insieme.

 “In effetti, non sono venuto per vedere la prova generale – ammise Masumi - Vorrei solo parlare con la sua prima attrice per un attimo, se possibile”. Non aveva tempo per intrattenersi a chiacchierare con il regista questa volta.

Lui però gli si parò davanti, rigirandosi il sigaro fra le mani con finta noncuranza.

 “Non posso certo impedirglielo, Presidente, ma vorrei che riflettesse bene… Sa che ciò che lei sta per fare potrebbe influire pesantemente sulla sua interpretazione? E chi può dire se sarebbe in meglio – guardò l’uomo immobile davanti a se’ sorridendo per la sua espressione esterrefatta; poi sospirò - Cosa ci sia in ballo, e quanto Maya rischi, non sono io a doverglielo ricordare, lo sa meglio di me.”

Masumi non riusciva a crederci. Possibile che anche Kuronuma sapesse… e che ora volesse impedirgli di vedere Maya??

I due uomini si scambiarono uno sguardo severo poi il regista continuò.

 “Il teatro è finzione, chi non lo sa, eppure la finzione che va in scena oggi è il punto più alto della vita di quella ragazza, e forse la sua apoteosi. È buffo, no? Ma del resto ognuno vive nelle sue finzioni, in fondo. E c’è chi finge per tutta la vita…” aggiunse guardandolo di sbieco.

 “Cosa intende dire, signor Kuronuma?” chiese Masumi assottigliando lo sguardo.

Kuronuma sorrise, sentendo di aver colto nel segno. Poi dopo un sospiro enfatico, proseguì.

 “Quello che ho detto, che ognuno vive nelle sue finzioni. Anche lei, signor Hayami. Perché la vita è come il teatro e ogni giorno ci sono fior di spettacoli” continuò “Ma lei è proprio sicuro di avere un ruolo nello spettacolo di quest'oggi? E quale sarebbe?”

 “Mi perdoni, ma continuo a non capire”

Kuronuma lo fissò mantenendo quel tono serio e irriverente allo stesso tempo.

 “Allora mi spiegherò meglio. Lei è venuto qui e pretende di parlare con la mia prima attrice, pochi istanti prima dalla prova generale. Chi, letteralmente, crede di essere, lei, oggi, signor Masumi?  L'affarista in cerca di un contratto di esclusiva? O il figlio obbediente di un uomo senza scrupoli?? L'erede di una famiglia ricca e potente? O piuttosto l'epigono di una saga in cui due capibranco si danno battaglia da decenni?? Lo sposo della signora più bella e ricca che siederà qui domani? O forse piuttosto… un ammiratore misterioso? - scandì lentamente - o magari persino… un amante focoso ??  Quale di queste maschere lei si sente di portare con coerenza e una volta per sempre? Oppure è venuto per togliersele tutte? Ehh, signor Masumi Hayami, per portare bene una maschera, e anche per farne a meno, occorre un volto, sa? Si assicuri di averlo, prima, nel caso avesse deciso di togliersi quelle maschere. In fondo una maschera è pur sempre meglio di niente… Se bene indossata, fa sempre la sua porca figura!”

La sua espressione a un tempo esterrefatta e affranta colpì il regista. Masumi Hayami sembrava completamente indifeso.

 “Ma se crede di poterne fare a meno, allora prego, vada pure – concesse, scostandosi e facendo un ampio gesto con la mano - Dello spettacolo sarà quel che sarà, ma forse ne varrà la pena. È una decisione che spetta a lei. Ci pensi. Non è a me che deve rispondere, ma a se stesso. Ma le consiglio di farlo in fretta o gli eventi finiranno per decidere per lei. Eh sì, anche nella vita il tempismo è tutto, come nel teatro. La battuta giusta al momento sbagliato non funziona. Allo stesso modo, le scelte giuste al momento sbagliato non valgono più. Beh, il camerino è quello, buona fortuna.”

Detto questo si allontanò, non prima di avergli rifilato una pacca sulla spalla che avrebbe steso anche Rocky Balboa.

Masumi fissò per un attimo la porta a un paio di metri da lui, impietrito. Poi deglutì, fece due passi e allungò il braccio verso la maniglia. Proprio in quello stesso istante la porta si aprì, come richiamata dalla sua volontà.

Maya apparve sulla soglia col suo costume da dea. Lo squadrò, l’espressione stanca e lievemente altera, il tono piatto e distante.

 “Signor Hayami. Perché è venuto? Non avrebbe dovuto” così dicendo gli voltò le spalle avviandosi verso le quinte.

 “Maya… io ti chiedo scusa” La voce perfettamente udibile anche se bassa, rivelava costernazione e tristezza.

Maya si fermò, senza voltarsi.

 “Scusa per cosa?”

 “Ci sono tante cose di cui debbo scusarmi” ammise Masumi.

 “Non deve scusarsi di nulla, invece… Non è colpa sua se lei è com’è” così dicendo riprese il suo cammino.

Masumi espirò profondamente. Sapeva che non sarebbe servito, ma doveva parlarle, bere l’amaro calice fino in fondo.

 “Io non sono come tu speravi che fossi, lo so; per questo non volevo dirti nulla”.

Maya a quel punto si voltò e gli parlò senza astio, ma con fermezza, mantenendo quel tono un po’ distante.

 “Lei voleva tenermi all'oscuro di ogni cosa,  del suo ruolo come di tutto il resto. Ha sempre scelto lei quello che doveva essere meglio per me, quello che dovevo sapere, quello dovevo ignorare, quello che dovevo pensare. Lei ha sempre deciso tutto, per sé e per me, senza dirmi mai nulla. Ero solo una ragazzina da prendere in giro, blandire o provocare, a seconda dei casi. Da manipolare. Per il mio bene, certo. Questo ha sempre fatto con me e anche con tutti gli altri, quando ne ha avuto la possibilità”.

 “Maya, so che ho troppe cose da farmi perdonare. E non cercherò di indurti a farlo, non ripeterò ancora lo stesso errore. Una cosa però devo dirtela: i sentimenti dell’ammiratore sono veri, lo sono sempre stati, e sono i miei, quelli che ho provato per te fin dal primo momento. E io sono pronto a essere solo il tuo ammiratore se tu vuoi, posso rinunciare a tutto il resto, credimi.”

 “No, l’ammiratore non esiste più signor Hayami e lei non deve rinunciare a essere ciò che le rimane. Del resto mi illudevo, credevo di amarlo, ma mi sbagliavo. Aveva ragione lei, anche in questo: non l’ho mai veramente amato. Ci ho messo tanto, ma alla fine l’ho capito. In quanto mio ammiratore, io le sono molto grata di quello che ha fatto per me, non lo dimenticherò mai, ma non si può amare una maschera. Per il resto invece, non so più niente. Lei oggi è qui solo perché si è sentito scoperto, altrimenti mi avrebbe lasciata all’oscuro per tutta la vita, mi avrebbe lasciata rinchiusa a sospirare in un mondo parallelo insieme ad un fantasma. Salvo poi placare i sensi di tanto in tanto su un letto d’albergo, se glielo avessi permesso. Io non potevo continuare così. Anche se adesso non ho più niente, sento solo un grande vuoto, un vuoto enorme”. 

Lo guardò ancora negli occhi un’ultima volta. Non sapeva da dove le venisse il coraggio di parlargli così, ma era esattamente quello che provava. Avrebbe vissuto per il teatro d’ora in poi, solo per il teatro.

 “La saluto. Devo andare” si congedò con un inchino.

 “Posso aspettarti, Maya…? Parliamone ancora dopo la prova, per favore… Posso cambiare, posso ancora cambiare tutto”

 “No, è meglio che lei vada adesso. Sono giorni importanti per entrambi. Io sono attesa sul palco e anche lei non dovrebbe essere qui, con tutti i giornalisti che ci sono assiepati dietro quella porta. Del resto io non saprei cosa dirle di più. Vorrei poterle dire che ci saranno altre possibilità, ma temo proprio che non sia cosi. C’è stato un tempo per noi,  ma è finito, purtroppo. Ora mi scusi…” si voltò e si affrettò verso le quinte.

 

Hai ragione Maya. E’ comprensibile che tu ora non mi voglia più. Non sono mai stato vero, neanche con te.  “Io ti amo Maya” potrei ancora gridarti. Ma “io” chi? Mi hai smascherato e ora non ho più niente da indossare. Maya ci sarai solo tu di vero nella mia vita. Ora dimenticami e vivi. Ne hai tutto il diritto. Tornerò nel mondo delle ombre, dei mezzi uomini, da cui non sono riuscito a uscire.

 

Era l’imbrunire quando rientrò alla Daito.

Mizuki lo attendeva al suo solito posto. I loro sguardi si incrociarono solo un istante e non ci fu bisogno di chiedere come fosse andata.

Deglutì e disse quello che doveva: “Ho preparato il testo per la press release di domani. Vuole rivederlo?”

Masumi lo prese e lo lesse con attenzione.

 “È perfetto, proceda pure a inviarlo”

 “Adesso? Non vuole aspettare la validazione di…”

 “No, lo faccia uscire subito, voglio essere sicuro che sia divulgato prima dello spettacolo dimostrativo. Non si preoccupi, mi assumo ogni responsabilità. E per cortesia, convochi di nuovo il notaio per domani mattina. E anche il broker finanziario della Morgan”

La sua segretaria lo fissò esterrefatta. Doveva aver intuito ogni cosa, come al solito.

 “Proceda Mizuki, non tema” la rassicurò mentre si avviava verso la porta del suo ufficio. Poi aggiunse con tono indulgente, prima di chiudersi la porta dietro le spalle “La ringrazio per la dedizione che mi ha sempre dimostrato”.

 

La decisione era presa e adesso si sentiva come se non avesse mai potuto scegliere diversamente.

Maya visto che non posso più essere il tuo ammiratore, non posso essere neanche tutto il resto. Non mi interessa di mio padre né della Daito e neanche della Dea Scarlatta.

 

Si accese una sigaretta e si sedette alla sua scrivania, osservando le volute di fumo volteggiare sopra la sua testa. Ripensò a molte cose. Ripensò soprattutto al primo giorno in cui aveva accompagnato suo padre dentro quegli uffici e a sua madre che lo aveva abbracciato forte trattenendo le lacrime.

Non dovette attendere molto.

Mizuki non aveva neanche finito di annunciarlo all’interfono che Eisuke Hayami irruppe nel suo ufficio, con tutta la carrozzina, schiumando di rabbia.

  “Vuoi spiegarmi?” ringhiò.

  “Benarrivato padre. Dobbiamo parlare”.

 

NDR: Prima di odiarmi, ricordatevi che c'è ancora un altro capitolo! Consiglio anzi di rilassarsi e godersi un intermezzo musicale, che ben si accompagna alla prima scena ;-)

   
 
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