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Autore: ClaireOwen    28/11/2016    1 recensioni
[Eyewitness]
Philkas - Missing Moments - SPOILER 1x06
(dal testo)
"Philip Shea è un maledetto masochista, lo è stato fin dal primo momento in cui ha messo piede in quella dannatissima cittadina, da quando si è permesso di rivolgere lo sguardo a Lukas, quello sguardo che forse non aveva mai concesso a nessuno prima d’ora."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non ce l'ho fatta, ho provato a trattenermi ma Eyewitness è diventato un'ossessione e mentre aspetto l'uscita dei sottotitoli della 1x07 è venuta fuori, molto al volo ma spontaneamente, questa roba qui dalla mia testa un po' annebbiata dall'amore che provo per questi due - perfetti - individui.
Non mi va di ammorbarvi o di ribadire all'infinito quanto sia dipendente da questa serie perciò vi lascio questa One Shot che prova un po' a ricostruire alcuni frammenti che ci sono stati negati!
Spero possa piacervi ed in ogni caso, se vi va, sentitevi liberi di lasciare un commento/recensione/consiglio/critica/quellochevolete.
Un bacio,
C.

 

Philip corre a perdifiato, corre e vorrebbe che quel momento durasse per tutta la sua insulsa vita.
Stringe una bottiglia di tequila mezza piena tra le mani e corre assaporando l’aria fresca del tramonto.
Non riesce a pensare, sente il battito del suo cuore accelerato per lo sforzo, il vento infrangersi tra i suoi capelli sino a scompigliarli del tutto per poi insinuarsi tra i vestiti, per questo vorrebbe continuare così, all’infinito.
Invece si ferma.
Si piega in avanti poggiando le mani sulle ginocchia, lasciando che tutto il suo fiato si disperda nell’aria in una nuvola o più di condensa.
Beve un sorso dalla bottiglia che ha lasciato cadere sul prato, accanto a lui poco prima, ormai è abituato al sapore amaro, al bruciore prima nella gola e poi nella stomaco, quando arriva il retrogusto amaro non strizza gli occhi stavolta, li tiene bene aperti mentre mille immagini gli sfilano davanti.
 
Può vedere perfettamente le iridi grigiastre di Lukas seduto proprio davanti a lui, le labbra serrate, quelle labbra che diventano così sottili dopo aver pronunciato l’ennesima menzogna.
Non si è voltato quando il padre lo ha trascinato via, finalmente soddisfatto della sua performance.
 
Non può continuare così, Philip Shea deve fare qualcosa anche se quel qualcosa può voler dire rinunciare al suo tutto, al suo Lukas, suo perché solo lui ha avuto il privilegio di vederlo per quel che è.
La luce cala in fretta, è sempre così a Tivoli, fa buio in un momento, un battito di ciglia e l’oscurità s’impossessa di tutto, anche del suo cuore che solo adesso ha ripreso un battito regolare.
Si lascia cadere a terra e butta giù un altro paio di sorsi, sente la gola in fiamme stavolta e affonda la mano libera dalla presa della bottiglia nel terreno, si aggrappa a quel prato umido, sente il terriccio a contatto con le unghie.
 
Quando Gabe aveva chiesto a Lukas se fosse certo di essere stato davvero sincero con Helen aveva sentito una fitta al petto perché lui aveva pronunciato il suo nome lentamente, sussultò solo per il modo in cui aveva scandito le lettere.
E solo per un attimo Philip credeva che tutto sarebbe finito, che tutto si sarebbe risolto.
I loro occhi si erano incontrati per un istante e questo gli era bastato per sentirsi di nuovo al sicuro, succedeva solo con Lukas, dopo tutto gli doveva la vita.
La verità viene sempre a galla, pensava ingenuo, forse quel ragazzo alto e biondissimo lo aveva capito.
Invece quando il resto della frase risuonò secco sulla tavolata non poté fare a meno di darsi dell’idiota.
Lukas non era pronto a cambiare per lui e forse lui non poteva più aspettare.
Tuttavia fu facile assecondarlo, ormai aveva imparato bene a stare al gioco.
Non appena Bo e Lukas sparirono dalla sua visuale, digitò il numero istintivamente questo era troppo, persino per Philip, sapeva di non essere in grado di reggere un colpo simile, doveva darci un taglio.
 
Il contenuto della bottiglia è quasi giunto al termine, un ghigno amaro si dipinge sul suo volto teso, decide di rialzarsi, lo fa sempre nonostante tutto, Philip è fatto così gli basta deglutire e stringere ancora più forte la sua mascella, quasi fino a farsi male.
Ma la testa gli gira, cammina sul ciglio della strada e tutto gli appare annebbiato, quella roba fa sempre effetto nel momento sbagliato e guarda la bottiglia disgustato, si farebbe pena se solo fosse in grado di capirlo, di amarsi almeno la metà di quanto ama Lukas.
 
La vede da lontano la casa di Rose, sente gli schiamazzi dei suoi coetanei, la melodia martellante della musica dance.
Si avvicina, non sa bene cosa sta facendo, sa solo che ha un bisogno fottuto di vederlo per l’ultima volta, prima che il suo passaggio a Tivoli sia solo un ricordo sfocato nella mente di tanti, persino in quella di Lukas.
 
Philip Shea è un maledetto masochista, lo è stato fin dal primo momento in cui ha messo piede in quella dannatissima cittadina, da quando si è permesso di rivolgere lo sguardo a Lukas, quello sguardo che forse non aveva mai concesso a nessuno prima d’ora.
 
Adesso è nel giardino di Rose “Hai visto Lukas?” non gli interessa a chi sta rivolgendo quella domanda, non è in grado di riconoscere i loro volti, ne ha solo uno nella mente e vuole trovarlo al più presto, stavolta fa a modo suo, non gli importa cosa potranno pensare gli altri mentre urla disperatamente il suo nome.
E poi forse ‘questi altri’ non possono nemmeno sentirlo, la musica è così alta, la sente ovunque, gli scoppia nei timpani e gli rimbomba nel cervello, se solo potesse spegnere tutto.
 
Rose gli piomba addosso, farnetica qualcosa, non riesce a distinguere bene le sue parole e poi a lui non frega nulla.
“Devo parlare con Lukas.” Ribadisce forse più a se stesso che a lei.
Poi lo vede, ed è come se ci fossero solo loro due e nient’altro, come se tutto il resto scomparisse in un attimo, non c’è più la musica, né Rose, né il chiasso isterico di quella mandria di adolescenti che puzzano di alcol e sudore, di fieno e di libertà, la stessa che lui non si è mai potuto permettere.
 
I suoi occhi sono come delle fessure, non capisce, non può farlo, si preoccupa ancora una volta solo per lui, per la sua reputazione, lo spintona via, come ha fatto già altre mille volte, povero Lukas, pensa, non sa che questa sarà l’ultima volta.
 
Philip si fa da parte, barcolla un po’ ma si tira indietro, torna sui suoi passi e si concede un ultimo sorso, ecco cosa gli rimarrà del giovane Waldenbeck, il sapore nauseante della Tequila.
Si accascia dietro una macchina, qualcuno gli ha lanciato qualche bicchiere mentre usciva dal giardino della ragazza del tipo di cui si è innamorato.
No, non è quello: non prova vergogna, non la prova per essersi ubriacato, né per essersi innamorato, né per aver detto la verità, figuriamoci se può provarla per apparire lo strano del paese.
Forse dovrebbe vomitare.
 
L’ultima cosa che vede è il viso di Lukas chino su di lui, ad un palmo dal suo e vorrebbe solo poter parlare, vorrebbe spiegargli che non ci sarà un domani, che ha capito, che se ne va e tutto tornerà come prima giù a Tivoli ma non ce la fa, i suoi occhi si chiudono e la sua mente finalmente si spegne.
Ora è al sicuro, nella stretta forte e salda di Lukas può permettersi di svenire, senza remore, con qualche rimorso, forse.
 
-
 
Lukas lo stringe a sé e per la prima volta sul viso livido e dormiente di Philip intravede una debolezza, la stessa di cui si è sentito vittima troppe volte una debolezza intrisa di impotenza.
 
Lo ha sempre immaginato forte, impavido, ha invidiato quella sua sicurezza sin dal primo istante.
L’ha invidiata quando l’ha baciato nel capanno come se non avesse paura di quale potesse essere la sua reazione.
L’ha invidiata quando gli era saltata in mente quella folle idea di parlarne con Helen.
L’ha invidiata ogni volta che ha provato a rivolgergli la parola in pubblico, davanti a tutti come se fosse naturale, come se non ci fosse nulla da nascondere.
L’ha invidiata semplicemente perché non gli apparteneva, perché non poteva averla.
 
Annaspa, forse si sfoga in un pianto liberatorio ma ancora una volta non vuole ammetterlo, nemmeno a se stesso, piangere è roba da checche.
Basta un attimo e adesso si ritrova a ridere nervoso, ride affondando il viso nel petto di Philip, Lukas lo sa bene cos'èma ancora non riesce ad accettarlo.
“Fattene una ragione.”
Quella voce che conosce così bene rimbomba nella sua testa, vorrebbe fosse vuota, vorrebbe inalare l’aria quieta di quella notte stellata, darsi una calmata, poggiare un lieve bacio sulla fronte di Philip ma non ci riesce.
 
Sa che Rose è a letto, che suo padre ha smesso di aspettarlo sveglio da un pezzo, è sereno finalmente, lo immagina a festeggiare.
Suo padre è più tranquillo di saperlo con un bicchiere di vodka tra le mani che in compagnia di un ragazzo di città.
Vorrebbe urlare, vorrebbe liberarsi, sente un fardello pesante sulla schiena, un vuoto nel petto, vorrebbe solo avere il coraggio di Philip, se solo potesse essere se stesso.
 
E’ colpa sua.
Se non fosse un codardo quella sera non sarebbero stati al capanno.
Se avesse confessato, forse avrebbe potuto dar ragione a Philip, forse si sarebbe liberato di quel peso, non avrebbe chiesto le pillole a Rose, non ci sarebbe nessuna Rose, si corregge mentalmente.
Ma soprattutto non lo avrebbe ferito, non gli si sarebbe scagliato contro, non lo avrebbe infangato.
Se avesse avuto il coraggio necessario, Philip non sarebbe svenuto tra le sue braccia e adesso riderebbe con lui, lo bacerebbe con quell’enfasi e quell’incertezza che fanno sì che ogni volta sia esattamente come la prima.
 
Ha rovinato tutto.
Lukas lo guarda ancora, ha gli occhi chiusi, l’espressione inerme, non è tesa, non lo guarda come sempre di rimando cercando conferme, chiedendo permessi anche se in cuor suo sa che non gli saranno mai accordati.
Non voleva deluderlo.
Avrebbe voluto imparare ad amarlo lentamente.
Sapeva di poterci riuscire e forse nel profondo lo sa ancora.
 
Si asciuga gli occhi arrossati con la manica della camicia di flanella, lo prende di peso, lo vuole sentire come quando era su di lui… No, non è la stessa cosa.
Lo carica sulla sua moto, la strada la conosce bene ormai.
 
 
Quando arriva la luce è già troppo forte, l’alba è passata da un pezzo, si accerta che Philip sia ancora stretto a lui, sorride amaramente, sa perfettamente che è così, non potrebbe essere altrimenti.
Lo trascina, stavolta non lo prende in braccio, cerca quasi di farlo camminare, di farlo stare sulle sue gambe, forse il moro gli dice qualcosa che non è in grado di capire, la sua bocca è impastata e sente l’odore ancora forte dell’alcol bruciargli le narici.
Dopotutto il suo naso è così vicino alla bocca di lui.
 
Non riesce a far altro che stenderlo alla meno peggio sulle scale della veranda, poi si china, per un attimo non ha paura di essere visto, sa bene quanto sappia essere rumorosa la sua moto, è sempre stato fiero di quanto quel suono fosse in un certo senso il suo segno distintivo.
Si china su di lui, lo guarda per una frazione di secondo e sente il cuore frantumarsi in mille pezzi.
Lukas ha paura, ha una fottuta paura di perderlo quasi quanto di essere scoperto da Helen, Gabe o suo padre.
“Perdonami Philip, io… non volevo.”
Lo sussurra piano, sperando che anche solo una piccola parte di lui possa ascoltarlo in quel momento.
E’ sincero. Solo con lui sa esserlo.
Lo sfiora lentamente con la mano, si permette di accarezzargli una guancia, vorrebbe fare di più, portarlo dentro, spiegare a Helen in che pasticcio si è cacciato, di come ha trascinato con sé Philip ma non può, non ancora.
Vorrebbe svegliarlo con un bacio, vorrebbe dirgli che va tutto bene.
Forse un giorno sarà in grado, solo non ancora in questa fredda mattina.
 
Lukas corre, sente la brezza leggera entrargli dritta nei polmoni, si avventa sulla sua moto, sgomma un po’, alza un polverone come se la terra fosse in grado di nasconderlo.
Scappa via ma dentro di sé lo sa, saprà tornare, sarà in grado di urlarlo al mondo che di Philip si è innamorato come di nessuno mai.
   
 
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