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Autore: ZeldaFitzgerald    29/11/2016    3 recensioni
[Henrik Holm / Tarjei Sandvik Moe]
Fanfiction su Henrik Holm e Tarjei Sandvik Moe attori norvegesi protagonisti della terza stagione di SKAM. La chimica tra i due è talmente forte che non ho potuto fare a meno di immaginare qualcosa fra di loro al di fuori del set...
Ispirata dalle canzoni di Nas e dalla caratterizzazione dei personaggi Isak ed Even nella serie tv.
Il primo capitolo parla della prima volta che si sono incontrati.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per il terzo giorno di fila sei seduto  su quella sedia ocra, nell’angolo destro della sala, spalle al muro, testa buttata di lato con la fronte che preme contro la superficie fredda della vetrata che dà all’esterno, gli occhi leggermente socchiusi. Ti specchi distrattamente in quel riflesso sfocato e provi a immaginare come potresti apparire a chi, dall’altra parte del vetro, sta camminando frettolosamente in quella via affollata tra le luci dei lampioni e il ticchettio della pioggia che batte sul marciapiede. 


Il laptop acceso, sul tavolino di fronte a te, in sequenza scene senza alcun senso, dopo aver visto un paio di video su come fare freestyle hai pensato bene di lasciare andare la riproduzione casuale del tubo e di abbandonarti a quei pensieri distratti un minuto troppo lenti, quello dopo troppo veloci. Il via vai di gente continua a scorrere proprio davanti ai tuoi occhi senza che in realtà tu ti accorga di nulla, niente cattura la tua attenzione, nessun dettaglio si insinua tra le ciglia, lo sguardo è statico, fisso. Sembri essere perduto. 



Una tazza viene poggiata sul legno, il tonfo ovattato dal suono della musica proveniente dalle cuffiette, una mano eterea, elegante,  ad accompagnare il gesto;  tu rimani sognante a concentrarti sul contrasto tra il caldo della caffetteria e il freddo del novembre norvegese. Porti la tazza alla bocca, increspi il labbro superiore, non bevi caffè, avranno sbagliato ordinazione. 


Scrolli la testa come per mandar via quel tepore che ti aveva disteso i muscoli, sbatti un paio di volte le palpebre come per prendere nuovamente coscienza della realtà che ti circonda e volgi lo sguardo verso il bancone in cerca di quella mano che ti ha servito la bevanda sbagliata. E’ tutto molto meccanico, non calcolato, quasi inanimato fin quando qualcosa inaspettatamente cambia.



Come in quei film d’autore in cui la camera chiude sui dettagli hai impressa a fuoco nella tua mente l’immagine del verde della tua pupilla che si dilata, un brivido strano che ti scorre lungo la nuca e si ferma a contatto con il girocollo bordato della tua tshirt bianca preferita quasi come fosse una goccia che scivola via, lenta e soave, da un cubetto di ghiaccio. Dall’altro lato, l’azzurro. Un colore strano, intenso per quanto freddo, disarmante nella sua purezza, dritto a mischiarsi col verde della tua iride. Provi a seguire le linee delle ciglia e a vedere dove ti portano, una fronte bianca come il latte, un paio di sopracciglia bionde, un ciuffo rollato all’indietro color del sole. Inclinando la testa verso sinistra di una frazione di grado infinitesimale fai scivolare impercettibilmente il tuo sguardo lungo la linea delle guance fino a incontrare il rosso vermiglio della sua bocca, che d’improvviso si schiude in un sorriso. 



Un solo momento durato un’eternità.



Posso aiutarti?


Una voce vellutata, delicata nonostante la durezza dei suoni della lingua, sostituisce il sordo rumore delle cuffiette e si insinua nella tua testa, scrolli le spalle di nuovo e in un battito di ciglia l’oggetto delle tue attenzioni se ne sta in piedi davanti a te con un grembiule nero e una tazza di latte e cioccolato, “Perdonami” ti dice abbozzando un sorriso, “ho confuso i tavoli”. Ti soffermi nuovamente sul rosso fin quando, quasi come fosse una conseguenza naturale relativa al guardare qualcosa che ci dà godimento, sposti lo sguardo sulle mani, riconoscendo quella stessa mano che ti aveva servito cinque minuti prima. 


A nord nuovamente, lungo le vene del braccio, bianco come la neve a contrasto con la manica di pece che ne copre la metà superiore, la spalla possente che sfocia nell’ampio petto scolpito, perlomeno è ciò che intuisci nascondersi dietro le trasparenze del tessuto consumato. Dura tutto una frazione di secondo ma sei sicuro di aver registrato perfettamente ogni singolo particolare quasi sezionandolo per poi svilupparlo nella camera oscura della tua mente con l’unico desiderio di poterti avvicinare e sentirne gli odori, assaggiarne i sapori. 


Latte con cioccolato, vero? Ordini sempre lo stesso


Ti ha colto di sorpresa e sei costretto a lasciare andare i pensieri che corrono veloci e a concentrarti su quella conversazione che, seppur minima, crea in te tanta insicurezza. Sorridi di nuovo, togli finalmente la cuffietta dall’orecchio destro e ti lasci sfuggire un “Sei nuovo, vero?


Ti sorride di rimando e si allontana, lanciando un’occhiata alla schermata Youtube e poco prima di raggiungere il bancone gira su se stesso e indicandoti lo schermo serra i pugni, pollici in su e sussurra “Bella scelta!”, allora in preda all’ansia preghi che sia qualcosa di decente, lo sguardo sul dispaly per controllare cosa stia andando sul tubo, un sospiro di sollievo, Nas rappa le sue strofe. 


Rimetti la cuffietta e provi a finire quel capitolo che avevi iniziato due ore prima ma senza successo alcuno, l’intermittenza della barra nera sulla pagina bianca altro non fa che riportarti alla mente il contrasto fra la sua pelle di luna e il cotone nero, un soffio d’aria gelida ti si insinua tra le dita della mano destra, la porta della caffetteria si è appena chiusa. Sono le 7 di sera e fuori è già buio pesto, un ragazzo con un grosso cappotto nero appoggiato al lampione, gamba tirata all’insù si sta accendendo una sigaretta. La luce gli illumina la parte sinistra del viso, è lui. Istintivamente stacchi la presa del pc, prendi la giacca di jeans, infili il cappello bordeaux con la visiera rigorosamente al contrario e ti precipiti fuori dalla porta. 


Ha smesso di piovere.


Scusa hai da accendere?

Pessima domanda, tu neanche fumi e a lui basta uno sguardo per capire, certo, non avere sigarette di sicuro non ha aiutato. 


Ti fissa dritto negli occhi per trenta secondi che sembrano non finire mai e contemporaneamente non durare abbastanza a lungo e senza battere ciglio né tantomeno distogliere lo sguardo, ti sussurra “Henrik” accompagnando le parole con un lieve cenno di assenso del capo.


Tarjei” ti limiti a rispondere permettendo alla luce fredda del lampione di svelare il tuo sorriso. 
 
   
 
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