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Autore: Ziseos    30/11/2016    1 recensioni
Dopo un'incidente avvenuto anni prima, la giovane Nami decide di inseguire un vecchio sogno nella moderna metropoli di Sabaody; per farlo, si ritroverà a convivere con cinque perfetti sconosciuti,ognuno di loro, come lei, intenzionato a seguire il proprio sogno.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Sanji, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 1
Bon voyage!


Sente il battito aumentare, il cuore si muove nel petto sempre più veloce.
Il sipario si apre, il drappo rosso che la separa dagli sguardi del pubblico non può più proteggerla.
Silenzio.
Nessuno parla, tutti rimangono a guardarla, per un attimo il tempo rimane sospeso.
Lei non respira, trattiene il fiato, aspetta che il brivido dell’inizio la accolga.
Ad un tratto sente il suono che tanto attendeva, ed è come se il corpo rispondesse automaticamente a quel richiamo; la musica avvolge ogni cosa attorno a sé, le gambe si muovono seguendo il ritmo morbido della sinfonia, le braccia fluttuano e si muovono eleganti nell’aria.
Nessuno parla, gli sguardi sono tutti su di lei, la scrutano attenti esaminando ogni suo passo, il movimento dei suoi vestiti, la ciocca ribelle di capelli sfuggita all’intricata acconciatura.
Lei continua a danzare leggiadra, è innamorata della musica, la sente sulla sua pelle.
Un passo, due passi, salta ed atterra.
Di nuovo, ancora una volta, la serie si ripete.
Ma la magia non è eterna.
Continua a danzare ma sente qualcosa cambiare all’improvviso.
Prima il dolore è lieve, riesce ad ignorarlo e lo scaccia via come fosse qualcosa di fastidioso.
Ma il dolore non si ferma, comincia a tormentarla sempre più, la mente si offusca, la vista si annebbia; chiude gli occhi ma non serve a nulla, non può fermarsi , ormai è giunta al culmine.
Sente i violini suonare le note finali, è il momento della trasformazione, sente la variazione della melodia che aumenta di intensità.
D’un tratto, mentre si accinge a saltare per l’ultima volta, il vuoto la coglie ed il buio la rapisce.
Sente l’impatto con il palco, la testa è come in una morsa dolorosa, il cuore accellera nuovamente i suoi battiti; un grido profondo si fa strada nella sua gola,ma non riesce ad udirlo.
Il grido del cigno ormai trasformato, il quale sa che la sua vita è cambiata per sempre.
 
 
 
Tre anni dopo

Estate.
Adorava quella stagione, il clima caldo, le ore di luce fino a tarda sera, i profumi della brezza estiva la mattina.
Ricordava quando da bambina passava ore lontana da casa solo per godere appieno di quei momenti meravigliosi, sia che fosse assieme a qualcuno che da sola. Non le importava granchè.
Era un meraviglioso giorno di inizio estate, non di certo la giornata ideale per dire addio.
“Hai davvero intenzione di partire?”- sentì chiedere.
“Vedi forse altre alternative? Qui non c’è nulla per me.”- rispose richiudendo la pesante valigia.
“Ci sono io, lo sai..”- ribattè l’altra donna.
“Nojiko, sai bene cosa intendo. Non si tratta di te, sono io che ho preso questa decisione.”- disse la giovane infilandosi in spalla il vecchio zaino sgualcito.
“Credi davvero che possa cambiare qualcosa andarsene via da qui?”
“Non ho altra scelta.”
“Nami…”
Chi parte e chi rimane.
Avevano rimandato per troppo tempo quell’argomento, evitando di riportarlo a galla, ma ormai erano consapevoli entrambe che era arrivato il quel momento, il momento di dirsi addio, o uno sperato ‘arrivederci’.
Nojiko abbracciò la sorella, senza dire nulla.
Avrebbe voluto chiederle egoisticamente di restare, ma la amava troppo per chiederle qualcosa che sapeva avrebbe reso solo più difficile il distacco; si limitò a tenerla stretta a sé, imprimendo nella mente quel profumo che ormai conosceva bene da anni.
Casa.
Per entrambe “casa” voleva dire tutto.
Era tutto quello che avevano, quello che le aveva fatte incontrare e che le legava profondamente, loro stesse erano  parte della “casa”.
Fu Nami a sciogliere piano l’abbraccio, scostandosi leggermente dalla sorella.
Non voleva crollare davanti a lei un’altra volta, non avrebbe pianto di nuovo come una bambina impaurita di lasciare casa.
Sorrise, ed afferrò il manico della valigia, pronta a dirigersi verso il ponte di imbarco.
“Ti chiamerò non appena attraccheremo a Sabaody.”- promise appoggiandole una mano sulla spalla.
Si, forse era un gesto più da uomini che da ragazza poco più che ventenne, ma in quel momento il cervello era come scollegato dal corpo e si muoveva da sé in modo meccanico, cercando di non coinvolgere le proprie emozioni.
A differenza della sorella, Nami non era brava a gestire i sentimenti.
Non si somigliavano neppure nell’aspetto.
Nojiko, più grande di lei di circa tre anni, era una donna fatta e completa: corpo perfetto,pelle abbronzata, labbra carnose  e occhi blu la rendevano appetibile ad un gran numero di uomini;  Nami dal canto suo era altresì bella con i suoi lunghi capelli rossi, carnagione chiara, occhi color nocciola ed un corpo piccolo e snello.
La piccola gatta dell’isola, così era stata soprannominata.
Nojiko tossì,interrompendo il silenzio che era piombato di colpo
“Chiamami allora..”- disse sorridendo nuovamente alla sorella, sistemandole con fare materno una spallina cadente dello zaino.
“Spero troverai quello che cerchi.”
Nami fece un cenno con il capo in risposta abbozzando un sorriso, e si allontanò velocemente verso l’imbarco.
 
Erano passate giornida quando avevano lasciato l’isola di Cocoyashi, salpando verso l’arcipelago di Sabaody, e l’impazienza per l’arrivo cominciava a diventare palpabile.
Tutti i dubbi e le insicurezze relative al viaggio le continuavano a frullare nella testa dal momento in cui la nave si era messa in viaggio giorni prima, e avevano continuato a tormentarla persino di notte facendole passare completamente il sonno.
Dopo più nottipassata in bianco e il dopo mare tutt’altro che calmo, non poteva certo dire di avere una bella cera quella mattina.
Sospirando si passò una mano sul viso stanco e si stropicciò gli occhi, cercando poi di soffocare uno sbadiglio.
“Davvero fantastico..”- mormorò fra sé.
Come cominciare al meglio una nuova vita.
Mancavano finalmente pochi minuti all’attracco, così si tirò in piedi cercando di vedere oltre il cassero di poppa in cerca della terra ferma.
Ed eccolo comparire lì, finalmente davanti a sé, l’arcipelago Sabaody.
Nonostante fosse una delle metropoli più moderne e fosse una delle più importanti situate vicino alla Linea Rossa, serbava ancora un fascino antico, forse dovuto alle mangrovie Yarukiman su cui era stata costruito l’intero arcipelago.
Man mano che la nave si avvicinava, si riuscivano a distinguere i nove distretti dell’isola, tra cui il Sabaody Park,il distretto turistico, quello governativo e il distretto residenziale; ed era proprio a quest’ultimo che era diretta Nami, nella speranza di incontrare il suo contatto.
Sfilò dalla tasca il bigliettino spiegazzato che le era stato dato tre anni prima e che aveva custodito gelosamente fino a quel momento:  sulla carta immacolata era segnato solo un indirizzo, nient’altro.
Ricontrollò per l’ultima volta l’indirizzo segnato sopra, che ormai conosceva praticamente a memoria, dopodiché lo ripiegò nuovamente e lo infilò nella tasca del vecchio zaino.
Era  arrivato il momento di andare, il grido del capitano che dava l’ordine di scendere le arrivò forte e chiaro all’orecchio, raccolse la valigia e lo zaino, dopodiché si mescolò in mezzo alle centinaia di passeggeri intenti a sbarcare e giunse sulla terraferma di Sabaody.
Certo, ne aveva sentito parlare, ma vedere con i propri occhi l’immensità dei palazzi e delle altre costruzioni presenti nell’arcipelago era un’esperienza assolutamente mozzafiato per una ragazza come lei che, dopo anni vissuti su una piccola isola di pescatori e di agricoltori, si ritrovava catapultata di colpo in un ambiente così lontano dal suo concetto di casa.
Eppure, le piaceva, lo trovava bellissimo.
Uno spintone improvviso la riportò alla realtà.
Una giovane con capelli corti e cappello calato in testa, si voltò scusandosi  e si dileguò rapidamente tra la folla.
“Ehi!”- gridò Nami protestado per il trattamento brusco.
Non era abituata a tutta quella gente, se avesse sofferto di claustrofobia probabilmente si sarebbe sentita già soffocare.
Ritrovando la calma, si appartò ad un angolo della strada e sfilò dal vecchio zaino una mappa della città; ricordava ancora quando anni prima aveva cominciato a disegnarla lei stessa, animata dalla passione per il viaggiare e dal suo piccolo sogno di riuscire un giorno a raggiungere quella terra lontana.
“Dunque…”- ragionò a voce alta, facendo scorrere il dito sulla mappa e guardandosi intorno alla ricerca di punti di riferimento- “…secondo la mappa dovremmo essere…”
Davanti a lei sorgeva un’enorme edificio con la scritta “ZONA 10”.
“Ah fantastico…la zona malfamata dell’Arcipelago. Ci mancherebbe solo che mi …”
Quasi per scaramanzia si portò le mani alle tasche tastando in lungo e largo alla ricerca del portafoglio.
Un brivido le percorse la schiena quando, toccando i jeans, non sentì la rassicurante presenza del portamonete e il suo tintinnio.
“No…NO NO NO…”- ripetè ad alta voce impallidendo mentre prendeva coscienza di quello che era appena accaduto. “…NON PUO’ ESSERE MALEDIZIONE!!”
Derubata, al suo primo giorno.
Se ne sarebbe dovuta accorgere e invece…
“Quella ragazza…”- strinse i pugni cercando di trovare un contegno- “Oh se mi ricapita fra le mani…Dio sa cosa non le succede…”

Dopo essersi calmata, riprese a camminare verso la zona 70, passando questa volta attraverso la più sicura zona del Sabaody Park, che la portò al distretto residenziale.
Il distretto 70 si presentava come una ridente città nella città più grande, con piccoli borghi pittoreschi e zone residenziali più moderne.
“Dovrebbe essere qui vicino..” – disse ripetendosi mentalmente l’indirizzo al quale era diretta.
Percorse per quasi un’ora il distretto, chiedendo informazioni ed orientandosi nell’immensa cittadina, finchè finalmente davanti a lei non si palesò l’indirizzo segnato sul biglietto.
La casa si presentava esternamente come un vecchio edificio fatiscente, probabilmente tra i più vecchi costruiti sull’isola; a prima vista era esattamente quello che aveva temuto più di tutto di trovare, ma, stanca e scoraggiata com’era in quel momento pregò solo che almeno ci fosse un letto decente dove poter cercare di dormire quella notte.
Ma se il detto l’abito non fa il monaco valeva anche per le case, era ancora pronta a ricevere qualche sopresa.
Incamminandosi a fatica su per le scale trascinando la pesante valigia (con tanto di improperi ogni qualvolta le finiva il pesante trolley sui piedi), giunse davanti alla porta dell’alloggio e bussò alla vecchia porta di legno.
Sentì dei passi oltre la porta e si preparò a scoprire chi sarebbero stati i suoi compagni da quel giorno in poi, non nutrendo grandi speranze.
La porta si aprì e una luce brillante proveniente dall’interno la accecò per qualche istante…
“Ah…tu devi essere Nami.”
  
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