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Autore: BibyD95    02/12/2016    1 recensioni
"Lucy? Vieni Lucy, seguimi..."
Davanti a lei la bambina sorrideva. I capelli castano chiaro cadevano in morbidi boccoli sul corpetto rosso.
Lucy fece un passo avanti e lei le tese la mano. 
"Vieni con me..."
"Chi sei?"
La bambina si girò e iniziò a correre. 
La seguì mentre la nebbia densa si trasformava in una strada e intorno a loro si innalzavano ricchi palazzi signorili....
“...c'è una storia che devi sapere...”
 
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristina Calfucci, Federico Auditore, Lucy Stillman, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP 6 - SE LA MATEMATICA NON E’ UN’OPINIONE

Erano ormai quasi due ore che percorrevano la polverosa strada maestra per Bologna.

Nella tiepida semioscurità della piccola carrozza la testa di Cristina ondeggiava a ritmo con l’andamento della vettura: la tensione dei giorni precedenti l’aveva letteralmente prosciugata di tutte le energie ed ora faticava a tenere gli occhi aperti mentre di fronte a lei Matilde, sdraiata sul baule che fungeva da sedile, aveva già ceduto alla stanchezza e dormiva tranquilla. Lo avrebbe fatto volentieri anche lei se il posto accanto al suo non fosse stato occupato da Federico, che guardava fuori dal finestrino assorto. Cercò di sistemarsi meglio contro la parete di legno, ma la stanchezza era davvero troppa. Trasalí quando, ormai abbandonata al sonno, andò ad urtare la spalla del ragazzo seduto accanto a lei.

-S-scusa, scusami…- biascicó a occhi chiusi rialzandosi subito e cercando di trovare una posizione più stabile.

- No non preoccuparti- fece lui - …tutto bene?- La sua risposta fu un mugolio che Federico interpretò come un assenso. La osservò per qualche secondo mentre cercava di puntellarsi al meglio nell'angolo della carrozza ad occhi semichiusi combattendo contro il sonno imminente. Era davvero buffa e, in un altro momento, si sarebbe anche messo a ridere vedendola così. Scosse la testa.

- Io vado a prendere un po’ d'aria…- disse alzandosi e bussando alla finestrella chiedendo a Guglielmo di fermarsi per farlo scendere. Lei disse qualcosa di incomprensibile mentre finalmente poteva stendersi comoda sul sedile per riposare avvolta nel pesante mantello.

Federico maledí la propria galanteria appena mise piede fuori dal carro: il sole splendeva nel cielo terso, ma l'aria gelida di quei primi giorni dell’anno condensava il respiro in nuvole di vapore e il freddo secco si infilava sotto i mantelli e gli abiti pensati. Si sfregó energicamente le spalle prima di arrampicarsi a cassetta.

- Visto che aria frizzante? –

Guglielmo ripartì con un deciso colpo di redini.

- Frizzante? A me sembra di stare in una neviera… Non mi pareva facesse così freddo a Firenze...-

- Eh no, ma ora stiamo andando verso le montagne, è normale che faccia più freddo…-

- Giusto, non ci avevo pensato…- Federico si strinse nel mantello.

Non si era mai allontanato così tanto da Firenze. In realtà non è che avesse effettivamente mai viaggiato in vita sua. Una volta, quando doveva avere sei o sette anni, era andato a Monteriggioni, ma non ricordava granché a parte il gran caldo.

L’unica memoria nitida era sua madre che lo abbracciava forte nonostante fosse completamente fradicio…

- Federico! Ma cosa t’è saltato in mente?! Vuoi farmi morire?!- aveva quasi urlato Maria tirando fuori di peso il figlio maggiore dall’acqua.

Faceva molto caldo quel pomeriggio, e lei aveva deciso di portare i suoi bambini a giocare vicino al bordo di una cisterna per l’acqua piovana nei giardini della villa. Mentre Federico ed Ezio si divertivano a schizzarsi, lei sedeva poco lontano, facendo giocare la piccola Claudia con l’acqua. Ad un tratto però, il suo anello d’oro si era sfilato, cadendo nella cisterna: essendo l'acqua abbastanza profonda, Maria si era dovuta rassegnare a non poterlo recuperare. Federico però, che già sapeva nuotare abbastanza bene, in un momento di distrazione, aveva preso un grosso respiro e si era buttato sparendo sott'acqua. La donna, aveva subito lasciato la bimba sul prato,sporgendosi sul bordo della vasca e, non vedendolo risalire subito, aveva iniziato a chiamarlo e ad urlare in preda al terrore. Erano passati parecchi secondi, che le parvero secoli, prima che lo vedesse finalmente tornare a galla.

-Ma madre…-

-Sei impazzito?! Si può sapere perché stavi cercando di affogarti?!- aveva continuato lei scuotendolo per le spalle.

Il bambino aveva sorriso ed aveva aperto la mano che aveva tenuta serrata fino a quel momento, rivelando il piccolo cerchio d’oro. Maria aveva sospirato e lo aveva stretto forte, infradiciandosi il vestito…

Il calore di quei ricordi riuscì a scaldarlo un po’ in mezzo a tutto quel gelo…

-È la prima volta che vai a Bologna vero? – la voce di Guglielmo lo riportò al presente.

-Be si…in realtà è la prima volta che lascio Firenze…-

-Ah giusto, ho sentito prima di tua zia…cioè di tua madre…Vabbè della parente…mi dispiace…-

-Oh non preoccuparti…- in realtà non aveva capito bene nemmeno lui che parentela lo legasse alla fantomatica donna con cui avrebbe dovuto vivere.

Ascoltando meglio Guglielmo però, si era accorto della cadenza che aveva nel parlare: lavorando con suo padre qualche volta si era trovato ad ascoltare messi e notai bolognesi, ma quello non era sicuramente accento di quelle terre, né tantomeno toscano. Sembrava qualcosa di più caldo, di più centrale…

-…tu invece? Senza offesa, ma il tuo accento non mi sembra emiliano…- indagò. Aveva bisogno di parlare un po’ con qualcuno.

Guglielmo rise -…nessuna offesa perché non lo è: sono nato a Bologna ma sono cresciuto a Roma…-

"Roma! Ma certo!" Trattavano spesso coi mercanti romani e laziali, ecco perché l'accento gli era familiare.

-Sei a Bologna per lavoro quindi?-

-No, ci vivo-

Federico lo guardò perplesso e il ragazzo alzò le spalle tornando a guardare la strada - ...quando avevo tre o quattro anni siamo andati a vivere a Roma, mamma ed io. Avevamo una bella casetta, vicino al Campidoglio. Mamma faceva la lavandaia e io...bè ero troppo piccolo per fare qualcosa. Stavamo bene nonostante tutto, finchè non si è ammalata...- disse rabbuiandosi un po’ -…Se ne andò in poco meno di cinque giorni e io mi ritrovai completamente solo…poi arrivò Filippo…-

-Filippo?-

-Messer Filippo De Quintis- fece Guglielmo con orgoglio -…è un mercante d’arte: la sua bottega è la prima di Bologna…-

-Forse l’ho sentito nominare…- Maria acquistava tele e dipinti in tutta Italia e, naturalmente, aveva comprato anche a Bologna più di una volta -…ti ha preso come apprendista?-

-Non proprio…diciamo che è in debito con me…-

-In che senso?-

-Gli ho più o meno salvato la vita…-

-Scherzi? –

Guglielmo scosse la testa e iniziò a raccontare -Dopo aver perso mamma, come ti ho detto, non avevo più nessuno. Iniziai a vivere per strada: Roma era, ed è tutt’ora, piena di orfani e ragazzini lasciati a sé stessi. Qualche elemosina, qualche lavoretto, a volte un piccolo furto e si tirava avanti, sperando di non morire di freddo o di fame come facevano tanti. Anche se diciamocelo, quante possibilità vuoi che possa avere un ragazzino di dodici anni di diventare adulto vivendo così? Pochissime. Io però ebbi la mia: un giorno insieme ad un mio compagno ottenni un piccolo lavoro che consisteva nel trasportare alcune tele. Il mercante d’arte ci ricompensò con un ducato d’argento a testa, un tesoro per noi! Ricordo che lo spendemmo tutto all’osteria e mangiammo fino a scoppiare…- rise piano, strappando un sorriso anche al ragazzo accanto a lui - …Ad ogni modo, mentre camminavamo per i vicoli, sentimmo rumore di rissa provenire da una strada senza uscita. Ci avvicinammo e vedemmo un uomo che combatteva da solo contro due sicari in nero. Riconobbi subito il mercante d’arte del mattino e, mentre il mio compagno se la filava, io non ci pensai due volte: afferrai un bastone e mi lanciai contro quello che ci dava le spalle…-

Federico si strinse nel mantello – E lo hai atterrato?-

Il riccio scosse la testa -…No. Fu lui ad atterrare me, con un colpo di piatto della spada dritto sulla capoccia, talmente forte che rimasi dritto in piedi qualche secondo prima di cadere a terra!- risero entrambi di gusto.

-E poi che è successo?-

-Be, il mio “coraggiosissimo” intervento aveva dato all’uomo il tempo di liberarsi del primo sicario, quindi non ci mise molto a disfarsi anche del secondo… Quando ripresi i sensi il mercante, Filippo, mi ringraziò e mi propose di andare con lui a Bologna, promettendo che da allora in poi si sarebbe preso lui cura di me. Colsi la palla al balzo e ora sono quasi sette anni che lavoro per lui, anche se non mi ha mai trattato da garzone o dipendente…-

Federico si appoggiò alla spalliera - Deve essere bello: io non ho mai sentito di datori di lavoro così magnanimi…- I suoi superiori, nei mesi in cui aveva lavorato alla banca dei Medici, sicuramente non erano stati con lui.

-Bè dai: il lavoro è sempre fatica-

-Non se ti trattano con rispetto o se fai qualcosa che ti piace… –

-Anche questo è vero…-

Il carro sobbalzò per una buca e a Federico di colpo mancò l’aria: non seppe spiegarsi perché ma iniziò a tossire allarmando Guglielmo accanto a lui – Ehi, che hai? Tutto bene?- il ragazzo annuì respirando profondamente S-si, si…sto bene, tranquillo…deve essere il freddo…- disse, cercando di convincere più se stesso che il compagno al suo fianco.

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-Dunque, sono quaranta fiorini d'argento per l'alloggio, venti per la cena di ieri sera e la colazione di stamattina, più quello che avete comprato, fanno settanta fiorini d'argento in tutto messere...-

Guglielmo mise sul tavolo 4 fiorini d'oro che l'oste prese subito, restituendo al ragazzo il resto di dieci monete d'argento, e ritornando al suo bancone all'ingresso della fumosa sala. Erano passati ormai due giorni da quando avevano lasciato Firenze e nel pomeriggio sarebbero giunti a destinazione. Avevano appena finito di fare colazione, seduti ad un piccolo tavolo posto poco lontano al grande camino che però non doveva tirare troppo bene dato che l’intera sala era pervasa da una leggerissima nebbiolina. In compenso però, quello doveva essere il tavolo più caldo, data la sua vicinanza alle grandi fiamme sulle quali bollivano diverse casseruole.

-Questa locanda ha prezzi davvero ottimi...- commentò il ragazzo soddisfatto -...sono venuto qui anche all'andata: non è facile trovare qualcuno che ti faccia pernottare a 10 fiorini d'argento, di solito ne chiedono quindici o addirittura un fiorino d'oro...-

-Già...peccato che adesso l'oste se ne sia presi comunque cinque in più di fiorini d'argento...- Seduto accanto a lui Federico giocava con le monete sul tavolo.

-Come scusa?- Guglielmo lo guardò stranito.

-Il resto, è sbagliato...-

-E perché? Gli dovevo settanta fiorini d'argento. Ho pagato con quattro fiorini d'oro e lui mi ha dato il resto di dieci fiorini d'argento: un fiorino d'oro equivale a venti fiorini d'argento no[1]?-

Federico rise e prese in mano una moneta – esatto, ma questi non sono fiorini d'argento, sono bolognini...- disse facendola saltare in aria per poi riprenderla al volo.

-E allora? - chiese Cristina seduta di fronte a loro incrociando le braccia - ..un bolognino non vale quanto un fiorino scusa?-

-Certo, un bolognino d'oro…ma un bolognino d'argento non vale quanto un fiorino d'argento[2], il cambio è diverso – continuò lui senza smettere di giocare con la moneta. Seguì qualche secondo di silenzio: Federico alzò gli occhi e si accorse che Guglielmo e Cristina lo guardavano perplessi. Scosse la testa - Un fiorino d'oro equivale a venti fiorini d'argento o a duecentoquaranta fiorini di rame, e questo vale anche per il ducato, il genovino e quasi tutte le monete che circolano in Italia e nel resto del continente. – spiegò - Il bolognino però fa eccezione: per fare un bolognino d'oro ci vogliono quaranta bolognini d'argento, non venti. Quindi se un fiorino d'oro vale quanto un bolognino d'oro, un fiorino d'argento invece vale....-

Cristina battè il palmo sul tavolo -...due bolognini d'argento!-

-Esatto- fece lui alzando le spalle.

Guglielmo però continuava a guardarli confuso.

-...Tu hai pagato l'oste per settanta fiorini d'argento, con quattro fiorini d'oro, che sono ottanta fiorini d'argento. Lui avrebbe dovuto darti come resto dieci fiorini d'argento, ma t’ha dato 10 bolognini, che in fiorini sono la metà...- spiegò Federico.

Gugliemo si alzò di scatto -...e mo' me sente!- sbottò raccogliendo le monete dal tavolo e dirigendosi a grandi passi verso l’ignaro oste all’ingresso della sala.

- Secondo me ora lo picchia…- fece Cristina appoggiando il mento sul palmo della mano e osservando divertita la scena.

-Oh anche secondo me…e non avrebbe tutti i torti…- concordò lui, incrociando le braccia sul tavolo e sporgendosi per vedere meglio.

- Ma che dite voi due?! Vergine Santa fermatelo prima che si scateni una rissa!- esclamò Matilde alzandosi e correndo dall’altra parte della sala, dove Gugliemo inveiva contro il povero oste che tentava invano di scusarsi, attribuendo l’errore ad una svista.

-Tu comunque come lo sapevi del cambio?- chiese curiosa Cristina appena la governante si fu allontanata, distogliendo l’attenzione dalla rissa verbale al bancone.

-Sono figlio di un banchiere Cristina...se non lo so io...-

-Giusto...eppure pensavo non ti piacesse la matematica, dato che non sei durato molto nella Banca dei Medici…-

-Pensi molto male – rispose lui senza perdere d’occhio i due all’ingresso - A me la matematica piace un sacco...è lavorare che non mi va a genio...- ammise.

Cristina rise. - Ti hanno cacciato perché sei uno scansafatiche insomma...-

-Mi sono fatto cacciare perché non mi piaceva quel posto! Mi sfruttavano come facchino e portalettere...le uniche volte che avevo a che fare con i numeri era quando mi mettevano a copiare, enormi registri con calcoli fatti male per giunta!- disse lui appoggiandosi allo schienale mentre lei continuava a ridere.

- Si certo come no! -

- Non ridere è vero! Non sai quante volte i colleghi bolognesi hanno cercato di fregarci col trucco del bolognino d'argento...- Federico giocava con l'anello che aveva al dito: cercava di essere serio ma la risata della ragazza era contagiosa -...se non avessi avvisato mio padre che i conti erano sbagliati, a quest’ora la banca dei Medici avrebbe perso un bel po' di soldi... Deve ancora ringraziarmi per questo…- Appena finì di pronunciare quelle parole si fermò: si era accorto solo in quel momento che, anche poco prima, aveva parlato di suo padre al presente, come se ci fosse ancora. Strinse il pugno attorno all’anello che aveva al dito: rendersene conto gli faceva male.

-Tu te la cavi bene con la matematica vero Federico?-

Federico aveva deciso di viaggiare a cassetta lasciando alle signore la vettura. In realtà Gugliemo gli era simpatico e parlare con lui riusciva a distrarlo un po’ dai suoi pensieri: dopo aver mancato di poco la rissa alla locanda, aveva passato gran parte del viaggio a raccontare aneddoti su risse e truffe con protagonisti bizzarri che avevano il sapore più di favole che di fatti realmente accaduti. Ascoltarli però era piacevole, anche perché, effettivamente, il solo a parlare era lui.

La domanda aveva quindi colto di sorpresa il giovane fiorentino -ehm...si abbastanza, perché? -

Guglielmo si appoggiò alla spalliera senza distogliere lo sguardo dalla strada – Ti spiego: una settimana fa il nostro contabile, Baldo, ci ha mollati per andare a lavorare a Pavia nella bottega del cognato. Filippo è a Roma e non gli ho ancora detto niente: intanto me ne sto occupando io...della contabilità intendo...-

- E allora?-

- Penso ti sia accorto che io e la matematica non andiamo molto d'accordo. Giuro che ce la sto mettendo tutta, ma penso che se continuo così, quando tornerà Filippo la bottega sarà bella che fallita....-

Federico lo guardò perplesso. -...insomma, mi chiedevo se ti andrebbe di darmi una mano...- continuò Guglielmo.

-...Mi stai chiedendo di farti da contabile? -

-Si...cioè, se non hai già altri progetti a Bologna. L’unico problema è che non potrei pagarti per ora… Ma avresti vitto e alloggio...- si affrettò a precisare.

Federico rimase qualche secondo in silenzio – Ehm…be’ si…Si per me va bene…- Avrebbe dovuto prima parlarne con Cristina, ma accettare al volo era la cosa più sensata da fare. Forse la sua buona stella non lo aveva del tutto abbandonato.

-Dici davvero…Ah! – la gioiosa reazione di Guglielmo aveva quasi fatto impennare il povero Giuscardo davanti a loro, facendo fare alla vettura uno scatto di qualche metro prima di venire prontamente frenato. – E’ fantastico! Sai che me salvi la vita vero? –

Federico rise accomodandosi contro la spalliera - se lo dici tu…-

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Arrivarono in città che era da poco passata la Nona[3].

Bologna era semideserta e dalle osterie e dalle case, uscivano i profumi di varie pietanze e le voci degli avventori impegnati a gustarle. Era diversa da Firenze: al posto dei tozzi palazzi signorili, le strade erano costeggiate da portici di legno e pietra, sotto cui si aprivano botteghe, portoni ed osterie. La cosa che colpì subito Federico fu la presenza delle torri: alte, basse, tozze, ovunque girasse lo sguardo ve ne era una. Alcune presentavano balconi pensili o archi in modo da permettere il passaggio al di sotto. “Bologna la Turrita” ricordava di aver letto da qualche parte: ora comprendeva il perché di quel soprannome.

Procedettero per vie e piazze di cui non conosceva il nome, fino ad arrivare ad un grande portone in quella che Guglielmo disse essere Via degli Orefici.

Antonio era un mercante, un ricco mercante, e le sue ricchezze si riflettevano perfettamente nell’elaborata facciata dell’edificio: eleganti bifore circondate da ricche architetture in risalto erano disposte sui due livelli del secondo e del primo piano, che poggiava su un porticato dai capitelli decorati. Sotto il porticato, oltre alle finestre del piano terra, vi era un grande portone che immetteva nel cortile d’ingresso.

- Eccoci arrivati Madonne: Casa Vespucci…- annunciò Guglielmo frenando il carro davanti al portone - …vi aiutiamo a scendere i bagagli…-

- Lasciateli pure nel cortile: a portarli dentro ci penserà la servitù…- disse Matilde mentre attraversava la piccola porticina ed entrava nel cortile - …vado dentro ad avvisare che siamo arrivati…-

Cristina scese dal carro aiutata da Federico. Era agitata: come avrebbe fatto a spiegare a suo padre la presenza del ragazzo? Aveva rimandato il problema ma adesso doveva affrontarlo. Restò nel piccolo cortile sfregandosi le mani finchè i due ragazzi non ebbero finito di portare dentro i bauli. Guglielmo uscì e lei rimase sola con Federico.

- Meglio entrare se non vogliamo incrociare Papà…- disse iniziando a salire - …la casa è grande, molto più di quella a Firenze: potrai sistemarti negli alloggi della servitù. Mi dispace ma per ora è meglio che mo padre non sappia che sei qui…meglio che gli spieghi io con calma..- fece pronunciando l’ultima frase più per se stessa che per Federico dietro di lei.

- Oh non c’è bisogno Cristina…- La ragazza si voltò e si accorse che lui era rimasto vicino alla soglia.

-Io non resto qui…vado con Guglielmo… – continuò giocando col basco che aveva preso in mano.

- Come? –

Federico si schiarì la voce - Ha detto che posso stare da lui…mi ha proposto di fargli da contabile e io ho accettato…- disse.

- Ah…bene…- sembrava sorpresa, ma nella sua voce Federico non potè fare a meno di notare una punta di risentimento.

- Andiamo sapevamo entrambi che non potevo vivere nella tua cantina per sempre, specialmente ora che c’è tuo padre…- scherzò alzando le spalle.

-no infatti…- Cristina sospirò e lanciò un’occhiata alla porta d’ingresso in cima allo scalone -ma avresti almeno dovuto chiedermi consiglio…-

- va bene scusami – stava rispondendo lui sarcastico, quando l’inconfondibile voce di Antonio che cercava la figlia per salutarla fece sobbalzare entrambi.

Federico uscì e si appiattì dietro il grande battente di legno mentre Cristina si parò davanti alla piccola apertura in modo da coprire del tutto la visone dell’esterno, nel caso suo padre fosse uscito sul pianerottolo.

- Meglio che vada ora…non vorrei fargli prendere un colpo…- disse lui dopo qualche secondo, quando fu chiaro che Antonio si sarebbe limitato a cercare la figlia in casa, convinto che fosse già salita.

Lei annuì - Io non posso muovermi da qui, mio padre non me lo permetterebbe, ma manderò Matilde a Firenze tra qualche giorno…magari ora che si sono calmate le acque potrebbe scoprire qualcosa… sapere dove sono andati. Appena torna, ti dico se ci sono novità…-

- Ve bene…a presto allora…- disse lui correndo verso il carro dove Guglielmo aveva appena finito di premiare il cavallo con una mela, e quasi perdendo il basco nel tragitto. Lei scosse la testa divertita mentre si dirigeva verso il grande scalone di ingresso, ma non aveva nemmeno iniziato a salire i primi gradini che la voce di Federico la fece voltare di nuovo – Ehi Cristina…- il ragazzo era affacciato al alla porticina nel portone d’accesso al cortile - …Grazie…per tutto…- Cristina sorrise. Poi si voltò e, mentre lui raggiungeva il carro, salì in fretta le scale reggendosi la gonna ed entrò nel palazzo – Eccomi Padre!-



[1] La monetazione dell’europa rinascimentale si basa sistema monetario introdotto da Carlo Magno (1 lira = 20 soldi = 240 denari) Per saperne di più date un’occhiata qui su Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Fiorino)

[2] Questa differenza nel cambio la lessi su un articolo (che però ho dimenticato di salvare) un po’ di tempo fa: giuro che è vera e non me la sono inventata XD. Appena recupero l’articolo lo inserisco u.u.

[3] L’ ora Nona, secondo la misurazione medievale del tempo, equivale alle 3 del pomeriggio (ora in cui di solito si pranzava N.d.B.)






L’AngoloDiBibi
Salve a tutti gente =D!
Lo so che avevo detto che sarei tornata ad aggiornare a fine ottobre, ma cause di forza maggiore (leggi TESI) mi hanno impedito di scrivere u.u. Comunque, tutto è bene quel che finisce bene e quindi rieccomi qui più in vena che mai, pronta a scassarvi di nuovo con questa storia =D.
Dunque: come accennato, a differenza del caro Ezio, che si sposta in un click da una parte all'altra dell'Italia (probabilmente dotato dello stesso cavallo a benzina di Marco Bello de "I Medici" p.p), i nostri poveri protagonisti devono sorbirsi tre giorni di viaggio, con tanto di freddo polare perchè siamo a Gennaio. Ne ho approfittato per farvi dare una sbirciatina in qualche tenero ricordo di Federico e per presentarvi un po' meglio Guglielmo (il fatto che ci racconti praticamente la sua vita su due piedi è una sua caratteristica: quando parla non sa fermarsi, è logorroico è.é).
Per quanto riguarda la parte sul resto sbagliato dell'oste, dato che sono anche una persona per niente fissata con la precisione storica, mi sono divertita ad impazzire e a scervellarmi sulle varie monete in corso all'epoca con relativi cambi per mettere su un discorso credibile su bolognini e fiorini, nonostante studi lettere e la matematica sia per me piacevole più o meno quanto
lo stridere di un gesso sulla lavagna -.-".
Infine eccoci a Bologna, tra torri, tetti rossi e portici, dove Federico, grazie alla sua proverbiale fortuna, ha già trovato un posto sicuro, insieme ad un impiego che tutto sommato non dovrebbe gravargli troppo adorado (a differenza della sottoscritta) numeri e matematica in generale...
La mia euforia creativa troppo a lungo repressa si è riversata anche su carta, producendo i due disegni sparsi nel testo (e altri con cui ho aggiornto alcuni capitoli ^_^).
Penso di aver detto tutto quindi posso ringraziare
la mia adorata Aoboshi (che riabbraccio domani <3) e _Anaiviv per le recensioni (che sono state davvero un raggio di sole in un momento nerissimo <3), valepassion95 per aver messo la storia nelle seguite (nell'altro capitolo ti avevo dimenticata scusa T.T) e il mio collega Dott. Giorgio, che anche se non è sul sito sta leggendo la storia <3.
Come sempre, grazie anche a tutti quelli che passano e leggono o danno solo un'occhiata.

Detto ciò
*si aggiusta la corona d'alloro in testa* dato che sono le 3:00 e io tra esattamente 12 ore verrò ufficialmente proclamata Dottoressa in Lettere Moderne, non posso fare altro che dirvi
Alla prossima!

Dott.ssa Bibi





  
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