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Autore: Choi Yume    02/12/2016    1 recensioni
È notte fonda. Nel cielo, di un intenso blu scuro e rischiarato appena dalla pallida luce della luna, non risplendono stelle...
Quante leggende iniziano così? Quante volte si è sentito parlare di malvagie creature che strisciano nell'oscurità? Ma se c'è qualcosa di bello nelle leggende e nelle loro molteplici versioni, è che nessuna è mai completamente vera o completamente sbagliata.
Esistono davvero creature che escono allo scoperto solo dopo il tramonto, non perché hanno paura del Sole, ma perché nella notte scura e profonda sono in grado di cacciare con più facilità: d'altronde anche loro hanno bisogno di nutrirsi.
I vampiri sono capaci di muoversi con destrezza nelle tenebre. Nati millenni di anni fa, su di loro esistono diverse leggende, alcune false, insulse, basate su dettagli puramente inventati. Sono bestie che per sopravvivere sì, si nutrono del sangue umano, ma non temono il sole e non hanno lunghi canini. Non è vero che nelle loro vene non scorra sangue e che non possano nutrirsi dei propri simili. Altri miti però dicono il vero: hanno sensi più sviluppati degli uomini, una forza sovrumana e hanno il potere di trasformare gli uomini con un morso. È vero anche che prima di attaccare i loro occhi diventano
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Youngjae, Zelo
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo
 
È notte fonda. Nel cielo, di un intenso blu scuro e rischiarato appena dalla pallida luce della luna, non risplendono stelle...
 
Quante leggende iniziano così? Quante volte si è sentito parlare di malvagie creature che strisciano nell'oscurità? Ma se c'è qualcosa di bello nelle leggende e nelle loro molteplici versioni, è che nessuna è mai completamente vera o completamente sbagliata.
Esistono davvero creature che escono allo scoperto solo dopo il tramonto, non perché hanno paura del Sole, ma perché nella notte scura e profonda sono in grado di cacciare con più facilità: d'altronde anche loro hanno bisogno di nutrirsi.

I vampiri sono capaci di muoversi con destrezza nelle tenebre. Nati millenni di anni fa, su di loro esistono diverse leggende, alcune false, insulse, basate su dettagli puramente inventati. Sono bestie che per sopravvivere sì, si nutrono del sangue umano, ma non temono il sole e non hanno lunghi canini. Non è vero che nelle loro vene non scorra sangue e che non possano nutrirsi dei propri simili. Altri miti però dicono il vero: hanno sensi più sviluppati degli uomini, una forza sovrumana e hanno il potere di trasformare gli uomini con un morso. È vero anche che prima di attaccare i loro occhi diventano rossi. I vampiri esistono, e vivono mimetizzati tra gli esseri umani.
 
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Capitolo 1

I passi di un uomo risuonavano al buio di un corridoio, le cui pareti erano ricoperte di ritratti secolari di vampiri puro sangue, i più potenti tra tutti; i loro occhi rossi risplendevano anche se impressi su tela. Si fermò un attimo davanti al suo stesso ritratto e le sue labbra piene si piegarono in un ghigno, mentre le sue iridi da nero pece diventavano rosso sangue, quasi con soddisfazione; poi decise di continuare il suo percorso, finché non giunse davanti ad una porta di legno scuro, elegantemente intarsiata. Bussò con le nocche un paio di volte e la porta si aprì da sola. La stanza era illuminata da una luce soffusa, che si diramava da alcuni punti strategici. Il vampiro era fermo sulla soglia: alto, lo sguardo serio nascosto da lunghi capelli neri che gli ricadevano sulla fronte, era vestito completamente di nero e teneva una postura rigida, le spalle larghe e ben proprozionate e le braccia dritte lungo i fianchi.
  «Qual buon vento!» disse il ragazzo seduto su una poltrona blu notte, le gambe lunghe distese e i tacchetti degli stivaletti conficcati nel pavimento. Le mani erano appoggiate ai braccioli e il capo chino non consentiva all'altro di guardarlo negli occhi, concedendogli solo la visuale di qualche ciuffo nero che gli ricadeva sul viso.
  «Non dirmi che l'hai uccisa...» il tono di voce era scocciato e gli occhi erano rivolti a terra, verso le scarpe del ragazzo.
A terra giaceva il corpo di una donna, il viso nascosto da una corona di capelli rosso scuro che si disperdevano sul pavimento. Rosso come il sangue che non aveva più in corpo.
  «Aveva poco sangue» si giustificò, mentre sosteneva la fronte con le dita intrecciate.
  «Era pur sempre una vampira, sai che non dovresti ucciderli...» raccolse il cadavere per poi caricarselo sulle spalle.
Il ragazzo alzò il viso di scatto e i suoi occhi vermigli si volsero verso il volto dell'interlocutore, mentre le zanne affilate ritornavano lentamente nelle gengive, dove sarebbero rimaste nascoste fino al pasto successivo.
  «Non desidero nutrirmi dei miei simili fino alla mia morte, ma non ho altra scelta» tuonò e la sua voce roca generò un'onda d'urto che sbalzò l'altro contro il muro a lui opposto. Non era ancora in grado, appena dopo i pasti, di controllare i suoi poteri, che sembravano rafforzarsi sempre di più ogni volta.
L'uomo gemette per il dolore dell'impatto. «Junhong, calma»
Lo sguardo furente di Junhong parve affievolirsi, mentre i suoi occhi tornavano al loro normale colore scuro. Si premette il viso con il palmo della mano e disse, scuotendo la testa: «Sc..scusa hyung, non so cosa mi sia preso».
  «Era un vampiro piuttosto potente, è normale in questi casi» affermò mentre cercava di rimettere in sesto la spalla dislocata.
  «Ma non era nel pieno delle sue forze, altrimenti mi avrebbe costretto a smettere» Junhong guardò il cadavere della donna, che nel frattempo era stato adagiato di nuovo sul pavimento.
  «Tu ti nutri solo e unicamente di altri vampiri, sei più forte di tutti noi e lo sai bene» l'altro posò una mano sulla spalla del ragazzino, che era più alto di lui di qualche spanna nonostante l'età. Di riflesso si passò una mano sul mento ancora sporco di sangue ormai secco e bisbigliò: «Non so quanto sia bello essere potenti se poi si finisce...così».
  «Devi solo imparare a controllarti meglio, sei ancora giovane, Junhong»
  «Sono nato vampiro e ancora non riesco a tenere a bada i miei poteri. Non credi sia quantomeno ridicolo, Yongguk-hyung?» disse mentre un sorriso amaro gli increspava le labbra.
  «Gestire la forza dopo ogni pasto non è facile» fece schioccare la lingua contro il palato «...e poi ricordiamoci che sei pur sempre un ragazzino e non sei mai uscito dalla comunità da quando sei venuto al mondo, non hai mai avuto bisogno di controllarti».
  «Il loro odore mi fa venire la nausea» Junhong arricciò il naso.
Yongguk soffocò una risata. «Non esiste frase più atipica per un vampiro».
  «Effettivamente sono un vampiro atipico, lo sai anche tu»
  «Lo sappiamo tutti!» disse allargando le braccia in un gesto plateale. «Proprio per questo ti consideriamo il candidato principale per governare la nostra comunità; ma un buon leader deve saper resistere agli istinti, Junhong» diede un calcio al corpo morto ai suoi piedi, come per rimarcare la sua mancanza di auto-controllo.
  «Cos'hai in mente? Sentiamo...» Junhong si lasciò cadere sulla poltrona dalla quale si era alzato qualche minuto prima.
  «Forse dovresti uscire dalla comunità»
Il ragazzo alzò un sopracciglio, a metà tra il confuso e lo scettico: «Uscire dalla comunità?»
  «Sai, molti vampiri decidono di vivere per un po' tra gli umani, così da imparare a controllare i propri istinti», poi si strinse tra le spalle, come se quello che stava dicendo fosse la cosa più ovvia del mondo.
  «Ma io non posso nutrirmi di esseri umani, non vedo a cosa mi sarebbe utile»
  «Sei stati tu a dirlo: ti provocano nausea» Yongguk sogghignò compiaciuto.
  «Continuo a non seguirti...»
  «No, è che tu non vuoi capirmi. Se riuscirai a trattenere i tuoi istinti, seppur di disgusto, nei confronti degli esseri umani, sarai in grado di controllare la tua sete ogni volta che mordi un vampiro, Junhong. Credo che questa sia attualmente la soluzione migliore».
Il ragazzo lo fissò a lungo da dietro i ciuffi neri di capelli che gli erano caduti sugli occhi. Quell'idea non gli piaceva, per nulla; se avesse dovuto dire tutta la verità, non gli piaceva nemmeno l'idea di diventare il leader di una comunità così estesa di vampiri: non si trattava di un centinaio di persone, ma tra sangue puro, mezzo sangue e schiavi superavano forse persino le diecimila persone. Lui era solo un ragazzo, anche malato per giunta. Sì, Choi Junhong era malato, sin dalla nascita, di una rara e alquanto bizzarra malattia, specialmente per un vampiro. Si sarebbe potuta definire un'allergia al sangue umano, quel sangue che di solito era linfa vitale per i suoi simili e che invece indeboliva Junhong: diminuiva i suoi poteri, i suoi sensi, gli causava un vero e proprio deperimento a livello fisico, che avrebbe potuto condurlo alla morte. Il sangue dei suoi simili no, quello non gli faceva nessun effetto – se si esclude quello degli schiavi, anche trasformati, nati umani e mutati in vampiri. Anzi, quello lo rinvigoriva e come è normale che sia aumentava anche i suoi poteri. Era per questo che tutti lo temevano: gli bastava arrabbiarsi e rispondere male come aveva fatto prima con Yongguk per uccidere qualcuno senza la minima intenzione. Forse i vampiri nei suoi confronti provavano paura e non stima, per questo preferiva starsene in casa e uscire a notte fonda, quando le strade del villaggio erano completamente deserte.
  «Migliore per cosa?» fece finta di non capire.
  «Per te»
  «Hyung, per favore, non ricominciano con quella storia. Io non voglio, Himchan è un ottimo leader, perché dovrei prendere il suo posto? Lo ripeti sempre anche tu: sono solo un ragazzino»
Yongguk sospirò pesamentemente e disse, posando una mano sulla testa e accarezzandogli i capelli: «Junhong, io credo in te. Voglio solamente che tu ti liberi di questa routine malata»
  «Balle!» disse spostando la sua mano con un gesto brusco «a te non importa nulla» e sputò a terra. L'altro rimase in silenzio. Junhong sospirò e nel tentativo di evitare gli occhi del più grande posò lo sguardo sul corpo della vampira che stava lentamente diventando cenere.
  «E sia» borbottò infine «Andrò a vivere in mezzo agli umani».
 
¤¤¤
 
Era una mattinata normale, una come tante, e Kaori stava sonnecchiando beatamente nel suo letto, abbracciata al cuscino con l'aria serena di chi dorme sonni tranquilli. Qualche ciocca di capelli color miele le cadeva sugli occhi, senza darle davvero fastidio: li aveva tagliati corti proprio per quello, per non ritrovarsi capelli lunghissimi dappertutto; sua nonna di certo non approvava, lei amava quella cascata di capelli biondissimi, ma Kaori aveva preferito che i ciuffi le incorniciassero appena il viso.
Un sogno stava lentamente prendendo forma nella sua mente e Kaori si mosse appena nel sonno, finché qualcuno non decise di interrompere la sua favola urlandole dritto in un orecchio: «Sveglia!»
La ragazza sobbalzò e si mise seduta al centro del letto. «Ma cosa...?» si chiese con voce confusa e impastata e gli occhi a mandorla ancora semichiusi.
«Buongiorno, dormigliona» qualcuno ridacchiò.
Lei assottigliò gli occhi, probabilmente nel vano tentativo di sembrare minacciosa, mentre l'altro rideva a crepapelle tenendosi le viscere.
  «Youngjae...» sibilò.
  «Sì, Kaori? Dimmi!» disse cercando di placare le sue stesse risate.
  «Non ti hanno mai detto che le persone, specialmente se si tratta di una ragazza, vanno svegliate con dolcezza?» la ragazza sbatteva leggermente le palpebre come un cerbiatto.

Il ragazzo era bellissimo: la pelle leggermente abbronzata, gli occhi a mandorla scuri e ammaliatori, le labbra piccole e piene e i capelli castani che gli ricadevano dolcemente su una parte del viso; tanti dettagli che lo rendevano degno di quell'aggettivo. A un tratto si strinse nelle spalle e disse: «Tu non ti sveglieresti nemmeno con delle cannonate, devo essere drastico».
Lei per tutta risposta gli lanciò un cuscino in piena faccia e Youngjae smise di colpo di ridere.
  «Ora va molto meglio» sorrise e si alzò dal letto.
  «Mi hai lanciato un cuscino!» protestò quando si fu ripreso dallo shock iniziale.
  «Almeno hai smesso di ridere. A pensarci, l'ho fatto per il tuo bene. Se avessi continuato a ridere così tanto ti si sarebbe bloccata la respirazione, quindi ringraziami» disse con un sorriso furbo.
  «Tu piccola...» il ragazzo imprecò a denti stretti.
Kaori gli fece il verso ridacchiando tra sé e sé, mentre apriva l'armadio alla ricerca di qualcosa da indossare.
Calò per un attimo il silenzio nella stanza poi, quando la ragazza ebbe finalmente trovato qualcosa di decente da mettere, Youngjae riprese a parlare: «Comunque, è davvero sexy quel pigiama a paperelle». Kaori tolse la maglietta del pigiama e gliela lanciò in faccia. Si voltò di spalle, mostrando le sue scapole sporgenti, che sembravano quasi ali incatenate dal tessuto della pelle, poi entrò in bagno e lasciò il ragazzo da solo.
Youngjae si sedette sul letto con un tonfo e il materasso si piegò sotto il suo peso, mentre si guardava intorno consapevole che avrebbe dovuto aspettare un bel po'.
Quella che poteva sembrare una mattinata alquanto scombussolata era in realtà la routine quotidiana per i due, amici da che ne avessero memoria. Si erano conosciuti da piccolissimi, quando Kaori era appena nata e lui aveva solamente due anni e osservava gli occhi grandi e puri della bambina infagottata in una copertina rosa. Lui le aveva sorriso da subito e,  nonostante il bisogno di attenzioni tipico di ogni bambino, aveva pensato che condividere i riflettori con lei non sarebbe stato poi così male. Youngjae aveva poi infilato le due dita nel pugnetto cicciotto di lei e senza saperlo le aveva fatto una promessa: ti proteggerò.
Erano cresciuti praticamente insieme. Lei era quasi sempre a casa di sua nonna e lui abitava nella dimora accanto: quando uno dei due si annoiava correva quasi inconsciamente dall'altro. Nel corso degli anni poi il loro rapporto era diventato quasi una specie di simbiosi: davano per scontato che fossero sempre insieme e che in qualsiasi difficoltà avrebbero trovato sempre reciproco appoggio. Ovviamente c'erano state volte in cui erano rimasti delusi, ma inevitabilmente si riconciliavano sempre. Tutti credevano che una volta cresciuti la loro amicizia si sarebbe evoluta in un sentimento più forte, ma non era stato così. Era rimasti semplicemente come fratelli e nessuno dei due riusciva a concepire l'altro in modo diverso da quello: molti non capivano, ma a loro non importava.
Youngjae era l'unica persona cara che le era rimasta, assieme a sua nonna. Sua madre era morta senza che lei neanche la conoscesse a causa di un'infezione subentrata durante un parto, o così le avevano detto. Suo padre invece aveva avuto un infarto a causa dello stress; infatti da quando erano rimasti soli aveva iniziato a lavorare notte e giorno per dare a sua figlia una vita dignitosa. Però alla fine aveva perso il padre. Certo Kaori non gliene faceva una colpa, credeva di fare la cosa giusta perseguendo la via sbagliata, ma d'altronde chi è che non lo fa?
Lei d'altra parte nella vita non si era fatta nessuno amico, ma non perché avesse la puzza sotto al naso o preferisse la compagnia di Youngjae, ma tutti la consideravano una persona particolare. Fredda, scostante, silenziosa, diceva cose strane di tanto in tanto e passava la maggior parte del suo tempo a disegnare o a scribacchiare su un quaderno. Non le piaceva molto parlare, infatti le poche volte che qualcuno le si avvicinava si chiudeva in se stessa, rispondendo a monosillabi. C'erano giorni in cui si chiedeva come mai Youngjae ancora non l'avesse abbandonata.
Uscì dal bagno circa venti minuti più tardi e si rese conto di essere terribilmente in ritardo. Si precipitò in camera e urlò «Perché non mi hai svegliata prima!» mentre cercava di infilarsi alla svelta le scarpe.
  «Se mettessi la sveglia di mattina, ogni tanto...» disse lui con un'espressione divertita.
  «La mattina...»
  «Sì, lo so, è fatta per dormire»
  «Esatto» disse mentre frettolosamente afferrava il giubbotto «vedi che quando vuoi sai essere sveglio?»
Uscirono insieme di casa e si diressero insieme verso l'università. Lei frequentava il primo anno di Lettere, lui il terzo di Informatica. Quei due erano come il giorno e la notte, tutti lo pensavano. Non sapevano quale fosse il motivo per cui andassero così d'accordo, probabilmente lo ignoravano anche loro, ma c'era un filo che li univa, un filo che appariva indistruttibile.



 
[angolino dell'autrice]
Buonasera/giorno (dipende da quando state leggendo).
Mi presento, sono Chloe, o meglio, scrivo con questo nome (quando EFP accoglierà le mie richieste ci sarà un cambio nick). Questa è la mia prima Fanfiction sui B.A.P ed è stranamente (anche per me) Het, spero vi piaccia e ricordate le recensioni sono sempre apprezzate
I protagonisti di questo Prologo+capitolo
sono Junhong, Yongguk, Kaori e Youngjae. Di sotto vi lascio le foto di come li immagino nella storia. ma prima vorrei ringraziare la mia unnie che mi ha convinto a scrivere questa fanfiction e ringraziare/creditare/beatificare Angelica che mi beta i capitoli.
Alla prossima~



 


 
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