My obsession. Your ass.
Derek
non è sempre stato un ragazzo con la testa sulle
spalle, però anche
quando era un ragazzino è sempre stato consapevole di avere
degli obblighi nei
confronti della sua famiglia e delle priorità da rispettare.
Essere un
licantropo è un dono, sua madre gliel’aveva sempre
ripetuto, ma con il tempo
aveva imparato che poteva essere anche un fardello.
Ad esempio quando il tuo ragazzo si addormenta a metà di un
film che tu trovi
molto interessante, ma che non riesci a seguire perché ha
cominciato a russare
persino più di suo padre dopo un turno di dodici ore. E
allora non ti rimane
che sospirare, prendere il telecomando e spegnere la televisione,
sperando in
una replica.
Stiles è una persona a dir poco particolare.
Insomma, chi dorme con il collo piegato a novanta gradi, una gamba a
penzoloni e
il resto del corpo addosso al proprio ragazzo? Nessuno ovviamente.
Nessuno
tranne Stiles Stilinksi che non solo sembra stare comodo ma che, per
concludere
la serie di grugniti, mugugna
soddisfatto per chissà quale strano motivo. E Derek non lo
vuole nemmeno sapere
a dire il vero.
Porta le mani in alto, incrociandole dietro la nuca, e chiude gli occhi
abbandonandosi ai ricordi di non tanto tempo fa.
§§§
Essere
trascinato in quattro discoteche nel giro
di un’ora e mezzo non era quello che Derek intendeva per
divertimento o “serata
da sballo”, ma sua sorella era ritornata in città
solo per tre giorni e non
poteva rifiutarsi di seguirla come un cagnolino fedele. Si limitava a
fissarla
con un sopracciglio inarcato quando flirtava con i buttafuori per non
farsi la
fila, a grugnire a chiunque osasse avvicinarglisi mentre faceva il
possibile
per rimanere distante da quella massa informe di corpi sudati, e a
imprecare
mentalmente contro sua sorella per averlo convinto a darle retta.
“Vedrai,
Derek, sarà divertente. Ti divertirai”.
Chiuse gli occhi e sospirò pesantemente nel tentativo di
calmarsi e non
strappare via le dita a morsi di chiunque avesse osato palpargli il
sedere. Si
era girato pronto a scattare, non aspettandosi di trovarsi davanti uno
Stiles
barcollante che continuava ad allungare le braccia verso il suo sedere.
«Stiles», ringhiò. Afferrò i
polsi del ragazzo e glieli portò di lato nel
tentativo di fermare i suoi strambi e alquanto imbarazzanti tentativi.
«Sei ubriaco».
«No». Lui non era ubriaco e quello che sentiva
Derek non era odore di alcool.
No no.
«Non ti reggi in piedi». Come sostegno della sua
tesi Derek gli aveva lasciato
i polsi e Stiles era caduto a terra come una pera cotta, sbattendo il
sedere
contro il pavimento duro e la testa contro la parete dietro di
sé. Erano
abbastanza appartati e perciò Stiles non era caduto addosso
a nessuno, anche se
– Derek lo ammetteva – sarebbe stato abbastanza
divertente.
Il minore fece qualche passo in direzione di Derek – che
curioso
dall’atteggiamento dell’umano non si era spostato
– e aveva appoggiato il mento
nell’incavo tra il suo collo e la spalla destra.
«Stiles». La voce di Derek era talmente gutturale e
profonda che Stiles dovette
necessariamente leccargli il pomo
d’Adamo, ne andava della sua incolumità mentale.
Derek deglutì e Stiles pensò che lo avesse fatto
apposta.
«Ti porto a casa». Prese Stiles per mano per non
rischiare di perderlo di vista
a causa della moltitudine di persone che si strusciava l’una
sull’altra, e lui
incrociò le proprie dita con le sue. E in fondo quello
strano pizzico alla
punta delle dita non era così tanto male.
E se Derek credeva che tirare fuori Stiles dalla discoteca fosse
difficile,
adesso che si trovavano davanti a casa sua, con Stiles talmente ubriaco
da
inciampare nei suoi stessi piedi e la parlantina più vivace
del solito, si
chiedeva perché diamine non era rimasto in discoteca con
Cora.
«Stiles, entra in casa e sta’ zitto». Il
ragazzo si era aggrappato allo stipite
della porta e Derek aveva dovuto prenderlo in braccio di peso per
riuscire a
fargli salire le scale. E va bene che essendo un licantropo dalla
nascita non
si era mai ubriacato in vita sua ma davvero,
com’era possibile che nei cinque secondi che aveva impiegato
a percorre pochi
gradini Stiles avesse cominciato a piangere?
«E ora che c’è?». Si rifiutava
di mollare la presa su Derek, ancorandosi con
entrambe le braccia al suo collo.
«Stiles». A nulla servirono le minacce, le
sopracciglia che si incurvavano e la
botta in testa. A Derek non rimase altro che stendersi nel letto a una
piazza e
mezzo con Stiles addosso, aspettando che l’umano prendesse
sonno.
«Stiles», ringhiò per
l’ennesima volta. Il ragazzo aveva cominciato a
strizzargli il sedere come se fosse una pallina antistress, aumentando
la presa
quando alle lacrime erano seguiti anche i singhiozzi.
«Che c’è?», lamentandosi con
voce stridula aveva alzato la testa e lo aveva
guardato con gli occhi sgranati e il labbro inferiore tremante. E
sì, in tutto
questo aveva continuato a stringergli il sedere.
Derek si era dovuto alzare a sedere a sua volta, accogliendo con una
smorfia
Stiles tra le braccia che continuava a piangere ininterrottamente. Una
mano
stropicciava la stoffa, spiegazzandola – ehi, quella era una
camicia da trecento
dollari – e l’altra si era aggrappata alle natiche
come se fosse il suo
salvagente in mezzo all’Oceano Pacifico.
E a nulla valsero le suppliche di Derek per fargli mollare la presa,
ormai aveva
ha capito che ubriaco com’era non poteva fargli paura quindi
neppure ci provava.
Stiles lasciò la presa solo una quarantina di minuti dopo
quando cominciò pian
piano a prendere sonno, continuando tuttavia ad accarezzargli il sedere
sodo.
Derek si stese nuovamente, obbligando Stiles ad imitarlo. Quando
cercò di
liberarsi da quell’abbraccio soffocante – faceva
davvero caldo e Stiles puzzava
– l’umano mugugnò un
“No” triste e strinse nuovamente il sedere di Derek
con un
sorriso beato.
E no, Derek non voleva commentare la sua camicia bagnata di lacrime e
muco, e
che puzzava di alcool e Stiles.
∞∞∞
Derek
aveva un brutto carattere, questo era ormai
risaputo. Però non peccava di maleducazione e aveva sempre
cercato di non
essere eccessivamente invadente o fastidioso. Tranne quando entrava di
soppiatto in camera di Stiles per assegnargli delle ricerche, in quel
caso era
giustificato. E
poiché viveva secondo il
principio del “Non fare ad altri ciò che non
vorresti facessero a te” non si
aspettava di sentire il campanello suonare alle cinque di mattina.
Né tantomeno
si aspettava di percepire così chiaramente l’odore
di Stiles. Non a casa sua, e
non di mattina.
Il continuo bussare – Stiles aveva cominciato anche a tirare
calci e Derek
temeva per l’incolumità del suo loft –
lo aveva convinto a scendere dal letto
ed andare ad aprire all’umano, ritrovandoselo a un palmo dal
naso quando aprì
la porta scorrevole.
«Tu!». Era entrato puntandogli il dito contro,
picchiettando sul suo petto nudo
ricoperto da una leggera peluria. «Tu, razza di stronzo
patologico. Tu sei uno
stronzo». In quel momento Derek aveva capito che nonostante
Stiles fosse un
ragazzo intelligente, i sinonimi non erano di suo gradimento.
«Sei uno sporco, lurido e pure bastardo». Trattenne
l’aria nei polmoni per
prepararsi ad un lungo quanto sentito sospiro, ma Stiles lo aveva
preceduto
buttandoglisi addosso e intrappolando le sue labbra in un bacio che di
casto
non aveva nulla. La lingua di Stiles esplorava l’interno del
palato di Derek
con così tanta devozione che il licantropo non se
l’era sentita di
interromperlo.
Stiles si era allontanato all’improvviso, facendo diversi
passi indietro quasi
spaventato. Come se fosse stato Derek quello ad esserglisi lanciato
addosso
come un leone su una povera antilope indifesa.
«La devi smettere, lo vuoi capire?». Derek era
confuso oltre che alquanto
infastidito.
«Di fare che cosa esattamente?». Nonostante tutto
stava cercando di mantenere
la calma.
«Non faccio che pensare a te da cinque interminabili giorni.
Lo vuoi capire che
è stressante? Non dormo perché se chiudo gli
occhi vedo i tuoi di un verde
talmente brillante da accecarmi anche se è notte. E a scuola
non riesco a stare
attento perché mi trovo sempre a divagare e indovina a chi
finisco sempre, sempre, per
pensare?».
«A me?». Derek aveva fatto un passo nella sua
direzione ridendo.
«Esattamente! E lo sai quanto è stressante? Eh? Lo
sai?». Stiles si era
staccato dalla parete e aveva fatto un passo in avanti.
«Sì, lo so». Fu la risposta di Derek
prima di afferrare la nuca di Stiles e di
coprire la distanza tra le loro bocche che si anelavano. A guidare il
bacio era
ancora Stiles che nel frattempo si era aggrappato al sedere del
maggiore,
stringendogli le natiche a coppa.
«Ti odio, Derek Hale». Ma gli occhi lucidi posati
sugli addominali scolpiti
raccontavano tutt’altra storia.
«Ti
perdono solo perché sei dotato anche, e
non solo, di un sedere che parla». E Derek poteva
scommetterci di aver
sentito Stiles sussurrare un “Anche se non l’ho
ancora visto mi fido”. Derek
era imbarazzato come non mai.
∞∞∞
Se
non fosse stato circondato dal branco al
completo Derek avrebbe sbattuto la testa contro il muro. Ripetutamente.
Orami
si era stancato di contare quante volete avesse detto a Stiles che
partecipare
alla missione di ricognizione non fosse soltanto pericoloso e
incosciente, ma
anche inutile e fin troppo difficoltoso per lui.
«È il mio piano. Non puoi vietarmi di partecipare
al mio piano, Derek». Il
licantropo aveva sbuffato e si era lasciato cadere sul divano accanto
allo
Sceriffo che lo guardava rassegnato. Aveva appoggiato il mento sulle
mani
chiuse a pugno, fingendo di ascoltare le lamentele del suo ragazzo. E
intanto
pensava che doveva essere stata una persona davvero orrenda in una vita
precedente per essersi meritato uno come Stiles.
Stiles continuava a blaterare cose senza filo logico perciò
i membri del branco
avevano cominciato a dileguarsi uno dopo l’altro. Non erano
rimasti che lo
Sceriffo, Derek e Stiles. «Dobbiamo arrampicarci su alberi
alti dieci metri, e
rimanerci per ore intere».
Per
Stiles non era una ragione sufficientemente valida da portare alla sua
esclusione.
«Non sai arrampicarti nemmeno sulla parete nell’ora
di ginnastica». Derek era
esasperato mentre lo Sceriffo rideva sotto i baffi. Se Melissa fosse
stata
presente gli avrebbe detto di togliersi dai piedi e andarsene. Ma lei
non c’era
e John poteva godersi tranquillamente lo spettacolo.
«Ti salgo sulla schiena». Il tono ovvio con cui
Stiles rispose fece dubitare a
Derek che quella fosse effettivamente la realtà e non un
incubo da cui si
sarebbe svegliato al più presto.
«Stiles, dobbiamo solo controllare che dei cervi raggiungano
la radura». Il
licantropo chiuse gli occhi e abbandonò la testa contro lo
schienale del
divano, sospirando di fronte allo sguardo sempre più
divertito del padre del
suo ragazzo.
«Sai una cosa, Derek, sei uno stronzo».
L’altro si era alzato dal divano e lo
aveva raggiunto, afferrandolo per i polsi.
«E perché mai?». Se lo Sceriffo non
fosse stato presente, al sorriso malizioso
avrebbe aggiunto un bacio umido sulle labbra.
«Perché io creo il piano e poi tu mi
escludi!». Era indignato.
Derek gli soffiò nell’orecchio, facendolo
rabbrividire, e Stiles lo spinse
infastidito. «Ti stai solo prendendo gioco di me».
Derek alzò gli occhi al
cielo e indirizzò lo sguardo, furente, verso John che si
stava godendo l’intera
scena.
«Basta! Io me ne vado». E anche se era il maggiore
ad essere stato portato al
limite dell’esasperazione, quella frase fu pronunciata da
Stiles. Si incamminò
verso la porta che spalancò lasciando entrare dentro
l’odore dell’umidità.
Nonostante avesse smesso di piovere già da
un’oretta l’odore della pioggia si
era infiltrato nell’aria.
«Questa è casa tua».
«Lo so».
«E allora dove stai andando?». Al diavolo lo
Sceriffo! Derek aveva bisogno di
assaporare le labbra del suo ragazzo. Stiles aveva portato le mani
dietro alla
sua nuca, stringendogli tra le dita lunghe una ciocca di capelli,
tirando di
poco quando aveva sentito la lingua di Derek premere contro le sue
labbra.
«Ce ne hai messo di tempo». Ogni genitore sarebbe
stato imbarazzato o comunque
non a suo agio nel vedere il proprio figlio limonare con il suo
ragazzo. Ma non
lo Sceriffo che aveva approfittato del fatto che i due sembravano
entrati in
una bolla di sapone per scattare loro una foto e mandarla a Melissa.
«Il tuo sedere l’ha scampata solo perché
c’è mio padre a un metro di distanza»,
sussurrò Stiles giocando con il lobo dell’orecchio
del maggiore.
§§§
Derek
sorride ripensando alle varie tappe della
sua relazione con Stiles. Sono passati nove mesi dal giorno in cui si
sono
baciati per la prima volta, e Derek finalmente riesce a dare un nome
alla
strana sensazione alla base dello stomaco e alla scossa che sente ogni
volta
che rivede Stiles dopo essere stati separati anche per poche ore.
Adesso
capisce il perché della sua costante preoccupazione per
l’incolumità del
ragazzo, e la sua ossessione per saperlo fuori dal pericolo.
E lo capisce perché anche se Stiles si è appena
risvegliato e ha la bava alla
bocca e i capelli disordinati lui lo trova comunque bellissimo.
«Ti amo».
Silenzio.
Stiles non respira, ha smesso persino di pensare. Intorno a loro tutto
sembra
essersi congelato, ad eccezione delle immagini sullo schermo della
televisione
che continuano a susseguirsi senza preoccuparsi minimamente
dell’imminente
infarto del minore. La testa di Stiles è intrappolata
nell’abbraccio di Derek,
non per nulla gli ha sbavato sulla maglietta per gli ultimi trenta
minuti, e
lotta per liberarsi dalla sua presa. Non appena ci riesce si butta sul
letto
fingendosi morto: una mano distesa sul materasso e una sul petto
proprio sopra
al cuore.
Derek sospira e scuote la testa. Nella mente la domanda di sempre:
“Che cosa ho
fatto di male per essermi innamorato di un tipo così?”.
Stiles si rialza con mezzo busto, puntellandosi sugli avambracci.
«Derek, avrei bisogno della respirazione bocca a
bocca». Dà una rapida occhiata
al suo ragazzo che sta ancora scuotendo la testa, e poi si finge
nuovamente
svenuto, tenendo tuttavia un occhio aperto per sbirciare i movimenti
del
licantropo.
La sua attenzione viene attirata per un secondo dal suo cellulare che
squilla,
e questo basta a Derek per portarsi con l’intero corpo sopra
a Stiles.
Le dita del maggiore gli tappano il naso, mentre con la bocca soffia
aria in
quella dell’altro. Stiles allora gli preme entrambi i palmi
sulla nuca,
spingendoselo addosso ancora di più e approfondendo
maggiormente il contatto. Quando
rimangono senza fiato Stiles stringe tra i denti il labbro inferiore di
Derek,
mordicchiandolo per impedirgli di allontanarsi.
«Ti amo anche io se non l’avessi ancora
capito».
Derek quel giorno non lo dimenticherà mai. Quel giorno si
sono detti “Ti amo”
per la prima volta. La prima di una lunga e infinita serie.
Il bacio che segue è dolce, lento e umido.
«Avevo i miei dubbi». Ridacchia afferrando Stiles
per le cosce e sistemandosi
meglio tra le sue gambe.
Le dita lunghe e affusolate di Stiles scendono lungo la schiena di
Derek,
accarezzandogli i dorsali ma avendo tuttavia come obiettivo
un’unica meta: il
sedere del suo ragazzo.
Infila le mani tra i pantaloni e i boxer per entrare maggiormente in
contatto
con il suo tempio personale, accarezzando le natiche con movimenti
lenti.
«Stiles». Derek ringhia contro la sua fronte.
«Non è colpa mia. Non lo è per
nulla». Derek alza gli occhi al cielo. «Non lo
vedi che si muovono da sole? Sono attirate come due calamite, le mie
mani sono
il polo positivo e il tuo sedere quello negativo. E che polo! Anzi,
facciamo
che il tuo sedere è positivo, c’è tanta
di quella positività che sento di
poterlo usare come sfera per predire il futuro». Derek
è esasperato e sa che
Stiles non la smetterebbe in tempi brevi se lui non intervenisse.
Gli
tappa la bocca con la sua, leccandogli le labbra umide con le proprie
prima di
tuffarsi sulla gola di Stiles.
«Poi dici che rischio di consumartelo?».
Decidendo di farlo tacere una volta per tutte il licantropo porta le
mani sui
fianchi del suo ragazzo, abbassandogli insieme i pantaloni della tuta e
i
boxer.
«Direi che ora è il mio turno». Adesso
Derek capisce Stiles un po’ di più.
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Note:
Questa
piccola OS è dedicata in particolare a Blu992, spero che ti
strappi un sorriso.
<3
Grazie a
chiunque abbia letto, spero che vi abbia divertito come mi sono
divertita io a
scrivere. Con la collaborazione di Stranger che me l’ha fatta
rivoluzionare!
Ahahahahaha