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Autore: Alina Alboran    03/12/2016    6 recensioni
Di ubriacature, pianti improvvisi e di uno Stiles particolarmente ossessionato dal sedere di Derek.
[Sterek]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My obsession. Your ass.

 

Derek non è sempre stato un ragazzo con la testa sulle spalle, però anche quando era un ragazzino è sempre stato consapevole di avere degli obblighi nei confronti della sua famiglia e delle priorità da rispettare. Essere un licantropo è un dono, sua madre gliel’aveva sempre ripetuto, ma con il tempo aveva imparato che poteva essere anche un fardello.         
Ad esempio quando il tuo ragazzo si addormenta a metà di un film che tu trovi molto interessante, ma che non riesci a seguire perché ha cominciato a russare persino più di suo padre dopo un turno di dodici ore. E allora non ti rimane che sospirare, prendere il telecomando e spegnere la televisione, sperando in una replica.
Stiles è una persona a dir poco particolare. Insomma, chi dorme con il collo piegato a novanta gradi, una gamba a penzoloni e il resto del corpo addosso al proprio ragazzo? Nessuno ovviamente. Nessuno tranne Stiles Stilinksi che non solo sembra stare comodo ma che, per concludere la serie di  grugniti, mugugna soddisfatto per chissà quale strano motivo. E Derek non lo vuole nemmeno sapere a dire il vero.         
Porta le mani in alto, incrociandole dietro la nuca, e chiude gli occhi abbandonandosi ai ricordi di non tanto tempo fa.       

§§§

 

Essere trascinato in quattro discoteche nel giro di un’ora e mezzo non era quello che Derek intendeva per divertimento o “serata da sballo”, ma sua sorella era ritornata in città solo per tre giorni e non poteva rifiutarsi di seguirla come un cagnolino fedele. Si limitava a fissarla con un sopracciglio inarcato quando flirtava con i buttafuori per non farsi la fila, a grugnire a chiunque osasse avvicinarglisi mentre faceva il possibile per rimanere distante da quella massa informe di corpi sudati, e a imprecare mentalmente contro sua sorella per averlo convinto a darle retta. “Vedrai, Derek, sarà divertente. Ti divertirai”.        
Chiuse gli occhi e sospirò pesantemente nel tentativo di calmarsi e non strappare via le dita a morsi di chiunque avesse osato palpargli il sedere. Si era girato pronto a scattare, non aspettandosi di trovarsi davanti uno Stiles barcollante che continuava ad allungare le braccia verso il suo sedere.
«Stiles», ringhiò. Afferrò i polsi del ragazzo e glieli portò di lato nel tentativo di fermare i suoi strambi e alquanto imbarazzanti tentativi.           
«Sei ubriaco».
«No». Lui non era ubriaco e quello che sentiva Derek non era odore di alcool. No no.    
«Non ti reggi in piedi». Come sostegno della sua tesi Derek gli aveva lasciato i polsi e Stiles era caduto a terra come una pera cotta, sbattendo il sedere contro il pavimento duro e la testa contro la parete dietro di sé. Erano abbastanza appartati e perciò Stiles non era caduto addosso a nessuno, anche se – Derek lo ammetteva – sarebbe stato abbastanza divertente.          
Il minore fece qualche passo in direzione di Derek – che curioso dall’atteggiamento dell’umano non si era spostato – e aveva appoggiato il mento nell’incavo tra il suo collo e la spalla destra.  
«Stiles». La voce di Derek era talmente gutturale e profonda che Stiles dovette necessariamente leccargli il pomo d’Adamo, ne andava della sua incolumità mentale.
Derek deglutì e Stiles pensò che lo avesse fatto apposta.    
«Ti porto a casa». Prese Stiles per mano per non rischiare di perderlo di vista a causa della moltitudine di persone che si strusciava l’una sull’altra, e lui incrociò le proprie dita con le sue. E in fondo quello strano pizzico alla punta delle dita non era così tanto male.             
E se Derek credeva che tirare fuori Stiles dalla discoteca fosse difficile, adesso che si trovavano davanti a casa sua, con Stiles talmente ubriaco da inciampare nei suoi stessi piedi e la parlantina più vivace del solito, si chiedeva perché diamine non era rimasto in discoteca con Cora.       
«Stiles, entra in casa e sta’ zitto». Il ragazzo si era aggrappato allo stipite della porta e Derek aveva dovuto prenderlo in braccio di peso per riuscire a fargli salire le scale. E va bene che essendo un licantropo dalla nascita non si era mai ubriacato in vita sua ma davvero, com’era possibile che nei cinque secondi che aveva impiegato a percorre pochi gradini Stiles avesse cominciato a piangere?
«E ora che c’è?». Si rifiutava di mollare la presa su Derek, ancorandosi con entrambe le braccia al suo collo.    
«Stiles». A nulla servirono le minacce, le sopracciglia che si incurvavano e la botta in testa. A Derek non rimase altro che stendersi nel letto a una piazza e mezzo con Stiles addosso, aspettando che l’umano prendesse sonno.       
«Stiles», ringhiò per l’ennesima volta. Il ragazzo aveva cominciato a strizzargli il sedere come se fosse una pallina antistress, aumentando la presa quando alle lacrime erano seguiti anche i singhiozzi.
«Che c’è?», lamentandosi con voce stridula aveva alzato la testa e lo aveva guardato con gli occhi sgranati e il labbro inferiore tremante. E sì, in tutto questo aveva continuato a stringergli il sedere.
Derek si era dovuto alzare a sedere a sua volta, accogliendo con una smorfia Stiles tra le braccia che continuava a piangere ininterrottamente. Una mano stropicciava la stoffa, spiegazzandola – ehi, quella era una camicia da trecento dollari – e l’altra si era aggrappata alle natiche come se fosse il suo salvagente in mezzo all’Oceano Pacifico.    
E a nulla valsero le suppliche di Derek per fargli mollare la presa, ormai aveva ha capito che ubriaco com’era non poteva fargli paura quindi neppure ci provava. Stiles lasciò la presa solo una quarantina di minuti dopo quando cominciò pian piano a prendere sonno, continuando tuttavia ad accarezzargli il sedere sodo. Derek si stese nuovamente, obbligando Stiles ad imitarlo. Quando cercò di liberarsi da quell’abbraccio soffocante – faceva davvero caldo e Stiles puzzava – l’umano mugugnò un “No” triste e strinse nuovamente il sedere di Derek con un sorriso beato. 
E no, Derek non voleva commentare la sua camicia bagnata di lacrime e muco, e che puzzava di alcool e Stiles.                       

Derek aveva un brutto carattere, questo era ormai risaputo. Però non peccava di maleducazione e aveva sempre cercato di non essere eccessivamente invadente o fastidioso. Tranne quando entrava di soppiatto in camera di Stiles per assegnargli delle ricerche, in quel caso era giustificato.  E poiché viveva secondo il principio del “Non fare ad altri ciò che non vorresti facessero a te” non si aspettava di sentire il campanello suonare alle cinque di mattina. Né tantomeno si aspettava di percepire così chiaramente l’odore di Stiles. Non a casa sua, e non di mattina.          
Il continuo bussare – Stiles aveva cominciato anche a tirare calci e Derek temeva per l’incolumità del suo loft – lo aveva convinto a scendere dal letto ed andare ad aprire all’umano, ritrovandoselo a un palmo dal naso quando aprì la porta scorrevole.        
«Tu!». Era entrato puntandogli il dito contro, picchiettando sul suo petto nudo ricoperto da una leggera peluria. «Tu, razza di stronzo patologico. Tu sei uno stronzo». In quel momento Derek aveva capito che nonostante Stiles fosse un ragazzo intelligente, i sinonimi non erano di suo gradimento.         
«Sei uno sporco, lurido e pure bastardo». Trattenne l’aria nei polmoni per prepararsi ad un lungo quanto sentito sospiro, ma Stiles lo aveva preceduto buttandoglisi addosso e intrappolando le sue labbra in un bacio che di casto non aveva nulla. La lingua di Stiles esplorava l’interno del palato di Derek con così tanta devozione che il licantropo non se l’era sentita di interromperlo.            
Stiles si era allontanato all’improvviso, facendo diversi passi indietro quasi spaventato. Come se fosse stato Derek quello ad esserglisi lanciato addosso come un leone su una povera antilope indifesa.       
«La devi smettere, lo vuoi capire?». Derek era confuso oltre che alquanto infastidito.     
«Di fare che cosa esattamente?». Nonostante tutto stava cercando di mantenere la calma.          
«Non faccio che pensare a te da cinque interminabili giorni. Lo vuoi capire che è stressante? Non dormo perché se chiudo gli occhi vedo i tuoi di un verde talmente brillante da accecarmi anche se è notte. E a scuola non riesco a stare attento perché mi trovo sempre a divagare e indovina a chi finisco sempre, sempre, per pensare?».        
«A me?». Derek aveva fatto un passo nella sua direzione ridendo.
«Esattamente! E lo sai quanto è stressante? Eh? Lo sai?». Stiles si era staccato dalla parete e aveva fatto un passo in avanti.            
«Sì, lo so». Fu la risposta di Derek prima di afferrare la nuca di Stiles e di coprire la distanza tra le loro bocche che si anelavano. A guidare il bacio era ancora Stiles che nel frattempo si era aggrappato al sedere del maggiore, stringendogli le natiche a coppa.      
«Ti odio, Derek Hale». Ma gli occhi lucidi posati sugli addominali scolpiti raccontavano tutt’altra storia.          «Ti perdono solo perché sei dotato anche, e non solo, di un sedere che parla». E Derek poteva scommetterci di aver sentito Stiles sussurrare un “Anche se non l’ho ancora visto mi fido”. Derek era imbarazzato come non mai.

Se non fosse stato circondato dal branco al completo Derek avrebbe sbattuto la testa contro il muro. Ripetutamente. Orami si era stancato di contare quante volete avesse detto a Stiles che partecipare alla missione di ricognizione non fosse soltanto pericoloso e incosciente, ma anche inutile e fin troppo difficoltoso per lui.
«È il mio piano. Non puoi vietarmi di partecipare al mio piano, Derek». Il licantropo aveva sbuffato e si era lasciato cadere sul divano accanto allo Sceriffo che lo guardava rassegnato. Aveva appoggiato il mento sulle mani chiuse a pugno, fingendo di ascoltare le lamentele del suo ragazzo. E intanto pensava che doveva essere stata una persona davvero orrenda in una vita precedente per essersi meritato uno come Stiles.       
Stiles continuava a blaterare cose senza filo logico perciò i membri del branco avevano cominciato a dileguarsi uno dopo l’altro. Non erano rimasti che lo Sceriffo, Derek e Stiles. «Dobbiamo arrampicarci su alberi alti dieci metri, e rimanerci per ore intere».       Per Stiles non era una ragione sufficientemente valida da portare alla sua esclusione.           
«Non sai arrampicarti nemmeno sulla parete nell’ora di ginnastica». Derek era esasperato mentre lo Sceriffo rideva sotto i baffi. Se Melissa fosse stata presente gli avrebbe detto di togliersi dai piedi e andarsene. Ma lei non c’era e John poteva godersi tranquillamente lo spettacolo. 
«Ti salgo sulla schiena». Il tono ovvio con cui Stiles rispose fece dubitare a Derek che quella fosse effettivamente la realtà e non un incubo da cui si sarebbe svegliato al più presto.                 
«Stiles, dobbiamo solo controllare che dei cervi raggiungano la radura». Il licantropo chiuse gli occhi e abbandonò la testa contro lo schienale del divano, sospirando di fronte allo sguardo sempre più divertito del padre del suo ragazzo.           
«Sai una cosa, Derek, sei uno stronzo». L’altro si era alzato dal divano e lo aveva raggiunto, afferrandolo per i polsi.           
«E perché mai?». Se lo Sceriffo non fosse stato presente, al sorriso malizioso avrebbe aggiunto un bacio umido sulle labbra.
«Perché io creo il piano e poi tu mi escludi!». Era indignato.         
Derek gli soffiò nell’orecchio, facendolo rabbrividire, e Stiles lo spinse infastidito. «Ti stai solo prendendo gioco di me». Derek alzò gli occhi al cielo e indirizzò lo sguardo, furente, verso John che si stava godendo l’intera scena.           
«Basta! Io me ne vado». E anche se era il maggiore ad essere stato portato al limite dell’esasperazione, quella frase fu pronunciata da Stiles. Si incamminò verso la porta che spalancò lasciando entrare dentro l’odore dell’umidità. Nonostante avesse smesso di piovere già da un’oretta l’odore della pioggia si era infiltrato nell’aria.     
«Questa è casa tua».  
«Lo so».         
«E allora dove stai andando?». Al diavolo lo Sceriffo! Derek aveva bisogno di assaporare le labbra del suo ragazzo. Stiles aveva portato le mani dietro alla sua nuca, stringendogli tra le dita lunghe una ciocca di capelli, tirando di poco quando aveva sentito la lingua di Derek premere contro le sue labbra.      
«Ce ne hai messo di tempo». Ogni genitore sarebbe stato imbarazzato o comunque non a suo agio nel vedere il proprio figlio limonare con il suo ragazzo. Ma non lo Sceriffo che aveva approfittato del fatto che i due sembravano entrati in una bolla di sapone per scattare loro una foto e mandarla a Melissa.
«Il tuo sedere l’ha scampata solo perché c’è mio padre a un metro di distanza», sussurrò Stiles giocando con il lobo dell’orecchio del maggiore.

§§§

 

Derek sorride ripensando alle varie tappe della sua relazione con Stiles. Sono passati nove mesi dal giorno in cui si sono baciati per la prima volta, e Derek finalmente riesce a dare un nome alla strana sensazione alla base dello stomaco e alla scossa che sente ogni volta che rivede Stiles dopo essere stati separati anche per poche ore. Adesso capisce il perché della sua costante preoccupazione per l’incolumità del ragazzo, e la sua ossessione per saperlo fuori dal pericolo.   
E lo capisce perché anche se Stiles si è appena risvegliato e ha la bava alla bocca e i capelli disordinati lui lo trova comunque bellissimo.
«Ti amo».       
Silenzio.
Stiles non respira, ha smesso persino di pensare. Intorno a loro tutto sembra essersi congelato, ad eccezione delle immagini sullo schermo della televisione che continuano a susseguirsi senza preoccuparsi minimamente dell’imminente infarto del minore. La testa di Stiles è intrappolata nell’abbraccio di Derek, non per nulla gli ha sbavato sulla maglietta per gli ultimi trenta minuti, e lotta per liberarsi dalla sua presa. Non appena ci riesce si butta sul letto fingendosi morto: una mano distesa sul materasso e una sul petto proprio sopra al cuore.                      
Derek sospira e scuote la testa. Nella mente la domanda di sempre: “Che cosa ho fatto di male per essermi innamorato di un tipo così?”.            
Stiles si rialza con mezzo busto, puntellandosi sugli avambracci.   
«Derek, avrei bisogno della respirazione bocca a bocca». Dà una rapida occhiata al suo ragazzo che sta ancora scuotendo la testa, e poi si finge nuovamente svenuto, tenendo tuttavia un occhio aperto per sbirciare i movimenti del licantropo.           
La sua attenzione viene attirata per un secondo dal suo cellulare che squilla, e questo basta a Derek per portarsi con l’intero corpo sopra a Stiles.  
Le dita del maggiore gli tappano il naso, mentre con la bocca soffia aria in quella dell’altro. Stiles allora gli preme entrambi i palmi sulla nuca, spingendoselo addosso ancora di più e approfondendo maggiormente il contatto. Quando rimangono senza fiato Stiles stringe tra i denti il labbro inferiore di Derek, mordicchiandolo per impedirgli di allontanarsi.           
«Ti amo anche io se non l’avessi ancora capito».     
Derek quel giorno non lo dimenticherà mai. Quel giorno si sono detti “Ti amo” per la prima volta. La prima di una lunga e infinita serie. 
Il bacio che segue è dolce, lento e umido.    
«Avevo i miei dubbi». Ridacchia afferrando Stiles per le cosce e sistemandosi meglio tra le sue gambe.
Le dita lunghe e affusolate di Stiles scendono lungo la schiena di Derek, accarezzandogli i dorsali ma avendo tuttavia come obiettivo un’unica meta: il sedere del suo ragazzo.  
Infila le mani tra i pantaloni e i boxer per entrare maggiormente in contatto con il suo tempio personale, accarezzando le natiche con movimenti lenti.         
«Stiles». Derek ringhia contro la sua fronte.            
«Non è colpa mia. Non lo è per nulla». Derek alza gli occhi al cielo. «Non lo vedi che si muovono da sole? Sono attirate come due calamite, le mie mani sono il polo positivo e il tuo sedere quello negativo. E che polo! Anzi, facciamo che il tuo sedere è positivo, c’è tanta di quella positività che sento di poterlo usare come sfera per predire il futuro». Derek è esasperato e sa che Stiles non la smetterebbe in tempi brevi se lui non intervenisse. Gli tappa la bocca con la sua, leccandogli le labbra umide con le proprie prima di tuffarsi sulla gola di Stiles.           
«Poi dici che rischio di consumartelo?».      
Decidendo di farlo tacere una volta per tutte il licantropo porta le mani sui fianchi del suo ragazzo, abbassandogli insieme i pantaloni della tuta e i boxer.        
«Direi che ora è il mio turno». Adesso Derek capisce Stiles un po’ di più.

 

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Note: Questa piccola OS è dedicata in particolare a Blu992, spero che ti strappi un sorriso. <3

Grazie a chiunque abbia letto, spero che vi abbia divertito come mi sono divertita io a scrivere. Con la collaborazione di Stranger che me l’ha fatta rivoluzionare! Ahahahahaha

   
 
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