Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: mido_ri    03/12/2016    1 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Mer, 10 ottobre, sera
- Ale...? -
Non so se avete ben presente quello strano senso di vuoto che a volte si prova pochi attimi prima di addormentarsi, è una sensazione così strana...un attimo prima ti sembra di cadere da un precipizio e sei terrorizzato a morte, quello dopo chiudi di nuovo gli occhi e non ricordi neanche a cosa stessi pensando; ecco...Non è una sensazione piacevole e sgradevole allo stesso tempo? Insomma, l'orrore nel vedersi morto...e poi il sollievo nel constatare di essere nel proprio letto al sicuro. 
"È così che mi sento ora"
- Mio Dio! Smettila di parlare da solo! -
Mi resi conto che prima di quel momento avevo tenuto gli occhi chiusi solo quando fui costretto a spalancarli per la sorpresa, ciò voleva dire che tutto quello che avevo visto era stato frutto della mia immaginazione.
Per un attimo sentii di poter cadere a terra, ma ero già a terra. Tentai di rialzarmi, ma la testa aveva ripreso a girare vorticosamente. Rivolsi il viso verso di lui, era seduto sul pavimento, con le ginocchia al petto e la testa fra le gambe, aveva le mani tra i capelli e tremava lievemente. 
- R-Ro...Ma che diavolo...-
- Sei sveglio! -
Si alzò all'improvviso e venne precipitosamente verso di me. 
- Cos'è successo? -
- Non lo so...volevi buttarti dal balcone...io...-
Guardandolo così da vicino, notai un rivolo di sangue che gli scendeva dalla fronte fino al mento. 
- Ma che hai fatto? -
Gli accarezzai una guancia, ma si sottrasse immediatamente. 
- Tu che hai fatto! Sei stato tu...oddio...-
Non era il momento di lasciarsi stravolgere dalle emozioni.
- Ro, sii chiaro -
- Mi hai spinto contro il muro e hai iniziato a dire cose strane...mi fai paura -
- Cose strane? Quali cose? -
- Hai detto che eri dispiaciuto per avermi disturbato...mi hai augurato di nuovo buon compleanno e poi hai aperto il balcone e hai scavalcato la ringhiera! Ho cercato di aiutarti ma...-
Si coprì il volto con le mani, era in uno stato pietoso, di puro terrore. 
- Ro...devi stare calmo. Adesso dimmi cos'è successo da quando ho bussato alla tua porta -
Finalmente si scoprì il viso, ma parve non trovare il coraggio di guardarmi in faccia; teneva lo sguardo fisso sul pavimento e parlava meccanicamente.
- Mi hai fatto gli auguri, poi hai detto di avermi portato un regalo...hai cercato di baciarmi, ma è arrivata mia madre e ti ho fatto nascondere nella mia stanza. Avevamo deciso che avresti dormito da me...ti sei steso sul letto e hai guardato fuori, hai fatto una faccia strana...forse hai visto qualcosa...ti sei alzato...poi hai aperto il balcone...ho cercato di fermarti... -
Trattenne il respiro, poi ne rilasciò uno lungo e profondo. 
- M-mi dispiace...io...adesso me ne vado, okay? -
- Sì, è la cosa migliore -
Quella risposta mi ferì più di quanto avesse fatto tutto ciò che mi aveva raccontato. 
Stavo per varcare la soglia e uscire dalla sua stanza, poi mi ricordai di un ostacolo difficile da evitare. 
- E tua madre? -
- Non m'importa, vattene e basta -
Annuii e percorsi il corridoio di fretta. La donna che mi si presentò dinanzi era giovane e bella, non molto alta, con la pelle olivastra e i capelli ramati raccolti in uno chignon, ma aveva un non so che di anomalo in viso, aveva della follia negli occhi.
Non riuscii ad aprir bocca, se non per emettere suoni che volevano trasformarsi in frasi articolate, ma che senza il mio contributo non avrebbero potuto. 
- E tu sei? -
Non so spiegare cosa avesse quella donna, mi fissava con occhi vuoti, falsamente dolci. 
- A-A-Alessio...-
Serrò le labbra, per poi indicarmi con un cenno della testa il portone di casa. Colsi al volo le sue parole non dette e mi fiondai contro l'uscio, quasi non riuscivo ad abbassare la maniglia. 
Una volta fuori mi passai una mano sulla fronte madida di sudore. Non sapevo chi fosse lei, cosa stesse succedendo e come mi fossi ritrovato in quella situazione più che spiacevole, una sola cosa era certa: avrei fatto meglio a non ritornare mai più in quella casa. 

Mer, 10 ottobre, sera

- Ale...? -

Non so se avete ben presente quello strano senso di vuoto che a volte si prova pochi attimi prima di addormentarsi, è una sensazione così strana...un attimo prima ti sembra di cadere da un precipizio e sei terrorizzato a morte, quello dopo chiudi di nuovo gli occhi e non ricordi neanche a cosa stessi pensando; ecco...Non è una sensazione piacevole e sgradevole allo stesso tempo? Insomma, l'orrore nel vedersi morto...e poi il sollievo nel constatare di essere nel proprio letto al sicuro. 

"È così che mi sento ora"

- Mio Dio! Smettila di parlare da solo! -

Mi resi conto che prima di quel momento avevo tenuto gli occhi chiusi solo quando fui costretto a spalancarli per la sorpresa, ciò voleva dire che tutto quello che avevo visto era stato frutto della mia immaginazione. Per un attimo sentii di poter cadere a terra, ma ero già a terra. Tentai di rialzarmi, ma la testa aveva ripreso a girare vorticosamente. Rivolsi il viso verso di lui, era seduto sul pavimento, con le ginocchia al petto e la testa fra le gambe, aveva le mani tra i capelli e tremava così tanto da far impressione. 

- R-Ro...Ma che diavolo...-

- Sei sveglio! -

Si alzò all'improvviso e venne precipitosamente verso di me. 

- Cos'è successo? -

- Non lo so...volevi buttarti dal balcone...io...-

Guardandolo così da vicino, notai un rivolo di sangue che gli scendeva dalla fronte fino al mento. 

- Ma che hai fatto? -

Gli accarezzai una guancia, ma si sottrasse immediatamente. 

- Tu che hai fatto! Sei stato tu...oddio...-

Non era il momento di lasciarsi stravolgere dalle emozioni.

- Ro, sii chiaro -

- Mi hai spinto contro il muro e hai iniziato a dire cose strane...mi fai paura -

- Cose strane? Quali cose? -

- Hai detto che eri dispiaciuto per avermi disturbato...mi hai augurato di nuovo buon compleanno e poi hai aperto il balcone e hai scavalcato la ringhiera! Ho cercato di aiutarti ma... -

Si coprì il volto con le mani, era in uno stato pietoso, di puro terrore. 

- Ro...devi stare calmo. Adesso dimmi cos'è successo da quando ho bussato alla tua porta -

Finalmente si scoprì il viso, ma parve non trovare il coraggio di guardarmi in faccia; teneva lo sguardo fisso sul pavimento e parlava meccanicamente.

- Mi hai fatto gli auguri, poi hai detto di avermi portato un regalo...hai cercato di baciarmi ma io ti ho spinto, è arrivata mia madre e ti sei nascosto nella mia stanza. Hai chiesto se potevi dormire da me, ti ho detto di sì. Ti sei steso sul letto e hai guardato fuori, hai fatto una faccia strana...forse hai visto qualcosa. Hai iniziato a tremare e ti sei alzato...poi sai com'è andata... -

Trattenne il respiro, poi ne rilasciò uno lungo e profondo. 

- M-mi dispiace...io...adesso me ne vado, okay? -

- Sì, è la cosa migliore -

Quella risposta mi ferì più di quanto avesse fatto tutto ciò che mi aveva raccontato. Stavo per varcare la soglia e uscire dalla sua stanza, poi mi ricordai di un ostacolo difficile da evitare. 

- E tua madre? -

- Non m'importa, vattene e basta -

Annuii e percorsi il corridoio di fretta. La donna che mi si presentò dinanzi era giovane e bella, non molto alta, con la pelle olivastra e i capelli ramati raccolti in uno chignon, ma aveva un non so che di anomalo in viso, aveva della follia negli occhi.

Non riuscii ad aprir bocca, se non per emettere suoni che volevano trasformarsi in frasi articolate, ma che senza il mio contributo non avrebbero potuto. 

- E tu sei? -

Non so spiegare cosa avesse quella donna, mi fissava con occhi vuoti, falsamente dolci e folli. 

- A-A-Alessio...-

Serrò le labbra, per poi indicarmi con un cenno della testa il portone di casa. Colsi al volo le sue parole non dette e mi fiondai contro l'uscio, quasi non riuscivo ad abbassare la maniglia. Una volta fuori mi passai una mano sulla fronte madida di sudore. Non sapevo chi fosse lei, cosa stesse succedendo e come mi fossi ritrovato in quella sensazione più che spiacevole, una sola cosa era certa: non sarei ritornato mai più in quella casa. 

E così tutti quei baci, quelle parole e  quelle immagini erano state frutto della mia immaginazione. 

Girai la chiave nella toppa, ero così sconvolto che non sapevo che fare, sarei rimasto volentieri immobile a fissare il vuoto. Ero seduto sulla poltrona a contemplare la parete che mi stava di fronte, quando lo squillo del telefono fisso riempì il silenzio che regnava nella stanza.

- Pronto? -

- Buonasera, sono una collega di sua madre, saprebbe dirmi dove si trova in questo momento? -

Presi un respiro profondo, ultimamente ne avevo bisogno più che mai. 

- È a letto con l'influenza, non ha potuto chiamare per avvertirvi, mi dispiace -

Stavo per abbassare la cornetta, quando la donna si impose sul mio nascente "arrivederci e buona serata". 

- Per caso sa dirmi se domani mattina ha intenzione di ritornare a lavoro? -

- Non so se la situazione migliorerà, in ogni caso le farò sapere. Arrivederci e buona serata -

Chiusi la telefonata prima che potesse ribattere. 

Mentire i primi giorni sarebbe stato facile, d'altronde era morta quella stessa notte, ma come avrei fatto in seguito? Denunciare il tutto sarebbe stato inutile, ci avrei senz'altro rimesso la pelle. 

"Pensandoci bene, se mi togliessi di mezzo non verrebbe fatto alcun male alle persone a cui voglio bene"

Certo, era un'ottima idea, ma quell'uomo, per quanto spietato, non mi avrebbe mai dato una tale soddisfazione. Era anche vero che Riccardo, dopo l'esperienza di quella sera, non avrebbe più voluto sentir parlare di me. Tirai un sospiro di sollievo, seppur lieve: forse sarebbe stato più facile stargli lontano.

Era quasi mezzanotte, decisi di andare a letto e spegnere il cervello per qualche ora. 

"Buonanotte mamma"

 

Gio, 11 ottobre, mattina

Rabbrividii appena misi un piede fuori. Stavo per chiudere il portone, ma il telefono fisso cominciò a squillare. 

- Chi è? -

Sapevo già la risposta.

- Aveva detto che mi avrebbe avvertito se sua madre non si fosse presentata sul posto di lavoro -

- Che formalità... può darmi del tu -

- Quindi? -

- Mi dispiace, ma non si sente bene, anzi...direi che sta molto peggio di ieri. Arrivederci e buona giornata -

Le attaccai in faccia e finalmente riuscii a partire per andare a scuola, sebbene fossi in ritardo di almeno venti minuti. 

 

- Cantiello, ce la siamo presa con calma oggi, eh? -

Ecco che ci si mettevano anche i professori a rompere l'anima. Stetti qualche secondo a fissare la disposizione dei banchi; Riccardo era al solito posto e, come mi aspettavo, teneva lo sguardo puntato chissà dove, nell'intenzione di far finta che non gli importasse nulla di me. In ogni caso non potevo spostarmi vicino a Noemi, si sarebbe fatta troppi film mentali e non avevo bisogno di altre complicazioni. 

Scelsi il mio posto, dov'era giusto che stessi. 

 

Riccardo non la smetteva di scuotere insistentemente le gambe sul poggiapiedi, probabilmente era nervoso, ma non feci neanche in tempo a formulare il pensiero "meglio non dire nulla", che si voltò verso di me con sguardo indagatore.

- Allora? -

- Allora cosa? -

- Non hai pensato a nessuna scusa da inventare per quello che è successo ieri? -

Alzai le sopracciglia confuso.  

- Cantiello e compagno, silenzio! -

Ci zittimmo entrambi all'istante.

 

Tornai a casa di corsa, volevo stare in giro il minor tempo possibile. Una volta rientrato, staccai la presa del telefono fisso e impostai il cellulare in modalità aereo. A pranzo buttai giù un uovo sodo, poi mi stesi sul divano e il mio cervello divenne più attivo che mai: mille idee e pensieri mi balenarono in testa in pochi secondi, per poi scomparire senza lasciare alcuna traccia. 

 

Erano quasi le sei e mi annoiavo a morte. Avrei voluto staccare un po' la spina e concentrarmi su altro, ma a quanto pare non c'era nulla che potesse farmi distogliere l'attenzione dall'orrore quotidiano. 

O forse qualcosa c'era.

Percorsi il corridoio senza preoccuparmi di mettere le scarpe, pensando che da un momento all'altro sarebbe spuntato mio padre e mi avrebbe rimproverato per la mia brutta abitudine di camminare scalzo in giro per le stanze, ma non accadde nulla. Mi voltai indietro, il salotto era vuoto. Come potevo credere di poterlo rivedere? Non era neanche casa sua. 

Aprii lentamente la porta della sua camera, come se avessi paura di svegliarla. Era immobile, ed era proprio questo a farmi credere che il suo petto si alzasse e si abbassasse ritmicamente. Le accarezzai una guancia, aveva perso tutto il suo colore ed era fredda, morta. I capelli corvini, quasi bianchi alle radici, non avevano più  luminosità: sembravano avere lo stesso colore delle nuvole cupe che occupano il cielo prima di un forte temporale. Una mano era teneramente appoggiata sul petto squarciato, mentre l'altra era serrata intorno a un lembo delle lenzuola. 

- Spero che questa brutta influenza passi presto -

Le diedi un bacio sulla fronte, a rispondermi fu la sua espressione terrorizzata. 

 

- Hey, Marco -

Infilai il giubbino tenendo il cellulare fra l'orecchio e la spalla.

- È raro ricevere una telefonata da te, che ti serve? -

- Una canna -

- Dritto al sodo! Ti ha lasciato il fidanzatino? -

Meglio non ribattere.

- Dove ci vediamo? -

- Vieni a casa mia -

 

Gio, 11 ottobre, sera

- Cavolo, si gela qui fuori -

Diedi il giubbino a Marco e mi lasciai andare sul caro vecchio divano rosso mattone. 

- Nono, vieni qui -

Mi fece cenno di seguirlo. 

Ad aspettarmi nella sua stanza c'era tutto il gruppo di amici, i suoi amici ovviamente.

- Ehm... buonasera -

Mi grattai il capo senza sapere cosa dire, mi avrebbero sicuramente preso di mira per tutta la serata. Inoltre c'era anche Matteo e non volevo che mi tenesse gli occhi fissi addosso senza darmi tregua.

- Senti Marco, forse è meglio se ritorno a casa...-

- Ma che dici! Ormai sei qui -

Mi diede una leggera spinta sulla schiena, invitandomi a sedere. 

L'aria nella stanza era pesante, chissà da quanto tempo erano lì a fumare spinelli. Uno di loro non perse occasione per offrirmi un tiro. 

- Grazie...-

Mi sentivo a disagio lì in mezzo, infatti, esattamente come mi aspettavo, Matteo non sembrò volermi staccare gli occhi di dosso neanche per un secondo. Inclinai la testa con fare interrogativo, ma simulò un "nulla" con le labbra e riprese con la sua attività. 

 

Ven, 12 ottobre, notte

- Forse dovrei tornare a casa...-

Feci per alzarmi, ma fui costretto a sedermi di nuovo: la testa pesava come un macigno e le gambe non reggevano.

- Già, anche io. Sono quasi le due -

Scoppiarono tutti a ridere.

- La notte è ancora giovane! E noi siamo ancora più giovani! -

Ed ecco che arrivava Marco, l'idiota della situazione, con due vaschette di gelati e tre pacchi di patatine.

- Qualcuno ha fame? -

Non potei far altro che afferrare una vaschetta e dichiarare che non l'avrei condivisa con nessuno.

 

- Che ore sono? -

La mia voce era qualcosa di inascoltabile, biascicavo come un ubriaco.  

- Le otto -

- Le otto? Devo andare a scuola! -

Mi arrivò un calcio sul fondo schiena.

- Idiota, sei così fatto che non sai neanche se è giorno o notte? Sono le quattro del mattino -

- Ah, grazie -

Affondai di nuovo la testa nel cuscino.

 

Ven, 12 ottobre, mattina

Per potermi sciacquare la faccia dovetti fare la fila. Una volta presa la mia roba e ringraziato Marco per la sua ospitalità, finalmente ritornai a casa. Avevo poco più di un quarto d'ora prima che iniziassero le lezioni, quindi mi limitai a fare lo zaino e uscire di nuovo di casa. 

 

- Salve -

Appoggiai lo zaino sul banco e feci strisciare la sedia a terra. Riccardo mi guardò con rabbia.

- Che c'è? Adesso non posso neanche sedermi? -

- Dove sei andato ieri? -

- Sono stato a casa -

Evitai di guardarlo negli occhi.

- Sì, certo. Si vede dalla tua faccia -

- La smetti? -

- Hai un odore strano -

Si avvicinò alla mia spalla. 

- Probabilmente non ho fatto la doccia -

- O probabilmente ti sei fatto qualche canna -

Sorrise in modo soddisfatto.

- Non dovresti conoscere quest'odore -

- Non ci vuole molto a capire, ti sei guardato allo specchio? -

- Senti -

Mi decisi a puntare gli occhi nei suoi.

- L'altra sera mi hai cacciato fuori e sembravi molto arrabbiato, deluso e tutto quello che vuoi, perché adesso mi stai così addosso? -

I suoi occhi guizzarono e per un attimo parvero illuminarsi, riconobbi quello sguardo. 

- Io so - 

Panico.

- Cosa sai? -

 

 

Note dell'autore:

Dan Dan! Sono tornata (purtroppo)

Sono secoli che non aggiorno, mi dispiace, ma non sapevo davvero come riordinare le idee. Poi la scuola è diventata pesante, MOLTO pesante.

Comunque, spero che questo capitolo (anche se non molto stimolante) vi faccia ritornare la voglia di sapere come andrà a finire la mia piccola storia.

P.S. Se ci sono errori di grammatica o soprattutto con l'editor fatemi sapere, ormai sono abituata ai suoi capricci T.T 


Ciao~

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: mido_ri