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Autore: Taila    04/12/2016    3 recensioni
Un sospiro di sollievo, così basso che infastidì Severide solamente quel tanto da farlo sbuffare appena e fargli sfregare la guancia contro la stoffa della sua maglia in cerca di una posizione migliore, gli sfuggì dalle labbra, perché aveva ancora un po’ di tempo prima di alzarsi da quel divano e abbandonare la sensazione, che era calda e confortevole in modo sorprendente, del corpo di Severide contro il suo.
[Sevasey]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kelly Severide, Matthew Casey
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Un altro passo avanti
Autore: Taila
Serie: Chicago Fire
Genere: Sentimentale, slice of life, generale
Tipo: One-shot, pre-slash, what if…?
Pairing: Matt Casey x Kelly Severide
Raiting: Verde
Disclaimers: I personaggi presenti in questa shot non appartengono a me, ma tutti coloro che ne detengono i diritti. Io li ho presi in prestito senza scopo alcuno di lucro, solo per puro divertimento e per soddisfare i miei loschi fini (ovvero vedere Casey che sprimaccia Severide… ma anche viceversa va bene *///*)
Ambientazione: Questa shot è il seguito di “I’m Here”, quindi si colloca tra la fine della 3x19 e la 3x21, cioè prima che Scott inizia a dividere la 51 per non ammettere che si è imboscato.
Note: Con questa shot ho cercato di aggiungere un altro tassello alla storia che Matt e Severide stanno costruendo pian pianino, un passetto alla volta. Adoro la Sevasey, adoro quei piccoli momenti che gli sceneggiatori ci concedono nel serial e sto ancora con gli occhi a cuore dopo aver visto la 5x06 *__* E proprio per questo è stato difficilissimo trattenermi e continuare a procedere secondo il modo che ho pensato ù_ù Questa è ancora una pre-slash, ma ho cercato di far fare ai nostri adorati Sevasey un altro passetto nella direzione giusta. Spero che il risultato sia decente, di garantito c’è tutto il mio amore verso questa ship *w*
Ringraziamenti: Ringrazio la mia tessora BlackCobra che ha lasciato un commento alla mia precedente Sevasey. Ringrazio: BlackCobra e Harryet che hanno inserito "I'm here" tra i preferiti. Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto “I’m Here” e tutti coloro che leggeranno e/o commenteranno questa shot. Adesso la smetto di chiacchierare e vi lascio alla shot, alla prossima Sevasey, gente |O/



Un altro passo avanti



Severide inspirò ed espirò lentamente, ripetendo l’operazione quando glielo chiese la dottoressa, che era alle sue spalle e lo stava auscultando con lo stetoscopio.
- Ha difficoltà a respirare?- gli domandò lei, dopo essersi tolta il fonendoscopio dalle orecchie ed esserselo appoggiato attorno al collo.
- No, nessuna.- rispose Kelly mentre si abbassava il maglione.
- Nemmeno mentre dorme? Riesce a riposare tranquillamente?- la dottoressa gli chiese ancora e, nel mentre, scriveva sulla sua cartella clinica.
- Il mio coinquilino le risponderebbe che russo come un orso. – il tenente provò a scherzare, però, vedendo l’espressione seria sul viso del medico, si ricompose – A volte ho un po’ di difficoltà a inspirare se sono sdraiato, ma non è sempre e dormo tutta la notte senza problemi.
La dottoressa annuì, continuando a scrivere i suoi appunti e, alla fine, risollevò lo sguardo verso di lui.
- Il polmone ha ancora un po’ di difficoltà a espandersi, ma è normale con l’intervento che ha avuto: con il tempo questo fastidio scomparirà. Nel caso però che lei dovesse notare che la situazione si è aggravata e che avesse problemi a respirare normalmente, venga immediatamente qui. Intanto però non posso autorizzare il suo ritorno a lavoro.
- Dottoressa io sto bene, posso tornare in caserma e lavorare, mi creda.- protestò Kelly.
- No che non sta bene, tenente. Il suo organismo sta ancora metabolizzando il trauma dell’incidente e dell’intervento che ha subìto. Deve darsi tempo. – vedendo che il suo paziente aveva aperto la bocca per replicare, la dottoressa alzò una mano per bloccarlo – Risponda a questa domanda: mettiamo il caso che io oggi le dia il permesso di ritornare a lavoro. Mettiamo il caso che la sua squadra venisse chiamata per un intervento e dovesse entrare in una casa in fiamme. Il fumo ovviamente comincerà ad agire su lei: come pensa di poter salvare le persone intrappolate dentro, se lei stesso ha problemi a respirare?
Rendendosi conto di essere stato messo nel sacco, Severide richiuse la bocca e fissò contrariato la dottoressa, che ricambiò il suo sguardo con uno soddisfatto.
- Vedo che ci siamo capiti. Torni la settimana prossima per un controllo e, se non presenterà sintomi, comincerò a prendere in considerazione l’idea di farla tornare in caserma.
Il tenente borbottò qualcosa che doveva sembrare un saluto, mentre usciva dalla sala visite. Era vero che non si sentiva ancora al cento per cento, che doveva recuperare ancora un po’, ma non riusciva più a stare chiuso in casa pensando che, invece, i suoi amici rischiavano quotidianamente la vita. Matt gli aveva detto che, per il periodo della sua malattia, lo stava sostituendo Rice e che stava facendo un buon lavoro. Forse voleva solo tranquillizzarlo un po’, però l’amico non si era reso conto di aver fallito, perché lui non si era sentito affatto calmo, al contrario aveva avvertito una punta di gelosia verso Scott, perché sapeva cosa volesse dire lavorare fianco a fianco con Matt, essere sostenuti dalla sua calma, dalla quella sicurezza e da quella forza che derivavano dalla sua esperienza e che erano la sua caratteristica più peculiare a lavoro e non voleva essere sostituito anche in questo.
Cercando di scacciare quei pensieri dalla testa (perché, seriamente, era abbastanza sicuro che non avrebbero portato da nessuna parte, almeno per il momento), Severide sbuffò dal naso, producendo uno strano verso gutturale che somigliava tanto a un ringhio soffocato. Non aveva senso soffermarsi su certe cose, doveva, invece, concentrarsi sul progetto a lungo termine di rimettersi in sesto il prima possibile e convincere la dottoressa che stava bene e che poteva ritornare a lavoro, riprendendo il suo posto a capo della Squadra Tre. In quel momento, invece, doveva preoccuparsi di come ritornare a casa, perché ancora non gli era stato dato il permesso per guidare (la dottoressa temeva che un movimento scorretto o una frenata brusca avrebbero potuto riaprire i punti), quindi era stato costretto a muoversi per Chicago usando i mezzi pubblici, in una bolgia di impiegati incravattati che parlavano a voce alta ai loro cellulari e casalinghe che tornavano alle loro case trascinandosi dietro sporte piene di tutto quello che avevano comperato. Severide aveva il forte sospetto che la lunga fila per prenotare la visita della successiva (e non avrebbe mai immaginato che ci potesse essere così tanta gente nel tardo pomeriggio), insieme all’altrettanto lunga visita medica in ambulatorio, avevano contribuito a fargli perdere l’autobus e neanche voleva pensare a quanto tempo avrebbe dovuto aspettare sotto la pensilina prima che ne passasse un altro.
Sbuffando contrariato, Kelly si diresse svogliatamente verso la fermata per leggere il cartello con sopra affissi gli orari e le rispettive destinazioni dei vari autobus, per scoprire se per lui era più conveniente aspettare il prossimo autobus o se avesse fatto prima a tornare a casa a piedi. Era arrivato a metà strada quando sentì il rumore di un clacson, si girò e vide l’auto di Matt parcheggiata vicino al marciapiede, sull’altro lato della strada e il suo proprietario che, sporgendosi dal sedile del passeggero, gli faceva segno di raggiungerlo dal finestrino. Stupito, Severide attraversò la strada e, quando arrivò vicino all’automobile, il suo amico aprì lo sportello per farlo salire.
- Che ci fai qui?- Kelly domandò incuriosito, dopo essersi seduto sul sedile del passeggero.
Quella mattina lo aveva visto uscire di casa per il turno di giorno, infatti Matt stava indossando ancora la sua uniforme: che ci faceva fuori dalla caserma a quell’ora? Mentre girava la chiave nel quadro per accendere il motore, l’amico sorrise della sua sorpresa.
- Immaginavo che non ti avrebbero ancora dato il permesso di tornare al lavoro e, visto quanto smani per ritornare in caserma, ho pensato che avessi bisogno di un passaggio e di risollevarti il morale. – Matt gli rispose con un sorriso, mentre usciva dal parcheggio e si immetteva nel traffico – Ho preso un pomeriggio libero, mi sostituisce Hermann.
Al pensiero che il suo amico avesse fatto quello per lui, Severide provò una sensazione di calore al petto e un piccolo sorriso, di riflesso, gli stirò appena le labbra: Matt era una persona buona, generosa, dal cuore grande e lo sapeva bene, ma ogni volta che provava sulla propria pelle quanto quelle caratteristiche fossero vere, ne restava sempre un po’ sorpreso. Inspirò lentamente dal naso e cercò di sciogliere un po’ di tensione che stava provando.
- Oh, quindi hai deciso di portarmi in qualche strip-club per risollevarmi il morale?- chiese girandosi verso l’amico, con le labbra piegate in un sorriso e la traccia di una risata malamente trattenuta nella voce.
Nonostante fosse impegnato a guidare, Matt gli rivolse un’occhiata in tralice che riassumeva accuratamente la risposta alla sua domanda: un no secco e risoluto. Cosa che fece ridacchiare apertamente Severide e, subito dopo, gli fece emettere un verso sofferente.
- Questo è il motivo per cui andremo dritti a casa. – dichiarò Matt mentre girava il volante a sinistra e Kelly si massaggiava il petto con una mano – Devi riposare il più possibile e permettere al tuo corpo di guarire, se vuoi tornare a lavoro il prima possibile.- gli disse usando un tono severo.
Udendo quelle ultime parole, Kelly ruotò gli occhi: gli piaceva quando l’amico si occupava di lui, ma la cosa aveva anche il suo rovescio della medaglia, visto che aveva la netta inclinazione a marcare stretti i suoi amici per assicurarsi che facessero il necessario per stare bene.
- Sì, papà. – esclamò e, in risposta, ebbe una specie grugnito contrariato – Al lavoro come va? Come si sta comportando Scott?- domandò per cambiare argomento e distrarre il collega dallo stato della sua salute.
Lo sbuffo allungato e profondo di Matt gli comunicò che non era riuscito a distogliere la sua attenzione dalla propria convalescenza e che quella discussione era solamente rimandata.
- È un buon elemento e ti sta sostituendo degnamente. I ragazzi della tua squadra non sentono affatto la tua mancanza.- aggiunse poi e rivolse all’amico un sorriso.
- La pacchia sta per finire, per tutti.- brontolò Severide reggendo il gioco all’amico.
Era contento di sentire quelle cose di Scott: ne aveva passate tante nella vita e sentire che stava dimostrando che bravo vigile del fuoco fosse, provava che stava cercando di andare avanti, di mettersi alla prova e di ricavarsi un suo posticino al sole. La risata bassa e gutturale di Matt, però, gli fece perdere all’istante il filo di quei pensieri, gettando la sua mente alla deriva in un mare di immagini in cui si permetteva di perdersi solo di notte, quando era da solo nel chiuso della sua camera da letto e represse a stento un brivido.
Kelly lanciò un’occhiata in tralice al suo amico, osservandone il profilo ammorbidito da un sorriso rilassato e non seppe se maledire lui, se stesso o quella situazione di stallo in cui erano finiti entrambi e che non pareva volersi sbloccare né in un senso né nell’altro.


§§§



La prima cosa che Severide notò, quando entrò nell’appartamento che divideva con Matt, fu l’odore. A causa del loro lavoro trascorrevano fuori quasi tutta la giornata e, quando tornavano a casa, erano talmente stanchi che avevano appena la forza di prendere una vaschetta di cibo precotto per uno dal freezer e infilarle dentro il microonde. Da quello che ricordava, non aveva mai visto l’amico mettersi ai fornelli per preparare qualche cosa di più elaborato di un caffè e la stessa cosa valeva anche per lui, anche perché sospettava che neanche in due sarebbero mai riusciti a mettere insieme una cena decente e senza bruciare qualcosa.
Per questo motivo Severide rimase parecchio meravigliato nel sentire un buon profumo di cibo, di quelli che facevano pensare subito che era stato preparato in casa e che non aveva niente a che vedere con le porzioni surgelare che vendevano al supermercato, provenire dalla cucina. Incuriosito, invece di dirigersi verso la sua camera per cambiarsi, entrò in cucina e scoprì che il profumino, che, dopo tutte quelle ore che aveva passato nella saletta d’attesa che puzzava di disinfettante e medicine, gli pareva ancora più invitante, proveniva dal forno. Appoggiò la mano contro lo sportello e, contro il palmo, sentì che il vetro era ancora caldo. Kelly stava ancora tentando di trovare un modo per interpretare quella novità, quando il suo coinquilino lo raggiunse. Ancora vicino al forno, si girò verso Matt e vide che si era cambiato, che aveva tolto la divisa e che aveva indossato quegli abiti comodi e sformati che metteva quando era a casa e poteva rilassarsi.
- Hai cucinato per me?- Severide gli chiese divertito.
E subito vide fare all’amico quell’espressione sostenuta che metteva su ogni volta che faceva qualcosa e che poi cercava di minimizzare, per ridurne fino all’osso il significato emotivo sotteso.
- Avevo il pomeriggio libero e niente da fare.- rispose Matt passandogli accanto e dirigendosi verso il frigo.
Severide strinse le labbra per impedirsi di ridere dopo quella palese bugia, perché entrambi sapevano che la cucina in quell’appartamento era più un optional che una vera necessita: i pensili e il frigorifero erano quasi vuoti e il piano cottura era puramente decorativo. Le uniche cose in quella stanza che venivano usate con una certa regolarità erano il freezer, dove ammucchiavano i cibi precotti e surgelati del supermercato e il forno a microonde che serviva a prepararli. Nemmeno il tavolo veniva adoperato, visto che avevano l’abitudine di cenare sul divano in salotto, mentre guardavano qualcosa in televisore e questo era uno dei motivo per cui si era chiesto come mai Matt avesse mantenuto la cucina in quella casa, invece di smantellarla e utilizzarla per qualche altra cosa, visto che non veniva praticamente mai usata.
- E comunque non è niente di che.- Matt aggiunse mentre tirava fuori da un pensile un paio di piatti.
- Vista la tua abilità ai fornelli, mi sento quasi sollevato.- Severide scherzò.
- Non è che tu sia uno chef stellato.- Casey replicò mentre apriva il cassetto delle posate.
- Almeno io un uovo fritto so prepararlo.- Kelly ribatté e si appoggiò con i fianchi contro il ripiano che era vicino al forno.
Sentendo quello che l’amico aveva appena detto, Matt si girò verso di lui – un guanto da forno argentato con il bordo rosso gli ricopriva la mano sinistra, mentre con la destra stringeva un paletta di acciaio dal manico lungo e un coltello a lama lunga – e lo fissò con un’espressione oltraggiata.
- Hai davvero detto una cosa del genere? – domandò sconcertato – No, perché mi ricordo chiaramente di quando hai bruciato la presina mentre cercavi di togliere il bollitore dal fornello.- gli rammentò e, ora, anche il suo tono era un po’ indignato.
- Soltanto perché avevo fretta di toglierlo dal fuoco, visto che stava fischiando da un bel po’ e tu non te ne eri accorto.- dichiarò Severide rivoltando la storia a suo favore e rivolgendogli il suo sorriso più innocente.
Matt emise quello che sembrava una via di mezzo tra un grugnito e un verso sdegnato, mentre si avvicinava al forno. Dopo aver appoggiato gli utensili sul ripiano e accanto al collega, aprì lo sportello e ne uscì subito fuori una bianca nuvola di vapore, che lo prese in pieno viso, accompagnata da un profumino decisamente appetibile; quindi infilò la mano guantata all’interno del forno.
- Invece di rimanere lì a fissarmi senza fare niente, perché non cominci a portare qualcosa sul tavolino del salotto?- Casey domandò senza girarsi verso l’amico, occupato com’era a tirare fuori una teglia rotonda di alluminio che conteneva un pasticcio di carne.
Severide non rispose ma rimase a fissare l’altro mentre appoggiava il tegame ancora caldo sul piano cottura. In quel momento, Matt aveva un’espressione concentrata ma tranquilla, lontanissima da quella seria, fredda e sempre un po’ preoccupata che faceva quando erano impegnati in un intervento: era insolito vederlo così e lui voleva prendersi ancora una manciata di secondi per osservarlo il più possibile e imprimersela bene nella mente, perché l’amico era oggettivamente attraente, ma in quel momento si stava rendendo conto davvero di come questo suo aspetto stesse agendo su di lui. Quando si rese conto di che tipo di pensiero avesse appena formulato, Kelly fece mentalmente dietrofront e decise che mettere un po’ di spazio fisico tra di loro, avrebbe aiutato a schiarirgli la mente. Mentre prendeva le posate, che il coinquilino aveva lasciato sul tavolo della cucina, e un paio di bottiglie di birra dal frigo per portarli nell’altra stanza, Severide si rese conto una volta di più che quel qualcosa che c’era tra di loro stava diventando sempre più concreto e presto nessuno dei due avrebbe più potuto ignorarlo e quella realizzazione era spaventosa ed elettrizzante insieme.
Con quei pensieri per la testa, Kelly appoggiò due bottiglie di birra e un paio di forchette sul tavolinetto e si lasciò cadere sul divano alle sue spalle con la stessa grazia di un pachiderma, quindi, dopo aver frugato tra i cuscini del divano e trovato il telecomando, accese il televisore e iniziò a fare zapping tra i canali in cerca di qualcosa da poter guardare mentre cenavano: dopo quella che, col senno di poi, si sarebbe tranquillamente potuta definire un’accesa discussione, Matt e lui avevano deciso che ogni sera, a turno, avrebbero scelto cosa vedere e l’altro avrebbe potuto protestare ma non cambiare canale. Mentre sentiva provenire dalla cucina i rumori che stava facendo l’amico nel finire di preparare la loro cena, Severide continuava a premere le dita sui tasti del telecomando: la sera prima, Matt lo aveva costretto a vedere un horror tanto scadente che non si ricordava neppure il titolo, pieno di scene con sangue finto che schizzava a fiotti e arti amputati altrettanto fasulli che saltavano fuori quasi a ogni inquadratura, anche in quelle in cui non era necessario mostrali e che lo aveva annoiato a morte. Per questo ora era alla ricerca di qualche cosa con cui ripagare l’amico, considerò mentre saltava velocemente e senza neppure fermarsi a vedere cosa stessero trasmettendo, da un film a una partita di pallanuoto e… e poi, come se si fosse improvvisamente reso conto che cosa aveva visto, ritornò al canale che stava trasmettendo il film. Quando si rese conto che cosa stava guardando, un piccolo ghigno gli piegò le labbra: aveva trovato con che cosa vendicarsi del suo coinquilino.
Un paio di minuti dopo, Matt raggiunse l’amico in salotto, portando con sé i due piatti pieni del pasticcio di carne ancora caldo, accompagnato da piselli e carote. Dopo aver preso la sua parte, Kelly annusò il cibo che aveva davanti e sì, era davvero invitante com’era sembrato prima. Stando attento a non rovesciare a terra la sua cena, si sporse in avanti e recuperò le forchette che aveva appoggiato sul tavolino e ne porse una a Matt che, nel frattempo, si era seduto accanto a lui.
- “Bridget Jones”? Spero seriamente che tu stia scherzando.- Casey disse mentre si girava verso il suo coinquilino, dopo aver dato una rapida occhiata al televisore.
- Visto tutti i polpettoni romantici che mi hai fatto vedere, pensavo che ti piacesse il genere.- ribatté Kelly prima di infilarsi una piccola porzione di pasticcio per assaggiarlo.
Era sorprendentemente buono, Severide realizzò mentre masticava e si chiese perché Matt si fosse ostinato a far mangiare a entrambi cibi surgelati e precotti, quando sapeva preparare cose del genere.
- Non guardo film da ragazzine.- Matt replicò scontroso.
- Disse colui che ha riconosciuto a colpo d’occhio il film in questione.- l’amico lo prese in giro.
Colto in castagna, Casey fece quell’espressione indispettita e un filino offesa che metteva su ogni volta che qualcuno lo coglieva sul fatto. Severide soffocò una risata, vedendo la sua reazione e prese un’altra porzione di pasticcio. Sotto il suo sguardo divertito, l’amico allungò il braccio per prendere una delle due bottiglie di birra e, mentre ritornava ad appoggiarsi contro lo schienale del divano, sbuffò sonoramente.
- Un paio di anni fa, Gabriela e sua nipote hanno deciso di fare una maratona di questa serie di film e ho fatto loro compagnia. – Matt spiegò mentre avvicinava la bottiglia alle labbra – Almeno per una buona parte del primo film.- aggiunse poi con un tono che lasciava intendere piuttosto chiaramente che, a un certo punto, aveva battuto bandiera bianca ed era crollato.
Almeno con se stesso, Severide poteva ammettere di provare uno strano miscuglio di emozioni nei confronti della loro collega: Gabriela gli piaceva come persona ed era una buona amica, ma, ora come ora, non riusciva a non essere grato che avesse lasciato l’appartamento di Matt, chiudendo così la loro storia.
- Quindi devo aspettarmi di sentirti russare a breve?- Kelly domandò scherzoso, prima di bere anche lui una generosa sorsata di birra direttamente dalla bottiglia.
E anche per seppellire quella bizzarra sensazione che gli si era accumulata nella pancia, dopo aver pensato che il collega era libero come l’aria al momento… proprio come lui.
- Tanto quanto io mi aspetto di sentire russare te prima che cominci il secondo tempo.- Matt ribatté in modo sgangherato visto che aveva la bocca piena, masticando attorno alle parole.
- Mica sono come te: posso resistere a un film del genere.- replicò Severide con una certa sicumera.
Per tutta risposta Casey fece un verso carico di scetticismo. Stavano discutendo per una cosa tanto futile come se fossero stati due mocciosi, eppure doveva ammettere che si stava divertendo. Lui non era il tipo di persona a cui piaceva fare confronti, ma non poteva nemmeno far finta di non rendersi conto che quando cenava con Gabriela il tutto si riduceva a sedere vicini mentre si guardava il televisore in silenzio, con unico rumore di sottofondo, quello delle posate contro i piatti, perché tanto ognuno conosceva già la giornata che l’altro aveva trascorso; invece con Severide era tutto un susseguirsi di battute, scherzose prese in giro e discorsi leggeri che davano davvero una svolta in meglio alla giornata che aveva trascorso. Eppure era quello lo stesso salotto, lo stesso divano e lo stesso scenario: possibile che fosse la persona seduta accanto a lui a fare la differenza e cambiare tutto?
- Suona come se fosse una scommessa.- Matt disse prima di bere un altro po’ di birra e fissando il suo amico in tralice mentre inclinava la testa.
- Perché no? – Kelly prese del tempo per riflettere mentre masticava dell’altro pasticcio – Se perdi mi preparerai la cena per un mese intero.- dichiarò e gli rivolse un ghigno storto.
Matt appoggiò la bottiglia quasi vuota sul tavolinetto e poi si girò a guardare l’amico.
- Se sarai tu a perdere, invece, guarderai “Titanic”, dall’inizio alla fine e senza lamentarti. E non ti farò cantare la canzone di Celine Dion soltanto perché so che sarebbe una tortura per le mie orecchie. – propose con un sorriso perfido e tese la mano all’amico – Ci stai?
Severide fissò l’amico, divertito da quella situazione e gli strinse la mano, siglando così la loro scommessa.
- Ci sto.
Dopo essersi scambiati l’un l’altro un’ultima occhiata di sfida, i due si sistemarono meglio contro lo schienale del divano, la spalla destra di Matt premuta contro quella sinistra di Severide, nonostante ci fosse spazio a sufficienza per mettersi più comodi e, mentre finivano di cenare, si misero a fissare ostinatamente lo schermo del televisore, ognuno di loro deciso a non cedere e a non addormentarsi prima dell’altro.


§§§



Matt si svegliò infastidito dalla luce del sole, che aveva acceso di un rosso brillante e venato di lampi d’oro lo schermo delle sue palpebre abbassate. Mugolando infastidito, mosse appena la testa e sentì un peso che gli gravava sulla spalla. Incuriosito, aprì a fatica gli occhi, ancora impiastricciati dal sonno e, arricciando il naso per il dolore al collo che aveva tenuto tutta la notte piegato all’indietro, girò la testa di lato. Tra la foschia che gli velava ancora lo sguardo, vide che era la testa di Severide, ancora profondamente addormentato, a essere appoggiata sulla sua spalla. Ancora intontito, Matt batté le palpebre più volte, cercando di scacciare il sonno e schiarirsi un po’ la testa, mentre cercava di leggere che ore fossero sull’orologio appeso al muro: sforzando gli occhi ancora assonnati e indolenziti, riuscì a vedere che mancava ancora un buon quarto d’ora alle sette. Un sospiro di sollievo, così basso che infastidì Severide solamente quel tanto da farlo sbuffare appena e fargli sfregare la guancia contro la stoffa della sua maglia in cerca di una posizione migliore, gli sfuggì dalle labbra, perché aveva ancora un po’ di tempo prima di alzarsi da quel divano e abbandonare la sensazione, che era calda e confortevole in modo sorprendente, del corpo di Severide contro il suo.
Mentre muoveva il collo per sciogliere i muscoli indolenziti, gli tornò in mente il film e la loro scommessa: rammentava vagamente di aver resistito fino a poco dopo l’inizio del secondo tempo, ma non se l’amico si era già addormentato o no. Matt scoprì che non gli importava nulla di quella sciocca scommessa. Non gli interessava chi di loro avesse vinto e chi no, nemmeno se fosse stato lui a perdere e avesse dovuto passare un mese intero a cucinare per il suo amico. Quello che stava gli importava davvero era quel momento preciso in cui erano vicini come raramente erano stati e quello non era un qualcosa che lui stava scoprendo il quel momento, ma una parte di sé, che aveva finto di non sapere che esistesse perché così era più comodo e meno doloroso, perché sapeva che quella convivenza con Severide stava assumendo un sapore sempre più domestico e averlo in quel modo e così vicino, era qualcosa di semplicemente naturale e familiare. Entrambi si trovavano ai margini di quella linea di demarcazione che li separava ed entrambi si trovavano sul punto di gettarsi oltre.
C’era qualcosa che Matt aveva incominciato a desiderare senza nemmeno rendersene conto. Qualcosa che magari ancora non era pronto a chiamare con il suo nome, ma a cui sapeva per istinto di non essere disposto a rinunciare e che avrebbe seguito fin dove lo avrebbe portato, sperando che conducesse Severide e lui allo stesso punto d’arrivo.
Ignorando il dolore al collo, Matt tornò ad appoggiare la nuca contro il bordo del divano, deciso a godersi fin quando avrebbe potuto quel piccolo momento di pace, prima di doversi alzare ed affrontare insieme un’altra giornata di lavoro.
Un piccolo sorriso tendeva appena le labbra di Matt al pensiero di tutto quello che Severide e lui avrebbero potuto combinare insieme.

  
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