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Autore: Robigna88    05/12/2016    0 recensioni
Allison Morgan credeva di essersi lasciata alle spalle gli Originali con i loro drammi, i loro segreti e quel sempre e per sempre in nome del quale avrebbero fatto qualunque cosa. Sono suoi amici e vuole loro bene ma ha già abbastanza problemi e nemici di cui occuparsi e non vuole avere a che fare anche con quelli dei Mikaelson. Questo fino a quando Rebekah non la chiama in cerca di un aiuto per trovare un posto sicuro per lei e la piccola Hope e orde di cacciatori sono pronti a raggiungere New Orleans in seguito a strani avvenimenti che hanno attirato la loro attenzione. Allison si sente in dovere di avvertire Klaus ed Elijah; solo avvertirli e niente di più. Una volta arrivata nella città del Quartiere Francese però, tutto cambia e lei viene risucchiata dai loro problemi, come già le era successo in passato. Decide quindi di rimanere per un po'. Nel frattempo, in Kansas, Dean e Sam Winchester, avvertito il tumulto tra i cacciatori decidono di partire per New Orleans ed indagare senza sapere però che quel caso-non caso li condurrà dritti dalla loro amica cacciatrice e dai suoi strani amici.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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22.

SPEGNILO

 

 

 

 

 

Marcel arrivò alla tenuta col cuore in gola. Se ci pensava non ricordava una singola volta in cui avesse corso così veloce negli ultimi anni; forse lo aveva fatto solo da piccolo quando veniva picchiato e maltrattato e fuggire era l’unico modo di sopravvivere. Questa volta però la sensazione era diversa. Non correva per fuggire, correva piuttosto per raggiungere qualcosa, anzi qualcuno. Dal modo in cui Rebekah piangeva quando gli aveva telefonato, dal modo in cui parlava, da quello che aveva detto, Marcel era sicuro che fosse già troppo tardi, eppure aveva corso.

“Klaus!” esclamò quando lo vide, girato di spalle con le mani incrociate dietro la schiena a fissare un punto indefinito. “Dov’è?” gli chiese.

L’Ibrido si voltò nella sua direzione, gli occhi di solito divertiti erano ora colmi di lacrime, le labbra piegate in un’espressione triste. “Marcellus, mi dispiace” mormorò soltanto.

“Dove si trova?” ripeté l’altro, quasi non lo avesse sentito.

Klaus gli poggiò una mano sulla spalla. “Marcel…” tentò di nuovo.

“Voglio vederla, ora” il vampiro si divincolò dalla presa e mentre lo faceva si mise in ascolto. Non sapeva esattamente cosa dovesse ascoltare ma poi sentì Rebekah piangere, un cuore battere all’impazzata e il dolore si impossessò di lui. Senza che fosse capace di controllare le sue gambe cadde in ginocchio, le mani sul viso, le lacrime veloci sulle guance.

L’Ibrido Originale rimase fermo per qualche istante, speranzoso di riuscire a controllare i suoi di sentimenti, poi si piegò e gli si mise accanto, in silenzio. Esattamente come aveva fatto con Elijah poco prima.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Il giorno arrivò veloce e veloce se ne andò, lasciando il posto alla sera più scura che Elijah avesse mai vissuto nei suoi mille e passa anni di esistenza. Il corpo di Allison era rimasto delicatamente adagiato sul letto, le braccia lungo i fianchi, la pelle sempre più scura e l’odore… l’odore di morte sempre più forte. Lui però riusciva a percepire solo il ricordo della sua pelle profumata di frutta, la sensazione di quelle mani morbide e calde, il viso dolce, le fossette. Faceva male come nient’altro al mondo averla persa, era stato straziante sentirla spegnersi tra le sua braccia. Chissà, si chiese, se era riuscita a sentire quello che le aveva detto, chissà se morendo aveva sentito quel ti amo tanto voluto, finalmente ricambiato.

Avrebbe dato qualunque cosa per poterla portare indietro e urlarglielo ancora e ancora, per stringerla ancora e ancora ma non sapeva come fare: non aveva niente da offrire e non avrebbe saputo a chi offrirlo neppure avendolo. Rebekah una volta gli aveva detto che la loro forza era in fondo solo un’illusione. Guardaci, gli aveva sussurrato, siamo le creature più forti al mondo, ma siamo danneggiati e non esiste cura a questo. Viviamo senza speranze, ma non moriamo mai. Siamo la definizione di maledetti… sempre e per sempre; aveva ragione, sempre e per sempre valeva interamente per loro e lui lo avrebbe vissuto con il vuoto che la morte di Allison gli aveva lasciato.

Guardò Marcel, seduto dall’altra parte del letto, le mani incrociate sotto il mento, gli occhi scuri persi chissà dove, chissà quando nel tempo; magari in un bel ricordo. Forse, si disse, doveva provarci anche lui. Si lasciò cullare da uno di essi…

 

 

“Credevo che fosse vietato. Che ci fosse un qualche strano codice che impediva alle invitate di essere più belle della sposa. Ma ti guardo e penso che mi sono decisamente sbagliato.”

“Oppure io ho infranto le regole” gli disse Allison arricciando poco la bocca, infine sorridendo mentre girava il viso per guardarlo. “Credi che sia per questo che tutti mi hanno guardata in modo… strano al mio arrivo?”

“Per questo e perché il tuo sangue ha un odore piuttosto intenso, anche se tu non te ne rendi conto ovviamente.”

 

 

Poi da un altro…

 

 

Il viso di Elijah si trasformò, una leggera ombra di delusione lo attraversò spegnendo parte di quella luce nei suoi occhi. “È un peccato, se ben ricordo sei incredibilmente bella chiusa in un vestito elegante” mormorò con tono serio ma espressione quasi giocosa.

Lei si sentì avvampare poco ma non distolse lo sguardo. “Fai attenzione, la memoria è spesso ingannevole. Devo andare ora, ma è stato bello rivederti El, salutami Klaus” si alzò e con calma si fermò e gli diede un bacio sulla guancia.

“Se dovessi cambiare idea…” il vampiro la afferrò piano per un braccio e fissò lo sguardo dentro il suo.

“So come trovarvi” concluse Allison per lui.        

 

 

 E un altro ancora…

 

 

La festa si era rivelata essere un vero successo, molte persone avevano deciso di partecipare; alcuni invitati, altri semplicemente turisti curiosi. Tra le varie fazioni si respirava un certo nervosismo con i vampiri che sostenevano di non volersi piegare a nessuno, i lupi che pretendevano la stessa cosa, gli umani che cercavano, sgomitando, di guadagnarsi un posto in alto in quella crudele gerarchia di esseri. Elijah era rimasto per ore all’entrata della villa ad accogliere gli ospiti, si era spostato per accompagnare Hayley dentro e poi era ritornato fuori coltivando ancora un briciolo di speranza… speranza che Allison avesse cambiato idea, speranza che sarebbe arrivata davvero bellissima in un vestito elegante, speranza che avrebbe potuto stringerla per una danza come era successo la prima volta che si erano incontrati.

Ma il tempo correva e di lei neppure l’ombra. Pensò che era da sciocchi stare ancora lì fuori a fissare la strada, con molta probabilità non sarebbe arrivata. Meglio entrare e farla finita; Allison era lì di passaggio anche se ogni volta lui sperava che fosse per qualcosa in più, anche se non glielo aveva mai detto. “È stato bello rivederti” mormorò al vento.

E fu allora che Allison arrivò con passo sicuro sui tacchi, fasciata da un vestito che le stava d’incanto.

“Sono in ritardo?” gli chiese con un sorriso quando gli fu vicina.

Lui scosse il capo. “Non di molto. Ma in fondo, ha importanza?”

“No, non ne ha” la donna fece un respiro profondo. “Sono ancora come mi ricordavi chiusa in un vestito elegante?”

“Sei molto di più di quanto ricordassi” ammise Elijah porgendole la mano. “Francesca Guerrera sarà molto infastidita.”

La sua interlocutrice lo guardò per un istante, poi scoppiò a ridere, infine lo baciò stringendosi a lui. Elijah ricambiò con trasporto.

 

 

Poi i ricordi si bloccarono e i singhiozzi presero il loro posto. Per Elijah Mikaelson fu come prendere solo allora consapevolezza di quanto era davvero accaduto, l’odore fruttato lasciò il posto al puzzo di morte, le fossette sparirono, il caldo delle mani anche.

Quella sul letto era Allison, ma non era lei. Faceva male, così tanto che credeva di impazzire. Gli occhi gli si iniettarono di sangue mentre una voce dentro di sé continuava a ripetere sempre le stesse tre parole: spegni il dolore!

Lui decise di spegnere ogni cosa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison scese di corsa giù per le scale; l’orologio al suo polso sembrava urlare sei in ritardo, non hai tempo per niente ma il suo stomaco che brontolava sembrava suggerire che almeno il tempo per la colazione avrebbe dovuto trovarlo. “Sono in ritardissimo!” esclamò mentre si metteva un orecchino, poi una scarpa e con la mano libera apriva il frigorifero per prendere del latte.

“Chissà perché ma la cosa non mi sorprende.”

Lei lanciò un’occhiata di fuoco a suo fratello, poi sorrise a sua madre. “Grazie per avermi fatto dormire qui stanotte mamma, dopo la cena ero talmente stanca che non sarei proprio riuscita a tornare a casa. E l’idea di tenere qualche vestito e qualche accessorio qui per ogni evenienza è davvero geniale. Ne porterò degli altri.”

Sua madre le sorrise e si voltò facendo ondulare i capelli di quel bel colore caldo a metà tra il rosso ed il castano chiaro. Le mise un pancake in un piatto e glielo porse. “Puoi rimanere quando vuoi. Io e tuo padre adoriamo averti qui a casa, da quando sei andata a vivere da sola non ti vediamo quasi mai.”

“Papà mi vede tutti i giorni al lavoro mamma, quando lo seguo nei giri di visita e cerco di stare al suo passo.”

“Non è la stessa cosa tesoro,” le disse sua madre accarezzandole una guancia. “In ospedale è il tuo capo e come tale deve comportarsi. Lui però adora essere tuo padre.”

Allison deglutì un morso di pancake, poi annuì. “Capito, verrò a trovarvi più spesso” disse, poi si rivolse al fratello. “Tu invece prova a venire meno spesso, sarebbe ora.”

“Ah ah, divertente.”

Lei gli fece un sorriso ed una linguaccia mentre usciva di casa cercando le chiavi dell’auto. Pensò che era soddisfacente andare al lavoro ogni giorno, aver seguito le orme paterne. Poteva vedere l’orgoglio negli occhi di suo padre ogni volta che la sentiva dire qualcosa di corretto, fare la diagnosi giusta. L’ospedale le piaceva, le piaceva salvare le vite. Le piaceva tantissimo.

Tu hai il complesso dell’eroe le diceva scherzando il suo fidanzato. Da quale pulpito rispondeva lei ricordandogli che anche lui era un dottore innamorato del suo lavoro. Sorridendo uscì dal vialetto guardando il cielo chiaro e bello sopra Los Angeles.

   
 
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