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Autore: Shadow writer    06/12/2016    2 recensioni
Dopo l'ultimo caso, che ha messo in discussione la sua carriera e la sua vita, il detective Harrison Graham credeva di aver finalmente trovato la pace insieme alla figlia, Emilia, e alla donna che ama, Tess. Ma un nuovo ed imprevisto caso lo trascina in un'indagine apparentemente inverosimile, in cui nulla è ciò che appare e nessuno appare per ciò che è. La ricerca lo costringe a collaborare con il suo acerrimo nemico, Gibson, ma soprattutto porta alla luce il fantasma del passato di una persona a lui molto, molto vicina, e a realizzare che forse, il detective non l'ha mai conosciuta veramente...
[AVVISO: "Smoke and Mirrors" è il seguito di "Blink of an eye", che potete trovare sul mio profilo]
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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3_ "Contra ad Amor"  


 
 
Harrison entrò in casa annusando il profumo della cena.
Era stato solito essere lui il cuoco di casa e ogni sera usciva dalla centrale in anticipo per riuscire a preparare la cena ad Emi, ma da quando c'era Tess, lui poteva fermarsi al lavoro fino a quando era necessario e lasciare che la donna si occupasse di tutto.
Non lo faceva impazzire l'idea di rimandare il rientro a casa, eppure a volte, come quella sera, era necessario. Aveva trascorso ore parlando con Gibson e Sadie del caso e sentiva la testa esplodergli.
L'altro inconveniente di non essere più l'unico cuoco, consisteva nel fatto che Tess era una frana ai fornelli.
Per evitare cene comprate al supermercato da riscaldare nel microonde, l'uomo aveva dovuto insegnarle a cucinare qualcosa e lei aveva imparato solo due piatti, così ogni volta sapeva che la scelta ricadeva su quelli.
Quella sera, dal profumo, giudicò che Tess aveva preparato una minestra di zucca.
Infatti quando entrò in sala da pranzo, trovò la donna che serviva Emilia.
«Papi!» esclamò la bimba «Sei arrivato appena in tempo»
«Per fortuna, o avrei dovuto mangiare senza la compagnia di queste belle signore» replicò lui e si avvicinò a Tess, che gli stava sorridendo.
Le cinse il fianco con un braccio e attirandola a sé, le stampò un bacio sulle labbra.
«Buona sera, signorina Graves» sussurrò sul suo viso, guardando il proprio riflesso negli occhi grigi della donna.
Lei continuò a sorridere: «Buona sera, detective. La cena è in tavola»
«Non vedo l'ora di mangiare» replicò lui, si avvicinò alla propria sedia, scompigliò i capelli di Emi seduta a capotavola, poi prese posto a sua volta.
Quando anche Tess si fu seduta, cominciarono a mangiare tutti, chiacchierando tra loro.
«Le maestre hanno detto che ci faranno fare un succo con l'uva» stava dicendo Emilia, guardando come suo solito il cucchiaio e il piatto con espressione corrucciata mentre parlava: «ma Miles ha detto che con il succo d'uva si fa il vino, quindi le maestre ci faranno bere il vino, papi?»
Harrison aveva lo sguardo perso sui ricami della tovaglia e, sentendosi chiamare dalla figlia, annuì vagamente con il capo.
Vista la risposta del padre, Emilia sgranò gli occhi e Tess si affrettò a dire: «No, Emi, Miles si è sbagliato, il vostro succo non diventerà vino, non preoccuparti»
«Il papà dice che se si beve il vino, si muore» commentò candidamente la bambina.
«Harrison!» esclamò la donna fulminandolo con lo sguardo e lui sussultò.
«Cosa?» domandò come se riprendesse conoscenza all'improvviso.
Incrociò lo sguardo di fuoco di Tess e intuì di aver detto qualcosa che non andava.
Si passò una mano sul volto e replicò: «Scusatemi, sono solo stanco»
Tess continuò a guardarlo, con un'espressione che sembrava dire: "Non è finita qui", ma non parlò fino alla fine della cena.
Dopo che ebbero sparecchiato, rimasti soli in cucina, la donna si parò di fronte ad Harrison, pronta a fronteggiarlo.
Sapeva che c'erano alcuni argomenti che l'uomo non avrebbe mai affrontato di fronte alla figlia, neanche sotto tortura. Proteggere Emilia era ciò che contava di più per lui e se questo significava tacere su alcuni fatti, lo avrebbe fatto senza pensarci due volte.
Harrison finì di caricare la lavastoviglie, chiuse l'antello e sollevandosi incrociò lo sguardo serio di Tess.
«Che c'è?» domandò, fingendo di non aver capito l'espressione della donna. 
Lei non si lasciò ingannare: «Non insultare la mia e la tua intelligenza, Harrison, lo sai perfettamente»
«Ero distratto a cena? Sì, certo, ma te l'ho detto, sono stanco, oggi è stata una giornata impegnativa» cercò di minimizzare lui, ma realizzò troppo tardi che questo aveva allarmato ancora di più Tess.
A volte desiderava che la donna non fosse così perspicace.
Lei alzò gli occhi al cielo: «Cosa l'ha resa così impegnativa? È quel nuovo caso che stai seguendo?»
L'uomo sbuffò, maledicendosi per essersi innamorato di una donna così intelligente e soprattutto con una così buona memoria. Aveva a malapena accennato al caso quella mattina, ma Tess lo aveva registrato come se fosse un archivio umano.
«Non fare quella faccia» commentò lei guardandolo negli occhi «Non ti farò uscire da questa stanza finché non mi avrai  spiegato»
Harrison sbuffò ancora e si appoggiò al ripiano della cucina, incrociando le braccia al petto.
Tess stava davanti a lui nella stessa identica posizione, irremovibile.
«Sì» ammise «Il caso che sto seguendo sembra essere impegnativo, molto, ma non ha senso che due persone in questa casa perdano il sonno per pensarci. Mi occuperò di tutto, Tessie, non preoccuparti»
Lei alzò ancora gli occhi al cielo, poi li piantò in quelli verdi del detective, come se volesse trapassarlo: «Sei entrato nella sezione Omicidi due mesi fa e sinceramente pensavo che avresti cominciato ad essere teso, insonne, angosciato, insomma come un qualsiasi persona che si trova ad affrontare casi di una crudeltà che supera la ragione, perché nessuno può capire realmente cosa spinga un essere umano ad ucciderne un altro» la donna fece una pausa, si mordicchiò nervosamente le labbra, poi continuò: «Tu non hai avuto nessuna di queste reazioni, almeno non fino ad oggi»
Tess avanzò verso di lui e l'uomo la seguì con gli occhi fino a che lei non fu sotto il suo naso.
«So che sei troppo cinico per poter essere definito sensibile e credevo che il tuo essere pragmatico e razionale ti spingesse a considerare il lavoro come tale, e non come altro» la donna era così vicina che le bastava sussurrare per farsi sentire «Mi sbagliavo. Sei semplicemente forte e abbastanza intelligente per poter razionalizzare in un qualche modo ciò con cui hai a che fare. Se questo nuovo caso ti ha sconvolto, non voglio immaginare di cosa si tratti, perché se anche tu ne sei spaventato, be'...» distolse per un istante lo sguardo, con un'espressione concentrata e quando ritornò a guardarlo, Harrison capì che era dannatamene seria.
Le posò le mani sui fianchi e la strinse a sé, abbracciandola.
«Mi dispiace, Tess» soffiò sui suoi capelli «È solo che non sono abituato a non sapere le cose»
La donna sollevò nuovamente il capo verso di lui e questa volta l'uomo notò un sorrisetto sulle sue labbra.
«Se è solo questo il problema, credo che potresti imparare a fartene una ragione» commentò lei con una punta di ironia nella voce.
Lui rise e Tess, appoggiata al suo petto, lo sentì vibrare.
L'uomo tornò poi serio: «No, non è solo questo il problema, Tessie. Il problema è che mi trovo davanti ad un caso che si prospetta troppo complesso per i mezzi a nostra disposizione»
«Nostra?» ripeté la donna perplessa e lui annuì: «Devo collaborare con Gibson e Sadie si è unita a noi. Può essere una risorsa preziosa»
Ancora Tess non riuscì a trattenere un sorriso flebile.
«Guarda il lato positivo, se anche il caso andrà male, magari questa collaborazione forzata con Gibson ti farà scoprire che in realtà non è così male»
L'uomo fece una risata secca e lei la sentì ancora vibrare dal suo petto attraverso le proprie ossa.
«Ne dubito. Soprattutto perché ho cose più importanti da fare che cercare di andare d'accordo con quell'idiota»
Lei alzò gli occhi al cielo: «Sei solo prevenuto!»
«Raramente sbaglio, Tessie, e tu lo sai bene»
Lei alzò ancora gli occhi al cielo, però si fece seria e Harrison capì che era arrivato il momento di smetterla di scherzare, e di parlare di cose da adulti.
«Allora, non mi hai ancora detto in cosa consiste il vostro nuovo caso» disse lei infatti, anche se la sua espressione era già eloquente di per sé.
L'uomo prese un respiro profondo e Tess venne mossa insieme al suo petto che si alzava e poi si riabbassava lentamente.
Poco alla volta, le raccontò tutto ciò che sapeva, i due omicidi che corrispondevano con i due furti, le loro ricerche durante tutto il pomeriggio, invano.
«Sadie ha capito che è sufficiente trovare l'evento più vicino per capire quando avverrà la prossima coppia di crimini» stava dicendo l'uomo.
Gli occhi di Tess, che era tornata di fronte all'uomo, s'illuminarono.
«Quindi v'infiltrerete alla mostra Thompson?» domandò e lui le rivolse uno sguardo perplesso: «Cosa?»
La donna sollevò le sopracciglia davanti alla sorpresa del detective.
«Ogni anno i Thompson organizzano un ricevimento con l'esposizione di oggetti d'arte, in cui l'accesso è solo su invito» spiegò «Ma voi siete detective, potete entrare senza problemi. Dovrebbe tenersi sabato questo»
Harrison la stava ancora guardando con gli occhi sgranati e le labbra dischiuse, come se fosse in trance.
Lei sventolò una mano davanti al suo naso e sbattendo le palpebre, l'uomo si riscosse.
«Io ti amo, Tess Graves» disse, poi le prese il volto tra le mani e la baciò appassionatamente.
Il volto della donna andò in fiamme, mentre sgranava gli occhi e non poteva far altro che ricambiare il bacio.
«Ti amo» ripeté Harrison, mentre si spostava a grandi passi verso il salotto, dove agguantò il proprio cellulare.
Quando Tess lo raggiunse, lui stava già parlando con chiunque ci fosse dall'altro capo.
«Esatto» stava dicendo «Abbiamo considerato solo gli eventi pubblici, senza renderci che anche l'asta che hanno colpito era privata...Sì, sabato questo...Giusto, l'ho pensato anche io...Va bene, m'inventerò qualcosa...Okay...A domani...sì, ciao»
Harrison terminò la telefonata e si voltò verso la donna che lo guardava dalla porta della stanza.
Le sorrise e si avvicinò.
Lei sollevò le sopracciglia, in attesa di spiegazioni, così lui disse: «Ora sappiamo che il prossimo evento che questi criminali potrebbero colpire sarà la mostra Thompson, ma il problema è che non possiamo introdurci in quanto detective»
La donna gli rivolse uno sguardo perplesso: «Perché no?»
«Perché attireremmo troppo l'attenzione. In un luogo privato, le voci corrono velocemente e i nostri "amici" potrebbero decidere di non presentarsi. Dobbiamo procurarci degli inviti in altro modo»
Tess sgranò gli occhi: «Ma è impossibile! Tutti quelli che partecipano appartengono a club di milionari e di certo non esistono inviti anche per i comuni mortali. Solo una ristretta elite può assistere all'evento»
L'espressione di Harrison si spense per un istante, poi ritornò a guardare la donna: «Aspetta, tu come fai a conoscere la mostra? Non c'era alcuna informazione su internet»
Lei scrollò le spalle: «Be', io ci sono andata con...» s'interruppe, come se avesse appena realizzato qualcosa di fondamentale. Rivolse al detective uno sguardo intenso, accennando un mezzo sorriso di trionfo: «So come procurarti quei biglietti»
Lui la guardò confuso per qualche istante, poi cambiò espressione.
«Assolutamente no!» esclamò scuotendo vigorosamente il capo.
«Harrison!» protestò la donna «Metti da parte il tuo orgoglio per un istante, credi di esserne capace?»
«Qui non sono io quello che deve mettere da parte qualcosa, Tess»
La donna arretrò di scatto, involontariamente, e s'irrigidì.
«Cosa vuoi dire?» sibilò fulminandolo con lo sguardo.
Lui sospirò: «Mi dispiace, scusami, non avrei dovuto dirlo. Intendo solo che non voglio che tu sia costretta a vedere quella testa di cazzo solo per fare un favore a me»
«Qui non si tratta di cosa io voglio, Harrison, ma di fare qualsiasi cosa possibile per impedire che un'altra persona innocente muoia. Dovrebbe essere il tuo lavoro, no?»
«È il mio lavoro» la corresse lui «Ma tu sei la mia famiglia, Tessie, e non lascerò che Elliot possa riavvicinarsi a te dopo tutto quello che ha fatto»
La donna prese un respiro profondo: «Non preoccuparti, sono una donna adulta e ormai ho superato la faccenda. Io ho te, ed Emi, e non tornerei indietro per nulla al mondo, capito?»
Harrison annuì, anche se non convinto.
«Domani cercherò di trovare degli inviti. Se non ci riuscirò, allora contatteremo Elliot» stabilì, come se stesse dettando delle condizioni.
Tess sorrise: «Andata» si sporse in avanti e lo baciò a fior di labbra.
«Ma ora andiamo a dormire, detective, prima che mi addormenti qui, in mezzo al salotto»
 
 
 
La caffetteria era pervasa dal profumo avvolgente del cacao e da quello fragrante di dolce appena sfornati. Il tepore della sala investì Tess non appena mise piede all'interno, sciogliendo il gelo che le era rimasto addosso. Lo sbalzo termico tra l'esterno e l'interno della caffetteria era consistente e la donna dovette togliersi la sciarpa e slacciare i primi bottoni del cappotto perché il suo volto non diventasse bordeaux. Fece scorrere gli occhi per la sala, arredata con piccoli tavolini rotondi affollati di persone. Avanzò lentamente, continuando a guardarsi intorno, fino a che i suoi occhi si posarono su chi stava cercando.
L'uomo aveva i capelli biondi ben pettinati, indossava una camicia bianca sormontata da una giacca blu, della stessa tinta dei pantaloni che sparivano sotto al tavolino rotondo insieme alle lunghe gambe.
Quando avvertì la presenza di Tess, sollevò il capo e cambiò espressione.
«Ciao» lo salutò lei accennando un debole sorrise di cortesia.
L'uomo fece per alzarsi in piedi, ma lei gli fece cenno che non era necessario e prese posto di fronte a lui.
«Come stai?» domandò slacciandosi i rimanenti bottoni del cappotto.
«Sto bene, grazie» rispose lui, in tono gentile, ma con una punta di freddezza nella voce «E tu?»
«Anche io sto bene» replicò la donna.
«Ho ordinato due cioccolate calde, spero non ti dispiaccia» fece lui mantenendo lo stesso tono distaccato.
«No, vanno benissimo» disse Tess e, anche se avrebbe detto lo stesso per qualsiasi cosa fosse stato ordinato, dovette ammettere che l'uomo aveva scelto bene.
Si schiarì la voce e piantò gli occhi in quelli che le stavano di fronte.
«Voglio essere completamente sincera con te, Elliot» cominciò con decisione «Non ti ho chiesto di incontrarci per altri motivi se non professionali»
L'uomo le scoccò un'occhiata indagatoria: «Hai bisogno di un lavoro?»
Tess si morse la lingua prima di replicare a tono e si ripeté che si trovava lì, davanti all'uomo che l'aveva tradita e le aveva mentito, non per se stessa, ma per l'indagine. Harrison e i suoi colleghi non erano riusciti a trovare alcun invito per l'evento, nonostante avessero impiegato tutto il martedì mattina per la ricerca, e avevano dovuto ripiegare su Elliot.
«No, non per me» scandì chiaramente «ma per un'indagine della polizia»
Elliot accennò un sorriso supponente: «Immagino che tu alluda al tuo nuovo fidanzato detective»
La donna sentì le guance scaldarsi, e decisamente non per il caldo, ma cercò di rimanere composta.
«Harrison è parte dell'indagine» spiegò «Ma si tratta di qualcosa che va al di là di lui, di me e perfino di te, Elliot»
L'uomo strinse gli occhi, attento: «E in che modo sarei coinvolto in tale indagine?»
«Il tuo ruolo è molto semplice» cominciò lei «Devi procurarti dei biglietti per la mostra Thompson senza far sapere a nessuno a chi li darai e soprattutto senza dire che la polizia si trova coinvolta in questo, sono stata chiara?»
Elliot parve sorpreso dalla richiesta, ma in quel momento una cameriera si fermò accanto al loro tavolo e nessuno dei due parlò mentre la donna sistemava le due cioccolate calde sul ripiano.
Sorrise ad entrambi, ed entrambi ricambiarono, poi si allontanò velocemente.
Appena furono di nuovo soli -se così si poteva dire in una sala colma di persone- Tess ritornò a guardare l'uomo dritto negli occhi.
«Perché ti servono quegli inviti?» domandò Elliot, in tono circospetto.
«Non servono a me» replicò lei, attenta alle parole «Ma alla polizia»
«La domanda rimane sempre la stessa» ribatté l'uomo senza cambiare espressione.
«E anche la risposta. Non sono autorizzata a dirti altro, mi dispiace ma è un'indagine riservata»
Tess vide l'animo da pubblicitario di Elliot emergere sul suo volto. L'uomo lavorava in un ambiente in cui le parole avevano un certo peso e sapeva bene che bastava formulare la frase in un modo leggermente differente, per creare un finale inaspettato.
«Perché un civile, tu, si trova coinvolto in un'indagine riservata?» domandò infatti, pungente.
Tess accennò un sorriso, ben sapendo come si comportava l'uomo.
«Non cercare di cambiare le carte in tavola» ribadì in tono fermo «Io sono solo un tramite. Mi è stato chiesto di riferirti questo messaggio»
«Non è la mafia che usa i tramiti di questo genere?» commentò lui.
Tess strinse i denti: «Sto perdendo la pazienza, Elliot» si sporse sul tavolino: «Diciamo che io sono qui per presentarti cin modo gentile la richiesta. Se non lo farai, verrai accusato di intralcio alla legge e dovrai cominciare a pensare da chi vorrai essere rappresentato in corte»
Il tono deciso della donna lo spiazzò e lo riscosse. Si raddrizzò e sostenne lo sguardo di Tess: «Quanti biglietti ti servono?»
Lei cercò di trattenersi dallo sfoderare un sorrisetto di trionfo.
«Tre» replicò in tono neutro.
Lui abbassò lo sguardo sulla propria tazza di cioccolata e quando lo rialzò, pareva pensieroso.
«Non riuscirò mai a procurarmene tre» constatò «Ma farò il possibile»
Lei gli sorrise, riconoscente, e lui abbassò nuovamente il capo.
Tess aveva deciso di presentarsi a quell'incontro in modo neutrale, lasciando fuori dalla caffetteria furto il miscuglio di emozioni che provava nei confronti di Elliot, e in quel momento realizzò che, invece, l'uomo non era stato in grado di fare lo stesso.
Quella sua freddezza nasceva dalla consapevolezza che era stato un uomo braccato, che era stato visto nel suo essere debole e voleva rimediare, dimostrando la propria prepotenza.
Dopotutto era solo un essere umano e la debolezza era tipica della sua stirpe.
 
 
Paul Gibson aveva sempre trovato che ci fosse qualcosa di magnifico nell'osservare le donne. Pareva che fossero state concepite dalla natura per essere il proprio fiore all'occhiello, un corpo che si armonizzava con ciò che le circondava, un volto che non avresti mai voluto smettere di guardare e un modo di ragionare molto più efficiente di quello maschile.
Forse per questa sua ammirazione nel genere femminile, tendeva a divinizzarle troppo, con la conseguenza che le donne gli sfuggivano via, più umane e concrete di quanto lui dipingesse nella sua mente.
In quel momento, nel piccolo ufficio della centrale, aveva capito che, nonostante l'importanza del caso a cui stavano lavorando, era molto più interessante studiare il profilo di Sadie Hart, piuttosto che ascoltare quel ragazzino di Graham che bratelava, probabilmente condendo frasi intense con auto elogi.
Sadie alzava e abbassava lo sguardo, socchiudendo le palpebre, ora verso Harrison, ora verso il blocco di fogli che teneva tra le mani, e intanto attorcigliava una ciocca di capelli biondi intorno alle dita della mano destra.
Ecco, Gibson amava questo, il fatto che una donna parlasse ancor prima di aprire bocca.
Sadie comunicava interesse e concentrazione, nonostante generalmente si fingesse disinteressata.
Il detective cominciò a prestare attenzione a quello che stava dicendo Graham quando notò che il collega gli stava lanciando alcune frecciatine mentre parlava.
«Dato che non abbiamo la lista degli invitati, ma solo gli inviti» stava spiegando Harrison, in piedi di fronte agli altri due «Dovremmo dare il massimo nell'improvvisazione»
Puntò il proprio sguardo su Gibson e quest'ultimo incrociò le braccia al petto con aria di sfida: «Non guardarmi così, piccolo genio. So che era compito mio procurarmi la lista degli invitati, ma dato che dovevo essere discreto, non ho potuto fare molto e quella famiglia ha un sistema di sicurezza troppo elevato per i nostri mezzi»
«Per i nostri o per i tuoi?» domandò Harrison stringendo gli occhi.
«Fottiti Graham» replicò l'altro «L'unica cosa che tu dovevi fare, era procurarti i biglietti, cosa che ha fatto la tua ragazza, e ne abbiamo ottenuti solo due. Quindi credo che tu non sia nella condizione di sparare insulti»
Le sue parole colpirono Harrison, perché il suo sguardo si fece più affilato, ma se la cavò stampandosi un sorrisetto arrogante sulle labbra.
Gibson strinse i denti, chiedendosi come fosse possibile che le donne impazzissero per quel genere di uomo che lui si trovava tra i piedi sotto forma di Harrison Graham.
«Il nostro problema, al momento, è decidere cosa farne dei due biglietti che abbiamo» continuò Harrison «Perché è fondamentale passare inosservati»
«Quindi non potete presentarvi come due single» commentò Sadie intervenendo nella discussione «ed escluderei anche come coppia gay. C'è troppa poca chimica tra di voi»
«Grazie a Dio» replicò Gibson con un ghigno e Harrison fece una smorfia: «Il sentimento è reciproco. Però mi è venuta un'idea»
«Illuminaci» lo incoraggiò ironicamente l'altro detective.
«Ci presenteremo io e Sadie come coppia. Siamo credibili e ad un evento del genere ognuno si presenta con una compagna»
Gibson strinse i denti. 
Sì, erano una coppia credibile, Harrison ne era consapevole e questo lo rendeva ancora più arrogante.
A smontare tutto, ci pensò la stessa donna: «Mi dispiace, ma ho già trovato un accompagnatore»
Entrambi i detective si voltarono stupiti verso di lei.
«Cosa?» esclamò Harrison «Tu hai dei biglietti?»
La donna li guardò come se le loro reazioni fossero assurdamente esagerate e rise, divertita: «Certo che no! Ma conosco qualcuno che ne ha uno anche per me, se lo accompagnerò»
«E quando pensavi di dircelo?» si aggiunse Gibson.
«Ragazzi, io sono solo la segretaria! Carter non mi farà mai andare su una probabile scena del crimine come rappresentante della legge! Dato che voglio esserci anche io, ho trovato un modo alternativo per esserci»
«Ma siamo una squadra!» protestò Gibson «Non puoi tenerci nascosti certi "dettagli"»
Lei sbuffò, facendo roteare gli occhi: «Va bene, la prossima volta vi racconterò tutti i dettagli delle mie conquiste amorose»
«No, grazie» stabilì Harrison e cercò di riportare l'attenzione sul caso: «Quindi ci presentiamo entrambi all'evento? In che veste?»
Gibson ci pensò un istante, poi scosse il capo: «No, qualcuno deve rimanere all'esterno per poter intercettare qualsiasi movimento nel momento in cui scatta l'allarme»
«Giusto» acconsentì Harrison, poi fece un sorriso sghembo: «Facciamo testa o croce per chi entra e chi resta fuori?»
Gibson fu tentato di assentire, ma realizzò che lo avrebbe fatto solo per vanagloria. Sapeva che nessuno dei due era particolarmente socievole con le altre persone, ma almeno Graham sapeva essere magnetico e attraente.
«No» disse «andrai tu, con un'accompagnatrice»
Harrison lo fulminò con lo sguardo: «Sarei andato con Sadie, ma non c'è nessun'altra donna da cui vorrei essere accompagnato»
«Questo potrebbe offendere la tua ragazza» commentò Gibson.
«Scordatelo!» sbottò l'altro «Non porterò Tess nel luogo in cui so per certo avverrà un furto»
Paul scrollò le spalle: «È l'unica persona di cui possiamo fidarci che è già stata all'evento, le sue conoscenze possono esserci molto utili. Perché non chiedi a lei cosa ne pensa?»
Harrison gli rivolse uno sguardo bieco: «È ovvio che Tess vorrà partecipare!»
«Partecipare a cosa?» domandò una voce proveniente dalla porta dell'ufficio.
Harrison si voltò di scatto e trovò Tess affacciata sulla stanza.
La donna aveva parte del volto affondata nella valorosa sciarpa che portava al collo e teneva le mani ficcate nelle tasche del cappotto.
«Cosa ci fai qui?» domandò lui sorpreso.
Lei lanciò uno sguardo a Gibson e Sadie, poi gli spiegò, sottovoce: «Stavo andando a prendere Emi a casa della sua amica e pensavo volessi venire con me. Di solito stacchi a quest'ora»
Lui sospirò e le si avvicinò, per poterla guardare meglio negli occhi.
«Mi dispiace, ma stiamo ancora lavorando» le disse dispiaciuto.
«Non è vero» esclamò Gibson alzandosi in piedi e guardando Tess negli occhi «In realtà abbiamo appena stabilito che accompagnerai Harrison sabato sera alla mostra Thompson. Tu ci sei già stata, giusto?»
La donna annuì, leggermente intimorita. Aveva sentito parlare di Gibson, ma non lo aveva mai incontrato di persona.
Harrison si voltò verso di lei, dopo aver fulminato il collega, e le disse: «Non è necessario che tu venga, Tessie, non preoccuparti»
Lei abbozzò un sorrisetto divertito: «Sul serio credi di cavartela in mezzo a tutti quei ricchi con la puzza sotto il naso? Cominceresti ad insultarli dopo dieci secondi. Hai bisogno di qualcuno che ti tenga buono»
«Ben detto, Tess» commentò Sadie sorridendole e anche Gibson le rivolse quello che sarebbe dovuto essere un sorriso, ma appariva come un ghigno.
Harrison si premurò di incendiare entrambi con occhiate di fuoco, poi condusse Tess nel corridoio, per poter parlare indisturbato.
«Ne sei sicura?» mormorò, con un'espressione seria. Nonostante apparisse spesso sconsiderato e saccente, Tess sapeva che l'uomo prendeva molto seriamente il proprio lavoro e voleva che ogni cosa filasse per il verso giusto.
«Assolutamente sì» replicò lei sorridendo.
Harrison corrugò la fronte: «Devi promettermi che farai qualsiasi cosa ti dirò di fare»
Lei si portò la mano sul cuore: «Lo giuro»
L'uomo sbuffò: «Lo faccio solo perché sei tu, e mi fido di te»
Tess sorrise, con aria maliziosa: «"Contra ad Amor pur fur perdente colui che vinse tutte l'altre cose
Lui alzò gli occhi al cielo.
«Sappiamo tutti che l'amore è la rovina per un uomo razionale come me, Tessie Bear» mormorò, guardandola negli occhi.
«Perché è un atto di fede» replicò lei sorridendo, prima che Harrison si chinasse per baciarla sulle labbra.
   
 
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