Giovane
"Non ci crederanno MAI, Leo. Sono troppo giovane".
"Allora fai una faccia corrucciata, così ti vengono le rughe" risponde Leo mettendogli in mano un pacco di stoffa mentre si china per sistemargli l'orlo del pantalone chiaramente troppo lungo. "Quella almeno ti riesce bene".
"Stai volutamente accoltellando la mia dignità".
"Avresti dovuto pensarci prima di accettare" gli sorride dal basso con quel suo sorrisetto del cavolo che sembra fatto apposta per sfilargli i pugni dalle nocche "... o preferisci rimangiarti la parola?"
"Stai zitto e muoviti. Questa barba finta mi sta uccidendo per il prurito".
Sì, effettivamente avrebbe dovuto pensarci. E la cosa divertente -se davvero c'era qualcosa di divertente in quella pantomima- era che l'idea di partenza era stata sua. Regalare a Leo un libro per il compleanno gli era sembrata una cosa banale, men che mai un vestito nuovo o un blocco di spartiti: si era invece offerto di fare per un giorno intero tutto ciò che il suo amico gli avesse chiesto anche solo per conoscerlo meglio, per capire cosa passasse in quel cervello sempre nascosto sotto quel nido di ratti al posto dei capelli. Ed il piccolo serpente aveva accettato con gioia ... per poi incassare il suo regalo proprio oggi, a ben oltre un mese di distanza dal proprio compleanno, quando Elliot era quasi convinto che se ne fosse dimenticato.
Svuotare i giocattolai di Reveil era stata la parte più semplice.
Rimanere immobile mentre Leo gli sistema il costume nel bel mezzo del cortile dell'orfanotrofio della Casa di Fianna quando il cielo promette di nevicare da un momento all'altro ... molto meno.
"Quando tornerò Vanessa vorrà la mia testa".
"Puoi sempre correre a casa con la coda tra le gambe. Sono certo che lì ci sarà una bella festa piena di camini accesi, dolci a non finire e tutta la crema della crema di Reveil pronta ad interessarsi del tuo andamento scolastico".
Leo avrebbe potuto chiedergli di tutto. Ma dei tanti, orribili scenari che Elliot si era dipinto nella testa -compreso il dovergli portare i pasti in camera davanti allo sguardo disgustato di tutti i suoi parenti- questo era il più improbabile. O forse, sospirò, era stato lui a non aver mai compreso fino in fondo quel suo inopportuno servitore e ciò che avrebbe potuto stargli davvero a cuore.
Dopo oltre dieci minuti Leo smette di armeggiare con ago e filo, gli mette il cappello sulla testa e lo osserva soddisfatto. Elliot non è mai stato così sollevato di non avere uno specchio a portata di mano.
Il sacco carico fino all'inverosimile gli viene lanciato tra le mani e adesso tra lui ed il crollo vertiginoso della dignità c'è solo lo spesso portone dell'orfanotrofio che Leo si accinge ad aprire con la faccia di chi non vede l'ora di godersi la scena dalle retrovie.
La campanella da agitare è la tomba di qualsiasi ultima protesta. Inghiotte la saliva e fa un passo in avanti. "Oh oh oh! Buon Natale, bambini!"