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Autore: Made of Snow and Dreams    09/12/2016    0 recensioni
La vita del piccolo Dimitriy, un evaso schizofrenico di 10 anni, si intreccia con quella di Igor, uno psichiatra di 27 anni. Nella Russia più buia e inospitale, la casa di Igor sarà teatro di una spirale di delirio, follia e perversione.
Dal testo:
'Ed era alto, tanto alto.
Candidi fili d’erba a volteggiare nel vento. Spiragli di nubi tempestose a fotografare, placidi, paesaggi di nostalgia. Una sciarpa a proteggergli il viso, un caldo cappotto a riscaldargli il corpo come il rassicurante abbraccio di una madre.
Quando camminava – e il suo passo, così pesante, così concreto – lasciava le orme sulla neve.
Era alto, tanto alto, quel gigante. Solo a vederlo gli si riempivano gli occhi di lacrime, e senza che ne comprendesse il motivo. '
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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Scivolo di neve
 


Prologo
'Preludio alla caduta'
 
 
 
 


L’altalena è rotta. Una delle due catene è rimasta ancorata al suo sostegno, ma per l’altra non c’è proprio niente da fare. A un più attento esame, i suoi occhi scorgono subito gli anelli mancanti sul terreno, macchiettati di ruggine e annegati nel ghiaccio. Niente di imprevedibile, considerato il luogo che ha scelto come accampamento.
I suoi piedi affondano nella neve e nemmeno il giubbotto con il cappuccio foderato di pelliccia può impedire al freddo di arrossargli la guance e la punta del naso. Una marea di neve lo circonda, abbaglia i suoi occhi ovunque li posi, e fiocchi congelati cadono morbidamente sullo scivolo e sulle piccole funivie costruite con mezzi di fortuna. Non un’anima viva a riaccendere la vitalità di quel parco abbandonato.
Eccetto noi.
La verità è che Dimitriy è deluso, e sempre più propenso a catalogare l’intera specie degli adulti come una razza di inguaribili bugiardi. Non è come l’uomo incolore gli aveva raccontato. Aveva impiegato del tempo prezioso a imbottirlo di lodi interminabili su come fosse morbida la neve russa o di quanto fosse purificante il suo candore naturale, come se camminare senza una meta ben precisa su una landa ghiacciata fosse la soluzione a tutti i problemi che affliggono il mondo. A Dimitriy quell’uomo in camice bianco aveva ispirato una naturale fiducia dettata dalla bontà che la vecchiaia irrimediabilmente suscita nei bambini, e gli aveva voluto credere. Il suo primo, fatidico errore.
Uno dei tanti.
‘Stai zitta, per favore. ‘ sussurra, e osserva affascinato come il suo fiato produca tante nuvole di condensa, destinate a disperdersi nel cielo bianco. Buffo come le azioni più semplici risultino essere quelle più costruttive; anche la decisione di aver calpestato e spaccato a metà con una sbarra di ferro il cartello con su scritto ‘Detskaya Ploshchadka’ avrà il suo meritato rilievo nelle sue vicende future, ne è certo. Una valida precauzione contro tutte le possibili eventualità.
Perché tu non vuoi rischiare di essere trovato, vero?
‘Ovviamente no. Se me ne sono andato ci sarà stata una ragione. E poi tu mi conosci fin troppo bene, non dovresti fare questo genere di domande… ‘ si blocca, alla ricerca del termine adatto. ‘Stupide. Ecco. Stupide. ‘ E’ una mossa impegnativa, quasi chirurgica, la scelta dell’aggettivo più consono, specie se a complicargli l’operazione contribuisce uno sciame di vorticose lettere dispettose. Ne afferra una, poi questa scappa e… Puff! Il gioco deve ricominciare, sempre.
Eheh, va bene. Per oggi hai vinto. Punto tuo.
‘Stupide. Stupide. Ma qui è tutto troppo grande, non trovi? ‘
Artiglia il morbido pelo di Slava per sottolineare il concetto e perché le dita della sua mano sinistra sono talmente intorpidite da non avere più sensibilità. Vederle mutare colore non lo impressiona, lui che ha sempre amato il blu-viola dei lividi stampati sulla sua pelle. Un tic involontario gli torce il collo in uno scatto, tanto che il suono delle sue deboli vertebre che scricchiolano rimbomba incessantemente per alcuni secondi nelle sue orecchie, inquietandolo. Semmai deciderà di tornare all’ospedale tutto dipinto, dovrà chiedere all’individuo barbuto e severo di prestargli un’intera scorta di fogli bianchi e due pastelli. E magari di dipingere le pareti della sua camera, almeno per aggiungere un tocco di colore allo squallore che regna nello spazio che separa il suo letto dalla scrivania a misura di bambino.
No. E’ giusto. E’ giusto per noi due, che abbiamo bisogno dei nostri giochi. Un parco giochi, la casa perfetta per noi, per te.
Dimitriy sospira, e chiude gli occhi. La verità è che forse la Russia è troppo grande per lui, e troppo poco colorata. Troppi monumenti da scoprire, troppa gente da incontrare, troppi amici con cui confrontarsi. Miliardi di bambini ad attenderlo, dei potenziali sostegni per i suoi attacchi d’ansia. E’ un peccato che il suo unico amico, Nikolay, abbia abbandonato lo stabilimento. Aveva degli occhi giganteschi, questo lo ricorda bene. E un’interminabile parlantina, perfetta per azzittire tutte le sue voci. E uno spirito gentile ad addolcire quel mix esplosivo, che aveva saputo catturare l’immediata simpatia di uno dei tanti dottori, uno tra i più esperti. Era guarito dopo poco tempo.

Il problema di Dimitriy è che ha già vissuto troppo. Ha conosciuto tante persone e carezzato tante pellicce diverse, ha discusso di sogni e progetti con le voci più articolate e assaggiato acqua contaminata da grammi di polverine bianche, tutte dai gusti rivoltanti. Il problema di Dimitriy è che la compagnia di Slava non gli è assolutamente congeniale: se possedesse un coltello non esiterebbe un solo secondo ad affondarlo ripetutamente nel peluche imbottito, tanto la rabbia che lo attanaglia è intensa.
Per Dimitriy il mondo è troppo vasto, ci sono troppi anfratti dentro cui nascondersi e perdersi. E lui non è mai stato un tipo spericolato. Si avvicina all’altalena sana, intatta nonostante il peso del ghiaccio, e si accuccia sul sedile. Ignorando il bruciore della pelle rinsecchita e dolorante, si lascia dondolare dal vento.
 



Igor Medvedev sbuffa annoiato mentre si accascia sulla sua poltrona imbottita. Ha ottenuto finalmente lo studio che tanto desiderava, è diventato uno psichiatra di successo, ha una carriera affermata. E’ corteggiato assiduamente dalla sua segretaria Olga, i soldi non gli mancano. I pazienti neanche.
Eppure la sua vita non è felice. Basterebbe poco per spezzare l’inumana monotonia che regola le sue giornate, basterebbe un piccolo paziente dalla mente labirintica per risvegliare le sue perversioni addormentate. Soprattutto un delirante catorcio a forma di bambino.
 
 
 
 




Angolo Autrice
E’ la prima volta che pubblico qualcosa in questa categoria. Non sono sicura che sia la collocazione giusta, ma voglio buttarmi nel rischio.
Mi presento: sono la sperimentatrice di turno, la padrona incontrastata di questo folle mondo che spero possa piacervi. E’ un primo tentativo di tastare il terreno e provare se questa storia sarà l’ennesimo buco nell’acqua, una narrazione destinata all’abbandono o, per la prima volta nella mia vita da scrittrice scapestrata, uno scritto che vedrà una fine consona alla vicenda. Dipende da me per l’ingranaggio del meccanismo, e da voi.
Detto questo, buona lettura!
*Detskaya Ploshchadka: ‘Parco Giochi ’ in russo.
 
Made of Snow and Dreams.
 
  
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