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Autore: 09Chia    10/12/2016    2 recensioni
Un cantastorie giocoliere, due bambine smarrite e pronte a credere alla magia. Ai piedi della meravigliosa cattedrale di Notre Dame la loro storia si trasforma in una fiaba e loro troveranno un amico.
– Avete di fronte a voi il più famoso cantastorie del mondo, che è qui appositamente per raccontare una fiaba alla principessina Zenith.
La bambina rise e Ariel si accucciò, fino ad arrivare vicino al suo viso, parlando in un sussurro
-Vi devo avvisare però che le mie storie hanno la cattiva abitudine di prendere vita... quindi starei attento a rispondere alla prossima domanda: che storia volete? -
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per le strade buie di Parigi un uomo camminava a passo svelto, stringendosi al fianco una tracolla e sbirciando in ogni angolo buio, con il terrore che gliela portassero via. Non che contenesse una gran fortuna, ma era l’unica che aveva.  L’uomo aveva lunghi capelli scuri legati in una coda, un orecchino di osso che risaltava sulla pelle abbronzata e dei profondi segni ai lati della bocca, come se fosse abituato a sorridere spesso.

In quel momento comunque i suoi occhi erano socchiusi, le labbra strette e l’espressione vigile. Se qualcuno avesse chiesto a Ariel come fosse andata la giornata, si sarebbe probabilmente messo a ridere. Non era riuscito ad ottenere che pochi spiccioli, pur restando sulla piazza del mercato dall’ alba fino a sera.

Era stato musicista, giocoliere, acrobata, attore e cantastorie in una sola giornata, ma il caldo che soffocava la città di Parigi in quelle settimane convinceva gli abitanti a starsene chiusi nelle loro case e anche i pochi che uscivano non avevano voglia di fermarsi a guardare i suoi spettacoli.

Nonostante dopo il tramonto l’aria si fosse rinfrescata, le pietre delle strade scottavano ancora e Ariel non vedeva l’ora di potersi mettere a sedere, per levarsi le scarpe e per far diminuire il bruciore ai piedi.

Si fermò comunque quando arrivò di fronte alla cattedrale, così come faceva tutte le volte che vi passava vicino; nonostante vivesse ormai da anni a Parigi, non era ancora riuscito ad abituarsi a quelle torri che sembravano voler sfidare il cielo, così alte che alle volte si perdevano nelle nuvole.  I volti delle statue sembravano scrutarlo diffidenti, come a chiedergli cosa mai ci facesse ancora sveglio a quell’ ora della notte. Non posso non essere d’accordo-pensò Ariel- oggi è tardi anche per me.

Si diresse quindi veloce e silenzioso verso la nicchia di una statua che aveva eletto come suo giaciglio a inizio estate. Con il caldo che faceva non valeva la pena di spendere per cercare un posto al coperto per dormire.

Mentre si avvicinava alla statua del santo dietro alla quale si addormentava ogni sera però, notò un movimento proveniente da quello che aveva scambiato per un mucchio di stracci addossato al muro della cattedrale.

Cambiò direzione e cominciò a dirigersi cauto verso gli stracci.

-Lasciateci stare- mormorò una voce – ce ne andiamo domani mattina. Non Vi daremo fastidio-

Ariel si avvicinò ancora un poco e scorse due grandi occhi scuri che lo fissavano spaventati. Una ragazzina stringeva tra le braccia una bimba che poteva avere al massimo quattro o cinque anni. Non che lei fosse molto più grande, comunque.

E’ mia sorella- disse di nuovo la ragazzina.

 La bambina dormiva, ma continuava a muoversi e la ragazza cercava di calmarla accarezzandole la testa, anche se sembrava più che altro preoccupata per l’uomo che la stava osservando in silenzio.

Non voglio farti niente- sussurrò Ariel cercando di addolcire la sua voce roca – posso sedermi?

La ragazza non rispose e si scostò quando lui provò ad avvicinarsi.

Il movimento svegliò la piccola che si alzò di scatto. Si guardò attorno per qualche istante, con gli stessi occhi scuri della sorella maggiore, fissò lo sconosciuto che si era seduto vicino a loro e poi si rivolse alla ragazza – Ho fame-

Ariel vide l’espressione affranta sul viso della ragazzina, mentre si frugava nelle tasche sperando di trovare ancora qualche briciola. Ariel sospirò e aprì la sua borsa, tirandone fuori un grosso pane bianco. Ne staccò un piccolo boccone e diede il resto alla bambina, che lo accolse a bocca spalancata.

Danne un po’ anche a tua sorella però – La piccola annuì e in fretta divise a metà il pane, per poi

Addentare il suo pezzo con evidente soddisfazione.

La ragazza più grande invece fissava Ariel dubbiosa. Lui le sorrise – Mi chiamo Ariel-

Ma è un nome da femmina! – esclamò la più piccola. La sorella le lanciò un’occhiata infuriata, ma

Ariel scoppiò a ridere.

In effetti è strano trovare un uomo con questo nome, ma ti assicuro che è anche un nome maschile. Pensa che è il nome di un angelo-  La ragazza sorrise a sua volta

Io sono Pilar-

E io Zenit – esclamò la bambina con la bocca ancora piena di pane.

Mangia quel pane, a me non serve- disse Ariel alla ragazza, poi si sedette appoggiando anche lui la schiena al muro caldo della cattedrale, sorridendo nel sentire i ringraziamenti sussurrati dalla ragazzina.

Tu non ce l’hai un cognome? – chiese Zenit.

No. Probabilmente l’ho avuto, ma me lo sono dimenticato –

Però hai il nome di un angelo! –

Anche i vostri sono nomi molto belli: Pilar significa ...

-Colonna, sostegno- disse la ragazza – ma non so cosa significhi Zenith

Lo Zenith è un punto di riferimento, è il punto che ciascuno di noi ha esattamente sopra la sua testa. E’... il nostro collegamento con il cielo. – spiegò Ariel guardando la bambina – ti piace?

Lei annuì, tenendo il capo rivolto all’ indietro per riuscire a vedere il punto di cielo che si trovava precisamente sopra di lei. Dopo qualche momento riabbassò la testa e disse:

-E tu come mai non abiti in una casa? – Ariel esitò.

-Perché è molto più divertente dormire guardando il cielo. No trovi anche tu? -

La bambina annuì convinta, mentre Pilar strinse le labbra. Ariel decise di non indagare sulla loro storia.

-Però ogni tanto mi piacerebbe abitare al caldo. E avere sempre da mangiare. E anche avere qualcuno che mi racconta le storie la sera prima di addormentarmi. Non sarebbe bello, Pilar?

- Ma non c’è bisogno di abitare in una casa per sentire delle storie la sera! - Esclamò Ariel alzandosi di scatto – Avete di fronte a voi il più famoso cantastorie del mondo, che è qui appositamente per raccontare una fiaba alla principessina Zenith.

La bambina rise e Ariel si accucciò, fino ad arrivare vicino al suo viso, parlando in un sussurro

-Vi devo avvisare però che le mie storie hanno la cattiva abitudine di prendere vita... quindi starei attento a rispondere alla prossima domanda: che storia volete? -

Zenith si mise a sedere in braccio a Pilar e alzò le spalle, allora Ariel si alzò di nuovo.

-Lo prenderò come un invito a dare libero sfogo alla mia fantasia. Ora, se volete scusarmi, devo preparare l’atmosfera- concluse con un inchino.

Riaprì la sua borsa e ne tirò fuori tanti oggetti strani, pezzi di legno dalle forme curiose, fazzoletti di stoffa colorata, sassolini. Alla fine prese una grande torcia tutta annerita e la incastrò tra due pietre del pavimento. Dalla tasca prese un fiammifero che strofinò sul terreno, per accenderlo. Lo portò davanti alle labbra e soffiò forte. Dal suo soffio si aprì nell’ aria una fiammata, che andò ad accendere la torcia, mentre le bambine si lasciarono scappare un urlo spaventato.

Ariel sorrise, poi chiese alle bambine di girarsi a guardare il muro della cattedrale. La luce della torcia rischiarava la pietra, ma all’ improvviso cominciarono ad apparire delle ombre: prima un’aquila, poi un lupo, poi una bambina che correva, poi un albero.

Pilar si voltò e vide che erano le abili mani di Ariel a dar vita alle ombre. L’uomo usava le dita, i pezzi di stoffa e i bastoncini per creare le diverse forme che poi la luce proiettava sul muro. Ariel si portò l’indice davanti alle labbra sorridendo, poi cominciò a parlare con la voce bassa e tranquilla che usava ogni volta che raccontava.

-Tanti secoli fa, in una remota regione della Spagna, due sorelle viaggiavano per mano. Avevano attraversato boschi e fiumi, si erano imbattute negli animali più feroci e nei pericoli più impensabili, tanto che ormai i loro vestiti erano stracciati, i loro capelli arruffati, e i loro visi erano ricoperti di polvere. -

 Ariel raccontava e sul muro le ombre sembravano prendere ordini dalle sue parole. Due minuscole donne avanzavano tenendosi per mano, i vestiti stracciati che ondeggiavano alla leggera brezza che spirava davanti alla cattedrale. Ariel continuò:

 -Loro però erano in realtà le figlie di un re, un grande sovrano che aveva governato per anni con saggezza su tutta la Spagna, ma che era stato rapito da un drago. –

Adesso voglio proprio vedere come la fai l’ombra del drago. Si disse Ariel maledicendo la sua fantasia.

 

La storia però continuava, mentre le stelle giravano e le nuvole si addensavano sopra la città. Ad un certo punto cominciò a piovere, ma la grande chiesa li proteggeva. Dal pavimento ancora bollente si alzava una leggera nebbia e l’intera città sembrava finalmente trarre un sospiro di sollievo dopo l’arsura che aveva dovuto sopportare.

-E fu così che le principesse riuscirono a tornare al loro castello e il regno poté tornare a vivere in pace- concluse la voce di Ariel.

Zenith dormiva tranquilla, mentre Pilar era ancora sveglia e stava fissando le ombre sul muro.

La storia è finita- mormorò Ariel.  Lei abbassò lo sguardo sulla sorellina e sorrise

-        Grazie-

-        Penso che andrò a dormire- disse Ariel- domani mi aspetta una giornatina niente male- sorrise, facendole l’occhiolino.

Lei annuì e si rannicchiò vicino alla sorella.

Ariel fece per spostarsi verso la sua nicchia, ma decise poi di fermarsi vicino a loro. Rivolse un sorriso alle stelle prima di chiudere gli occhi. Stava per addormentarsi quando sentì la voce di Pilar.

-        Che cosa fai domani? -

Fece leva sui gomiti per guardarla in viso – quello che faccio tutti i giorni: cerco un modo per arrivare a sera con la pancia piena e senza finire in prigione. La ragazzina teneva lo sguardo fisso sulla sorellina.

Dopo qualche secondo di incertezza alzò gli occhi per incrociare i suoi – Domani possiamo restare con te? –

Ariel aprì la bocca per rispondere di no. Due bocche da sfamare erano due di troppo per lui. Eppure sentì distintamente la sua voce rispondere un “sì” deciso.

Ma che… batté gli occhi, confuso eppure stupidamente intenerito davanti al sorriso timido della ragazzina e al suo grazie sussurrato. Lei chiuse gli occhi e lui tornò a sdraiarsi, maledicendosi in tutte le lingue che conosceva e pensando a un modo per cavarsela il giorno dopo.

 

 

 

 

Note

Non so bene cosa sia… vagava da un po’ nel mio computer. L’unica cosa che ho distintamente in mente è Ariel, nato forse dal fascino di Pierre Gringoire  e dal mistero di Dita di Polvere.

Fatemi sapere se vi è piaciuta!

Chia

 

 

   
 
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