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Autore: Il_Signore_Oscuro    10/12/2016    2 recensioni
Ragnar'ok Wintersworth un giorno sarà l'Eroe di Kvatch, colui che salverà Tamriel dalla minaccia di Mehrunes Dagon, principe daedrico della distruzione, con il fondamentale aiuto di Martin Septim ultimo membro della dinastia del Sangue di Drago. Ma cosa c'è stato prima della storia che tutti noi conosciamo? Chi era Ragnar prima di essere un Eroe? Lasciate che ve lo mostri.
[PAPALE PAPALE: questa storia tratterà delle vicende di Ragnar. Non sarò fedelissimo al gioco ma ne manterrò le linee generali, anche se alcuni avvenimenti saranno cambiati o spostati nel tempo. Non ho altro da dirvi, se non augurarvi una buona lettura!]
BETA READER: ARWYN SHONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eroe di Kvatch, Jauffre, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Chapter twenty – Two brothers, one dread father.

La Confraternita Oscura ebbe origine nella Seconda Era: i suoi membri erano al servizio di Sithis e, per richiedere i loro “particolari” servigi, una persona doveva effettuare un rituale chiamato Sacramento Nero. Svolto tale rituale, la Madre Notte, tramite fra Sithis e i membri della setta, dava disposizioni perché un membro della gilda, chiamato Udiotre, inviasse un altro membro, chiamato Oratore, si recasse presso chi aveva fatto richiesta. Quest’ultimo comunicava il nome della persona che voleva veder morta, pattuendo un compenso e le modalità secondo cui andava effettuato l’omicidio. Dopodiché l’Oratore provvedeva ad assegnare il contratto a un sottoposto o, se il bersaglio era particolarmente ostico o la ricompensa sostanziosa, poteva decidere di occuparsene lui stesso.
Negli anni la Confraternita era diventata uno strumento potente nelle mani di nobili e regnanti. Più di un nobiluomo di Tamriel era caduto sotto le lame dei fedeli di Sithis. Da ciò ne derivava che farsi nemiche persone con a disposizione molto denaro e risorse, beh, poteva risultare letteralmente fatale a Cyrodill. Ma questo l’avrei capito ben presto da solo …

Dopo il bagno caldo avevo dormito fino a tarda sera, tenendo lontano dal mio cuscino il diario di Cardys. L’ultima cosa di cui potevo occuparmi, visti gli ultimi eventi, era metter pace fra le due parti della negromante dunmer. Ero caduto in un sonno profondo, privo, fortunatamente, di sogni. Dai vetri della finestra un pallido raggio lunare scivolava nella stanza, arrivandomi a metà busto.
Sembrava una notte tranquilla, silenziosa, fino a che non sentii il legno scricchiolare e un lieve rumore di passi farsi più vicino. All’inizio pensai si trattasse di una mia impressione, magari una di quelle illusioni notturne che la mente crea scrutando un’oscurità appena rischiarata. Ma quando il rumore di passi si fece più deciso e sentii il sussurro di un respiro, capii ciò che stava accadendo: qualcuno era entrato nella mia stanza, avvolto da un incantesimo dell’invisibilità. Mi lanciai giù dal letto, appena in tempo per schivare il pugnale che calò sul materasso, squarciando lenzuola e coperte. L’incantesimo che occultava l’intruso si dissolse e di fronte ai miei occhi si materializzò una donna di mezz’età, avvolta in una veste scura. Poteva essere una negromante, ma non v’erano simboli che reclamassero la sua appartenenza a una determinata setta. La donna sorrise sotto il cappuccio che le celava il volto. La piega fredda della sua bocca mi dava i brividi.
-Silenziante, - disse, rivolta a qualcuno che non vedevo, - chiudi la porta.
Un ragazzo, anche lui coperto alla vista da un incantesimo, si rivelò ed eseguì seduta stante gli ordini di quella che doveva essere un suo superiore. La serratura scattò con tre mandate secche e decise. Il giovane si voltò verso di noi, tenendo le braccia conserte.
Indossava vesti diverse da quelle della donna, vesti che avevo già visto in passato: di un colore scuro, fatte d’un materiale simile al cuoio e aderenti al corpo, magro e slanciato. Spostai il mio sguardo alla finestra, con un incantesimo del recupero mi saprei potuto buttare di sotto, senza farmi neanche troppo male per la caduta. Ci pensai meglio e arrivai alla conclusione che alla fine sarebbe stato tutto inutile: avevo capito che quelli erano membri della Confraternita Oscura, mi avrebbero dato la caccia fino in capo al mondo, tanto valeva finirla qui e subito. Sfilai Durendal fuori dal suo fodero, il ragazzo alla porta lanciò un’occhiata interessata alla spada. Immaginavo chi si nascondesse dietro quel cappuccio … in cuor mio sentivo che prima o poi ci saremmo reincontrati in simili circostanze e, pur se con dolore, mi ci ero già preparato da tempo.
-Fratello, - dissi – sei venuto per darmi l’ultimo saluto?
-Rag, non ti si può davvero nascondere nulla. – Rispose, in quello che sembrava un sorriso, ma senza riuscire a nascondere una certa tristezza.
-Silenzio, - ci interruppe la donna, - la Madre Notte ha pronunciato il tuo nome Ragnar’ok Wintersworth, danzerai nel vuoto con Sithis.
La guardai per qualche istante. Mi scappò un sorriso cui poi seguì una risata. Che destò il suo sconcerto. Non provavo più paura dentro di me, o meglio la provavo, ma non lasciavo che questa prendesse il sopravvento. Era una bella sensazione, anche se strana: mi sentivo forte, sicuro di me e delle mie capacità, come non lo ero mai stato prima.
-Prima dovrai uccidermi assassina e come hai avuto modo di vedere non sarà un compito facile. – Roteai Durendal, fendendo l’aria. – Adesso combatti.
La donna tese una mano e, stretta fra le sue dita, si materializzò una spada in metallo daedrico. La magia dell’evocazione comprendeva simili trucchetti, avrei dovuto studiarla prima o poi.
Parai il primo fendente e poi le lame presero a incontrarsi in un clangore di scintille, rapidi scambi discesi e ascesi in eleganti archi, volte e stoccate. Lo scontro mandò in pezzi buona parte del mobilio e persino sulle pareti rimasero larghi squarci, da cui pendevano schegge e brandelli di legno.
-Assassina, - chiesi, a un punto – chi ha fatto il mio nome? Chi è che mi vuole morto?
-Perché ti interessa, ragazzo? – Chiese la donna, disimpegnando la spada. – I morti non possono vendicarsi.
-Oh, non hai idea di quanto ti sbagli. – Risposi, con un sorriso.
Non volle rispondere alla mia domanda fino a quando Durendal non deviò un suo affondo e le si conficcò nel ventre, passandola da parte a parte. Cadde sulle ginocchia, sputando un rivolo di sangue che mi arrivò in faccia.
-Ora dimmi quel nome. – Le dissi, freddamente. – Me lo devi.
-Fal … car. –Furono le sue ultime parole, prima che spirasse.
-Porta i miei saluti a Sithis. – Conclusi, sfilando la spada via dal suo ventre, il suo corpo si accasciò sul pavimento con un tonfo.
Rialzai gli occhi verso il ragazzo, che mi guardava sconvolto. Gli vedevo tremare la mano destra, sbuffai, non lo avevo mai visto così. Per un momento avevo notato una punta di sollievo attraversare il suo volto ma poi, subito dopo, la paura: sapeva, sapeva che adesso doveva essere lui a portare il termine il lavoro, sì, lui doveva uccidermi.
-Lucien, vattene via. – Gli dissi. Nonostante tutto ciò che era successo avevo ancora dell’affetto per lui, lo consideravo un fratello … no, lui era mio fratello. Non volevo che tutto finisse così, non volevo affrontarlo in quella che sarebbe stata una lotta all’ultimo sangue. Pregai perché lasciasse quella stanza adesso, dimenticando tutto ciò che aveva visto, dimenticando la Confraternita Oscura e la sua vita da assassino.
-Io … io non posso fare altrimenti. – Disse, con rassegnazione. – Ragnar’ok hai ucciso l’Oratrice, io devo portare a termine il contratto. È mio dovere in quanto membro della gilda. – La sua mano tremava, una lacrima gli percorreva il viso.
-Dovere?! Dovere?! Tu mi parli di dovere, ma io vedo paura! – Dissi, in un filo di voce. - Sì, paura di perdere ciò che ti resta, ma la vuoi sapere una cosa? Io non ho rischiato di perdere delle persone, io le ho perse per davvero! Strappatemi via senza neanche poter dare loro un addio, uno straccio di saluto, senza neanche la possibilità di provare a salvarle. Non scaricare sul tuo dovere qualcosa che vuoi fare da tempo, prova a uccidermi se ti riesce ma assumiti la responsabilità delle tue azioni, Lucien Lachance!
Fece un passo indietro, non l’avevo mai visto così. Riunì i piedi, sospirò, abbassando lo sguardo per qualche istante e poi fece ciò che speravo non facesse: sfilò il pugnale, lo stesso pugnale d’argento con cui mi aveva salvato dal goblin nella Great Forest, lo stesso con cui aveva trucidato i Bruiant e i loro mercenari.
-Hai ragione fratello, sei cambiato.
-Già, sono come te, adesso. Buona fortuna, fratello.
Gettai da parte Durendal e presi il pugnale, quello che avevo sempre usato per dare la caccia agli imp. Con la spada di mio padre avrei avuto la meglio, ma a Lucien dovevo quantomeno uno scontro leale.
Fu lui il primo ad attaccarmi, per quanto mi fu possibile mi limitai a parare ed evitare i fendenti. Più andava avanti più si lasciava prendere da una furia incontrollata, maneggiava la lama con le lacrime agli occhi, profondendo talvolta in singhiozzi. Non c’era criterio né decisione nelle sue azioni ma tentava comunque di ferirmi. Iniziai a colpirlo anch’io, nient’altro che graffi, ma poi capii che non si sarebbe fermato e a quel punto mi rassegnai … lo colpii nello stomaco, piegandolo in due, e puntai la lama alla gola: un singolo gesto e questa si sarebbe aperta liberando un lungo flusso di sangue, spezzandogli il respiro. Sentii qualcosa toccarmi il collo, qualcosa di freddo e appuntito, era il suo pugnale.
-Che aspetti, dannazione?! Che aspetti?! Fallo! – Mi urlò, in preda ad una cieca disperazione, mentre dall’altra stanza qualcuno batteva sulla parete, chiedendo silenzio.
Non parlai, avevo la gola completamente secca ma qualcosa di tiepido prese a percorrermi le guance, erano lacrime. In un istante vidi scorrere davanti a me tutti i giorni, i momenti che avevo passato con lui: le nottate nelle stalle a masticare carne secca, le giornate fra le strade di Chorrol, i giochi, gli esercizi con la magia, il suo sguardo che si faceva malinconico … i corni che suonavano quella notte, i corni. Quasi me li sentivo risuonare nelle orecchie quegli stramaledetti corni. Tutto sarebbe finito, bastava un singolo gesto ed entrambi saremmo morti: il dolore, la paura, l’odio che ci avevano tenuti divisi sarebbero svaniti per sempre in un attimo, evaporando via con le nostre vite. Eppure nessuno di noi due aveva il coraggio di compiere quell’ultimo gesto; perché noi eravamo fratelli, sì, magari il nostro sangue era diverso, ma gli eventi che ci avevano condotti fino a quel punto ci avevano reso fratelli ed era un legame che neanche la morte, neanche gli orrori più cupi e tetri di questo mondo potevano spezzare. Eccoci faccia a faccia, un’ultima volta prima della fine, rimandata un momento dopo l’altro, istante per istante. 

La contesa fra noi sarebbe potuta finire solo in un modo, ma un qualche evento fortuito ci salvò entrambi quella notte. Il velo bianco delle due lune si colorò di rosso nel cielo scuro della sera, i grani di polvere rimasero sospesi in aria senza più potersi muovere. Sembrò che il tempo si fosse bloccato, che io e Lucien fossimo stati catapultati in un’altra dimensione. Una voce riempì il silenzio, una voce più antica degli stessi Dei e dell’universo che giace sconfinato. Era una voce di donna, con una eco che tremava l’anima e sembrava poter scuotere persino i Daedra nei loro piani dell’Oblivion.
-Figlio mio, rinfodera il tuo pugnale.
Lucien si irrigidì, per un attimo, poi obbedì ai comandi della voce, rialzandosi in piedi e guardandosi intorno spaesato. Sul pavimento Durendal era animata di un intenso bagliore scarlatto, c’era qualcosa che la agitava, forse proprio quell’entità che si era manifestata a noi in quel modo.
-Ma … ma, dolce Madre … il contratto-il contratto dev’essere portato a termine. Lui ha ucciso l’Oratrice.
-Oh, dolce bambino mio. Il contratto è annullato, l’unica ragione per cui è stato comunicato all’Uditore è perché Greta, la tua Oratrice, morisse servendo Sithis.
-Perché uccidere la tua stessa Oratrice, Madre Notte? Non capisco.
-Ella doveva cadere perché tu potessi ergerti in quanto nuovo Oratore della Confraternita Oscura. Il nostro Temibile Padre ha dei piani per te Lucien Lachance e anche per il tuo amico, Ragnar’ok Wintersworth. – Poi disse con una punta di divertimento. – O forse dovrei dire Lothbrok Wintersworth?
Lucien si voltò verso di me con aria interrogativa. Non parlava, forse per timore di offendere la Madre Notte, ma nei suoi occhi vedevo quella domanda inespressa “Di che diamine sta parlando?”.
-Ho solo un nome ed è Ragnar’ok. – Dissi, con aria il più possibile decisa.
Ci fu una risata che mi fece gelare il sangue nelle vene.
-Oh, bambino mio. Se solo tu sapessi … se solo tu potessi vedere la realtà dei fatti come la vedo io. Ti basterebbe smettere di negare la verità e accettare ciò che in realtà sei. Ma un giorno tu lo accetterai, nel mio sguardo c’è già quel momento. Tornate a riposare bambini miei, una lunga notte vi aspetta.


NdA
Salve lettori eccoci giunti a quello che potrebbe essere definito il centro esatto della storia. Ragnar è ormai a metà del suo viaggio e, si direbbe, del suo percorso di crescita. Affronta le difficoltà con spirito nuovo, dopo la morte di Sabine che gli ha cambiato qualcosa dentro. Ma passiamo alla parte divertente: siccome in questo capitolo, come avrete notato, Ragnar ci è mancato poco che finisse ammazzato ho deciso di fare un piccolo scherzo alla mia ragazza e alla beta reader: ho scritto un altro finale in cui Rag moriva mettendo fine all’intera storia. Fatto questo ho inviato i capitoli falso-finale alla mia ragazza e alla mia betareader e, dopodiché, mi sono goduto le reazioni rotolando dalle risate.
Dopo ho spiegato che era uno scherzo e la nostra Arwyn mi ha lasciato un regalino correggendo il capitolo nella sua versione attuale


“(Si ringrazia la sora Notte per questo improvviso salvataggio che ha evitato alla sottoscritta di spezzare le gambe all'autore <3 Se mi rifai un altro scherzo del genere ti ammazzo male <3)”

LOL. Comunque piccole note per i puristi: non mi fustigate, tecnicamente la Madre Notte dovrebbe parlare solo all’Uditore, ma questa l’ho interpretata come una sua precisa scelta. Essendo necessario uno strappo alla regola, ed essendo tale strappo concorde alla volontà di Sithis, eccovi un bel deus ex machina.

Un abbraccio,
NuandaTSP

 
   
 
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