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Autore: Sophja99    10/12/2016    6 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo dodici

Il patto

 

«E quale sarebbe questa minaccia?» chiese, ricordandosi solo successivamente del passo letto sul libro grigio. «Impedire che la profezia della viverna si avveri... È questo il motivo per cui mi hai cercata e mi hai rivelato tutto questo?»

«Sì. Su di lui non so molto, solo il suo nome: Nidhöggr. È un lindworm, cioé una viverna, come dice anche sul testo, una specie di grande serpe alata, ma non conosco di più. Di lui si parla solo nell'ultima parte della Völuspá, la profezia rivelata a mio padre dalla völva: E viene di tenebra, il drago che vola, la serpe scintillante dai monti Nidafjöll. Porta tra le sue ali, sulla pianura vola, Nidhöggr, i morti. Ora lei si inabissa.»

«Ed io cosa dovrei fare in tutto ciò?»

«Solo dirmi dove posso trovarlo per batterlo sul tempo, prima che possa nuocere questo mondo.»

«Quindi, basterà una visione e potrò tornare alla mia vita di prima.»

«Già. Poi sparirò e non ci rivedremo mai più. A meno che non abbia bisogno di qualcos'altro, si intende.»

Stava per annuire, quando le tornò in mente un'altra cosa che il ragazzo le aveva detto proprio quella mattina. «Non così in fretta. Avevi detto che mi avresti insegnato a controllare le mie visioni.»

«Ora non ne hai più bisogno. Puoi impararlo direttamente dalle tue...» si zittì, cercando la parola più adatta «antenate. Sempre se ci troverai scritto qualcosa che possa essere utile per il tuo problema.»

«Ma prima non sapevi del libro...» non poté finire la frase, perché realizzò cosa Vidar aveva davvero fatto. Sapeva riconoscere una bugia quando la sentiva, ma prima era talmente colpita e frastornata da tutte quelle rivelazioni, che non vi aveva nemmeno fatto caso. «Tu non hai mai saputo come fare a controllare le mie visioni. Mi hai mentito.»

Il viso di Vidar non venne attraversato nemmeno da un accenno di stupore, per essere stato scoperto, o senso di colpa. «Andiamo, era solo un'innocente bugia. Eri talmente cocciuta e sulla difensiva! Dovevo trovare qualcosa che potesse allettarti per convincerti a credermi e darmi una mano.»

«Pensavo davvero che volessi aiutarmi a liberarmi da questo fardello...» Silye sentì la voglia di dargli uno schiaffo dritto in faccia tornare con prepotenza. «Sei uno sporco...»

«Una ragazza come te non dovrebbe dire parole volgari» la interruppe lui e quella frase sembrò a Silye quelle tipiche che pronunciavano le anziane del villaggio quando assistevano alle risse tra bambini e bambine, in cui volavano costantemente parolacce.

Si chiese dove fosse finito il ragazzo che l'aveva sorretta in un suo momento di debolezza e le aveva permesso di guardare nella sua vita. Ma forse anche quella era stata solo una tattica per indurla a fidarsi di lui. “Che ipocrita!” pensò. Ricordò le parole di suo padre: Mai fidarsi degli sconosciuti, Silye. Dietro la loro gentilezza, si nasconde sempre un secondo fine e, fidandoti di loro, cadi solo nelle loro trappole, rimanendoci derubata o peggio. Lei si era fatta fregare proprio come Arild le aveva più e più volte ripetuto di non permettere.

«Ora ti faccio vedere io cosa posso e non posso dire» e il suo braccio era già partito, pronto a lasciargli un segno rosso sulla guancia, ma venne intercettato da Vidar, che lo fermò senza apparentemente fare il minimo sforzo. Ora il suo sguardo si era indurito e non c'era più traccia dell'insolenza di poco prima.

«Calmati. Prima mi mostrerai ciò che voglio, prima ti lascerò in pace.»

Lei fece un respiro profondo, cercando di sopprimere la rabbia. “Solo qualche minuto. Ci metterai solo qualche minuto. Dagli quello che vuole e se ne andrà per sempre” si ripeté mentalmente, facendo quasi diventare queste parole un mantra. Prese di scatto e furiosamente la sua mano. Se lui rimase attonito dall'impazienza e rapidità del suo gesto, di certo non lo diede a vedere.

Chiuse gli occhi tentando di focalizzarsi sulla visione, anziché sulla morbidezza delle mani di Vidar, che tanto l'avevano meravigliata, né sulla vicinanza del suo corpo a quello di Silye. Aspettò di essere trascinata via da lui, dall'Yggdrasill e dal bosco dalla familiare forza esterna, ma non accadde nulla. C'era solo l'oscurità.

«Allora?» fece Vidar.

«Allora niente» ribatté, incollerita. Perché quando le servivano davvero le visioni non si presentavano mai?

«Mettici più impegno.»

«Credimi, ci sto mettendo lo stesso impegno che impiego ogni minuto che passo con te per impedirmi di tirarti un pugno, ed è davvero tanto. Non funziona» riaprì gli occhi; tanto era ovvio che fosse inutile continuare a provare.

«Non sei abbastanza preparata» concluse Vidar, lasciandole la mano, che lei sentì improvvisamente vuota e accaldata.

«Ora stai dando la colpa a me? Magari invece è tua, perché mi stai mettendo sotto pressione» si difese subito lei, interpretando la sua frase come una provocazione.

«Non intendevo quello» si accigliò e lei gli rivolse uno sguardo interrogativo. Vidar si affrettò a spiegare. «La völva che aveva pronunciato la Völuspá era la più potente tra le maghe del tempo. Devi esercitarti sui loro metodi ed incantesimi. Rinforzare i tuoi poteri.» Indicò il libro che Silye ancora teneva in mano. «In esso sono contenute tutte le memorie delle veggenti e del mondo precedente. Devono esserci scritti tutti i segreti del loro mestiere.»

«E se non lo facessi?» chiese, alzando la testa con aria di sfida.

«Vorrà dire che non ti libererai mai di me.»

Aveva la vaga impressione di essere tornata al giorno prima, quando si erano confrontati in una lotta di sguardi a chi cedeva prima. Ora stava avvenendo la stessa cosa, solo che adesso Silye sapeva che lui era molto più resistente di lei. In fondo, lui era un dio, mentre lei una semplice umana. O una völva: non sapeva più nemmeno lei cosa fosse oramai. Ma di una cosa era certa: pur essendo una veggente, non poteva competere con Vidar.

Si chiuse in un silenzio ostinato, ma senza smettere di fissarlo negli occhi. Era così che le aveva detto di fare suo padre. Poteva ancora sentire chiaramente la sua voce: Di fronte al tuo nemico, non abbassare mai lo sguardo. Non fargli pensare di non riuscire a sorreggerlo o sopportarlo. Non indurlo nemmeno per un momento a pensare che, perché sei una ragazza, loro potranno fare di te ciò che vogliono senza che tu ti ribelli. Mostrati sempre forte e fiera, come io so che sei veramente.

Forte e fiera. Quelle tre semplici parole continuarono a rieccheggiarle nella mente per tutto il tempo in cui si osservarono, finché le labbra di Vidar non si sollevarono in un sorriso altezzoso. «Facciamo un patto: tu farai in modo di diventare più potente per mostrarmi il futuro di Midgardr e io, in cambio, sparirò e non ti importunerò mai più.»

Si prese qualche istante per far finta di stare valutando la proposta, ma era già sicura della risposta da dargli: «Accetto.»
 

   
 
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