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Autore: Yuuki_Alison    11/12/2016    0 recensioni
Cosa succederebbe se per caso incontraste un angelo appena caduto dal cielo? E se costui è in fuga dall'armata celeste, avreste il coraggio di portarlo a casa con voi?
Un casino dopo l'altro s'intreccerà in un'atmosfera di amore, di intrighi e di sorprese inaspettate.
Nuovi incontri faranno sì che la vita dei protagonisti venga complicata notevolmente.
Dal testo:
"Un ragazzo dal viso gentile e dalla corporatura esile, giaceva sulla sabbia umida mentre le onde bagnavano quelle piume così candide e pure da emettere quasi luce. Tremante e sbiancata in volto, la ragazza si avvicinò e guardandolo meglio si accorse delle ferite presenti sul suo viso. Si chinò su di lui e, preoccupata, lo scosse leggermente con la mano."
Buona lettura!
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. Irreparabile.





Il primo giorno di scuola trascorreva solitamente tra il raccontare le proprie vacanze e la presentazione dei programmi annuali. Tutto sommato non era un giorno pesante, anzi, le faceva piacere rivedere i suoi compagni dopo tanto tempo. Il tempo trascorse velocemente, non era come quelle volte in cui avevano algebra per ben tre ore consecutive. Ed eccolo lì, il tanto agognato suono della campanella che annunciava l’uscita. Ginevra prese velocemente la cartella con dentro solo un diario e un borsellino e si diresse verso l’uscita; sì, le era proprio mancato il casino che si creava non appena tutte le lezioni finivano. Camminò a passo svelto per evitare l’ingorgo di persone e macchine e, non appena svoltò per la stradina che la conduceva a casa, mise gli auricolari e impostò la sua canzone preferita. Scrutò il cielo con lo sguardo e percepì una strana sensazione.

Perché tutta questa nebbia? – si ritrovò a pensare.

Accelerò il passo tanto da arrivare a correre. Corse con tutta la forza che aveva nelle gambe, sentiva come se una calamità stesse per abbattersi su quel paesino. Quella nebbia era soffocante e opprimente ma, la cosa che sembrava più strana, era che, essendo un paesino sul mare, la nebbia era rara e si manifestava soltanto nei mesi freddi. Perché ce n’era così tanta? Arrivò col fiatone a casa e constatò che i genitori non erano ancora arrivati. Aprì la porta con qualche difficoltà, la mano tremava e, per la fretta, rischiò quasi di spezzare la chiave. Non appena entrò, si precipitò in camera alla ricerca di Azhiel ma, non trovandolo lì, sbiancò. Fece cadere la borsa sul pavimento e, girando lo sguardo, si accorse di quel biglietto.

<< Azhiel … >> riuscì solo a pronunciare il suo nome, prima che gli occhi si colmarono di calde lacrime che scesero veloci sulle guance porpora. Fissò sempre più quel biglietto e lo strinse tra le dita. Si coprì gli occhi con il braccio mentre dei singhiozzi le scossero l’animo. A un tratto delle mani calde e ferme accarezzarono le guance bagnate, portandone via le lacrime. La giovane alzò lo sguardo con la speranza di vedere davanti a sé il caduto ma si ritrovò davanti la figura afflitta di Seheiah.
 
<< Andrà tutto bene… deve andare tutto bene. E’ colpa mia, io non sono stato in grado di proteggerlo. Non sono riuscito a ostacolare una legione così numerosa… mi dispiace. >> tentò di giustificarsi, sentendo il senso di colpa divorargli il cuore e l’anima.

<< Non è colpa tua… >> rispose ancora singhiozzando la ragazza che subito dopo si aggrappò al collo di Seheiah e lo strinse forte.

Fu l’occasione giusta, non voleva che lo vedesse in quel modo. Affondò il viso sulla morbida spalla della ragazza e strizzò gli occhi che sentivano il bisogno incombente di piangere. Tentò di trattenersi ma era più forte di lui e se ne accorse quando una lacrima solitaria scese lungo la guancia. Lacrime, calde lacrime che solcavano le guance diafane dell’angelo. Era da tempo che non sentiva tanto dolore. Suo fratello era in pericolo e se c’era una colpa, quella era sicuramente sua.  




Un’aurea bianca, rassicurante, pacifica, che avvolgeva tutto delicatamente con il suo lieve andare; fu questo ciò che invase la mente di Seheiah. I ricordi, flebili immagini che trascorrevano senza sosta e che come la piccola lama di un bisturi, ferivano profondamente. Il paradiso, che mostrava tutto il suo splendore ai suoi abitanti. I gigli bianchi a decorare i grandi giardini e Azhiel che giocava tranquillamente tra gli immensi prati di fiori, ancora troppo giovane per entrare nella gerarchia.
<< Cosa stai facendo? >> ridacchiò dolcemente Seheiah.
<< Non riesco a prendere quel fiore! >> rispose indicando un fiore in cima a un ramo alto mentre i grandi occhioni di Azhiel divennero lucidi.
<< Sei ancora troppo piccolo per muovere bene le ali, Azhiel. >> continuò il maggiore per poi prenderlo in braccio e porgerlo verso quel ramo. Il piccolo Azhiel, con uno scatto veloce, prese il fiore e ridacchiò.
<< Grazie, fratellone! >> esclamò, abbracciandolo forte.
Il maggiore annuì e lo posò sull’erba morbida, scompigliandogli subito dopo i capelli.

<< Mi raccomando, fai il bravo. >> disse accennando un sorriso, per poi allontanarsi. 





Seheiah si riprese dalla visione di quel ricordo e scosse velocemente la testa, posando poi lo sguardo sugli occhi di Ginevra. La ragazza gli accarezzò una guancia e mostrò un sorriso malinconico, anzi, forzato.

<< Vedrai che starà bene… dobbiamo credere in lui. >> affermò la giovane, acquistando sempre più sicurezza man mano che pronunciava quelle parole.

<< Hai ragione. >> disse l’angelo con voce fioca.

Se era riuscito a fuggire dal paradiso avendo un’intera legione a dargli la caccia, aveva una buona possibilità di riuscire a scappare nuovamente. Però, doveva davvero trascorrere l’intera esistenza a fuggire? Scappare ogni volta che c’era una minaccia incombente da parte di coloro che un tempo erano stati suoi fratelli? Lui continuava a considerarli tali ma non sapeva se per loro era lo stesso, forse lo avevano seriamente iniziato a odiare.



Corse, corse all’impazzata in quella nebbia fittissima che sembrava soffocarlo. Gli occhi si sgranarono, divennero lucidi e il cuore gli andò in gola quando a un tratto, sentì l’eco dei corni celesti. Erano vicini, erano molto vicini. Le gambe iniziarono a tremare come se avessero vita propria e gli occhi si colmarono della preoccupazione più profonda. Corse, incespicando a volte, ma continuò la sua affannosa corsa. Emise un gemito strozzato, sia per la rabbia, la frustrazione, la tristezza e la consapevolezza che ben presto l’avrebbero catturato e reso ciò che odiava di più: un caduto.
Tra le nuvole si aprì un grosso varco, angeli al galoppo di destrieri bianchi dalla lunga criniera percorrevano una pista fatta di nuvole grigie, quasi nere. Tuoni e fulmini saettavano rabbiosi al di fuori di quel varco. La legione toccò terra ferma in brevissimo tempo e Azhiel se ne accorse quando sentì una forte scossa sotto i suoi piedi che lo fece sobbalzare. Voltò la testa di scatto, li vide; erano vicini … non poteva più fuggire. Non avrebbe più potuto vedere le persone che amava con gli stessi occhi una volta che il suo cuore sarebbe diventato più nero della pece.
In poco tempo i destrieri lo superarono e gli sbarrarono ogni possibile via di fuga: era in trappola. A capo della legione vi era Michael in persona e l’espressione sul suo viso non prometteva alcuna compassione. I corti capelli biondi incorniciavano il viso diafano e ben definito mentre alcuni ciuffi scendevano fin sopra gli occhi. Quest’ultimi, color dell’oceano in tempesta, erano penetranti e magnetici e quando li posò su Azhiel, il giovane angelo ebbe un sussulto. Come se solo guardandolo, egli stesse scavando nel più profondo della sua anima e del suo spirito.
Lo sguardo del comandante delle truppe celesti era visibilmente irritato e la sua armatura dorata era il preludio di una battaglia che si sarebbe tenuta se Azhiel fosse scappato nuovamente. Il comandante scese dal suo maestoso destriero bianco e avanzò certo, ponendosi a qualche metro di distanza dal futuro caduto. Fece cenno col capo a due dei suoi soldati più fidati che subito si fiondarono su Azhiel e, afferrandogli le braccia, lo costrinsero in malo modo a inginocchiarsi. Una figura magrolina e bassa affiancò il generale, dei grandi occhiali a nascondere gli occhi colore dell’oro. Tirò fuori dall’armatura quella che sembrò essere una pergamena e l'aprì con cura.

<< Azhiel. Seconda gerarchia, grado di Grigori. Sei condannato per le seguenti trasgressioni del regolamento in atto: Tentata manomissione del libero arbitrio di un umano, manifestazione al protetto secondo le vere sembianze e infine, provare sentimenti per un mortale. >> esordì l’angelo dai grossi occhiali, guardandolo severamente.

Azhiel ridacchiò sommessamente, sapeva di aver peccato ma non se ne sarebbe pentito, non in quel momento almeno. Spostò lo sguardo sulla figura rigida di Michael e un sorrisetto a fior di labbra si fece strada sul suo volto.

<< Addirittura scomodare il grande comandante celeste… >> disse quasi sarcastico.

Ciò che ricevette però, fu solo un violento manrovescio che rischiò solo di rompergli l’osso del collo. La guancia pulsava come se una fiamma stesse bruciando la pelle e delle piccole goccioline di sangue scesero dalla parte lesa. I due che gli cingevano le braccia, invece, piegarono di più quegli arti tanto da fargli provare la sensazione di avere le ossa spezzate.

<< Taci vile essere! Non sei più degno di far parte della nostra gerarchia. Così come successe con Lucifero, sono io a occuparmi dei caduti. >> digrignò i denti a quell’affermazione. Covava un profondo odio per chi un tempo era stato suo fratello, colui con cui formava la coppia angelica. << Sei ufficialmente bandito dal paradiso e qualora osassi rimetter piede nel regno celeste, verrai punito severamente con la vita! >> tuonò Michael mentre Azhiel deglutì, questa volta spaventato dalle affermazioni dell’altro.

Abbassò il capo, strinse gli occhi per trattenere le lacrime mentre sentì un nodo alla gola e una sensazione di vuoto premere sul cuore. Una gelida lama lo destò dai suoi pensieri, alzandogli il viso. Michael afferrava la famosa spada d’oro, tenendo alto il viso del giovane angelo per guardarlo profondamente negli occhi.

<< Sei pentito per ciò che hai commesso, Azhiel? >> chiese Michael, con tono più comprensivo.

<< Io non ho fatto nulla di male… >> affermò insicuro l’altro, guardandolo con timore.

<< Come pensavo, trasgressore. >> rispose il comandante, facendo diventare lo sguardo tagliente e mostrando una smorfia di disgusto.

<< Non ho fatto nulla di male.. >> ripeté Azhiel. << Non se amare significa commettere un grosso peccato! >> gli urlò contro, i denti digrignati, il viso contorto dalla rabbia. La rabbia … questo nuovo sentimento così umano che prendeva piede nel suo animo e ne mandava a fuoco ogni singolo nervo. Il comandante lo fulminò con lo sguardo, gli occhi ormai a due fessure.

<< Ho sentito abbastanza. >> si pronunciò Michael, facendo un cenno col capo ai due sottoposti che, trattenendo ancora Azhiel per le braccia, lo fecero voltare.

Il comandante posò la mano guantata di bianco sul capo del giovane angelo e rilasciò una piccola scia di luce bianca. Subito s’ingrandì e circondò il petto di Azhiel, provocandogli una piccola sensazione di bruciore. Dalle spalle comparvero le due ali che si aprirono come per sgranchirsi dal lungo tempo in cui erano rimaste nascoste.

<< Pensavi che nascondendo le tue ali non avremmo potuto strapparle? >> chiese uno dei due angeli che lo tratteneva per un braccio.

Azhiel gli lanciò un’occhiataccia per risposta, uno sguardo pieno di odio che celava tutta la sua frustrazione. Posò lo sguardo sulla restante legione, c’era chi possedeva uno sguardo timoroso, chi triste e chi fremeva per la giustizia. A un tratto Michael posò le mani sulle sue ali, afferrandole con forza.

<< Azhiel, per i reati da te commessi, sei ufficialmente bandito dal paradiso! >> tuonò il generale, posando un piede sulla schiena del giovane angelo e strappando con forza le ali da dentro la schiena.

Un rumore secco, assordante, quello di un angelo a cui veniva tolta la sua beatitudine. Azhiel sgranò gli occhi, aprì la bocca in un urlo silenzioso, il dolore era così forte e indescrivibile che gli tolse il fiato e, qualunque piccolo residuo di voce, era stato intrappolato nella gola. Calde lacrime di disperazione scesero lungo le guance diafane, rigandole incessantemente. I due angeli abbandonarono la forte presa e Azhiel cadde col viso sul freddo terreno. Le braccia tremanti si incrociarono e le delicate mani sfiorarono debolmente la schiena come per capacitarsi dell’assenza definitiva delle sue ali. La voce tornò, un urlo disperato si librò in aria sotto la vista dispiaciuta e intimorita della legione. Fiotti di sangue rigavano la pelle candida con rivoli che scendevano lungo i fianchi.

<< Che questa visione sia di monito a chi intenderà trasgredire in futuro! >> si pronunciò Michael, mentre i suoi occhi non provavano un briciolo di pietà.

La legione rabbrividì a quelle parole e risuonò nelle orecchie di Azhiel come se fosse un eco. Il generale si voltò e s’incamminò verso il suo destriero ma una flebile voce lo destò dal proseguire.

<< M-Michael… >> la voce di Azhiel tremava ed era indebolita dal dolore che provava.

Il comandante voltò il viso in un muto assenso e Azhiel si tirò sulle braccia tremanti, assumendo una posizione dignitosa davanti a colui che l’aveva condannato. Sul suo viso comparve un ghigno quasi maligno e un’espressione di rammarico e disprezzo corruppe i suoi occhi.

<< Non tutto è come sembra… ci sono altri traditori nelle gerarchie ma tu non te ne accorgi. Quando lo farai sarà troppo tardi… >> enunciò Azhiel mentre un colpo di tosse interruppe le sue parole, seguito subito dopo da una risatina sommessa e quasi divertita.

Michael lo fissò senza battere le palpebre quando subito dopo, un ghigno spezzò la sua espressione seria. Assottigliò lo sguardo e inarcò le sopracciglia, posando la mano sul fodero della spada che aveva riposto.

<< Non c’è bisogno che un caduto mi dica ciò che devo fare. >> rispose, alzando la voce alla parola caduto, il quale risuonò come un tamburo nelle orecchie di Azhiel. Quest’ultimo digrignò i denti ed eccola di nuovo, quell’espressione di odio e rabbia farsi largo nei suoi occhi d’oceano misti al cielo.

Il generale si voltò e una volta sistemata la sella del suo destriero, salì in groppa richiamando l’intera legione. Tutti lo seguirono sulla strada di ritorno nel regno celeste ed entrarono attraverso gli enormi cancelli dorati. Michael volle entrare per ultimo volutamente; restò fermo su quel grande spazio di nuvole nere e grigie e guardò Azhiel per un’ultima volta, sogghignando nuovamente.

<< Come se non lo sapessi, caduto. >> bisbigliò a bassa voce prima di fare ritorno nel regno, galoppando.


Non appena non ci fu più traccia di nessun angelo, Azhiel si lasciò cadere sulla fredda terra a peso morto, facendo sbattere la testa su quello strato morbido e umido. Si voltò su un fianco sentendo pian piano le forze abbandonarlo quando, a un tratto, calde lacrime gli solcarono le guance, destando la sua stessa sorpresa. Era un sensazione terribile … non avere più ciò che aveva considerato suo per tantissimi anni. Ed ecco che ricominciò quel malessere, quella fitta che partiva dal cuore e che lo faceva sentire inesorabilmente vuoto. Si portò una mano al petto, stringendo la stoffa fine della sua camicia ormai ridotta a uno straccio. Singhiozzò, chiudendo gli occhi con forza, come se chiudere gli occhi potesse cambiare la situazione. Portò le ginocchia al petto e ripensò: da quel giorno quella sarebbe stata la sua casa, la terra … la sua agognata terra. Aveva rinunciato alla beatitudine per un essere umano, al paradiso per stare in quel luogo.
Strinse il terreno con la mano quando all’improvviso divenne tutto nero, i sensi lo abbandonarono, lasciandolo inerme e indifeso su quella terra, quella terra fredda che adesso conosceva il sapore di un caduto e del suo sangue peccaminoso e corrotto. I capelli che un tempo erano candidi e biondi, adesso stavano mutando, lasciando spazio a un nero più profondo della pece. Lo stesso nero che presto avrebbe incontrato alla fine del baratro in cui stava precipitando senza sosta, senza ritorno.


Un uomo incappucciato, una veste nera lunga fino ai piedi, il volto coperto e mascherato, sostava dinanzi alla figura svenuta e inerme di Azhiel mentre il buio calava su quel paesaggio, come a coprirne i peccati, come a celarne gli errori, come a sotterrarne gli sbagli. 





Angolino autrice: Salve a tutti! Scusate per il ritardo ma le interrogazioni di questo periodo non mi rendono molto propensa a scrivere. Grazie a tutti coloro che si prendono la briga di leggere questa mia storia! Se vi va, lasciate un commentino, anche breve ^w^. Tornando alla storia, questo è uno dei capitoli più importanti perché segna una svolta nella vita del nostro Azhiel. Probabilmente non riuscirò a terminare il capitolo in tempo per la fine del mese, ma comunque ci tengo ad augurarvi buone feste! Al prossimo aggiornamento!
   
 
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