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Autore: Nata dalla Tempesta    11/12/2016    2 recensioni
“Papà, tornerai presto a casa?” Domandò ancora la piccola, rivolgendosi stavolta all’uomo che stava in piedi davanti la porta. Lui ebbe un attimo di esitazione, un lieve tentennamento, ma tanto bastò perché la bambina lo raggiungesse e allungasse le braccia verso il padre in una silenziosa richiesta d’affetto. Quegli occhi grandi, le manine paffute che cercavano disperatamente di raggiungerlo, la struggente innocenza del suo sguardo…era troppo, più di quanto un uomo come lui potesse sopportare.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sorellona! Tornerai ancora a trovarmi, vero?” Chiese la piccola Elicya, aggrappandosi alla giacca di Pandora.

“Certo, piccolina.” Rispose la ragazza, facendole una carezza sul capo. “E faremo ancora tanti dolci e vestiti per le tue bellissime bambole, te lo prometto.” Le sorrise e, per suggellare quella promessa, sia Pandora che Elicya intrecciarono i mignoli.

Quella mattina era arrivata una lettera dal Quartier Generale indirizzata a Pandora, nella quale il Comandante Supremo le comunicava che avrebbe avuto un paio d’ore per prepararsi. Due dei suoi uomini l’avrebbero accompagnata a Reesembool, e poi l’avrebbero riportata a Central City una volta finito tutto.
Così, con il cuore gonfio per l’emozione, Pandora aveva sistemato nella sua sacca di tela i suoi averi, che consistevano in un vecchio libro rilegato in pelle, un ritratto in miniatura dei suoi genitori grande come una tazzina da caffè, un borsello con i suoi risparmi, una sciarpa e una spilla dorata con delle incisioni.
Inoltre, la sinora Glacier era stata tanto gentile da prepararle un cestino con dentro alcuni dei suoi deliziosi manicaretti, assicurandosi che bastassero per lei e per i due militari che l’avrebbero accompagnata.

“Sei sicura che non ti serva altro? Sono ancora in tempo per cucinare qualcosa, basta che tu me lo dica.” Le aveva detto Glacier.

“Non serve che si disturbi ulteriormente, signora. La sua gentilezza e la sua ospitalità sono state un dono immenso, non la ringrazierò mai abbastanza.” Rispose Pandora, sperando con tutto il cuore che il futuro riservasse ogni bene possibile a quella meravigliosa donna e alla sua bellissima figlia.

Mentre erano intente a salutarsi, i loro discorsi furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta. Glacier si lisciò le pieghe dell’abito e andò ad aprire, lasciando entrare nell’androne il Tenente Hawkeye e, dietro di lei, un omone grande e grosso dai folti baffi bondi.
I due rivolsero un saluto militare alla signora e un sorriso gentile a Elicya prima di rivolgersi a Pandora.

“Buongiorno, Pandora.” La salutò il Tenente. “Vorrei presentarti il Maggiore Armstrong, verrà con noi a Reesembool. Maggiore, lei è Pandora, la ragazza di Xing.”

“Lieta di conoscerla, Magg…” Pandora fece per dare la mano all’omone, ma fu travolta dal suo possente abbraccio.

“Una ragazza tutta sola che ha attraversato il deserto per ritrovare suo padre!” Disse emozionato il Maggiore, stringendo forte Pandora. “Questo non può essere che vero amore!”

“Ma…Maggiore…” Balbettò Pandora, stranita e insieme divertita da quella reazione così emotiva. “Scusi, ma…quasi non respiro!”

“Oh si, perdonami…mi sono fato trascinare dal pathos di questa missione!” Si scusò Armstrong, lasciando andare la ragazza. “Volevo renderti partecipe di questo abbraccio speciale che si tramanda nella mia famiglia da generazioni!”

“Maggiore, la prego…” Riza diede un colpetto di tosse, riportando tutti sull’attenti. “Dunque, sei pronta per andare?”

“Si, non vedo l’ora.” Rispose seria Pandora mentre stringeva un pugno all’altezza del petto, gesto che a Riza ricordò il modo di fare deciso e determinato di Edward Elric.

Il giorno precedente, Roy Mustang aveva convocato lei e il Maggiore Armstrong nel suo ufficio per affidare loro la responsabilità di quel viaggio a Reesembool. Li aveva messi al corrente dell’identità del padre della ragazza, incaricandoli di portarla da Pinako Rockbell affinchè potesse stabilire se si trattasse davvero della figlia di Van Hohenheim. I fratelli Elric erano in viaggio e, dato che Hohenheim era morto da qualche anno, l’anziana Rockbell era l’unica in grado di capire se Pandora stesse dicendo la verità.
Sia Riza che Alex erano rimasti di sasso quando il Comandante Supremo aveva rivelato quell’informazione ma, dal canto suo, il Tenente riteneva che la faccenda potesse essere plausibile. Quella di abbandonare la propria famiglia sembrava un’abitudine per Hohenheim, senza contare che i tratti della ragazza erano in tutto e per tutto compatibili con quelli degli Elric. Stessi capelli e occhi dorati, stessa determinazione nello sguardo…perfino il modo di vestire lasciava poco spazio ai dubbi. Riza trovava affascinante come, pur non avendo mai incontrato Edward né Alphonse, Pandora avesse così tanto in comune con loro. Forse era qualcosa che scorreva nel loro sangue, pensò.

“Vieni, abbiamo un treno da prendere.” Disse poi il Tenente, ridestandosi dai suoi pensieri.

Scortata dal Tenente davanti e dal Maggiore dietro, Pandora rivolse un ultimo sguardo a Glacier ed Elicya. Venne condotta presso un veicolo dell’esercito parcheggiato poco distante, e i due militari la fecero accomodare sul sedile posteriore.

“Prima di arrivare in stazione dobbiamo andare in un posto.” Disse il Tenente mentre metteva in moto, conducendo il veicolo attraverso le strade di Central City.

La ragazza fece distrattamente cenno di si con la testa, impegnata com’era ad osservare la vita che si svolgeva al di fuori del finestrino dell’automobile. Uomini, donne e bambini, centinaia di esseri umani le cui vite si intrecciavano senza sosta nel grande flusso del tempo. Il tempo…un concetto che Pandora conosceva fin troppo bene. Lo sentiva scorrere sulla pelle come leggera pioggia estiva che si asciugava in fretta, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.
Chissà se anche suo padre percepiva lo scorrere del tempo in quel modo, si domandò. Chissà come aveva fatto pace con i demoni che divoravano entrambi dall’interno, chissà quanto aveva lottato per mantenere la mente lucida e vigile nonostante tutto.
Sospirò, abbassando lo sguardo sulle proprie mani. Quelle stesse mani che nel giro di un attimo potevano creare e distruggere, scomporre e ricomporre a piacimento. Ma a quale prezzo? Pandora percepì un brivido lungo la schiena al pensiero di ciò che era necessario per effettuare anche la più piccola delle trasmutazioni.
Non ebbe il tempo di pensare oltre, perché il Tenente fermò l’auto in un vicolo e la fece scendere. La ragazza corrugò la fronte quando si rese conto che erano di fronte ad un bar, ma ebbe l’accortezza di non dire nulla. Il Maggiore Armstrong le tenne aperta la porta per farla entrare per prima e, con somma sorpresa e dopo essersi abituata alla luce fioca del locale, Pandora si accorse che c’era il Comandante Supremo seduto ad uno tavoli.

“Comandante Supremo!” Esclamò, sorridendo senza rendersene davvero conto. “Cosa ci fa qui?”

“Ti aspettavo, naturalmente.” Rispose lui, facendole cenno di sedersi. “E mi pare di averti già detto che desidero essere chiamato semplicemente Roy.”

Pandora gli rivolse un sorriso di scuse e andò a sedersi, notando poi che Roy non indossava la divisa militare ma degli abiti civili. “Perdoni la domanda, Roy…” Disse, accomodandosi sulla sedia di legno. “Come mai ci troviamo qui?”

“La ragione è piuttosto semplice. Quello che andremo a fare a Reesembool non ha niente a che fare con i piani dell’esercito, quindi non vi è motivo di rendere tutto formale. Anche il Tenente Hawkeye e il Maggiore Armstrong sono andati a cambiarsi, ho consigliato loro di lasciare da parte gli abiti militari.”

“Quindi siamo in incognito.” Annuì, poggiando sul tavolo le mani giunte. “Se posso permettermi, come mai ci stava aspettando qui?”

“È il luogo del nostro appuntamento prima di andare alla stazione, ovviamente.” Rispose Mustang, sorridendo sornione.

“Questo significa che verrà anche lei?” Chiese cauta, sentendo un lieve nodo allo stomaco.

“Esattamente. Dopotutto, ho deciso di prendermi personalmente la responsabilità di aiutarti, no?”

Pandora balbettò un “si” insolitamente timido. Non riusciva a spiegarsi il perché di quell’improvviso nervosismo, né del calore che dal petto si irradiava in tutto il corpo. Poteva sentire su di sé lo sguardo di Mustang, indagatore, caldo, curioso. Ma lei non aveva il coraggio di ricambiare quello sguardo, aveva l’impressione che il battito del suo cuore sarebbe accelerato in maniera imbarazzane se solo avesse incrociato i suoi occhi neri.
Per fortuna quel momento fu interrotto dal Tenente e dal Maggiore che erano tornati in sala.

“Signore, siamo pronti.” Annunciò Riza, lisciandosi una piega che si era formata sulla sua gonna.

Roy Mustang annuì e si alzò, porgendo la mano a Pandora che, seppur con un lieve imbarazzo, la accettò e si lasciò condurre fuori dal bar. Questa volta non presero il veicolo dell’esercito, ma un’automobile scura e piuttosto anonima. Sempre col Tenente al volante, in breve giunsero alla stazione e lasciarono la macchina presso un conoscente del Comandante Supremo.
Il treno per Reesembool era quasi pieno, ma il gruppo riuscì comunque a trovare uno scompartimento vuoto. Pochi minuti dopo essersi accomodati, un fischio lungo e acuto annunciò che i vagoni stavano per muoversi.
Pandora era oltremodo emozionata, dopo tanto tempo finalmente sarebbe riuscita a trovare delle risposte alle sue domande. Così, poggiando la fronte contro il vetro del finestrino, lasciò che il rumore delle rotaie la cullasse e facesse da sottofondo alle sue emozioni.

***

Pinako Rockbell era intenta ad mettere del tabacco nella sua pipa quando i suoi due nipotini le vennero incontro correndo.

“Nonna! Nonna!” Gridò Harold, seguito a ruota dalla sorellina. “Abbiamo…abbiamo visto…” provò a dire nonostante il fiatone.

“Oh caro, prendi fiato!” Rispose la donna, carezzandogli il capo. “Cosa avete visto?”

“Un signore grande così!” Rispose Trisha, allargando le braccia. “Era grande, grandissimo! E aveva un ciuffo buffissimo in testa!” Aggiunse, ridacchiando.

“Si, era con altre persone! Stanno salendo su per la collina, sai? Dai, vieni a vedere!” Disse il bambino, entusiasta.

“Un uomo grande con un ciuffo in testa?” Chiese Pinako, dirigendosi con calma fuori dalla porta. Si alzò un pò sulle punte per vedere meglio, e scorse in lontananza l’inconfondibile sagoma del Maggiore Armstrong.

Alla fine erano arrivati, pensò la donna. Tutto quel mistero che circondava la lettera che aveva ricevuto un paio di giorni prima le aveva causato il mal di testa, proprio non capiva cosa potesse volere l’esercito da lei e dalla sua famiglia. Poco importava a quel punto, a breve avrebbe scoperto ogni cosa.

“Bambini, perché non andate a giocare dai vicini? Credo che la signora Helen abbia fatto una bella torta, si sente il profumo da qui.” Disse ai nipoti, cercando di allontanarli con una scusa. Non vi era alcun motivo per loro di venire a contatto con i militari alla loro giovane età.

Senza pensarci due volte, Harold e Trisha annuirono e si presero per mano, correndo verso la casa dei vicini che si trovava dalla parte opposta della collina. Pinako li guardò allontanarsi per un momento, poi rivolse lo sguardo verso il sentiero che portava alla sua casa. Rimase a guardare mentre le figure dei militari si facevano sempre più distinte e riconoscibili, fumando distrattamente la sua pipa. In testa al gruppo c’era il Maggiore Armstrong, dietro di lui c’erano Riza Hawkeye e Roy Mustang. E poi, al fianco del Comandante Supremo, una ragazza bionda mai vista prima, ma che aveva un’aria familiare.

“Buongiorno signora!” La salutò allegramente Alex Armstrong una volta che furono vicini.

“Buongiorno a lei, Maggiore.” Rispose Pinako, tirando una boccata di fumo dalla pipa. “Buongiorno anche a lei Tenente, e a lei, Comandante Supremo.”

“Signora Rockbell, è sempre un piacere tornare a Reesembool.” Disse Mustang, sorridendo alla donna. “Come stanno i suoi nipoti? Non mi sembra di vederli in giro.”

“Stanno bene, sono andati a giocare dai vicini. Sono bambini allegri e vivaci, tali e quali ai loro genitori.”

“Sono lieto che stiano bene. A proposito, vorrei presentarle una persona.” Roy fece cenno a Pandora di avanzare. “Signora Rockbell, lei è Pandora, viene da Xing. Pandora, lei è Pinako Rockbell, il miglior ingegnere di automail della zona.” Fece le presentazioni, osservando le reazioni della donna anziana.

“Lieta di conoscerla, signora.” Disse Pandora, facendo qualche passo avanti per porgere una mano alla donna.

“Molto…molto piacere.” Rispose Pinako, sgranando gli occhi. Se non avesse saputo che era impossibile, avrebbe scommesso tutto quello che aveva sulla somiglianza di quella ragazza con i figli di Trisha e Hohenheim.

“Possiamo accomodarci?” Chiese Roy. “Siamo venuti qui per parlare con lei, abbiamo delle domande.”

“Si, certo…venite, preparo il caffè per tutti.” Annuì Pinako, accompagnandoli in sala da pranzo e dicendo loro di sedersi. “Dunque…cosa posso fare per il Comandante Supremo e il suo seguito?” Domandò, curiosa più che mai.

“Il Comandante Supremo mi ha detto che lei potrebbe aiutarmi.” Intervenne Pandora, che quasi non riusciva più a contenere la marea di emozioni che aveva dentro.

“Beh, se posso ti aiuterò volentieri. Di cosa hai bisogno? Di un automail, forse?”

“Oh no, non si tratta di niente del genere.” Rispose Pandora, sorridendo. “Vede signora, io sono originaria di Xing e un po’ di tempo fa ho deciso di attraversare il deserto per giungere in questo paese alla ricerca di mio padre.”

“Beh…” La donna prese una boccata di fumo dalla pipa. “Come si chiama tuo padre? Era di queste parti?”

“Non era di Xing, questo al mio villaggio lo sapevano tutti. Il suo nome è Van Hohenheim…mi hanno detto che lei lo ha conosciuto, è così?”

“Van…Hohenheim?” Dalla sorpresa, Pinako quasi lasciò cadere la pipa per terra. “Quel Van Hohenheim?” Chiese, guardando Pandora, Mustang e poi di nuovo Pandora.

“Non so se ci siano state altre persone con il suo nome…” Iniziò a frugare nella sua borsa finchè non trovò il ritratto dei suoi genitori. “Ecco, questo sulla tela è lui. E la donna è mia madre.” Disse, allungando il dipinto alla donna.

Pinako prese quel quadretto con le mani che le tremavano. Non vi era alcun dubbio, accanto alla donna dai tratti orientali era stato ritratto proprio lui, Van Hohenheim. E l’aspetto della ragazza non mentiva, non c’era nessun altro oltre i fratelli Elric ad avere quei colore di occhi e di capelli, senza contare che la somiglianza con Edward era schiacciante.
Solo non riusciva a capire. Quella ragazza non aveva di sicuro più di diciassette anni, e possibile che quell’idiota di Hohenheim avesse avuto un’altra relazione dopo aver lasciato Trisha e i suoi figli? Il solo pensiero rischiava di mandarla in bestia, persino da un uomo come lui non si sarebbe mai aspettata una cosa simile.

“Se questo ritratto è autentico, allora conosco l’uomo che stai cercando.” Disse alla fine Pinako, restituendo la piccola tela alla legittima proprietaria.

“Si, le giuro che è autentico! Me lo ha dato mia madre prima di morire, mi ha raccontato che lo hanno fatto commissionare il giorno del loro matrimonio.” Rispose Pandora, seria come non mai.

“Dunque è vero?” Domandò Mustang, avvicinandosi di più al tavolo. “Secondo lei è possibile?”

“Non mi dica che lei non ci ha pensato, Comandante Supremo. Basta guardarla per capirlo.” Rispose secca Pinako. “Voleva solo la conferma, non è così?”

“Esatto, siamo venuti apposta per questa ragione.” Confermò Mustang.

“Se sei figlia di Hohenheim, allora saprai cos’è l’alchimia, no?” Chiese Pinako alla ragazza.

“Si, conosco questa scienza.” Annuì lei, abbassando lo sguardo. “Non mi è stato chiesto prima, dunque non ne ho parlato.”

“Sei un’alchimista?” Chiese Mustang, sempre più interessato.

“…si.” Rispose Pandora dopo qualche attimo di silenzio. “Ho studiato sui libri che ha lasciato mio padre, il resto l’ho imparato da sola.”

Pinako Rockbell dovette appoggiarsi al tavolo, confusa. “Sei…sei proprio la figlia di Hohenheim. Non vi è alcun dubbio.” Sollevò lo sguardo su di lei, quasi sofferente. “Tuo padre ha mai parlato di una donna di nome Trisha?”

“Non che io ricordi.” Rispose Pandora. “Era una parente?”

“Era..” Pinako fece una pausa, guardando Mustang. “Trisha era il nome di sua moglie.” Disse alla fine.

Per Pandora fu come ricevere un pugno nello stomaco. Suo padre con un’altra donna? Sposato? Le girò la testa, e dovette tenersi al tavolo.
Certo, non era una stupida. Qualche volta aveva pensato all’eventualità che suo padre avrebbe potuto di nuovo prendere moglie, ma sentirselo dire…le fece mancare la terra sotto i piedi.

“Si è risposato?” Chiese con voce flebile, tenendo lo sguardo fisso sul tavolino.

“Ha sposato Trisha più di vent’anni fa, non ha mai accennato a matrimoni precedenti.” Rispose Pinako, confusa. “Tu non devi avere più di diciassette anni, è corretto?”

Pandora non rispose alla domanda. E come avrebbe potuto? Come avrebbe fatto a spiegare in che situazione si trovava?

“Pandora…” La voce rassicurante del Comandante Supremo la riportò alla realtà. “Prendi un bel respiro, guardami.” Le prese il mento tra le dita e le fece alzare lo sguardo su di sé. “Respira piano, calmati. È fondamentale che tu sia lucida.”

La ragazza deglutì un paio di volte, annuendo lentamente. “Si…scusatemi.” Mormorò quando il suo respiro si fu stabilizzato. “Però…non posso rispondere a questa domanda. Sono davvero mortificata, ma non posso rispondere.”

“Cosa vuol dire che non puoi rispondere?” Chiese Mustang, sedendosi accanto a lei.

“Significa che è un discorso delicato, non so se posso affrontarlo con chiunque.”

“Oh, per l’amor del cielo!” Sbottò Pinako, sbattendo la pipa sul tavolo. “Non ho dubbi che lei sia la figlia di Hohenheim, il suo aspetto da solo serve a fugare ogni perplessità! Che altro c’è da sapere?”

“Ci sono alcune cose che non tornano.” Intervenne il Tenente Hawkeye. “Pandora è rimasta evidentemente sconvolta dal fatto che suo padre si sia risposato, quindi è da presumere che lei sia nata da un matrimonio precedente a quello con Trisha Elric. È esatto?” Chiese direttamente alla ragazza.

“Si, è corretto.” Pandora fece cenno di si con la testa, pensando ad un modo per spiegare quegli interrogativi altrimenti impossibili.

“Eppure la tua età tradisce questo dato, sembrerebbe quasi che tu sia stata concepita durante un secondo matrimonio. Come spieghi questo?” Domandò ancora, più insistente.

“Io…è una lunga storia.” Sospirò lei, passandosi una mano sugli occhi.

“Abbiamo tutto il tempo.” La rassicurò Mustang. “Parla pure liberamente.”

“D’accordo.” Cedette alla fine Pandora, congiungendo le mani. “Ma sappiate che la storia che sto per raccontarvi è surreale, e soprattutto è vera.”

Mustang fece cenno di si con la testa e, una volta che anche l’anziana Pinako si mise a sedere, Pandora iniziò il suo incredibile racconto.

“Forse avete sentito parlare della più famosa leggenda del mio paese. Centinaia e centinaia di anni fa, arrivò a Xing quello che oggi viene chiamato “L’uomo Dorato”, colui che introdusse la scienza dell’alchimia. Era uno straniero, coloro che lo incontrarono per primi dissero di averlo trovato che vagava nel deserto. Era disidratato ed esausto, e delirava di re e trasmutazioni. All’epoca nessuno sapeva di cosa stesse parlando, quindi pensarono che fossero deliri dettati dalla stanchezza e dal caldo.
Quando l’uomo dorato si riprese, fece un dono agli abitanti di Xing in modo da sdebitarsi per l’ospitalità ricevuta, ed è così che è nata l’alchimia nel nostro paese. L’uomo però non andò via, per qualche ragione decise di restare e provare a vivere in pace. Incontrò una donna, Lan Xian, e poco tempo dopo decisero di sposarsi. Ebbero una figlia, unica fra tutti gli abitanti del piccolo villaggio dove risiedevano l’uomo e sua moglie. Somigliava in tutto e per tutto allo straniero dorato, e perciò era tenuta in grande considerazione.”

“Aspetta un momento…” Mustang la interruppe, affascinato e confuso allo stesso tempo. “Cosa significa tutto questo?”

“Il nome dell’uomo dorato era Van Hohenheim, e Lan Xian era mia madre.” Confessò Pandora, che per la prima volta stava raccontando la sua storia esattamente così com’era.

“Sapevamo che Hohenheim fosse…particolare.” Annuì il Comandante Supremo, che disperatamente cercava di mettere insieme i pezzi. “Ma se ciò che dici è vero, tu dovresti avere centinaia di anni…dovresti essere morta da un pezzo.”

“Si, è vero. E sarei sicuramente morta se mio padre non avesse compiuto un gesto folle e disperato.” La ragazza fece una piccola pausa prima di proseguire. “Quando avevo circa quattro anni, vidi Hohenheim andare via dalla nostra casa. Mia madre mi disse che doveva andare in viaggio per lavoro, e che non sapeva quando sarebbe tornato. Diversi anni dopo capii da sola che non lo avrei più rivisto, e così smisi di aspettarlo. Tuttavia, a sedici anni fui colta da un male che i medici dichiararono incurabile. Poco alla volta i miei organi interni stavano collassando, e mi dissero che sarei morta entro breve tempo. Ma mia madre non si arrese, decise di andare alla ricerca di Hohenheim perché, secondo lei, avrebbe potuto curarmi con la sua scienza. Prese le sue cose e partì, non so quanto tempo impiegò. Ero spesso sedata e dormivo quasi tutto il giorno a causa delle medicine.”

“E poi cosa successe?” La incalzò Mustang, preso da quella storia così avvincente e sconcertante.

“Poi mi svegliai, ed ero guarita. Improvvisamente il mio corpo era sano e forte, ma smisi molto presto di cantare vittoria. Pochi secondo dopo il mio risveglio iniziai a sentire come un vortice dentro di me, un turbinio di grida orribili e disperate, voci che chiedevano aiuto e pietà, che invocavano senza sosta.” Pandora si prese la testa fra le mani, ancora agonizzante per il ricordo di quei giorni terribili.

Tutti nella stanza tacevano, ognuno nel tentativo di metabolizzare ogni singola parola che era uscita dalle labbra della ragazza.

“Penso di sapere di cosa tu stia parlando.” Fu Mustang a rompere il silenzio. Sentiva di essere l’unico fra tutti i presenti che potesse comprendere, il più vicino alla soluzione. “Ma ti prego, va avanti.”

“D’accordo…” La ragazza si sistemò meglio sulla sedia, riprendendo il racconto. “Il fatto che fossi guarita non aveva più importanza, perché dentro di me era in corso una guerra. Dopo diversi giorni di agonia riuscii a distinguere una voce più forte e chiara, sentivo che mi chiamava e decisi di concentrarmi su di essa. Era un uomo, mi disse di essere stato uno scienziato, e che tutte quelle voci che sentivo non erano altro che le anime appartenute agli abitanti di Xerxes.
Mi raccontò che anni addietro era stato condotto un esperimento usando il sangue di alcuni schiavi, e proprio dal sangue di uno di questi furono un grado di creare un essere senziente che viveva in un’ampolla. L’essere diceva di conoscere il segreto dell’immortalità, cosa che catturò subito l’attenzione del re. Per ottenerla bisognava disegnare un enorme cerchio alchemico attorno al perimetro dell’intero paese, e soprattutto era necessario sacrificare centinaia, migliaia di persone. Ma la creatura nell’ampolla ingannò il re e i suoi seguaci, e si posizionò al centro del cerchio alchemico insieme allo schiavo con il quale condivideva il sangue. Quella notte tutti coloro che si trovavano all’interno del paese morirono, ad eccezione dei due che si trovavano al centro. Fu così che venne creata la prima pietra filosofale, sacrificando le vite di tutti gli abitanti di Xerxes.
Lo scienziato mi disse inoltre che la creatura divise la pietra filosofale in due parti, una la tenne per sé e una la fuse con il corpo dello schiavo, rendendolo così immortale. E dato che aveva il suo sangue, con il potere della pietra fu in grado di creare un corpo tale e quale a quello dello schiavo.
Dopo quella terribile notte, le strade dei due si separarono e l’uomo sopravvissuto si mise a vagare nel deserto. E più camminava più cercava di placare la tempesta che aveva dentro di sé, fino a quando non riuscì a distinguere tutte le anime e comunicare con ognuna di loro.
Quell’uomo, quello schiavo…in seguito divenne noto come l’uomo dorato di Xing. Si tratta di mio padre, Van Hohenheim, una pietra filosofale vivente.”

Un silenzio cupo piombò sulla stanza, facendo sprofondare i presenti nella più pura incredulità.
Ai tempi del Giorno della Promessa, Roy Mustang conosceva qualche tassello di quella storia, ma mai avrebbe creduto possibile che il padre dei fratelli Elric potesse essere l’uomo dorato di Xing, una delle figure storiche più importanti mai esistite. E adesso un altro ramo della sua progenie era lì al suo fianco, aveva raccontato tutto senza riserve e lo guardava con un misto di timore e sollievo.

“Dunque…questo cosa fa di te?” Chiese Roy quando riuscì a trovare le parole.

“Si può dire che io sia esattamente come mio padre.” Rispose Pandora sottovoce. “Per salvarmi ha inserito dentro di me parte della sua pietra, e questa si è perfettamente fusa con il mio corpo. Sono un tutt’uno con essa.”

“Oh, bambina…” Pinako Rockbell si asciugò una lacrima che era sfuggita al suo ferreo controllo. “Sei stata da sola per tutto questo tempo, nessuno di noi aveva idea della tua esistenza.” Scese dalla sedia e andò accanto alla ragazza, prendendole una mano. “Anche se tra di noi non c’è un effettivo legame di sangue, sappi che puoi considerare la mia umile casa come fosse anche casa tua.”

Pandora si irrigidì per un attimo a quelle parole, soppesandone il peso e la portata. Quella donna che fino a poche ore prima non sapeva nulla di lei, adesso le stava offrendo quello che lei bramava di più…una casa, forse il calore di una vera famiglia. Senza pensarci due volte si mise in ginocchio e abbracciò la donna, lasciandosi andare per la prima volta dopo tanto tempo.

“Grazie…” sussurrò, mentre lacrime calde le solcavano il viso.

Pinako le carezzò dolcemente la schiena, sentendosi davvero in pena per lei. Non riusciva nemmeno a immaginare quanto fosse stata dura vivere centinaia di anni senza nessuno che badasse a lei, vedere invecchiare e morire tutti quelli che le stavano intorno senza poter fare altro che continuare ad andare avanti. Pandora e Hohenheim avevano lo stesso sguardo, si rese conto. Lo sguardo di chi ha vissuto troppo ed è semplicemente stanco, ma allo stesso tempo di chi non si arrende e prova ad affrontare un altro giorno, e poi un altro ancora.
Roy Mustang guardava la scena con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, pensieroso. Quella ragazza, la pietra filosofale…anche per un alchimista come lui era difficile accettarlo, nonostante avesse già visto con i suoi occhi qualcosa di simile. Solo che pensava che Hohenheim fosse un caso raro, che dopo di lui non gli sarebbe mai più capitato di trovarsi a che fare con niente del genere. Di sicuro non se la sarebbe fatta sfuggire, il valore della sua vita era diventato inestimabile nel momento in cui aveva rivelato la sua vera natura. E lui era deciso più che mai a proteggerla.

“Pandora, rialzati.” Le disse, porgendole gentilmente una mano. “Arrivati a questo punto non ci sono più dubbi sulla tua identità. Mi dispiace essermi negato così a lungo.”

“Posso capirla, Roy…” La ragazza sorrise mentre si rialzava, poi però un pensiero improvviso fece scemare quel sorriso. “Cosa ha intenzione di fare con me adesso? La pietra filosofale è ciò che ogni alchimista brama di più al mondo, ed io sono proprio qui davanti a lei. Perdoni la mia schiettezza, ma devo chiederle se sono al sicuro con lei e con i suoi uomini adesso che sapete tutto di me.”

“Sulla mia carica di Comandante Supremo e sul mio orgoglio di uomo, ti giuro che nessuno di coloro che sono al mio comando ti torcerà mai un capello.” Rispose serio Mustang, guardandola negli occhi.

Lei si rilassò e annuì. Sin dal principio aveva scelto di fidarsi del Comandante Supremo, e adesso che le aveva dato la sua parola non aveva più alcun dubbio.

“Perdonate l’interruzione.” Si intromise Pinako, schiarendo la voce. “Ma credo che ci siano delle cose che Pandora ha diritto di sapere. Cose che riguardano suo padre e la sua famiglia.”

“Di cosa parla?” Chiese Pandora, voltandosi verso la donna.

“La signora Rockbell ha ragione.” Annuì Mustang, sentendo un nodo allo stomaco. Anche per lui era giunto il momento di dire la verità, e sapeva già che a lei non sarebbe piaciuta. “Siediti, per favore. Dobbiamo parlare.”

***********************

Ciao a tutti! Se state leggendo questa nota, significa che siete arrivati alla fine del terzo capitolo :) Grazie ^^
Fin qui abbiamo introdotto un pò i personaggi, come si muovono dopo tanti anni dal Giorno della Promessa, e iniziamo a capire qualcosa in più sul passato di Pandora. Vi assicuro che le sorprese non sono finite, e che tutte le descrizione e le introduzioni sono necessarie per lo sviluppo vero e proprio della trama che non tarderà ad arrivare!
Come sempre ringrazio chi legge e chi lascia un commento, e invito i lettori vecchi e nuovi a farmi sapere cosa ne pensano :)
Un bacio, al prossimo capitolo!
NdT.
   
 
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