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Autore: MaCk_a    11/12/2016    1 recensioni
Inghilterra, 1869.
Frederick è un giovane medico; disinteressato alle ricchezze e alla mondanità, sogna solo di poter sposare Lisa, amica di sempre. Tuttavia, quel sogno che gli era sempre apparso realizzabile, appare irraggiungibile in seguito alla comparsa di un conte italiano.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il conte Ranieri, dopo la morte del figlio e il trasferimento nella cittadina ai piedi del monte, aveva vissuto nella solitudine. Il solo essere ad interagire con lui era Fred che, in quanto unico membro della servitù, si occupava dell’elegante ma piccola dimora e cucinava per Lorenzo.

Le uscite erano assai rare e, se anche qualcuno avesse voluto fargli visita, il conte si sarebbe opposto: era vecchio, stanco, deluso dalla vita. Di aver perso la maggior parte delle sue ricchezze non gli importava, ma l’onore… quell’onore di cui il suo cognome era stato privato a causa di suo figlio…

Gli avevano riferito, un mese dopo il suo trasferimento, che a Valle era accaduta una cosa strana: i popolani si erano diretti al castello per saccheggiarlo, e il castello non si era trovato. Sparito. Tra l’altro, la dimora era enorme, da sempre era stata visibile dal villaggio, e ora, invece… niente. Fred era rimasto colpito dalla cosa, ma Lorenzo ne era stato assolutamente indifferente. Non gli importava nulla di Valle, né del castello.

Un’altra notizia che gli era giunta all’orecchio era che Lucilla avesse trovato marito: un esponente dell’alta borghesia napoletana, ricco, e molto, ma non nobile. Il vescovo aveva celebrato il matrimonio e la coppia si era stabilita a Valle.

In effetti, tutto ciò che Lorenzo veniva a sapere, lo sapeva tramite Fred, unico tramite tra lui e il mondo: il maggiordomo, che si recava al mercato piuttosto spesso per la spesa, aveva lì modo di udire parecchie chiacchiere, con le quali tentava – invano – di intrattenere poi il “padrone”.

Una mattina, però, Fred era uscito senza tornare. Solo la sera, tardi, si era fatto rivedere, e aveva un occhio bendato. Lorenzo non seppe di preciso cosa fosse accaduto, ma capì che qualcuno doveva aver nominato Stephen, e che Fred avesse picchiato questo qualcuno, che però gli aveva tirato un bel pugno su un occhio. Quando la benda fu rimossa, i due uomini si resero conto che la pupilla era rimasta dilatata.

Nel 1910, Lorenzo decise di andare a teatro assieme a Frederick. I due formavano una strana coppia, entrambi altissimi e molto magri, uno con i capelli brizzolati e armato di un minaccioso bastone che serviva a farlo reggere in piedi, l’altro pallido, dalla chioma ormai bianca e sfoltita, con quell’occhio strambo. Se anche avesse incontrato persone conosciute tempo prima, Fred non sarebbe stato riconosciuto.

Chi, invece, era nonostante tutto ancora riconoscibile, era Lorenzo, e infatti il barone Gaetani lo avvicinò, alla fine dello spettacolo. Disse varie cose, che Fred ascoltò poco: l’unica cosa che intese fu che Elio, il maggiore dei Gaetani, si fosse fidanzato con la figlia di Lucilla. Insomma, quel titolo nobiliare che non era riuscita a ottenere per sé, Lucilla l’avrebbe ottenuto per la sua discendenza. Il resto, invece, Fred non lo ascoltò, perché troppo occupato a osservare la baronessina: Virginia Gaetani aveva un’espressione sofferente e mortificata, insoddisfatta, e Fred ricordò Steve, il suo Steve, che tante volte aveva visto in quelle condizioni.

Successivamente, lui e Ranieri sentirono parlare spesso della ragazza, che pareva fosse impazzita; poi, nel 1913, la giovane scomparve a Valle.

Non era la prima: da qualche anno, ormai, si parlava di uno spirito che popolava il Monte Janara, il monte in cui un tempo era sorto il castello, e questo spirito faceva sparire tutti coloro che “invadessero il suo territorio” dopo il tramonto. Certo, sembrava una fantasia popolare, ma la gente scompariva davvero.

Una sera del 1914, era dicembre, Lorenzo chiese a Fred perché gli fosse rimasto accanto.

«Sei venuto in Italia per Lisa; dopo, sei rimasto per Stephen. Perché continuare a vivere con me? »

Fred si era seduto, dato che ormai neanche si sentiva più un cameriere: piuttosto, si sarebbe detto un amico molto premuroso.

«Ho rinunciato alla mia vita, quando sono venuto qui, per crearmene un’altra, e ormai non avrebbe senso abbandonarla.»

Lorenzo sorrise. «E pensare che avremmo dovuto odiarci noi due! Siamo sempre stati a competere, anche se in silenzio… per le attenzioni di Lisa, prima… per l’affetto di Stephen, dopo… e ora non ho che te! Una situazione assurda, a ben pensarci.»

Fred, in realtà, era convinto che il conte non avesse mai fatto nulla per guadagnarsi l’affetto del figlio, ma tacque. «Abbiamo amato le stesse persone, e questo ha creato un legame tra noi.»

La mattina dopo, Lorenzo non si risvegliò, e Fred scoprì presto di aver ereditato la casa in cui avevano vissuto negli ultimi anni. Tuttavia, l’uomo dubitava di potervi vivere. C’era assolutamente una cosa che doveva fare, e non era detto che riuscisse a sopravvivere.

 

***

Fu strano, dopo tanto tempo, tornare a Valle. Era il 1915 e nessuno lo riconobbe, dato quanto i segni della vecchiaia erano manifesti sul suo viso, ma molti lo guardarono a causa dell’occhio “strano”.

«E quindi… cercate lavoro qui?» domandò l’albergatore, alquanto stranito. L’uomo che aveva innanzi gli pareva molto, molto avanti con l’età! Chi l’avrebbe mai assunto? «E che tipo di lavoro?»

Fred alzò le spalle, rispondendo che aveva sempre fatto il maggiordomo, ma volendo poteva anche adattarsi ad altri mestieri. Insistette per pagare subito la prima notte di pernottamento, quello strano forestiero, e domandò – nella maniera più casuale possibile, secondo lui – se fossero vere quelle “strane voci” che si sentivano su Valle.

L’albergatore parve stupito che quelle storie fossero giunte persino alle orecchie degli stranieri, e all’inizio tentennò, balbettando che non era niente di che, o meglio, niente di certo, però a dire il vero, ecco, sì, delle persone erano sparite. Sempre su quel monte, sempre dopo il tramonto e prima dell’alba. L’ultima era stata una baronessina, Virginia Gaetani, scomparsa assieme agli uomini che erano andati a cercarla, dato che la signorina era fuggita di casa (o, come avevano detto i familiari, “uscita per una passeggiata”). I corpi non si erano trovati, di nessuno, mai.

«E la questione del castello, invece?»

Diamine, il vecchio sapeva anche quello!

«Oh, be, sono passati vent’anni… io all’epoca ero solo un bambino, ma che il castello esisteva lo ricordo bene. Poi accadde qualcosa, ora non ricordo neanche bene cosa, il figlio del conte che era un ragazzo diede scandalo e la sua fidanzata lo lasciò, lei era una Di Cosmo… poi non s’è capito come, ma forse in una rissa, il giovane fu ammazzato e il conte lasciò Valle. Dal giorno dopo, il castello non s’è più visto.»

Fred abbassò lo sguardo. Neanche si ricordava più cosa avesse fatto il ragazzo, eppure erano stati capaci di trattarlo come un criminale, di condannarlo senza neanche tentare di capirlo, di ammazzarlo, infine.

 

Aveva dimenticato, l’anziano uomo, quanto fosse freddo quel paese, soprattutto durante la notte. Avanzare nel bosco era stato più semplice, quando era giovane, e ora gli facevano male le gambe, senza contare che in una mano reggeva una lanterna e che aveva dimenticato di prendere un bastone. Avrebbe potuto usare quello di Lorenzo, che gli era stato lasciato…

Durante il cammino, Fred ripensò alla sua vita in quel posto: all’uomo che l’aveva accompagnato a bordo di un carretto malmesso, alle persone che aveva conosciuto al castello, a Lisa, ovviamente, a Lorenzo, al suo adorato Steve…

Dei lupi ulularono. Fred deglutì, e tuttavia continuò ad avanzare.

Gli ululati cessarono, ma l’uomo si sentiva osservato e avvertiva la presenza silenziosa delle bestie nascoste, da qualche parte, attorno a lui. Oltre al canto dei grilli, era ora udibile quello di una donna. Una sirena, pensò. Una sirena che mi chiama come fossi un marinaio, e che mi farà passare a miglior vita. E non era tal pensiero a ferirlo, quanto quello di aver sbagliato: se lo spirito della montagna era una donna, allora lui aveva sbagliato: il vecchio, infatti, si era lanciato in quella folla spedizione nella speranza di vedere il fantasma di Steve; se poi quella storia si fosse rivelata falsa, bene, si sarebbe recato al castello – che avrebbe trovato – e avrebbe dato degna sepoltura al cadavere abbandonato tanti anni prima. Ammesso che ci fosse rimasto ancora qualcosa, di quel corpo.

Il canto cessò, e questo causò un cambiamento tanto brusco da far tremare Fred, che fu costretto ad abbandonare i propri pensieri e a guardarsi intorno: ci volle un po’ per identificare la figura che gli era apparsa, perché era notte, ma poi la luce della luna lo aiutò.

La conosceva. O meglio, la ricordava. Quella era la baronessina Gaetani. Eppure, l’ultima volta gli era apparsa una sofferente bambola di porcellana; ora, invece, era una donna… e tutto sembrava, fuorché infelice.

Virginia Gaetani, dal canto suo, gli rivolse uno sguardo curioso, ma non perché avesse memoria del suo viso: semplicemente, non si aspettava d’incontrare un uomo tanto anziano, e ora si sentiva spaesata.

«Mio buon signore, cosa fare in questo bosco?» domandò la giovane, almeno apparentemente con gentilezza. Il vecchio tremò. Essendosi finalmente fermato, aveva più freddo: gli pareva di sentire il gelo nelle ossa.

«Io… cercavo un castello» borbottò, timoroso. «Vivevo qui, da bambino… poi mi sono trasferito altrove ma ecco, dato che non ho più un lavoro… ho pensato di tornare a Valle, perché certamente al castello dei conti fanno comodo delle braccia in più.»

Per una questione di delicatezza, colei che era stata riconosciuta come Virginia Gaetani evitò commenti sull’evidente inutilità di braccia anziane. «Dunque, non sapete nulla di quel che è accaduto al castello?» domandò, invece. L’altro disse di no.

«Ecco, caro signore… al castello viviamo solo io e il conte, mio marito. Non abbiamo bisogno di servitù… » iniziò, ma poi parve pensierosa. In effetti, una persona che potesse dare una mano… anche se quell’uomo era tanto vecchio…

«Cosa vorreste in cambio del lavoro? Denaro? O vi accontentereste di… »

«Vitto e alloggio, non chiedo altro.»

Ancora la contessa tacque, meditabonda. Le regole erano che gli intrusi venissero uccisi, ma quell’uomo era un forestiero, neanche sapeva… era tanto ingenuo, e vecchio, le faceva pena, insomma, e poi la carne dei vecchi non era buona, l’aveva detto tante volte, suo marito…

«Vedete, signore, temo che mio marito si opponga, perché conducendovi al castello infrangerei alcune regole. Tuttavia, le infrangerei anche allontanandovi da me; vedete, l’unica cosa da fare sarebbe… oh, ma qualcosa in voi m’ispira simpatia. Non credo che riuscirei ad uccidervi.»

Fred abbozzò un sorriso. Si domandava come potesse fargli del male quella creatura minuta, ma alla morte era pronto. «Signora contessa, la mia vita vale poco e potete prenderla. Tuttavia, se solo poteste lasciarmi almeno parlare con vostro marito… se solo potessi vederlo, e implorarlo di esaudire il mio desiderio… Se egli dirà di no, mi ucciderete comunque e senza che io tenti di resistervi.»

Se la contessa avesse conservato il buon senso degli umani – o meglio, se l’avesse avuto: perché anche prima, era stata un po’ svitata – si sarebbe posta qualche domanda su quell’uomo; tuttavia la donna aveva un modo d’interpretare la realtà tutto suo, e che gli altri si adattassero alle sue “regole” le pareva logico. «Non voglio, comunque, che voi pensiate a me e mio marito come degli assassini, perché non lo siamo» si preoccupò di precisare, «è solo che non siamo umani. Siamo morti, e i morti devono pur tutelarsi, in qualche modo.»

 

***

Da quanto aveva avuto la certezza che la contessa e il marito fossero morti, le speranze di Fred erano rinate. Durante il tragitto che portava al castello, Virginia – che egli non rivelò di aver riconosciuto, anche perché la donna non sembrava voler accennare alle sue origini, né al suo nome – gli parlò molto, facendo domande su quell’occhio e sulla sua vita in generale. Egli, per ragioni di sicurezza, preferì mentire.

Rivedere il castello fu un colpo al cuore, e ancor più sconvolgente fu udire quella voce tanto amata, quella voce familiare…

La contessa gli aveva chiesto di aspettare nel corridoio, e si era chiusa in uno dei salottini col marito, che egli però non era riuscito a intravedere. Poiché la discussione della coppia fu animata, Fred poté però ascoltare e lo riconobbe. Lì dentro doveva esserci Steve, che non voleva intrusi nel suo castello.

«Mio caro, io non ho il cuore di far del male a quell’uomo, né di rifiutarlo come nostro maggiordomo. Se sei convinto delle tue idee, parlagli direttamente e fa’ quello che devi, ma senza di me.»

La porta si aprì, facendo sobbalzare Fred che ormai aveva il cuore in gola. La contessa lo invitò silenziosamente a entrare, ed egli avanzò piano. Il conte era in piedi davanti a una finestra, gli dava le spalle. Si voltò dopo qualche minuto di assoluto silenzio, evidentemente infastidito, e la scena che si trovò davanti lo lasciò interdetto.

Nel rivedere Steve, Fred cadde inginocchiato sul pavimento e pianse. Poiché il ragazzo pareva non conservare memoria di lui – e più tardi l’avrebbe capito, Steve non conservava memoria alcuna della sua vita – il vecchio fece passare la commozione per disperazione, disse che sarebbe stato lieto di servire quella coppia finché fosse rimasto in vita, che mai si sarebbe mosso dal castello, che avrebbe obbedito solo a loro, senza chiedere altro; e per quanto il conte non riuscisse a capire il perché di tale desiderio, si ritrovò infine ad acconsentire, perché impietosito.

«E sia: resterai al nostro servizio. Ma bada bene, potrebbero capitarti compiti poco piacevoli.»

«Non importa, signore.»

La contessa appariva raggiante, e invitò l’anziano uomo a rialzarsi.

«Il vostro nome?» domandò, curiosa, mentre lo accompagnava a vedere la sua stanza.

Il vecchio rifletté. Non poteva dire la verità, Steve non ricordava e forse, a questo punto, era meglio che non ricordasse. L’avevano tanto fatto soffrire in vita, povero ragazzo… rivelare il suo nome, avrebbe potuto forse far riaffiorare delle memorie. Meglio evitare. A lui bastava potergli stare accanto, non era importante che il ragazzo lo riconoscesse.

In un attimo, ripensò alle persone che aveva conosciuto a Valle, al nome di colui che lo aveva accompagnato a Valle, tanto, tanto tempo prima.

«Mi chiamo Endrio, signora.»

La contessa sorrise. «Benvenuto, Endrio.»

  
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