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Autore: Misapoty    12/12/2016    0 recensioni
"Into my dreams" è una raccolta di One-shot di due folli universitari fuori sede che estrapolano dai sogni delle vere e proprie storie. Che siano scenari moderni o illusori, i protagonisti di ogni singolo capitolo prendono vita trasportando il lettore in mondi fittizzi, che possono prendere vita soltanto nei sogni di ciascuno di noi; una sorta di fuga dalla realtà e da tutto ciò che è ordinario.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Il monaco Shaolin - (parte I)

Shytia era un’immensa città che accoglieva tutti coloro volessero dare inizio a una nuova avventura, un viaggio che permettesse di crescere e di migliorare le proprie arti. Questa sorta di metropoli antica era famosa sia per il numero dei suoi avventurieri, ma soprattutto per la qualità di servizi che offriva, la meta prediletta per coloro che desiderano trovare la propria fortuna al mercato o far riparare le proprie armi dai mastri fabbri del centro, abbellito da fontane e statue raffiguranti le più svariate divinità. Fu proprio una di queste a colpire Tafu, un monaco shaolin che non poteva mostrare più di sedici anni. Da anni, ormai, bramava unicamente di partire alla ricerca di tutti i segreti dell’arte Talios, da cui era rimasto folgorato fin da piccolo. La statua che stava osservando con minuziosità, dal petto ornato da cinque gemme brillanti, rappresentava un dio che, secondo una leggenda, era stato in grado di controllare il pieno potere del Talios. Nel tempo, in molti avevano tentato di padroneggiarlo in tutta la sua potenza, tuttavia, la maggior parte di essi finì col perdere la ragione a causa dello smisurato potere che gli era stato conferito. Tutto ciò aveva sempre affascinato Tafu, che ancora non accennava a distogliere lo sguardo da quella statua luccicante.
«Ti smuovi da lì, Tafu?! È da mezz’ora che stai fissando quella statua! Speri che quel dio si muova e ti riveli ciò che vuoi?»
Tafu, sbuffando, si avviò verso Matis, suo inseparabile compagno di viaggio. Lo fissò a lungo e con scrupolosità, e si ritrovò a pensare ancora una volta a quanto fossero notevoli e palesi le loro differenze: alto e possente, dai cortissimi capelli corvini e gli occhi vispi e neri, tutto del fidato amico incuteva timore, a partire dalla katana minacciosa che pendeva al suo fianco sinistro. Peccato che Matis fosse un bonaccione, e che avesse sempre preferito una bella scorpacciata a un’avventura leggermente più spericolata del solito. Al contrario, Tafu era di media statura e magrolino, dagli insoliti capelli bianchi lunghi fino all’altezza delle spalle, uno spirito libero e indomabile nella sua brama di conoscere ogni anfratto del mondo che lo circondava. Eppure, un particolare accomunava entrambi i compagni: la voglia di imparare nuove arti e affinare nuove tecniche.
«Senti un po’, Matis, hai preso tutto quello che ci serve? L’ultima volta abbiamo rischiato di morire di sete.»
«Quanto sei noioso!» replicò Matis infastidito. «Ovvio che ho preso tutto. Mica avrai intenzione di metterti già in viaggio? Sei un pazzo!»
Tafu soppresse brillantemente la furia che stava per esplodergli. Da incorreggibile impulsivo quale era, difficilmente riusciva nell’intento di trattenere la sua parlantina eccessiva.
«Perché mai non dovremmo? Siamo pronti, abbiamo tutto il necessario, cosa dobbiamo aspettare?»
«Io opterei per una bella mangiata in quella taverna! Mi hanno detto che lì fanno della carne di cinghiale ottima!» Ormai Matis aveva già la bava alla bocca, e la sua mente si era già fiondata su quella succulenta carne di cinghiale.
«Forza, Matis, sono già quattro giorni che siamo fermi qui! Non ho voglia di aspettare altro tempo!» borbottò Tafu spazientito.
«Senti un po’. Ormai è già notte e non ho voglia di imbattermi in qualcosa di strano. Sai che per uscire dalla città bisogna attraversare la montagna a nord o la foresta a sud. Quindi dobbiamo essere carichi di energie e con la pancia piena!»
Tafu iniziò a prendere coscienza che l’idea non era male, poiché ben presto anche il brontolio del suo stomaco si aggiunse a quello dell’amico.
«Solo un’altra notte!» gli intimò con il suo indice. «Non un giorno di più. E vedi di darti una controllata con il cibo, questa volta!»

***

Tafu e Matis si diressero mestamente verso l’osteria. Il profumo che proveniva dalle cucine aveva scatenato la fame avvilente dei due, che si fiondarono a prendere posto una volta notato che il locale fosse già gremito di gente.
«Visto, Tafu, te lo avevo detto. Questo locale deve servire roba di prima qualità, a giudicare da tutta questa gente!»
«Spero solo che non ci costi una cifra!» sbuffò Tafu.
Entrambi si rifocillarono a sazietà fino a tarda notte, quando il sole del tramonto lasciò spazio alla luna piena e bianca come il latte. Il locale si era svuotato da un bel pezzo, fatta eccezione per una giovane donna avvolta in una tunica marrone. Dopo un attimo di esitazione, si avvicinò ai due ragazzi lentamente e con cautela, si levò il cappuccio e lasciò scivolare i lunghi capelli cremisi che le incorniciavano i grandi occhi color verde foglia. Tafu e Matis rimasero estasiati dalla sua bellezza.
«Non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione di poco fa. Siete avventurieri, per caso?» esordì con foce fioca, sedendosi accanto a loro.
«Cosa vuole questa qui da noi?» borbottò Matis nell’orecchio dell’amico, in preda al tensione.
Tafu ridacchiò. Un sorriso falso, dettato più dal nervosismo che per altro. Quella donna, per quanto incantevole potesse sembrare, aveva un che di sospetto.
«Suvvia, Matis, un po’ di gentilezza. Questa ragazza vuole solo scambiare quattro chiacchiere!»
«Avevo intenzione di mostrarvi una mappa.» sentenziò la giovane di rimando, seccata dal comportamento scostante riservatole. «Se vi sto arrecando fastidio, allora tolgo il disturbo.»
Tafu la richiamò indietro non appena il suo cervello fu catturato dalla parola “mappa”. La sua curiosità crebbe in modo smisurato e irrefrenabile.
«Aspetti, aspetti. Lo perdoni, dopo mangiato Matis è sempre un po’ sgarbato.» si affrettò a precisare, grattandosi la testa.
La donna si lasciò sfuggire un sorrisetto quasi impercettibile. Sapeva di aver colto nel segno.
«Ho trovato questa mappa pochi giorni fa in una spedizione nei dintorni. Nei meandri delle rovine è stata ritrovata una reliquia legata a un’arte antica che penso conosciate molto bene entrambi.»
Gli occhi color cielo di Tafu erano come incollati su quelli verdi della fanciulla. Deglutì, impaziente, mentre una goccia di sudore gli scivolò lungo la guancia.
«I simboli raffigurati sulla reliquia indicavano che era appartenuta al dio dell’arte, Talios. Davvero interessante, non trovate?»
Matis, al contrario di Tafu, iniziò già ad immaginare l’immane fatica e la quantità di pericoli a cui lo avrebbe condotto quella mappa. Per di più, una mappa donatagli da una perfetta sconosciuta.
«Non fraintendetemi. Sono qui per approfondire delle informazioni all’università di ricerca, e vedendovi pronti a partire ho pensato che due avventurieri come voi avrebbero potuto aiutarmi.» La donna sventolò la mappa sotto i loro nasi col preciso intento di farli desistere. Tafu rimase ipnotizzato da quel pezzo di carta ingiallito, o almeno questa fu l’impressione di Matis. «Come potete vedere sulla mappa, a nord di Shytia si staglia una catena montuosa da cui è possibile accedere alle radure sottostanti. Su una di queste montagne spicca un castello medievale. La leggenda narra che in questo castello vissero alcuni maestri dell’arte Talios che tentarono di ottenere tutti e cinque i poteri. L’iscrizione presente sulla reliquia ritrovata riporta che il suo contenuto avrebbe svelato il segreto per padroneggiare l’arte del dio.»
Tafu si alzò di scatto, gli occhi sgranati e i pugni serrati dall’eccitazione. Ancora stentava a credere che una simile fortuna stesse capitando proprio a lui, spericolato e maldestro per natura.
«E tu cosa ci guadagneresti?» sibilò Matis sospettoso, frenando i bollenti spiriti dell’amico.
La donna socchiuse gli occhi in due minuscole fessure. «L’unica cosa che vi chiedo è di portarmi le informazioni che troverete. In cambio, voi due potrete disporre di queste stesse informazioni in qualunque momento vogliate.»
«Accettiamo. Ora. All’istante.» sbottò Tafu. Era così euforico che sarebbe stato capace di partire seduta stante, se solo avesse potuto.
«Ottimo!» esclamò la giovane, compiaciuta dalle sue doti persuasive. «Vi chiedo scusa se non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Evelyn, e potete trovarmi al centro di ricerca.»
Tafu e Matis la ringraziarono frettolosamente e sfrecciarono verso la locanda dove alloggiavano per recuperare tutte le ore di sonno necessarie ad affrontare il lungo viaggio che li avrebbe attesi.
«Si è fatto tardissimo! Tutta colpa di quella stupida donna!» si lamentò Matis tra uno sbadiglio e l’altro.
«Ma tu sai cosa abbiamo tra le mani, Matis?! È una mappa che innumerevoli cercatori sognano da anni! Avremo finalmente la possibilità di capire come generare il potere di Talios!» replicò Tafu su di giri.
L’amico sospirò dubbioso. «Credi davvero che possa essere affidabile un pezzo di coccio di duemila anni fa? Sappi che verrò con te, ma sono sicuro che sarà un buco nell’acqua.»

***

L’indomani, all’alba, Tafu era già pronto per intraprendere il lungo viaggio, anche se Matis aveva dei seri dubbi sul fatto che il suo compare avesse dormito per davvero. La prova erano le profonde occhiaie che gli contornavano gli occhi azzurro cielo, che, stranamente, risultavano pieni di vita come al solito.
«Non dirmi che sei rimasto sveglio tutta la notte a studiare quella mappa...»
«Giusto un pochino, non potevo non farlo!»
Matis si passò una mano sulla fronte. «Hai almeno scoperto qualcosa?»
«Negativo, ma ho individuato la posizione del castello.» Tafu si girò di spalle e indicò una montagna poco distante. «Vedi quella parte di montagna che si affaccia sul mare? Ecco, è proprio lì che dobbiamo dirigerci.»
Matis sbarrò gli occhi. Sentì come se avesse già percorso tutta quella strada e sentisse la fatica piegare il suo corpo muscoloso e slanciato.
«Non penso ci arriverò vivo, meglio che inizi a scrivere un testamento.»
«Idiota, con quella stazza che ti ritrovi hai il coraggio di lamentarti? Che razza di maestro di spada sei!»
Matis prese coraggio e, suo malgrado, seguì l’amico nella sua nuova e spericolata avventura. Dopo svariate e intense ore di tragitto raggiunsero il versante opposto della montagna, nel punto esatto in cui si ergeva il castello medievale di cui aveva parlato Evelyn.
«Tafu, ti prego, dobbiamo fermarci...» ansimò Matis riprendendo avidamente fiato. «Ormai siamo arrivati, niente può andare storto...»
Il tempo di finire la frase, che il fragore di un tuono annunciò l’arrivo di un grande acquazzone.
«Dovresti imparare a chiudere quella bocca, Matis.» lo rimproverò Tafu divertito.
I due si precipitarono all’interno del castello per ripararsi dalla pioggia gelida. L’antica costruzione in pietra, ricoperta di edera e muschio, incuteva un terrore da brividi. Le decorazioni gotiche sulle pareti e sui portoni facevano apparire il tutto come uno scenario degno dei libri di avventura, ma al tempo stesso non adatto ai deboli di cuore.
«Mio dio, ma siamo sicuri che non esca un drago e ci massacri?» sussurrò Matis battendo i denti per il gelo. Nonostante fosse bagnato fradicio tanto quanto Tafu, quest’ultimo invece non sembrava patire per nulla il freddo.
«Suvvia, Matis, i draghi sono estinti da anni!»
Matis si affrettò ad accendere una lanterna e proseguì insieme a Tafu rimanendo coraggiosamente alle sue spalle. La mappa, intanto, sembrava si stesse divertendo a condurli in ale sperdute e tetre, sommerse da polvere vecchia di secoli.
«Siamo quasi arrivati, Matis! Non sto più nella pelle!» 
 
   
 
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