Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    12/12/2016    0 recensioni
!!!*ATTENZIONE!* STORIA RISCRITTA E RIPUBBLICATA SU QUESTO PROFILO. NON LEGGETE QUESTA!! LEGGETE LA NUOVA VERSIONE!! (QUESTA VERSIONE è DATATA ED è QUI SOLO PER RICORDO)
Anno 2016. Shizuka Higashikata, la bambina invisibile, è cresciuta e vive una vita tranquilla con i suoi genitori Josuke e Okuyasu nella cittadina di Morioh, e nulla sembra poter andare storto nella sua monotona e quasi noiosa esistenza. Ma quattro anni dopo la sconfitta di Padre Pucci un nuovo, antico pericolo torna a disturbare la quiete della stirpe dei Joestar e dell'intero mondo, portandoli all'altro capo della Terra, nella sperduta cittadina italiana di La Bassa. Tra vecchie conoscenze e nuovi alleati, toccherà proprio a Shizuka debellare la minaccia che incombe sull'umanità. O almeno così crede.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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-Come sta Eri?-
-Eh?-
Shizuka alzò lo sguardo sugli occhi brillanti di emozione di Cri. –Eriol! Era mia compagna di classe, sai? Alla fine è uscita con Vlad?-
Shizuka rimase a guardarla perplessa mentre le fasciava il polso indolenzito dalla caduta giù dall’argine principale.
Era seduta sul lettino del Campo in Golena, dondolando giù le gambe dall’alto lettino mentre la giovane infermiera Cri la soccorreva.
Sotto al gazebo, la luce era bianca accecante, grazie ai neon appesi al soffitto che tremolavano e dondolavano nell’umida brezza che sferzava dal Po, così vicino da quasi sentirne le correnti infrangersi contro l’argine secondario, a poche decine di metri da loro.
-Si vedono. Ogni tanto, sai com’è Eriol…- rispose Regina, accostandosi a Shizuka per aiutarla. In quella ragazza, ora Shizuka non vedeva più un nemico. Era una ragazza alta e dall’espressione tranquilla e cordiale, quasi materna mentre aiutava Cri a fasciare Shizuka. La sua presa era decisa ma delicata, non affatto aggressiva come invece credeva fosse, come invece l’aveva vista agire.
-Forse non sei abituata alla zona, non sai cosa sia il fango del Po nelle ferite.- le sussurrò lei mentre Cri continuava con la sua vocetta felice a parlottare del più e del meno. –Brutta roba, brutta roba.- concluse, con forte accento labassese, strisciando quasi le parole.
-Ti fa male anche da altre parti?- disse Cri alzandosi in piedi, accostata a Regina, a cui arrivava poco sopra la spalla. Cri era bassa e minuta, ma piena d’energie. Shizuka annuì lievemente alla sua domanda, abbassandosi appena il colletto della pesante canotta nera che portava sotto la maglietta, indicando quello strano segno bianco sotto le clavicole che spesso le pulsava.
-Dev’essere l’umidità- stabilì Cri, tastando la macchia bianca, lunga e orizzontale. –Sai, con l’umidità che porta il Po, le vecchie ferite spesso fanno male. Si vede che non sei della zona!-
Shizuka rimase immobile, occhi sgranati. –Ferita? Questa non è una voglia?-
-No, no…-
La voce di Cri non era mai troppo alta, poco più che un sussurro. –È solo una vecchia cicatrice.-
Nessuno le aveva mai parlato di essere stata ferita in quel punto particolare, anzi. Suo padre Josuke le aveva semplicemente sempre detto che era una voglia, e una di quelle comuni, che quasi tutti avevano. Anche lo zio Koichi ce l’aveva, esattamente tra il pomo d’adamo e le clavicole, e zia Yukako sotto la clavicola sinistra, e suo padre Okuyasu esattamente sul palmo della mano. Con la stessa forma, una linea chiara, stretta ai lati e più grossa sul centro, larga non più di una decina di centimetri.
-Da cosa potrebbe essere causata questa cicatrice?- disse Shizuka, tutto ad un tratto.
-Un oggetto tagliente, senza bordi zigrinati e lama liscia, forse un…-
-Una freccia?- chiese Regina, stranamente pensierosa, avvicinandosi alle due. Cri si lasciò scappare una risatina e annuì, scostandosi i lunghi capelli pesca dagli occhi. –…o una freccia, sì! Anche se non so dove possa aver trovato una freccia! La ferita sembra molto vecchia… Più di dieci anni!-
Regina si voltò sconvolta verso Shizuka, e lei ricambiò il suo sguardo, senza capire. Alex rimase dietro di loro, in disparte, ascoltando tutto quello che dicevano. Shizuka non si accorse della sua vicinanza se non per l’enorme ombra che lanciava sopra di loro la sua figura imponente.
-Grazie, Cri. Ora dobbiamo andare.-
Regina si piegò sull’infermiera e strinse la sua esile mano nella propria, coperta da un lungo guanto blu che le arrivava fino a fin sotto la spalla. Quasi tutti i ragazzi della Banda sembravano avere i guanti, notò Shizuka. Anche Alex li aveva: corti guanti da motocicletta rossi, in tinta con le sue scarpe dello stesso colore.
Regina fece cenno a Shizuka di seguirla, e lei goffamente scese dal lettino, afferrando saldamente la propria valigia, sporca d’erba e fango. Shizuka si tenne dietro di loro, ad osservarli guardinga mentre camminavano sul bordo del campo, lanciando di tanto in tanto qualche saluto verso certi pazienti ricoverati sotto i gazebo illuminati.
Lasciarono il campo in golena, addentrandosi nella nebbia. Appena vi ci entrarono, Shizuka si fece prendere dal panico e si fermò. Vedeva solo grigio. Davanti a sé, ai suoi fianchi, una enorme e infinita distesa di grigio scuro, indefinito, che le faceva perdere l’orientamento. Non capiva nemmeno più qual era il sopra e il sotto, dello stesso colore fumo. Allungando un braccio davanti a sé, la sua mano quasi scompariva nel grigio della nebbia.
Vide una mano sbucare dal grigio e afferrarle il polso, e Shizuka si lasciò scappare un urletto, tirandosi un po’ indietro.
-Cosa fai? Perché urli? Sono io!- disse Regina, sbucando assieme ad Alex dalla bruma. Le piccole gemme celesti appese al diadema che portava sulla testa tintinnarono, cercando di strattonarla delicatamente e portarla assieme a loro. –Tienimi per mano, non ti perderai. Ci sono io, va bene?-
Il suo tono era calmo e caldo, il suo sorriso fin troppo convincente. Shizuka se ne lasciò scappare uno a sua volta e abbassò la testa, annuendo infantilmente. Regina era alta, forte e il suo tono gentile e materno non la faceva sembrare la guerriera spietata che era. Si sentiva al sicuro assieme a lei.
Alex camminava al loro fianco, silenzioso e a testa bassa. Dalla sua stazza si poteva presumere potesse essere pericoloso e forte, ma da quanto Shizuka aveva visto nel combattimento dietro all’istituto, era tutt’altro che coraggioso. Non aveva nemmeno il coraggio di guardarla. Appena tentava di alzare lo sguardo, incontrando il suo, si voltava di scatto.
I guerrieri non dovrebbero essere timidi, constatò Shizuka con ira nell’osservare il ragazzo biondo. Sarò una guerriera delle Onde Concentriche molto migliore di questo vigliacco.
Nella nebbia non si vedeva a un palmo dal naso, la strada si limitava al vecchio e consumato asfalto sotto ai loro piedi, scavato e solcato di tanto in tanto da brevi stralci di erbetta di prato.
-Non ci sono vampiri, qui?- chiese Shizuka tutto ad un tratto. Sentiva la tensione che le aleggiava intorno, i due ragazzi che rimanevano a circondarla, a proteggerla e scortarla fino a Ronco, probabilmente, al covo della Banda.
-Sul ponte e in golena no. I vampiri hanno paura del Po- si limitò a dire Alex, che parlò per la prima volta. La sua voce era bassa e tremendamente incerta. Regina fu pronta a continuare il suo discorso.
-A quanto pare, ai vampiri non piace nessuna corrente. Corrente elettrica, corrente del fiume… l’acqua indebolisce naturalmente i vampiri, ma l’acqua del Po può addirittura ucciderli. Si tengono lontani dal ponte e dalla golena perché sarebbero troppo vicini a una morte certa. I vampiri sono furbi, al contrario dei vampiri-zombie.-
Shizuka la guardò confusa. –Vampiri zombie?-
-Sono… sono dei servi dei vampiri, sì.-  Regina continuò a tenere il proprio passo, aggrottando le sopracciglia e tentando di trovare le parole adatte. –I vampiri veri e propri, quelle persone comuni con la pelle bianca e bluastra e gli occhi rossi luminosi. Quelli sono creati dalle Maschere di Pietra, sono i vampiri originali, dotati di poteri e spesso di Stand. I vampiri-zombie sono solo gli esseri umani in cui i vampiri originali hanno iniettato il loro siero. Sono degli stronzetti debolucci, i più facili da ammazzare. Hanno gli occhi rossi opachi, la pelle grigiastra e deforme, non hanno stand e non hanno nemmeno un pensiero. Sono più bestie che umani veri… e sono così brutti! Il siero dei vampiri è acido, e scioglie… Shizuka, mi stai ascoltando?-
Shizuka si era fermata. Si ritrovò a guardarsi i piedi, tremare come una foglia e stringere la sciarpa al suo collo. Il vampiro che l’aveva attaccata, un mesetto prima, era solo un vampiro-zombie. Shizuka si ricordava la sua forza inumana, i suoi sensi così acuti da non lasciarle scampo. E se quella razza era la più debole, cosa mai potevano fare i vampiri originali?
Regina le passò un braccio dietro alle spalle, scuotendola un po’, con un sorriso sulle labbra azzurre. –Ehi! Non aver paura, ci siamo noi a proteggerti! Non ti accadrà nulla, te lo prometto.-
E Shizuka davvero credette alle sue parole.
-E se dovesse avvicinarsi un vampiro?- chiese. Le parole le uscirono da sole dalle labbra, guidate dal terrore di trovarsi un altro vampiro davanti, lì al buio, e con la nebbia a coprire qualsiasi cosa.
Regina indicò Alex, che quasi sobbalzò dalla paura nel sentirsi tirato in causa.
-Ale ha una certa abilità nel sentire i rumori. E poi gli occhi dei vampiri brillano, nella nebbia si vedrebbero.-
Regina aumentò il passo, superando una lunga strada che scendeva nella campagna, illuminata da diversi lampioni, sulla quale si proiettavano casupole e villette. L’ultima zona abitata.
-Anche se…-
A Shizuka gelò il sangue nelle vene.
-…di recente, i vampiri si avvicinano chiudendo gli occhi.- Regina prese un gran respiro nella fredda aria umida, continuando ad avanzare nel buio, mentre i lampioni che illuminavano l’incrocio scomparivano alle loro spalle. –Loro ci sentono comunque, non so come facciano. Credo gli esseri umani abbiano qualcosa nel sangue che li attira… e, anche senza vedere, riescono a sapere dove sono.-
Shizuka ricordava a Morioh, come lei era diventata invisibile e il vampiro-zombie l’avesse trovata lo stesso. Strinse la mano di Regina con più forza, spaventata. Era inerme. Il suo inutile stand non contava niente contro quei vampiri.
Il grigio era tornato a inghiottirli, quando Alex si fermò tutto ad un tratto, stringendo con forza le cuffie che portava al collo.
-Quanti?- chiese Regina. Alex fece un cenno della testa. E si misero in posizione attorno a Shizuka. –Non parlare, non muoverti… ci pensiamo noi, d’accordo?- la ammonì  Regina. Shizuka obbedì, serrò la bocca e rimase in attesa.
Rimase a guardarsi i piedi, insicura, notando uno strano, grosso verme muoversi nel cemento spaccato.
Fece per prendere il bordo della maglietta di Regina, ma fu troppo tardi. Come se nemmeno esistesse, il vermiciattolo rosso si scansò dalla traiettoria della gamba di Shizuka e si attorcigliò alla caviglia di Regina, tirandola indietro. Con un forte tonfo, Regina fu a terra, bloccata dal tentacolo alla gamba.
La zona dello stivale attorno al nodo rosso era diventata bianca, dura, come ricoperta da uno strato di roccia.
-Attacco vampiro!- gridò Regina, evocando il proprio stand. Una massa acquosa alle sue spalle si scagliò contro il tentacolo, sciogliendolo come se niente fosse. Si rialzò a fatica in piedi ed estrasse due grosse bacchette metalliche dagli stivali, che iniziarono a brillare di elettricità. No, onde concentriche, si corresse Shizuka, arretrando e diventando invisibile. Alex evocò il proprio stand a sua volta, quel grosso scatolone di metallo che a Shizuka sembrava così tanto inutile. Le casse al lato di Nothing But the Beat lanciarono uno strano schiocco, e Alex portò le proprie cuffie all’orecchio, con sguardo attento.
-A lato della strada. Sul bordo dell’argine.- annunciò.
Ecolocalizzazione, era questo un altro dei poteri di quello stand. Forse non era così inutile.
In pochi istanti, tutto il bordo stradale fu ricoperto di acqua. Shizuka rimase in disparte, allontanandosi da loro quanto gli fu possibile, terrorizzata, osservando la situazione a malapena visibile con la nebbia che non accennava a diradarsi.
-Siete solo in due.-
Una voce completamente estranea annunciò quelle parole, alle sue spalle. Shizuka si voltò e lo vide. Era lo stesso ragazzo, lo stesso vampiro, che stava per catturarla prima del Campo della Golena. Ed era davanti a lei.
Il panico la prevalse e si ritrasse, cercando di correre da Regina, ma non lo fece. Rimase ad osservarlo, e notò che aveva gli occhi chiusi. Erano entrambi nella nebbia profonda, e i guerrieri della Banda non potevano vederli. E lui non poteva vedere lei, a quanto pare.
Il ragazzo aveva una lunga sciarpa rossa, quasi luminosa. La toccò e le frange alla fine di essa si trasformarono in altri tentacoli, che si avventarono nella nebbia, probabilmente contro Alex e Regina. Non poteva vederli.
Agisci, fa’ qualcosa, non startene lì impalata. Se non agisci, nulla cambierà.
Fece un passo verso di lui, ma i suoi occhi chiusi non la videro. I suoi sensi da vampiro non la sentirono. Gli camminò intorno, cercando di essere la più silenziosa possibile. Pestò un ramoscello, e credette fosse finita.
Si parò le mani sulla testa e si accucciò, cercando di non farsi scoprire.
Il vampiro, sempre con gli occhi chiusi, tese l’orecchio e si voltò nella sua direzione. Alzò le spalle e tornò a concentrarsi verso i guerrieri delle Onde Concentriche. Dalla nebbia provennero delle grida di dolore.
Il vampiro se ne stava sul ciglio della strada, a pochi centimetri dal bordo dell’acqua di Kings&Queens. Quell’acqua era probabilmente lì per intercettare i movimenti e la posizione del nemico, ma lui se ne stava ben attento dal non avvicinarsi nemmeno.
Shizuka sentì una carica provenirle da dentro. Si mise dietro di lui, aspettando il momento giusto.
-Armir e BabyK saranno estremamente felici della vostra disfatta!- gridò lui. Shizuka cercò di imprimersi quei nomi nel cervello, Armir e BabyK. Sapeva che sarebbero stati importanti.
-E finalmente Zaccaria il coraggioso e il suo Red Tide saranno amati e temuti da tutti! Non sarò più considerato uno scarto!-
Red Tide, la sua sciarpa, fluttuava inquietantemente sopra la sua testa mentre i suoi tentacoli si muovevano e frustavano nella nebbia e una strana sostanza che si diramava dalle suole sporche delle sue converse. Sembrava bloccare l’acqua, una specie di pietra bianca che, man mano, si scioglieva nell’acqua.
Sale?
Shizuka non poteva più indugiare. Strinse i pugni invisibili, da cui scaturì qualche onda concentrica pallida. Si spinse in avanti e colpì con le mani aperte la sua schiena coperta dal parka pallido, spingendolo in avanti e facendolo cadere nell’acqua a faccia avanti. Zaccaria gridò e si voltò verso di lei, le iridi luminose e rosse, rabbiose. –Dove sei? Perché non posso vederti!?- gridò.
Il fumo scaturiva dai punti in cui le sue mani avevano toccato i suoi vestiti, mentre piano piano veniva ricoperto di ghiaccio. Kings&Queens si palesò sopra di lui, i suoi occhi liquidi e di un azzurro luminoso e minaccioso piantati su di lui. Il suo braccio divenne di ghiaccio, che a ogni movimento tintinnava e scricchiolava. Alzò il braccio e con una grande violenza lo abbassò sulla testa del vampiro, che fece un sonoro crack. Shizuka tornò visibile e si schiaffò le mani sugli occhi, tremando come una foglia. C’era sangue ovunque, e l’acqua si tinse di rosso scuro. Sentì una mano sulla propria spalla e si voltò di colpo, trovandosi Alex vicino. Il suo sguardo era ancora più abbattuto del solito, pallido e sconvolto. Aveva sulle braccia nude qualche ustione e qualche strano segno rosso, probabilmente causato dai tentacoli di Red Tide.
-Ci pensa Regina, ora…- sussurrò lui, voltandosi dall’altra parte. Shizuka tentò di fare lo stesso, ma invece si voltò ad osservare la scena. Voleva vedere come fare, voleva vedere quel vampiro morire. Era una scena macabra, ma qualcosa dentro di lei la spingeva a osservare, imparare, e in futuro imitare.
Regina spuntò dalla nebbia, infuriata, i lunghi capelli castani incrostati di sale. Pestò a terra e una scarica concentrica si propagò per tutta la superficie dell’acqua, raggiungendo il vampiro, che tremò, colpito dalle scosse elettriche. Iniziò a generare vapore, graffiando il cemento sotto l’acqua mentre gridava, un grido animalesco e per nulla umano. Non è più un umano, si ricordò Shizuka. Può sembrarlo, ma non lo è più. Non devi provare alcuna pietà.
Quando Regina gli fu ormai vicino, alzò una gamba. Sotto al tacco nero dello stivale intravedeva qualcosa luccicare, quelle che sembravano essere delle placche e delle spine metalliche tra il carro armato di gomma della suola.
Abbassò con velocità la gamba e schiacciò la testa rotta del vampiro sotto la propria suola, luce bianca delle Onde Concentriche che si avviluppava attorno alla testa maciullata del vampiro castano e alla caviglia ancora coperta di sale degli stivali di Regina.
In pochi istanti, fu tutto finito. Del vampiro non rimaneva che un cumulo di cenere tra le placide increspature dell’acqua, che si ritirava pian piano. Kings&Queen svanì, e Regina diede un calcio alla cenere, che volò nella nebbia e scomparve definitivamente.
-Andiamo, boss sarà preoccupata.- disse la ragazza, voltando loro la schiena e invitandoli a seguirli. Alex prese per mano Shizuka e, come un bambino spaventato di perdersi, inseguì la ragazza vestita d’azzurro, trascinando Shizuka con sé, e perdendosi nella nebbia.
 
-Zaccaria è morto- sospirò la ragazza dal caschetto verde acqua pallido, aggiustandosi i fiocchetti tra i suoi capelli. Suo fratello gemello annuì al suo fianco, senza dire una parola.
I due gemelli erano seduti sulla cima del campanile, entrambi fissando insistentemente l’incrocio a un centinaio di metri da loro.
Gli occhi rossi e vispi di BabyK scrutarono quelli identici di suo fratello Armir, dondolando le gambe nel vuoto. –Regina è tremendamente forte, come sempre. Non c’è da stupirsi.-
-Ma Zaccaria è stato spinto- insistette Armir, stringendosi la sciarpa pelosa al collo. Il suo sguardo era più concentrato e serioso di quello della sorella. Qualcosa non gli tornava.
-C’erano solo il fratello di Zarathustra e Regina, ed entrambi erano stati intrappolati da Red Tide, ma Zaccaria è caduto nella trappola di Kings&Queens, è stato spinto. Da chi?-
Abbassò lo sguardo, fissando la strada a decine di metri sotto di loro. –Quando ha colpito Zaccaria da dietro, ha sprigionato Onde Concentriche. Ma non ho avvertito nessun altro guerriero dell’Hamon, né nessun umano. E non ho visto nessuno. Cos’era, allora?-
-Una nuova tecnica stand, forse? L’acqua è trasparente. Il suono è trasparente. E Nothing but the Beat del fratellino di Zarathustra è uno stand di nuova acquisizione, ha ancora tante abilità di svilupparsi.- tentò BabyK, iniziando a preoccuparsi quasi quanto il fratello. Il ragazzo negò, con uno strano sorriso sulle labbra, i canini che sporgevano dalle sottili labbra bluastre.
-Non c’è bisogno di crucciarsi così tanto ora, sorellina. Lo scopriremo presto.-
Si sfilò il nastro blu dai capelli e lo lanciò giù dal campanile. –Terminal Frost!- gridò. Sua sorella gli fece eco, lanciando il proprio nastro rosso. –Disco Inferno!-
Si lanciarono assieme giù dal campanile, dolcemente cullati dall’aria che li fece atterrare con calma e in sicurezza sulla strada deserta.
 
Un grosso faro bianco fece luce alla strada davanti a sé, e Shizuka, dopo tanto tempo, non seppe dire quanto, rivide qualcosa oltre all’assoluto grigio della nebbia padana. Un grosso cancello di rame le si parò davanti, sembrando immenso, possente, e antico.
-Siamo a casa!- trillò Regina, stanca e felice di aver finalmente finito la perlustrazione notturna. Shizuka si guardò intorno, ora che le era possibile. La strada continuava, si perdeva nella campagna e nella nebbia, delimitata da entrambi i lati da grossi fossi di campagna, strapieni di acque correnti nere come la pece, larghi almeno un paio di metri. Su uno di questi canali, un largo ponte di cemento spezzava l’andamento del fosso, creando una lunga stradina che si perdeva nella campagna. In fondo, a un centinaio di metri, si ergeva una grande costruzione di mattoni gialli e rossi, opachi e quasi invisibili nella nebbia.
Regina avanzò verso il cancello e, al contatto con la sua mano, creò delle strane scosse bianche.
-Onde concentriche?- si lasciò sfuggire Shizuka, estremamente sorpresa. Alex annuì timidamente, mentre le porte del cancello si aprivano, quasi automaticamente. Lasciarono passare i tre e, come per una qualche sorta di magnetismo, si richiuse alle loro spalle, con un forte rumore metallico. Continuarono a camminare nel freddo, ma non più nel buio, almeno. Il sentiero era delimitato da una parte e dall’altra da piccole luci al led, che segnavano il camminamento di ghiaia e sabbia. Tutt’intorno era campagna, erbe di ogni genere e prato. Raggiunsero l’aia, la corte di cemento, su cui si affacciavano tre grandi strutture: una massiccia casa padronale di mattoni rossi davanti a sé, collegata a un lungo e snello edificio al suo fianco, le finestre chiuse e buie, di vecchio intonaco bianco sbiadito, diventato quasi marrone e grigio. Non aveva porte, l’unico modo per entrarvi era passare per la massiccia e quadrata casa padronale. A sinistra, invece, si trovava un’altra struttura, più bassa, quella che in tempi passati doveva essere stata una stalla.
Una fioca luce proveniva da una finestra della casa padronale. Regina la spinse avanti, sorridendole. –Andiamo, il Boss ci aspetta.-
Shizuka, al ricordo della temibile Zarathustra, ebbe un brivido. Alex fece strada a tutti, aprendo la complicata serratura con due chiavi, spingendo la pesante porta di legno e aspettando che le altre entrassero nella villa.
Shizuka, con non poco spaventata, fece un passo avanti, rimanendo ferma sulla soglia. Nessun genkan, il posticino per le scarpe nelle case giapponesi, ad attenderla all’ingresso. Ormai non era più abituata ad entrare in una casa occidentale.
-Permesso…- disse timidamente, pulendosi per bene le suole delle converse al ginocchio e togliendosele, appoggiando il piede coperto solo dalla calza sul marmo gelido. Ebbe un brivido, ma nessuno sembrò darle importanza. Anche Regina e Alex si tolsero stivali e scarpe, riponendoli educatamente in una scarpiera nell’andito all’entrata, tirando fuori da essa delle ciabatte e incamminandosi verso una porta alla loro destra. Shizuka li seguì timidamente, sempre rimanendo sulla soglia.
-Avanti- rispose una voce familiare. Si sporse dalla porta di mogano e osservò una figura seduta al grosso tavolo di legno scuro, intenta a leggere un enorme tomo polveroso dalle pagine gialle sorseggiando una grossa tazza di caffè nero.
Alex si sedette al fianco della sorella, osservandola con gli occhi spalancati e luminosi e un sorrisone sulle labbra. –Abbiamo trovato un vampiro con stand!- disse, con una brillantezza che non aveva mai dimostrato quando erano da soli, fuori.
Zarathustra si alzò in piedi e si incamminò solenne verso di lei. Shizuka rimase ferma, immobile e terrorizzata anche solo dalla sua presenza. –Sono Zarathustra De Luna, ma penso tu già mi conosca, vero?-
Shizuka annuì. Notò che portava ancora un cerotto sul naso, ricordo di quando gliel’aveva rotto alla Città della Moda.
-Mi…- fece per scusarsi Shizuka, ma il Boss alzò una mano e la zittì. –Noi non ci conosciamo. Non ci siamo mai conosciute. Ti ho notato mentre eri in una visita turistica alle chiese di La Bassa, e ho notato che eri una potenziale portatrice di stand e onde concentriche. Ho mandato Alex e Regina a prenderti, e ora sei una matricola nella Banda. E io sono il tuo Boss.-
Shizuka abbassò lo sguardo, annuendo sommessamente. –Sì, Boss.-
Zarathustra le dimostrò un mezzo sorriso e le appoggiò una gelida mano sulla testa, cercando di darle una pacca di rassicurazione.
-Alex, vai a chiamare gli altri. Radunali nella Sala Centrale.-
Alex saltò in piedi e corse fuori dalla cucina, salendo rumorosamente su per delle scale.
-Come facevi a sapere che io sarei scappata?- chiese Shizuka mentre Regina e Zarathustra la scortavano attraverso l’andito d’ingresso, prendendo un’altra porta e ritrovandosi un una grossa sala, con il pavimento ricoperto da un enorme tappeto colorato, bordato da diversi grossi divani di tela e qualche televisore sui vecchi mobili.
Si mise al centro del divano e Regina si sedette al lato, con la schiena contro il divano. Shizuka fece per sedersi a sua volta, ma Zarathustra negò alla sua azione. Sembrava incredibile a Shizuka come quella ragazza, alta di una decina di centimetri più di lei e non molto più massiccia, a incutere così reverenza.
-Inventati un cognome.- la ammonì Zarathustra. –Conoscono il cognome “Higashikata”.-
Shizuka non fece in tempo nemmeno a metabolizzare la sua affermazione che dei rumori attrassero la sua attenzione.
Ciabattando, gli altri componenti della Banda scaturirono nella sala, parlottando e borbottando tra loro.
Si sedettero in cerchio attorno a Zarathustra e Shizuka, fissando la ragazza giapponese con fin troppa insistenza. Shizuka iniziò a sentirsi a disagio, e tra loro vide sguardi guardinghi, curiosi e divertiti.
-Chi è la nostra ospite?- chiese un ragazzo dai capelli neri e un pigiama elegante, fissandola con i suoi occhi blu fin troppo profondi.
-Ludovico, lei è Shizuka. Non è un “ospite”. Sarà una nuova componente della Banda.-
-Permanente?- chiese un ragazzo al fianco di Regina, dai capelli metà platino e metà corvini e lo sguardo dorato pieno di paura. –Forse- rispose Zarathustra, senza davvero rispondergli.
-Come ti chiami?- le gridò il gracile e basso ragazzo dai pazzi capelli viola scuro lunghi fino alle spalle. Shizuka si guardò intorno, e le parole le uscirono dalle labbra come se fossero sempre state lì, pronte a fuggire.
-Shizuka Nijimura.-
Le domande furono molte. Da dove vieni? Come fai a sapere l’italiano così bene? Quanti anni hai?
Shizuka iniziava a innervosirsi per quelle domande. Non sapeva cosa rispondere, se la verità o altre menzogne.
-Lasciatele un po’ di respiro, la notte ormai è fonda e credo che la nostra Shizuka abbia sonno.-
Zarathustra si pose tra lei e i ragazzi, sorridenti ed emozionati per la nuova amicizia.
-Lo siamo tutti. Andiamo a dormire, ora.-
I ragazzi annuirono e salutarono Shizuka. Una ragazza altissima e dai lunghi capelli rossi e viola, Noemi, abbracciò Shizuka e le sorrise divertita, saltellando via. Shizuka sorrise a sua volta, emozionata di avere finalmente dei nuovi amici.
-Regina?- disse Zarathustra. La ragazza castana si fermò vicino alle due, mentre Zarathustra tornava alla cucina, dal suo caffè e dal suo librone.
-Accompagna Shizuka nella camera libera, grazie. E buonanotte ad entrambe.-
Gelida come sempre, si congedò da loro e tornò in cucina. Regina prese Shizuka delicatamente per un braccio e la accompagnò su per le scale nell’andito d’ingresso, e su per altre rampe di scale e corridoi che le sembrarono infiniti. Si ritrovarono in un lungo corridoio, solcato a destra da cinque porte. Shizuka seguì Regina fino alla fine del corridoio, indicando l’ultima porta e sorridendole. –Questa è la tua stanza. È un po’ fresca perché non abbiamo acceso i termosifoni da molto, ma il pavimento è sempre caldo d’inverno, perché passano sotto i tubi dell’acqua. Se hai bisogno di me, sono esattamente nella camera vicino alla tua. Buonanotte!-
Con un sorrisone materno le consegnò le chiavi della stanza e le voltò le spalle, fiondandosi nella porta al fianco. Shizuka aveva le mani che tremavano dall’emozione, e trascinandosi dietro il proprio trolley entrò nella stanza, richiudendola a chiave alle sue spalle e accendendo la luce del vecchio e polveroso lampadario appeso al soffitto. Era una grossa camera che sembrava uno studio. Un grosso letto era schiacciato al muro, vicino a un antico armadio a due ante e a un grosso comodino. Alle altre pareti erano appoggiati delle cassettiere e una pesante scrivania di mogano, di fianco a una grossa finestra che dava sulla campagna, ora buia e grigia. Sospirò e appoggiò il trolley al fianco della testata del letto, troppo stanca per svuotare la valigia. Si infilò in fretta e furia il pigiama e crollò sul suo nuovo letto, sprofondando sotto le coperte. Erano fredde e profumate, nuove di zecca, e sapevano di sapone alla lavanda. Shizuka amava il profumo di lavanda.
Spense la luce e rimase al buio sotto le coperte, annusando quel buon profumo che, almeno per un po’, non le facevano pensare a quello che aveva fatto quella notte.
 
-Shizuka. Apri gli occhi.-
Era una voce calda e fin troppo conosciuta, come se le avesse rimbombato nel cranio da sempre. Era un ordine quello, ma quell’ordine le sembrava quasi detto con un tono dolce e marziale.
Aprì gli occhi, e vide la luce.
Alzò la testa dalle cosce della persona che le aveva parlato e si mise a sedere al suo fianco, strofinandosi le mani sugli occhi.
Un giardinetto ameno e puro, l’erba verde brillante che pizzicava placidamente sotto i suoi palmi. Erano seduti sul bordo di un laghetto dalle acque cristalline. Shizuka si scostò la gonnella candida e mise i piedi nell’acqua del laghetto, osservando le carpe e i pesciolini rossi scappare via mentre lei dondolava le gambe nell’acqua fresca.
-Dove siamo?- chiese Shizuka, stranamente calma.
-Questa è la tua mente.- rispose la figura luminosa al suo fianco, mentre le lisciava i capelli arruffati dal sonno. –L’ho ripulito. Era un luogo molto più scuro e sporco, prima.-
-Prima di cosa?-
-Prima che io prendessi il controllo.-
La luce dorata del ragazzo al suo fianco la riscaldava. Lunghi boccoli dorati scendevano dalla sua spalla, avvolti in perline di tutti i colori, e i suoi occhi chiari la osservavano con curiosità.
-Io sono sempre stato qui. Io ti ho sempre osservata.-
La sua pelle diafana era bianca e luminosa, i suoi occhi verdi la spiavano in ogni suo movimento. Ma Shizuka si sentiva protetta, al sicuro con lui.
-Mi hai fatta volare?- chiese Shizuka. L’uomo annuì. –Hai spiccato bene il volo. Ma devi continuare a battere le ali, o cadrai.-
-Non voglio cadere- rispose la ragazza, presa da un lampo di paura. –ma io non ho le ali.-
-Io sono le tue ali.
Si scostò i capelli dalla spalla e prese una piuma dorata dello stesso colore dei suoi capelli, allungandola verso le mani di Shizuka. Appoggiò la piuma sul palmo della mano di Shizuka.
-Io ti farò volare, Shizuka, ti farò volare in alto, come nessuno ha mai fatto. Ma devi permettermelo. Permettimi di farti volare, volare davvero.-
Le sue dita sfiorarono il palmo della mano di Shizuka, e sentì una forte scossa provenire dai suoi polpastrelli, una scossa dolorosa, che le passò tutto il corpo, tagliente come una spada.
-Me lo devi permettere.-
 
 
 
You can see the change you want to
Be what you want to be!
A Head Flull of Dreams, Coldplay (A Head Full of Dreams, 2016)
 
Note dell’autrice
Sono tornata di già col capitolo 18 perchè come potevo aspettare per una bomba del genere?
Sono stati introdotti molti personaggi, nuovi e non, e vi lascio così con tutte queste domande. Perché sono cattiva.
In questi prossimi giorni di festa natalizia (prima degli esami di inizio anno, per intenderci) spero di pubblicare almeno il prossimo capitolo. Per ora credo che questo possa bastarvi però. Mi sa che c’è molto da riflettere su questa bomba che vi ho appena droppato.
Ciao a tutti, non odiatemi vi prego!
   
 
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