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Autore: Crateide    13/12/2016    2 recensioni
"- ...E allora io dico: Buona Apocalisse a tutti!!!
Dean si portò una mano al viso, sentendo Lucifero, palesemente sbronzo e con la bocca impastata, dare il suo bizzarro quanto inquietante augurio."
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prompt: Buona Apocalisse a tutti!

Da: Celtica.

Gruppo facebook: Il Giardino di Efp.

Note: Non so fino a che punto questa... ehm... cosa abbia senso, ma mi ha divertito tantissimo scriverla, soprattutto dal punto di vista di Dean, che personalmente adoro. Che dire? Spero che faccia divertire un po’ anche voi e, soprattutto, mi auguro di non aver fatto un casino con le note della storia.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La porta sgangherata del “Roadhouse” scricchiolò quasi sinistramente, mentre si apriva con una lentezza esasperante.

Dean sapeva che si sarebbe pentito amaramente ancor prima di scorgerne l’interno, ancor prima che il fumo delle sigarette gli bruciasse le narici e che quell’orrida musichetta natalizia – natalizia, scherziamo? – gli perforasse i timpani.

Tutti i presenti si volsero all’unisono, osservandolo come se lo vedessero per la prima volta. Ognuno aveva cessato la propria attività, chi chiacchierava era rimasto a bocca aperta, mentre chi beveva con la bottiglia di birra sollevata a mezz’aria.
- Beh? Che avete da guardare? Tsè!
- Finalmente, Dean! – Sam, con un ridicolo frontino da renna in testa (oh Cielo! Adesso sì che le aveva viste davvero tutte!), gli venne incontro a braccia aperte con un’espressione preoccupata – credevo ti fossi perso. Come mai questo ritardo, hai avuto problemi?

Dean salutò con un cenno del capo Ellen affaccendata dietro al bancone e, infine, guardò negli occhi il fratello, reprimendo dentro di sé la voglia di tirargli un pugno e strappargli dalla testa quella cosa.
- Non ero molto entusiasta nel partecipare alla serata – rispose fra i denti, intanto che individuava Lucifero e Crowly che parlottavano fra loro nell’angolo più buio del locale.
- Ehi, Dean! Muovi quel tuo culo e vieni a bere qualcosa con noi! Per tutti i demoni! – urlò Bobby, mezzo sbronzo, che ruotando il busto verso le due creature infernali lì presenti, aggiunse subito – senza offesa, eh!

Dean agguantò la spalla del fratello e con un ghigno che preannunciava una crisi di nervi, disse:
- Ti pare una buona idea, questa? Sai che se succede qualcosa è tutta colpa tua, sì?

Sam cercò di sottrarsi a quella presa di ferro, senza successo. Un sudore freddo gli imperlò il labbro superiore e la fronte ampia, trasudando tutto il timore che stava provando in quel preciso momento.
- Tutti hanno promesso di comportarsi bene – rispose, deglutendo – in fondo, oggi è Natale!

Pac!

Dean strabuzzò gli occhi e si girò di scatto, trovandosi faccia a faccia con un volto noto, dagli inquietanti occhi neri.
- Coraggio Dean, non fare sempre il guasta feste e prova a divertirti. In fondo, a Natale siamo tutti più buoni!
- Ehi Meg! – le urlò dietro, mentre il demone dal caschetto biondo si allontanava ancheggiando – nessuno può palparmi il culo! A meno che non sia io a permetterglielo, capito?

Sam ingoiò una risata sommessa.
- Dean, Meg non ha tutti i torti.

Dean si portò le mani ai capelli, scandalizzato.
- Ma che fai, la difendi?! – urlò.
- Coraggio, entra. Vedrai che ti divertirai – lo incalzò il fratello.

“Cosa mi tocca fare...”.

Con un gesto stizzito richiuse la porta alle proprie spalle, impedendo agli spifferi di freddo e alla neve – che nel frattempo aveva ripreso a scendere – di entrare nell’allegra locanda.

Dean si guardò intorno e oltre a qualche demone di sua conoscenza e che avrebbe voluto piacevolmente rispedire all’Inferno, riconobbe l’Arcangelo Michele, che alzò il suo calice di birra e gli scoccò un sorriso divertito.
- O Dio, anche lui... – si lamentò fra sé.
- E non solo, bello mio!

Dean chiuse gli occhi e imprecò.
- Gabriele! – si volse, ritrovandosi l’Arcangelo avvinghiato a due belle morette dalle forme prorompenti – anche tu qui, eh?

Gabriele sorrise con malizia e con le mani indicò l’ambiente che lo circondava.
- Per nulla al mondo mi sarei perso un party del genere! Non sono mica scemo come te! Se Jo non ti avesse chiamato, col cavolo che saresti venuto.
- Infatti avevo di meglio da fare.
- Del tipo? Mangiare hamburger di dubbia qualità sulla tua Impala e magari farti qualche sega sfogliando riviste porno?

Il sopracciglio di Dean prese a vibrare.
- Io non mi faccio... – si interruppe, molleggiando le mani e cercando di mantenere la calma – sai che ti dico? Hai ragione! Meglio che mi diverta. Vado a bere, nella speranza di finire in coma etilico e dimenticare tutto questo.

“Angeli e demoni nella stessa stanza!” pensava, dirigendosi a passo lesto verso il bancone del bar. “Praticamente, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere!”.

Eppure, doveva ammetterlo, il clima che si respirava sapeva proprio di Natale. Era pacifico, rilassante, spensierato. Tutti ridevano, tutti parevano divertirsi davvero e nessuno sembrava desiderare di uccidere i rispettivi avversari.

Dean sollevò gli occhi e vide un rametto di vischio pendere sopra di lui, proprio sullo sgabello su cui si era appena seduto. Chissà, forse era quella la “magia del Natale”...
- Allora?

La voce di Jo lo richiamò dai propri – assurdi – pensieri. La guardò, bellissima e angelica, che gli sorrideva serena al di là del bancone.
- Allora cosa?
- Che ti porto?
- Una birra, come al solito.

Dean si lanciò una nuova occhiata intorno, quasi furtivamente. Riconobbe visi noti, come quelli di Raffaele, Anna e Uriel, ma non vide quello che gli interessava davvero.
- Non è venuto.

Riportò gli occhi su Jo – su quella ragazzina tutto pepe che considerava come la sorella che non aveva mai avuto – e fece finta di nulla.
- Non capisco a chi ti riferisci – disse.

La giovane sollevò un sopracciglio e gli porse la sua birra.
- A Castiel, idiota.

Castiel...

Da quanto tempo non lo vedeva? Giorni, settimane, mesi? E chi contava più, ormai.

Una fitta al petto gli spezzò il respiro e, per la prima volta, Dean provò quasi disgusto per la birra che aveva appena sorseggiato. Che accidenti gli era preso? Era bastato pensare al quel bastardo di angelo per incupire ancor di più il suo umore già nero.

In quel Natale – il primo che stava davvero festeggiando, se si soffermava a pensare – sentiva che gli mancava qualcosa per essere felice, per sentirsi davvero a casa. Lui, che una casa non l’aveva.
- ...E allora io dico: Buona Apocalisse a tutti!!!

Dean si portò una mano al viso, sentendo Lucifero, palesemente sbronzo e con la bocca impastata, dare il suo bizzarro quanto inquietante augurio.
- Che idiota, eh?

“Non ci posso credere!”.

Si girò di scatto, ansando. Il respiro non voleva proprio scendere giù in gola e si fermava sulla punta della lingua, come quando andava a caccia e la paura e la sorpresa lo incalzavano fino a stordirlo.

Accanto a lui, era apparso Castiel.
- Castiel – l’ira gli imporporò le gote – maledetto figlio di puttana...

L’angelo gli rivolse uno sguardo profondo e accorato. Non rispose alla provocazione e si limitò ad osservarlo con quei suoi maledettissimi occhi blu, di quella stessa sfumatura che prendeva il cielo all’imbrunire, quando il Sole scivola via al di là dell’orizzonte.
- Perché non ti sei fatto vivo prima? – gli sibilò ad un tratto Dean, riprendendo il controllo sulle proprie emozioni – non sai quante volte ti ho invocato, ho pregato per vederti.
- Lo so – rispose Castiel e tacque.
- Cosa mi nascondi?
- Nulla.
- Dove sei stato, allora?

Ma l’angelo non disse niente e rimase in silenzio. Dean sentì le mani prudergli. Quanto avrebbe voluto tirargli un pugno!
- Altri segreti, Castiel?
- Dovevo riflettere.

Dean alzò le mani al cielo e distolse lo sguardo.
- Certo, come no! – disse – è tipico di te, in fondo. Invece di affrontare i problemi, preferisci evitarli e “riflettere”!
- Dean...
- Dean un corno! – gli si avvicinò, catturando il suo sguardo con il proprio – non hai idea di quanto tu mi sia mancato, razza di imbecille. Non sapere dov’eri, se stavi bene... ogni giorni che passava mi chiedevo “lo rivedrò?” e la risposta che mi davo era quasi sempre negativa.

Castiel si volse completamente verso di lui e lo fronteggiò a lungo, in silenzio, come se stesse cercando di scrutargli la mente e il cuore. Dean sentì le risa, le scurrilità e le urla che lo circondavano farsi lontane. Il “Roadhouse” sfarinò intorno a lui e rimasero solo loro due, una bottiglia di birra mezza vuota e un rametto di vischio che pendevano sulle loro teste.
- Perdonami – sussurrò Castiel – non accadrà più.

Dean prese aria e lo afferrò per la cravatta, avvicinandolo a sé ancora di più. Raccolse il coraggio a due mani e posò le proprie labbra su quelle dell’angelo, premette con forza, come a volergli imprimere un marchio. Le forzò, sfiorando quella lingua umida che rispose quasi subito, che s’intrecciò alla sua come una serpe.
- Dean...
- Ssshhh! – il ragazzo gli sorrise sulla bocca semiaperta – non avrei dovuto?
- No, non avresti dovuto.

Sogghignò.
- Beh... Buona Apocalisse, Castiel!

 

 

 

   
 
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