Prompt: Buona
Apocalisse a tutti!
Da: Celtica.
Gruppo facebook: Il Giardino di
Efp.
Note: Non so fino a
che punto questa...
ehm... cosa abbia senso, ma mi ha
divertito tantissimo scriverla, soprattutto dal punto di vista di Dean,
che
personalmente adoro. Che dire? Spero che faccia divertire un
po’ anche voi e,
soprattutto, mi auguro di non aver fatto un casino con le note della
storia.
Buona
lettura!
La porta
sgangherata del “Roadhouse”
scricchiolò quasi sinistramente, mentre si apriva con una
lentezza esasperante.
Dean sapeva che
si
sarebbe pentito amaramente ancor prima di scorgerne
l’interno, ancor prima che
il fumo delle sigarette gli bruciasse le narici e che
quell’orrida musichetta
natalizia – natalizia, scherziamo? –
gli perforasse i timpani.
Tutti i presenti
si
volsero all’unisono, osservandolo come se lo vedessero per la
prima volta.
Ognuno aveva cessato la propria attività, chi chiacchierava
era rimasto a bocca
aperta, mentre chi beveva con la bottiglia di birra sollevata a
mezz’aria.
- Beh? Che avete da guardare? Tsè!
- Finalmente, Dean! – Sam, con un
ridicolo frontino da renna in testa (oh Cielo! Adesso
sì che le aveva viste
davvero tutte!), gli venne incontro a braccia aperte con
un’espressione
preoccupata – credevo ti fossi perso. Come mai questo
ritardo, hai avuto
problemi?
Dean
salutò con un cenno
del capo Ellen affaccendata dietro al bancone e, infine,
guardò negli occhi il
fratello, reprimendo dentro di sé la voglia di tirargli un
pugno e strappargli
dalla testa quella cosa.
- Non ero molto entusiasta nel partecipare alla serata –
rispose fra i denti,
intanto che individuava Lucifero e Crowly che parlottavano fra loro
nell’angolo
più buio del locale.
- Ehi, Dean! Muovi quel tuo culo e vieni a bere qualcosa con noi! Per
tutti i
demoni! – urlò Bobby, mezzo sbronzo, che ruotando
il busto verso le due
creature infernali lì presenti, aggiunse subito –
senza offesa, eh!
Dean
agguantò la spalla
del fratello e con un ghigno che preannunciava una crisi di nervi,
disse:
- Ti pare una buona idea, questa? Sai che se succede qualcosa
è tutta colpa
tua, sì?
Sam
cercò di sottrarsi a
quella presa di ferro, senza successo. Un sudore freddo gli
imperlò il labbro
superiore e la fronte ampia, trasudando tutto il timore che stava
provando in
quel preciso momento.
- Tutti hanno promesso di comportarsi bene – rispose,
deglutendo – in fondo,
oggi è Natale!
Pac!
Dean
strabuzzò gli occhi
e si girò di scatto, trovandosi faccia a faccia con un volto
noto, dagli
inquietanti occhi neri.
- Coraggio Dean, non fare sempre il guasta feste e prova a divertirti.
In
fondo, a Natale siamo tutti più buoni!
- Ehi Meg! – le urlò dietro, mentre il demone dal
caschetto biondo si
allontanava ancheggiando – nessuno può palparmi il
culo! A meno che non sia io
a permetterglielo, capito?
Sam
ingoiò una risata
sommessa.
- Dean, Meg non ha tutti i torti.
Dean si
portò le mani ai
capelli, scandalizzato.
- Ma che fai, la difendi?! – urlò.
- Coraggio, entra. Vedrai che ti divertirai – lo
incalzò il fratello.
“Cosa
mi tocca fare...”.
Con un gesto
stizzito
richiuse la porta alle proprie spalle, impedendo agli spifferi di
freddo e alla
neve – che nel frattempo aveva ripreso a scendere –
di entrare nell’allegra
locanda.
Dean si
guardò intorno e
oltre a qualche demone di sua conoscenza e che avrebbe voluto
piacevolmente
rispedire all’Inferno, riconobbe l’Arcangelo
Michele, che alzò il suo calice di
birra e gli scoccò un sorriso divertito.
- O Dio, anche lui... – si lamentò fra
sé.
- E non solo, bello mio!
Dean chiuse gli
occhi e
imprecò.
- Gabriele! – si volse, ritrovandosi l’Arcangelo
avvinghiato a due belle
morette dalle forme prorompenti – anche tu qui, eh?
Gabriele sorrise
con
malizia e con le mani indicò l’ambiente che lo
circondava.
- Per nulla al mondo mi sarei perso un party del genere! Non sono mica
scemo
come te! Se Jo non ti avesse chiamato, col cavolo che saresti venuto.
- Infatti avevo di meglio da fare.
- Del tipo? Mangiare hamburger di dubbia qualità sulla tua
Impala e magari
farti qualche sega sfogliando riviste porno?
Il sopracciglio
di Dean
prese a vibrare.
- Io non mi faccio... – si interruppe, molleggiando le mani e
cercando di
mantenere la calma – sai che ti dico? Hai ragione! Meglio che
mi diverta. Vado
a bere, nella speranza di finire in coma etilico e dimenticare tutto
questo.
“Angeli
e demoni nella stessa stanza!” pensava,
dirigendosi a passo lesto
verso il bancone del bar. “Praticamente,
una bomba ad orologeria pronta ad esplodere!”.
Eppure, doveva
ammetterlo, il clima che si respirava sapeva proprio di Natale. Era
pacifico,
rilassante, spensierato. Tutti ridevano, tutti parevano divertirsi
davvero e
nessuno sembrava desiderare di uccidere i rispettivi avversari.
Dean
sollevò gli occhi e
vide un rametto di vischio pendere sopra di lui, proprio sullo sgabello
su cui
si era appena seduto. Chissà, forse era quella la
“magia del Natale”...
- Allora?
La voce di Jo lo
richiamò
dai propri – assurdi
– pensieri. La
guardò, bellissima e angelica, che gli sorrideva serena al
di là del bancone.
- Allora cosa?
- Che ti porto?
- Una birra, come al solito.
Dean si
lanciò una nuova
occhiata intorno, quasi furtivamente. Riconobbe visi noti, come quelli
di
Raffaele, Anna e Uriel, ma non vide quello che gli interessava davvero.
- Non è venuto.
Riportò
gli occhi su Jo –
su quella ragazzina tutto pepe che
considerava come la sorella che non aveva mai avuto
– e fece finta di
nulla.
- Non capisco a chi ti riferisci – disse.
La giovane
sollevò un sopracciglio
e gli porse la sua birra.
- A Castiel, idiota.
Castiel...
Da quanto tempo
non lo
vedeva? Giorni, settimane, mesi? E chi contava più, ormai.
Una fitta al
petto gli
spezzò il respiro e, per la prima volta, Dean
provò quasi disgusto per la birra
che aveva appena sorseggiato. Che accidenti gli era preso? Era bastato
pensare
al quel bastardo di angelo per incupire ancor di più il suo
umore già nero.
In quel Natale
– il primo che stava davvero
festeggiando, se
si soffermava a pensare – sentiva che gli mancava
qualcosa per essere
felice, per sentirsi davvero a casa. Lui, che una casa non
l’aveva.
- ...E allora io dico: Buona Apocalisse a tutti!!!
Dean si
portò una mano al
viso, sentendo Lucifero, palesemente sbronzo e con la bocca impastata,
dare il
suo bizzarro quanto inquietante augurio.
- Che idiota, eh?
“Non
ci posso credere!”.
Si
girò di scatto,
ansando. Il respiro non voleva proprio scendere giù in gola
e si fermava sulla
punta della lingua, come quando andava a caccia e la paura e la
sorpresa lo incalzavano
fino a stordirlo.
Accanto a lui,
era
apparso Castiel.
- Castiel – l’ira gli imporporò le gote
– maledetto figlio di puttana...
L’angelo
gli rivolse uno
sguardo profondo e accorato. Non rispose alla provocazione e si
limitò ad
osservarlo con quei suoi maledettissimi occhi blu, di quella stessa
sfumatura
che prendeva il cielo all’imbrunire, quando il Sole scivola
via al di là
dell’orizzonte.
- Perché non ti sei fatto vivo prima? – gli
sibilò ad un tratto Dean,
riprendendo il controllo sulle proprie emozioni – non sai
quante volte ti ho
invocato, ho pregato per vederti.
- Lo so – rispose Castiel e tacque.
- Cosa mi nascondi?
- Nulla.
- Dove sei stato, allora?
Ma
l’angelo non disse
niente e rimase in silenzio. Dean sentì le mani prudergli.
Quanto avrebbe
voluto tirargli un pugno!
- Altri segreti, Castiel?
- Dovevo riflettere.
Dean
alzò le mani al
cielo e distolse lo sguardo.
- Certo, come no! – disse – è tipico di
te, in fondo. Invece di affrontare i
problemi, preferisci evitarli e “riflettere”!
- Dean...
- Dean un corno! – gli si avvicinò, catturando il
suo sguardo con il proprio – non
hai idea di quanto tu mi sia mancato, razza di imbecille. Non sapere
dov’eri,
se stavi bene... ogni giorni che passava mi chiedevo “lo
rivedrò?” e la
risposta che mi davo era quasi sempre negativa.
Castiel si volse
completamente verso di lui e lo fronteggiò a lungo, in
silenzio, come se stesse
cercando di scrutargli la mente e il cuore. Dean sentì le
risa, le scurrilità e
le urla che lo circondavano farsi lontane. Il
“Roadhouse” sfarinò intorno a lui
e rimasero solo loro due, una bottiglia di birra mezza vuota e un
rametto di
vischio che pendevano sulle loro teste.
- Perdonami – sussurrò Castiel – non
accadrà più.
Dean prese aria
e lo
afferrò per la cravatta, avvicinandolo a sé
ancora di più. Raccolse il coraggio
a due mani e posò le proprie labbra su quelle
dell’angelo, premette con forza,
come a volergli imprimere un marchio. Le forzò, sfiorando
quella lingua umida
che rispose quasi subito, che s’intrecciò alla sua
come una serpe.
- Dean...
- Ssshhh! – il ragazzo gli sorrise sulla bocca semiaperta
– non avrei dovuto?
- No, non avresti dovuto.
Sogghignò.
-
Beh... Buona Apocalisse, Castiel!