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Autore: Shadow writer    13/12/2016    2 recensioni
Dopo l'ultimo caso, che ha messo in discussione la sua carriera e la sua vita, il detective Harrison Graham credeva di aver finalmente trovato la pace insieme alla figlia, Emilia, e alla donna che ama, Tess. Ma un nuovo ed imprevisto caso lo trascina in un'indagine apparentemente inverosimile, in cui nulla è ciò che appare e nessuno appare per ciò che è. La ricerca lo costringe a collaborare con il suo acerrimo nemico, Gibson, ma soprattutto porta alla luce il fantasma del passato di una persona a lui molto, molto vicina, e a realizzare che forse, il detective non l'ha mai conosciuta veramente...
[AVVISO: "Smoke and Mirrors" è il seguito di "Blink of an eye", che potete trovare sul mio profilo]
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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4_ All day and all of the night



 
La casa in stile palladiano si ergeva al centro del parco, creando un gioco di contrasti con l'oscurità della notte grazie ai faretti che la illuminavano dal basso. La facciata principale, di un bianco candido, prendeva forma dalle colonne doriche e culminava nel timpano semplice e privo di decorazioni. 
La casa era circondata da una sorta di portico che ricordava i pronai dei tempi greci, accessibile tramite alcuni gradini dello stesso bianco del resto della casa.
Su questo si distinguevano le figure degli ospiti, eleganti nei loro abiti da sera, mentre porgevano gli inviti alle guardie e venivano accompagnati all'interno.
«Ricordati di rimanere sempre lucida e attenta alla situazione» stava dicendo il detective Harrison Graham, avvicinandosi all'ingresso con la propria accompagnatrice al braccio «così che al minimo cenno di pericolo...»
«...mi precipiterò verso l'uscita più vicina» terminò Tess alzando gli occhi al cielo «Quando smetterai di ripeterlo?»
«Quando sarò certo che tutto sia andato per il verso giusto» replicò lui, nervosamente.
Raggiunsero la guardia, un omone massiccio, che controllò i loro inviti.
«Benvenuti, signori, e buona serata» rivolse loro un sorriso accogliente e li fece entrare.
I due si trovarono in un ampio ingresso, non meno magnifico dell'esterno della casa. Le pareti ed il soffitto erano decorati con stucchi e affreschi che riprendevano soggetti della classicità, così che pavoni succedevano conchiglie e cigni e molto altro.
«Posso prendere i vostri soprabiti?» domandò un uomo guardandoli.
I due acconsentirono e consegnarono gli indumenti, che vennero depositi in un apposito stanzino, insieme a quelli degli altri invitati.
Tess scorse i loro riflessi in un vetro e si perse un istante nell'osservare l'immagine.
Non aveva mai visto Harrison così elegante, in completo nero in contrasto con la camicia bianca, e addirittura la cravatta nera al collo. Nonostante quello non fosse il suo solito stile, l'uomo faceva decisamente colpo.
Si era rasato del tutto la barba, cosa che faceva raramente, e aveva perso del tutto l'aspetto del trasandato detective che era tutti i giorni.
Anche lei stessa, dovette ammettere Tess, faceva la propria figura. Indossava un abito color neve, decorato da cristalli lungo il busto e le maniche, mentre la gonna scendeva fino ai piedi in morbidi svolazzi di chiffon candido. Il colore faceva apparire i suoi occhi più intensi e profondi, aiutati anche dal trucco.
«Siamo davvero sexy» constatò Harrison, ricambiando lo sguardo di Tess nella vetrata.
Lei gli sorrise, poi rivolse il capo verso il corridoio che conduceva nella sala successiva.
«Andiamo?» domandò e l'uomo aprì la bocca, come per aggiungere qualcosa, ma vista l'occhiata della sua accompagnatrice, decise di tacere e dirigersi dove gli era stato detto.
Si ritrovarono in una sala ampia, più lunga che larga, affollata di persone che ammiravano i quadri e gli altri oggetti disposti lungo le pareti. Il fondo della sala si biforcava, ampliando ancora lo spazio destinato alla mostra.
Tra gli invitati circolavano i camerieri con i vassoi di champagne o tartine, mentre il resto del buffet veniva servito nel punto d'incontro delle tre stanze.
Tess ed Harrison avanzarono lentamente, guardandosi intorno per studiare l'ambiente quanto i volti delle persone.
Era evidente il loro ritenersi appartenenti ad una classe sociale superiore, per la ricercatezza che utilizzavano in ogni gesto, discorso o anche nel semplice modo di camminare.
Tutti erano ben vestiti, ordinatamente pettinati e doverosamente profumati di colonie costose.
Al braccio di ogni uomo in giacca e cravatta, stava una donna altrettanto affascinante che sfoggiava abiti e gioielli come parte complementari della propria bellezza.
Tess ricordava di aver partecipare all'evento al braccio di Elliot, che si muoveva senza problemi in quell'ambiente e lei si era sentita a proprio agio di riflesso.
In quel momento, invece, Harrison le stava trasmettendo il proprio nervosismo, tanto per l'evento in sé quanto per il probabile furto che sarebbe avvenuto.
I due attraversarono la sala adattandosi alla falcata elegante degli altri presenti e raggiunsero velocemente il tavolo del buffet.
Harrison afferrò un bicchiere di champagne al volo da un vassoio e lo sorseggiò con una lentezza forzata.
«Non parlavi di "rimanere sempre lucidi e attenti"?» domandò la donna guardandolo di sottecchi.
Lui la fulminò con le iridi verde smeraldo: «Mi sto trattenendo, Tessie, ed è un grande sforzo»
Lei alzò gli occhi al cielo, ma non fece in tempo ad aggiungere altro, perché il suo sguardo fu attratto da una figura poco distante.
L'uomo che stava osservando, sollevò il capo e incrociò gli occhi di Tess. Questa impiegò un istante a realizzare che Elliot la stava fissando a sua volta, ma quando ne fu consapevole, accennò un cenno di saluto con il capo in sua direzione.
Elliot rispose, la fissò per qualche istante, poi tornò a parlare con la signora che aveva di fronte.
Tess espirò e si accorse che aveva trattenuto il respiro per tutto il tempo.
Era stato inconsapevole, ma la sua mente sembrava non aver elaborato che lei si trovava lì con Harrison e non più con Elliot e le era sembrato strano vedere l'uomo lontano da lei.
«Hai visto qualcosa?» domandò il detective in quel momento, affiancandola.
Lei scosse il capo e, voltandosi verso di lui, realizzò che stava bevendo il secondo bicchiere di champagne.
Lo fulminò con lo sguardo.
«Harrison!» sibilò «Sei qui per lavorare»
Lui le rivolse uno sguardo scocciato: «Lo so, credimi. Io non comprometto mai il mio lavoro, mai»
Come per dimostrarlo, depose il bicchiere vuoto sul vassoio di un cameriere di passaggio e porse il braccio alla donna.
Lei sospirò, ma accettò la sua offerta e insieme ripresero a camminare per la galleria. 
Rallentarono per poter ammirare i quadri, un mix di arte moderna e classica, e alcuni degli oggetti esposti, come un orologio con decorazioni dorate e set di bicchieri in pregiati vetri colorati.
Harrison scorse Sadie accanto ad un uomo alto, dai capelli scuri, di qualche anno più vecchio di lei.
La donna indossava un abito rosso aderente, aveva i capelli biondi arricciati in boccoli e un trucco leggero sul volto.
Inizialmente il detective pensò che la vista gli stesse facendo qualche brutto tiro, perché quella non poteva essere la sua segretaria, ma dovette convincersi che invece ci vedeva benissimo.
La donna gli rivolse un accenno di sorriso e lui ricambiò con un mezzo sorrisetto ironico, ma per il resto s'ignorarono, come se non si conoscessero, perché questo era il piano.
Sadie doveva rimanere nell'ombra, in modo che se anche i criminali fossero stati informati della presenza di Harrison, sarebbe stato compito della donna cercare di individuarli, ovviamente mantenendo le distanze di sicurezza.
Nessuno doveva farsi male quella sera.
Una donna sulla sessantina d'anni, avvolta nel proprio abito dorato, fermò Tess e cominciò a chiacchierare con lei dimostrando di conoscerla.
La giovane le rispose con gentilezza e cortesia.
«Sei meravigliosa stasera, dolcezza» le stava dicendo la donna e l'altra arrossì lievemente. 
«Elliot Hooper non sa cosa si sia perso. Ben gli sta» sentenziò quella risoluta.
Tess sorrise e continuò a parlare fino a che la donna non si congedò.
«Mi dispiace» disse ad Harrison, una voglia rimasti soli «Incontravo la signora Ellison ogni anno»
Lui scrollò le spalle e commentò con un sorrisetto: «Non vedo nulla di male nel conversare amabilmente con una signora» 
«Pensavo non volessi distrazioni» commentò la donna, alzando gli occhi verso le iridi verdi dell'uomo.
Lui continuò a sorridere, sfacciato: «La banda colpisce sempre verso mezzanotte, abbiamo ancora tempo»
Le posò una mano sul fianco e l'attirò a sé, provocando una serie di brividi lungo la schiena della donna: «Intanto potremmo comportarci come tutti gli altri, godendoci la serata»
Tess gli posò una mano sul petto, senza distogliere lo sguardo dal suo.
«Non sei troppo nervoso per questo?»
«Forse è il momento di...sciogliere questa tensione» commentò lui e si chinò verso la donna per baciarla sulle labbra.
Tess aveva scorto altre coppie di invitati baciarsi, ma in quel momento si sentì improvvisamente vulnerabile, in mezzo a tutte quelle persone e al contempo carica di adrenalina nell'intero corpo.
Accarezzò con una mano la guancia liscia di Harrison e si staccò lentamente da lui, controvoglia.
Purtroppo, quella non era una serata di piacere.
All'improvviso qualcuno urtò bruscamente l'uomo da dietro, ma si allontanò senza chiedere scusa.
Harrison si voltò di scatto e fece per richiamarlo, ma Tess lo bloccò afferrandolo per un braccio.
L'ultima cosa di cui avevano bisogno era attirare l'attenzione.
L'uomo che l'aveva urtato, sentendo il leggero trambusto provenire dalle sue spalle, si voltò. Poi trasalì e, come se avesse visto un fantasma, il suo volto si fece pallido.
Si trattava di un uomo dell'età del detective, probabilmente non aveva ancora compiuto trent'anni.
Portava i capelli castano chiaro corti, ma abbastanza lunghi perché lasciassero intuire le onde che avrebbero formato.
Le sue guance magre erano ricoperte da una barba corta, dello stesso colore chiaro dei capelli e i suoi occhi azzurro-verde avevano un che di magnetico.
Le sue labbra rosa, in quel momento erano dischiuse in un'espressione di pure stupore.
Harrison lo squadrò con aria scettica, ma quando realizzò che quello sguardo non era rivolto a lui, si voltò.
Tess aveva assunto la stessa identica espressione dell'uomo: faccia impalata, occhi sgranati e labbra dischiuse.
«Tess?» 
A parlare era stato il misterioso giovane uomo, con uno sguardo simile a chi si riprende da uno shock.
La donna sbatté le palpebre, le sue labbra tremarono, come se cercasse di formulare una parola, ma qualcosa glielo impedisse.
«Sì» riuscì infine ad articolare «Sono io»
Sul volto dell'uomo si spalancò un grande sorriso accogliente.
Tess gli si avvicinò in un lampo e lo abbracciò, venendo a sua volta ricambiata. 
Harrison seguì i loro movimenti, il modo in cui l'uomo si chinava sul capo di Tess per posare il mento sui suoi capelli, lo slancio con cui lei l'aveva stretto.
Il detective non poté evitarsi una stretta al cuore, non per un'irrazionale moto di gelosia, ma perché era più che consapevole della riservatezza di Tess e non era da lei comportarsi in modo così caloroso. D'altra parte la donna era anche una persona piuttosto impulsiva, se si lasciava travolgere dai sentimenti.
In quel momento Tess si stava staccando dall'uomo, con le guance arrossate, probabilmente realizzando ciò che aveva appena fatto.
Lui non sembrava per nulla imbarazzato, anzi tenne le mani sulle spalle della donna, e continuò a guardarla negli occhi.
Harrison fece un passo avanti, rivolgendo un'occhiata indagatoria all'estraneo così avvenente.
Tess notò che si era avvicinato e si voltò verso di lui, con le guance ancora arrossate: «Harrison, ti presento Calvin. Io e lui siamo stati grandi amici anni fa»
L'altro uomo, accorgendosi solo in quel momento della presenza del detective, staccò le mani dalle spalle di Tess e lei fece un passo verso il proprio accompagnatore.
Calvin allungò una mano per stringere quella di Harrison e mentre si scambiavano una convenevole stretta di saluto, il detective notò che i suoi palmi non avevano calli e quindi, unito al suo completo firmato, l'uomo doveva occupare una posizione elevata nella gerarchia sociale.
«Non ci vediamo da...dieci anni?» domandò Tess, guardando Calvin.
«Otto» la corresse lui gentilmente. 
Come Harrison aveva già notato, l'uomo era dotato di un fascino magnetico che spillava dagli occhi, dalla postura, dal modo di sorridere e anche dalla voce.
Sapeva di essere realista quando ammetteva di saper fare colpo sulle donne, ma in quel momento trovò quello che sarebbe potuto essere un suo rivale, grazie ai suoi modi gentili, e di certo lo avrebbe aiutato anche il conto in banca.
«È davvero tanto tempo per due "grandi amici"» commentò Harrison, scrutando Calvin per non perdersi la sua reazione.
Contemporaneamente, vide con la coda dell'occhio, Tess voltarsi verso di lui e fulminarlo.
L'altro uomo accennò un sorriso: «Purtroppo otto anni fa mi sono trasferito in una scuola lontana che mi impediva di mantenere i contatti con le vecchie amicizie. Quando ne sono uscito, tutti quelli che conoscevo avevano intrapreso la propria strada e non ho più avuto modo di rintracciarli»
Gli occhi verde-azzurro si spostarono su Tess e la guardarono intensamente.
La donna sorresse lo sguardo per un istante, poi cominciò a sbattere le palpebre e si voltò verso Harrison.
«Credo che tra non molto scatterà la mezzanotte» gli disse, con parole ricche di sottintesi.
Il detective spostò i propri occhi color smeraldo in quelli grigi della donna, che lo stava fissando, e infine fece un leggero cenno di assenso con il capo.
«Scommetto che avrete un sacco di cose da dirvi» commentò poi, ritornando a guardare Calvin «Vi lascio un po' di privacy»
Si chinò per lasciare un bacio sulle labbra di Tess, poi si allontanò dai due, non senza una punta di fastidio.
Ma in quel momento doveva pensare al lavoro.
Sapeva che mancava ormai poco al furto e percepiva l'eccitazione accelerare il suo battito cardiaco.
Sentiva la pistola infilata nei pantaloni sul retro, il distintivo nascosto all'interno di un lato della giacca e la torcia nell'altro, per quando ci sarebbe stato il blackout.
Camminò per le stanze e si assicurò che tutti i quadri fossero sistemati solo in due di queste, mentre la terza conteneva esclusivamente oggetti di antiquariato.
Non sapevano quale tela sarebbe stata rubata e questo complicava le cose, perché avrebbe dovuto capirlo appena sarebbe saltata la corrente.
Notò che un drappello di persone si stava raccogliendo intorno ad un uomo, che identificò come il signor Thompson, il proprietario della villa. L'uomo stava raccontando qualcosa di particolarmente entusiasmante, perché la gente continuava a radunarsi per ascoltare.
Questo capitava a vantaggio del detective, perché le stanze si stavano liberando e lui riusciva a muoversi più agevolmente.
All'improvviso il brusio leggero e delicato della sala, fu squarciato da un acuto grido femminile.
Tutti ammutolirono di colpo mentre l'eco dell'urlo si propagava tra le pareti.
Harrison cominciò a correre nella direzione da cui era partito il grido e trovò, in mezzo alla sala semi deserta, una donna accasciata a terra che si aggrappava con un solo braccio ad un sostegno dell'esposizione.
La raggiunse rapidamente e si chinò al suo fianco.
«Signora, si sente bene?» domandò, assicurandosi che non fosse ferita.
Le palpebre della donna tremarono, insieme al resto del suo corpo e i suoi occhi si mossero verso la cima del sostegno, su cui avrebbe dovuto esserci esposto qualcosa, mentre in quel momento era vuoto.
«Il mio carillon...» biascicò la donna «Hanno rubato il mio carillon»
Harrison controllò l'espositore e notò che sul retro c'erano dei cavi, probabilmente collegati al carillon esposto, che però qualcuno aveva tranciato.
«Merda» imprecò tra i denti.
Afferrò il cellulare e chiamò Gibson.
«Il furto è avvenuto, non so quanto tempo fa, mandami la squadra e controlla ogni movimento esterno»
«Ricevuto» replicò l'uomo senza polemiche e chiuse la chiamata.
Nel frattempo, intorno alla scena del crimine erano accorsi tutti gli invitati che creavano una calca attorno alla donna ancora stesa a terra.
Harrison estrasse il distintivo: «State indietro per favore. Voglio parlare con il signor Thompson»
Un uomo dai capelli bianchi e il passo deciso si fece avanti.
«Cosa è successo a mia moglie, detective?» domandò, aiutando la donna a rialzarsi in piedi.
«Qualcuno ha rubato il suo carillon»
«Non è possibile, era collegato all'allarme!»
Harrison gli indicò i cavi tagliati: «A quanto pare i ladri lo sapevano» guardò l'uomo dritto negli occhi «Per una maggiore sicurezza, consiglio che nessuno abbandoni l'edificio prima che siano stati fatti degli accertamenti»
Il signor Thompson annuì: «Tutto quello di cui c'è bisogno»
«Quindi non ha problemi a far entrare la mia squadra e permettergli di perquisire tutti gli ospiti, giusto?»
L'uomo sgranò gli occhi, sorpreso dalla richiesta, ma quando realizzò che si trattava di una cosa più che ragionevole, annuì: «Per quanto spiacevole, riconosco che si tratta del vostro lavoro. Lei crede davvero che i criminali si nascondano tra i miei ospiti?»
Harrison tirò le labbra in un sorrisetto sghembo: «Come è riuscito ad entrare un poliziotto, non vedo perché un ladro dovrebbe avere difficoltà»
In quel momento si sentirono dei rumori provenire dall'esterno.
«Questa deve essere la mia squadra» commentò il detective «Li lasci entrare. Spiegherò io ai suoi ospiti cosa fare»
Il signor Thompson annuì ancora e si diresse a fare ciò che gli era stato detto.
Intanto il detective spiegò agli ospiti come disporsi, scusandosi per il disagio che stava loro arrecando.
«Vi prego di non allarmarvi» disse a gran voce «Si tratta di un controllo d'obbligo, al termine del quale sarete liberi di tornare a casa»
La squadra di agenti si mise subito all'opera perquisendo gli invitati alla ricerca del carillon accuratamente descritto dal signor Thompson.
Pur essendo un oggetto piccolo, non sarebbe stato difficile trovarlo tra quegli abiti da sera.
Harrison si occupò di dare indicazioni ai colleghi e ascoltare chiunque avesse potuto vedere la scena del crimine al momento del furto.
Nessuno però sembrava essere stato presente al momento clou.
Il detective incrociò Sadie, priva di accompagnatore, il quale però ricomparve poco dopo dal bagno degli uomini, così Harrison rivolse un semplice cenno del capo alla donna e tornò al lavoro.
Mentre era assorto nel lavoro, scorse Tess. Pur stando in mezzo alla folla, lei non ne faceva parte.
Si distingueva tra quelle persone come un diamante tra frammenti di onice nera.
Forse era l'abito di un colore così candido, o forse era proprio lei che irradiava quella luminosità o magari si trattava semplicemente di Harrison, di come l'immagine vista dai suoi occhi fosse trasformata nel suo cervello.
Certamente all'uomo non sfuggì la presenza di Calvin a fianco della propria compagna e si diresse con passo deciso verso di loro.
Rivolse a Calvin un cenno di saluto e gli domandò: «Ti dispiace se ti perquisisco?»
Tess tossicchiò, ma l'altro uomo annuì: «Certo, nessun problema»
Alzò le braccia e mentre Harrison si metteva all'opera, chiese a sua volta: «Quindi sei un detective?»
«Esattamente» rispose lui e nonostante fosse impegnato, non mancò di notare l'occhiata che Calvin rivolse a Tess.
La donna ebbe un micro cambiamento nell'espressione facciale, ma troppo impercettibile perché il detective riuscisse ad identificarlo.
Harrison impiegò più del dovuto a perquisirlo, ma, con dispiacere, dovette ammettere che Calvin era pulito. 
Gli rivolse un cenno di assenso, poi fece per andarsene e tornare al lavoro, ma si sentì afferrare per un braccio.
Tess lo aveva seguito a ruota e ora lo stava trattenendo.
«Perché diavolo lo hai fatto?» gli domandò fulminandolo con lo sguardo.
Lui scrollò le spalle: «Non mi sembra di aver fatto nulla al di fuori del mio ruolo»
«Non prendermi in giro, Harrison, so perfettamente che hai esagerato con Calvin. Sembra che tu ce l'abbia con lui!»
L'uomo ricambiò il suo sguardo penetrante: «Ho fatto quello che dovevo, Tess»
«Calvin è stato con me per tutto il tempo e tu lo sapevi perfettamente, quindi non può essere stato lui a rubare quel carillon. Penavo fossi qui per lavorare, non per comportarti da fidanzato geloso iper protettivo»
Lui strinse gli occhi, ma non replicò. Si voltò e tornò al lavoro, lasciando la donna alle proprie spalle.
Cercò di concentrarsi su ciò che doveva fare, ma le parole di Tess gli martellavano la testa.
Era geloso? Sì!
Era protettivo! Sì!
E Tess avrebbe dovuto capirlo, perché lei ed Emi erano tutto ciò che aveva al mondo e avrebbe fatto di tutto per proteggerle. Aveva già perso Marlene, non avrebbe commesso altri errori.
Prese il cellulare e chiamò ancora Gibson.
«Novità?» domandò appena sentì rispondere dall'altro capo.
«Nulla» replicò Gibson «Abbiamo setacciato l'intera zona ma non c'è stato alcun movimento. O sono ancora all'interno, o si sono volatilizzati»
Harrison imprecò a mezza voce, poi aggiunse: «Continuo a cercare, ci sentiamo tra poco»
Gibson chiuse la chiamata prima che potesse farlo lui e al detective non rimase altro che tornare al lavoro.
Interrogò altri ospiti, controllò i risultati dei colleghi, ma tutti i riscontri furono negativi e stavano impiegando troppo tempo.
I criminali avrebbero potuto compiere l'omicidio in ogni momento.
Mano a mano che gli invitati erano stati perquisiti, abbandonavano la casa, così le sale si stavano svuotando poco a poco.
Ad un tratto, Harrison vide una figura avvolta da un abito rosso avvicinarsi e realizzò che si trattava di Sadie. 
Finse di ignorarla, ma la donna si piazzò davanti a lui.
L'uomo aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei fu più veloce.
«Mi dispiace» disse e gli mostrò la schermata del suo cellulare «Ma è troppo tardi. Hanno trovato un cadavere»
   
 
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