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Autore: Sherlokette    13/12/2016    0 recensioni
Nella Parigi contemporanea, un ladro misterioso si diletta a rubare gioielli antichi dai musei. Apparentemente inafferrabile, una squadra viene incaricata della sua cattura: Joe, William, Jack e Averell Dalton.
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Sono tornata, signore e signori! Dopo un periodo vegetativo sui libri e prossima ormai alla laurea, ecco a voi una storia fresca fresca dalla vostra Sherlokette :)
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-E questo è quanto. Ecco perché inseguivamo quel tipo, ed ecco perché lo abbiamo rinchiuso qui.-
Avevano portato Ivor al Moulin Rouge, nascondendolo nella stanza piena di armadi dove era stato “ospitato” anche Joe.
Quest’ultimo, mentre Lucky si metteva una busta di piselli surgelati (comprata a un minimarket lungo la strada) sull’occhio e un tampone nel naso, raccontò ai fratelli la verità.
I tre, sorpresi, si guardarono per un lungo istante, poi William, con un colpo di tosse, domandò: -Quindi… Il vero criminale è questo Mason e tu stai dando una mano a Lucky Luke, che invece è il buono, ad arrestarlo?-
-In sintesi.-
-E ci tenevi all’oscuro per non metterci nei guai?-
-Sì, Averell. Chiunque può diventare un bersaglio. Anche se in fondo non vi ho mentito del tutto: questa faccenda ha sempre riguardato il nostro amico qui- sogghignò, indicando Lucky che stava alle sue spalle, in disparte in un angolo.
Luke, parlando come se avesse il raffreddore, affermò: -Ora che sapete tutta la storia, immagino vorrete aiutare vostro fratello e me.-
-Ah, no! Aiuteremo solo Joe!- esclamò Jack, -Tu sei quello che ci ha appesi a testa in giù, che ha- -
-Conosciamo la lista di scherzetti che ci ha combinato, ok?- lo zittì William, -Comunque sia, se c’è dentro Joe ci siamo dentro tutti.-
-Esatto! Siamo una famiglia, e ci guardiamo le spalle a vicenda!- si aggiunse Averell gonfiando il petto, fiero, -Sarò anche un semplice agente di pattuglia, ma detengo un vero record; non mi è mai sfuggito nessuno!-
-Anche perché ti affiancano gente capace nei turni!- lo stuzzicò uno dei gemelli dandogli un buffetto sul braccio.
-William si occupa delle ricerche dato che è il nostro cervellone; sa dove trovare qualunque informazione tu voglia. Jack sa riparare di tutto, dagli una chiave inglese e ti monta il motore di un’auto in cinque minuti.- Joe sembrava quasi orgoglioso nell’elencare le qualità dei suoi fratelli.
-Per quanto riguarda gli interrogatori, invece?-
-E’ Joe quello bravo a tirare fuori la verità ai sospettati; è un vero mastino!-
-Non so se prenderlo come un complimento, Averell- ridacchiò il maggiore, -ma sì, possiamo dire che con me cedono anche gli ossi più duri.-
-Bene. Però temo che dovrai aspettare: il sedativo che ho somministrato a Ivor lo terrà buono fino a domani mattina.-
-Questo ci darà il tempo di recuperare le energie. Che ne dite, ragazzi, la offriamo una pizza al nostro malconcio ex ricercato?-
I tre si guardarono imbarazzati.
-L’avete ordinata la pizza, vero?-
-Beh, sì… Per le dieci.-
-Sono le nove e cinque. Dobbiamo solo tornare a casa. Lucky Luke?-
-Forse dovrei andarmene a dormire… Sono stato preso a pugni, ho ricevuto un colpo allo stomaco e uno al naso. Fisicamente sono uno straccio.-
-Non dimenticare “sbattuto sul muro”.-
-Giusto.-
-Fidati, allora: una pizza non può che rimetterti al mondo!- intervenne uno dei gemelli.
-Se non disturbo…-
-Se ci stringiamo un po’ ci stiamo!- scherzò il minore.
-Allora molto volentieri.-
-Tranquillo, ce ne sarà in abbondanza! Averell mangia per dieci, e gli ordini sono in proporzione!!-
-Non è vero, William!!-

All’inizio sembrava strano ai fratelli Dalton portare nel loro appartamento l’uomo che avevano cercato di catturare per un anno, ma una volta rotto il ghiaccio (e arrivate le pizze) scoprirono che in fondo era una persona simpatica.
William non poteva fare a meno di riempire Lucky di domande a proposito del suo lavoro all’FBI; Joe sapeva che era sempre stata una grande ambizione del fratello minore far parte dei federali, un “sogno nel cassetto” che si portava dietro dall’accademia, , ma ad un certo punto decise di fermarlo: -Stai monopolizzando il nostro ospite.-
-Non preoccuparti, Joe, non mi dispiace soddisfare le curiosità di tuo fratello.-
-Lucky è davvero troppo gentile!- si inserì Jack, -A proposito di fratelli, com’è Jolly Jumper? Ti somiglia?-
-Jack!!- lo riprese il maggiore, temendo che l’argomento fosse troppo delicato e personale.
Ma Lucky non si scompose: -Non ci somigliamo in effetti: lui è biondo, con i capelli leggermente più lunghi dei miei, e mi supera di un paio di centimetri in altezza. Ha un carattere un po’ da filosofo e (questo non so se considerarlo un difetto) fa il cascamorto con ogni bella donna che incontra.-
-Allora andrebbe d’accordo con William; lui si innamora molto facilmente!-
-Stai zitto, Averell!!-
-Sì, Cheyenne mi ha accennato qualcosa sull’incontro con uno dei simpatici fratelli di Joe.-
-Tu… Conosci Cheyenne?-
-E’ mia cugina.-
La mascella di William sembrava sul punto di cadere tanto era stupito; Joe non poté trattenersi dal ridere, Luke addentò tranquillo la sua fetta di pizza mentre gli altri due Dalton si guardarono un attimo confusi: chi era Cheyenne?

Joe ordinò ai suoi fratelli di andarsene a letto, perché “gli adulti dovevano parlare”. Tornò in salotto, dove aveva lasciato Lucky Luke, per dare una ripulita dalle scatole delle pizze e discutere il prossimo passo. Trovò il suo ospite a rollarsi una sigaretta.
-Tu fumi?-
-Sto cercando di smettere, ma ogni tanto sento di averne bisogno. Ti spiace?-
-No, basta che tu vada alla finestra.- Andò alla ricerca di un sacco della spazzatura, lanciando occhiate a Lucky che, sigaretta fra le labbra, si avvicinò alla suddetta finestra. La fresca brezza notturna portò con sé i rumori di una città che ancora non era pronta a dormire, con musica rock sparata a tutto volume in lontananza e qualche clacson.
-Ma tu guarda che casino…- borbottò Joe raccogliendo la spazzatura. Udì lo scatto di un accendino, e si voltò di nuovo verso Luke. Non poté fare a meno di soffermarsi sulla scena di fronte a sé: illuminato dalla luce della stanza alle sue spalle, l’altro aveva un’aria pensierosa, e reggendo la sigaretta tra due dita trasse una profonda boccata, chiudendo gli occhi, per poi espirare lentamente il fumo in una nuvoletta grigia che andò a disperdersi nell’aria.
Dalton si sorprese di come quel gesto tanto semplice fosse capace di incantarlo con quel magnetismo del quale era già stato vittima.
-Cosa attira così tanto il tuo sguardo, Joe?-
La frase di Lucky riuscì a scuotere il detective dal suo intorpidimento: -Niente. Non buttare la cenere sul davanzale.-
-Starò attento.-
Chiuso il sacco e trascinatolo vicino alla porta, Joe si stiracchiò portando la braccia in alto:
-Spero che i miei fratelli non siano stati troppo…-
-Impiccioni e imbarazzanti? Niente affatto.-
-Usi le mie parole, adesso? Sei proprio un copione!- Si sedette sul divano: -Ma passiamo a cose serie: tu conosci bene Ivor; sai dirmi il suo grado di resistenza?-
-Vuoi davvero parlare di questo? Adesso? Non dovevamo rilassarci?- Il suo tono, più che seccato, sembrava sorpreso.
-Da parte mia sono già abbastanza rilassato. Dunque? Che mi dici?-
Gettando la sigaretta fumata a metà in strada, Luke si avvicinò a Joe: -E’ un duro, non cederà tanto facilmente. Picchiarlo è del tutto inutile, ci vorrà la tortura psicologica.-
-E’ la mia specialità.-
Lucky si sedette accanto all’altro sul divano: -Già che siamo in argomento, non ti ho ancora ringraziato per prima. Me le stava suonando.-
-Non devi, davvero.-
-Di solito me la cavo nel corpo a corpo, ma quel tipo è… un gorilla! Sul serio, grazie Joe.-
Dalton cercò di non arrossire: -Figurati… Siamo solo all’inizio, aspetta a ringraziarmi.-
Gli altri tre Dalton li stavano spiando dalle rispettive camere da letto, trattenendosi dall’emettere il minimo suono. Vedere il loro fratellone in imbarazzo non era cosa di tutti i giorni!
-Hey, basta parlare di lavoro, però. Almeno fino a domani.-
-Piccola informazione di servizio: domani sarò di turno fino all’una. Ti raggiungerò al più presto, Lucky.-
-… Mi hai chiamato Lucky. Di nuovo.-
-E allora?-
-Ha un suono un po’ strano quando lo dici tu.-
-In senso buono, spero.-
-Sì. Mi piace.-
Joe deglutì e distolse lo sguardo. Accidenti a quella faccia sorridente! A quella faccia in particolare!
I gemelli si trattennero dal ridere.
-Ho notato una cosa, sai?- continuò Joe, per cambiare argomento, -Il modo in cui ti comporti non è sempre lo stesso. Voglio dire, non riesco ad inquadrare il tuo reale carattere.-
-E’ un piccolo difetto da agente dell’FBI. Adattarsi ad ogni situazione era d’obbligo, e ogni volta ero costretto ad assumere un ruolo. Questo comportava calarsi in esso e farlo diventare credibile ai limiti della doppia personalità.- Si voltò verso Dalton con quello sguardo che lo faceva apparire impacciato, che non aveva perso niente nonostante l’occhio nero: -Mi domando se questo mi faccia apparire bugiardo, o una persona della quale non ci si può fidare.-
-Nah, secondo me avere una personalità così ricca ti rende interessante!-
Joe si voleva dare un pugno da solo.
Lo aveva definito interessante, e la faccetta compiaciuta del suo ospite poteva voler dire solo che era proprio la risposta che si aspettava.
Venne tolto dall’imbarazzo da un cellulare che si mise a vibrare un paio di volte. Era quello di Lucky.
-E’ Cheyenne. Devo proprio andare.-
-Speriamo non si spaventi nel vederti conciato così.-
-Sono più preoccupato che possa rincarare la dose!- scherzò, alzandosi e dirigendosi verso la porta, -Conosco la strada. Fatti un bel sonno, Joe; ci troviamo direttamente al Moulin Rouge, d’accordo?-
-D’accordo.-
-Vuoi… Che porti via…?- Indicò il sacco dell’immondizia.
-Non disturbarti, fanno la raccolta differenziata domani pomeriggio.-
-Ok. Allora, buonanotte.- Appena si fu chiuso la porta alle spalle, Joe si lasciò scivolare sul cuscino con le gambe in avanti ed emise un profondo e silenzioso sospiro: si era salvato per un soffio. Ma da cosa, in effetti? Non aveva mica detto nulla di strano, solo quello che pensava. Automaticamente si alzò per andare alla finestra, e vide Lucky salire sulla propria auto e andare via.
Averell, in punta di piedi, raggiunse i gemelli nella loro stanza, si chiuse piano la porta alla spalle e mormorò: -Chi l’avrebbe mai detto…-
-Nostro fratello, che non ha mai avuto fortuna con le donne o con gli uomini…- iniziò William, per poi essere seguito da Jack: -… si prende una cotta per quello che prima era un fuorilegge!-
Joe, nel frattempo, era tornato alle piccole faccende da sbrigare prima di andare a letto: controllare il gas, chiudere l’acqua per evitare sprechi… Solo allora si accorse che Lucky Luke aveva lasciato nel lavello della cucina la busta di piselli surgelati.
-Domani sera a cena…- borbottò Dalton, pensando che fosse un peccato sprecarli.

Lucky non andò subito a casa. Tornò prima al Moulin Rouge, per assicurarsi che il loro prigioniero fosse ancora lì buono e tranquillo. Per sicurezza lo avevano legato pure con una catena.
E avevano fatto bene: Ivor era sveglio, e parecchio agitato.
“Dannazione, gli ho dato una dose di sedativo tale che avrebbe steso un cavallo!” Ma la sorpresa non era poi così grande, dopotutto aveva parlato lui stesso a Joe della resistenza fisica del bodyguard. Non gli restava atro da fare che preparare una dose leggermente più potente.
Prima però decise di scambiare due parole con il prigioniero, che lo accolse con rabbia: -Maledetto traditore!!-
-Dormito bene, Ivor?-
-Lascia solo che ti metta le mani addosso…!!-
-Mi sono bastate le “carezze” di stasera. Sai perché ti ho confinato qui, vero?-
-A teatro sei stato chiaro. Puoi scordarti la mia collaborazione.-
-Speravo lo dicessi, perché ho un amico molto ansioso di tirarti fuori quei codici con le tenaglie.-
-Il nanerottolo? Figuriamoci, quel soldo di cacio non mi fa paura.-
-Joe Dalton è un ottimo detective, non lasciarti ingannare dalle apparenze.-
-Anche se ti do i codici di sicurezza non riuscirai mai a salvare tuo fratello. Dorian lo verrà a sapere, e vi ucciderà prima che possiate raggiungerlo nel suo rifugio!-
-Dunque avevo ragione. Tu sai dov’è.-
-Vai all’Inferno. Perché non uccidi quel tipo e la fai finita?-
Lucky gli si avvicinò, lo sguardo gelido: -Per un anno sono stato etichettato come un ladro, lavorando per i Mason. Ma non sarò mai un volgare assassino.-
-Che bei principi morali! Saranno proprio quelli a spedirti all’altro mondo! E con te il tuo caro fratello e il tuo amichetto!!-
Luke gli infilzò con forza e precisione la siringa che aveva preparato nel collo. Ivor grugnì per il doloretto improvviso; prima che perdesse i sensi Lucky lo fronteggiò: -Non lascerò che venga loro torto neanche un capello da Dorian Mason, e puoi scommettere che spedirò il tuo capo a marcire in galera per il resto dei suoi giorni!-
L’uomo perse conoscenza in poco tempo. Assicuratosi che fosse ancora ben legato, Lucky Luke prese da un armadio un paio d’abiti di scena. Già che c’era, si sarebbe preparato per il prossimo spettacolo. Era una vera fortuna che nessuno entrasse mai in quella stanza tranne lui, così restava tutto in ordine e dopo i furti poteva nascondervisi senza problemi. Ora che avevano pure un ospite, si sarebbe premunito di sottrarre le chiavi al custode.
-Abbiamo ancora diciassette giorni prima dell’incontro fra Mason e i suoi clienti…- mormorò l’ex agente prendendo tra le mani un’accetta finta e rimirandola: -Sarà divertente trovare il modo di farti parlare.-

  
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