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Autore: Tota22    15/12/2016    1 recensioni
"Lei è un'Elfa, un Cavaliere, una Regina, lei è onore, lei è responsabilità, lei è troppe cose prima di essere la donna che amo, per questo non sarà mai mia"
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eragon, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wooden ceiling



Eragon, disteso sul letto, fissava il soffitto di legno intagliato.

Da qualche secondo il respiro affannato era tornato regolare.Si sentiva svuotato di ogni energia, leggero;  l'ondata di piacere aveva spazzato via ogni pensiero.  

Sapeva però che nel giro di qualche secondo gli sarebbe ripiombato tutto addosso: le preoccupazioni, le responsabilità, i sensi di colpa.
Accompagnati da un dolore acuto, come quello inferto da pungiglioni di vespe, erano i sensi di colpa a tormentarlo; l'unico sollievo era appendersi a qualche filamento di pace che riusciva a godersi.
Il suo sguardo era perso su un groviglio di rami e fiori di legno levigato, quando sentì la donna che gli era accanto tirarsi su e sedersi sul bordo del letto.

 Eragon girò la testa: Astrid si stava rivestendo con movimenti veloci e calibrati. 
Non appena pronta sarebbe tornata ai suoi alloggi, come sempre. Già le morbide braghe del colore della terra le coprivano metà coscia fino a nascondere alla sua vista i glutei abbondanti e sodi. Poi vennero rivestiti i fianchi larghi fino al ventre piatto e muscoloso, contro il quale i pantaloni vennero fissati da una cintura di cuoio.

La donna si piegò per raccogliere la camicia dal taglio maschile che poco prima Eragon le aveva sfilato di dosso e gettato a terra.
Il cavaliere rimase a fissare la sua schiena ambrata flettersi, dandogli l'impressione che il tatuaggio che portava sulla scapola prendesse vita: raffigurava un albero dai rami intricati dai quali fuggivano tanti piccoli uccellini, volando via sulle spalle e sulla base del collo. Gli parve quasi che qualche foglia verde si fosse trasformata in un altro di quei  volatili pronto a spiccare il volo. Ben presto anch'esso venne coperto dalla stoffa bianca, come anche i seni piccoli e sodi.

Tra poco se ne sarebbe andata lasciandolo solo, su quelle lenzuola umide dei loro baci.

Se ne sarebbe andata e l'avrebbe lasciato solo a combattere con i propri sentimenti confusi, con le proprie paure e forse anche con Saphira.
Quando Eragon aveva confessato alla Dragonessa la piega che aveva preso il proprio rapporto con Astrid, Saphira non aveva detto niente.  
Tuttavia lo sguardo azzurro della dragonessa aveva gettato Eragon nello sconforto più profondo quando vi aveva colto una sfumatura di.. delusione, rabbia, tradimento.

Saphira stranamente si rifiutava di parlare con lui dell'argomento, o forse non era ancora pronta ad accettare che un'altra persona per la quale non nutriva fiducia, una "straniera", fosse così vicina al proprio cavaliere.
Saphira quella sera era a caccia insieme ai suoi allievi, lontana come lo era anche Astrid mentre infilava le scarpe.
Un moto di egoismo si impossessò di Eragon. Voleva qualcuno che stesse con lui. Anche se la donna che apriva delicatamente l'uscio della sua stanza non era chi desiderava accanto.

- Vai via? Perché non rimani mai qui per la notte? -

La donna si girò lentamente, ancora con la mano sulla maniglia, lanciandogli uno sguardo neutro.

- Perché non me l'hai mai chiesto Cavaliere - rispose con naturalezza, senza l'ombra di risentimento.

- Allora resta, per favore -.

Astrid non accennava a muoversi dall'uscio.
- Se è quello che vuoi, va bene - disse infine richiudendo la porta.

Si tolse di nuovo le scarpe e sistemato un cuscino sulla spalliera del letto vi si appoggiò, rimanendo seduta. Fece aderire la schiena al guanciale, intrecciando le dita sulla nuca tra i capelli castani, corti e ricci.

Eragon rimase immobile, di nuovo a fissare il soffitto della sua grande stanza circolare, situata nella parte più alta della torre della Rocca dei Cavalieri. Il vento del nord entrava dall'imponente finestra tonda che affacciava sulla Valle dei Draghi, la sua casa ormai da più di cento anni.
La Valle era una conca naturale situata nell'estremo oriente del mondo, nascosta e protetta da alture a sud  e ovest ed una sconfinata foresta a nord est. La culla perfetta per la nuova generazione di cavalieri. Eragon amava questa terra quasi quanto aveva amato Carvahall.

Il sole stava per compiere l'ultimo tratto del suo viaggio per tramontare dietro le montagne che stringevano la valle in un ampio abbraccio.
Il Cavaliere sospirò tirandosi a sedere e imitando la posizione di Astrid, che intanto aveva chiuso gli occhi.  La donna non vedeva più le lisce pareti di legno della stanza, decorate da venature e rami intrecciati dai canti degli elfi. Non vedeva il soffitto intagliato che era abituata ad ammirare in quelle notti nella stanza del Cavaliere, né i lucernari di cristallo scolpito dai nani, né l'arazzo tessuto dalle figlie di Roran che raffigurava l'Alagaesia, né l'amuleto urgali appeso vicino al letto.

Lei sentiva e vedeva il nero, il buio, con il presentimento che qualcosa stesse per spezzarsi per sempre, nelle tenebre di quella notte.
Senza sapere se fosse sollevata o amareggiata, la donna decise di dare una spinta al destino: non le era mai piaciuto rimanere a guardare.

-  Come si chiama? -

La voce di Astrid sembrava ovattata, flebile come una brezza primaverile.

- Di chi parli? -

- Della donna che ami, qual è il suo nome? -

Eragon per un solo, ingenuo momento non capì la domanda di lei che riposava al suo fianco, ma si rese conto subito dopo a chi si riferisse.

- Non so di cosa tu stia parlando...perché me lo chiedi? Ti aspetti che ti dica che sei tu? -

Voleva ferirla, non doveva parlare di Lei, non doveva fargli ricordare il passato, non doveva fargli tornare in mente il Suo viso, la Sua rara risata, il Suo sguardo di ghiaccio. Non doveva, non poteva ricordargliela più di quanto lui non si ossessionasse tutti i giorni.
Chiedere ad Astrid di restare era stata una pessima idea. Era tentato di dirle di andarsene, quando la donna rispose con calma nonostante fosse leggermente spazientita:

- Mi consideri davvero così ottusa o debole, Cavaliere?  Ti sto solo chiedendo chi è la donna che cerchi di notte nei miei occhi, sperando che mi trasformi in lei. -

Per lunghi minuti Eragon  si chiuse in un cupo mutismo, poi sbottò:

- Chi te l'ha detto? -

La sua mente lavorava febbrilmente. Erano stati gli elfi o la stessa Saphira? I nuovi cavalieri di ritorno dal vecchio mondo forse... ma come potevano sapere loro?

-Tu, adesso, confermandolo. Anche poco fa chiedendomi di restare e tu ancora,  quando ieri piangevi in silenzio tra le mie braccia. In realtà lo so da molto tempo...di certo la freddezza di Saphira nei miei confronti mi ha fatto pensare sin da subito. -

Astrid si grattò la nuca e si lasciò scappare dai denti una risata leggera.

- All'inizio credevo che Saphira fosse gelosa di me, ma è diventato palese a poco a poco che c'era dell'altro, che né tu né lei avete voluto dirmi -

La donna sorrise, ma non con gli occhi, solo le labbra si piegarono in una smorfia divertita. Quegli occhi così acuti e guizzanti, di un castano chiaro da sembrare fatti di miele.
Eragon capì che l'aveva intuito da sé, proprio come diceva. Era per questo che gli piaceva, per la sua intelligenza e acutezza. Non era bella, o almeno non possedeva la fulgida bellezza di colei che gli aveva rapito il cuore, ma era molto attraente e sensuale, con quel corpo imperfetto e un viso dai tratti estranei.

- Non è una donna - incominciò Eragon con la voce intrisa di dolore.

- Lei è un'elfa, un Cavaliere, una Regina, lei è onore, lei è responsabilità, lei è troppe cose prima di essere la donna che amo, per questo non sarà mai mia -

- Arya -  Concluse soffiando debolmente quel nome dalle labbra. Si sentiva il cuore sanguinare, contratto e scosso da spasmi.
Non le parlava da dieci anni, da quando una notte aveva evocato la sua immagine con lo specchio, quando l'aveva chiamata e lei gli aveva risposto con un sorriso.

Quella maledetta notte l'aveva pregata di partire, di raggiungerlo. Le disse che l'amava ancora che l'avrebbe amata per sempre.
 Ormai la pace era solida, i nuovi cavalieri raggiungevano la Valle dei Draghi e ritornavano a occidente come garanti di giustizia e serenità. Il popolo degli elfi stava tornando al proprio splendore e potere, anche grazie ai draghi che facevano rifiorire la terra con la loro magia.
Non c'era più necessità che lei restasse in Alagaesia, sarebbe diventata un maestro qui nella Valle, una guida e sarebbero stati insieme finalmente.
Ma Arya non ne aveva voluto sapere. Gli disse che il suo posto era con il suo popolo, la sua gente aveva ancora bisogno di lei. Cos'erano cento anni per un elfo o per un cavaliere: un battito di ciglia. Non poteva abbandonare quella terra, non ancora. Le tracce della guerra, le ferite della natura non erano del tutto risanate.

 Eragon pensò che fossero solo scuse, lo aveva capito dagli occhi di lei terrorizzati, agghiacciati, smarriti.
 Arya non era pronta all'amore, non era pronta per stare con lui.  Si chiese se forse non lo amava? Non l'aveva mai amato?
Tentò di convincerla, di smuoverla dalla sua decisione e quando capì che non avrebbe ceduto il dolore e la delusione fecero posto alla cieca rabbia.
Le disse che era codarda ed egoista, non l'avrebbe più cercata. I loro rapporti si sarebbero limitati a questioni diplomatiche. Le disse addio, pentendosene un secondo dopo aver pronunciato le parole per sciogliere l'incantesimo, mentre nello specchio fissava la propria immagine distrutta.

Calde lacrime scendevano dagli occhi del cavaliere mentre quelli di Astrid rimanevano chiusi. La donna sapeva che aveva rotto le resistenze di Eragon e che tutto il dolore sarebbe esploso da un momento all'altro.

- Mi disprezzo così tanto, le avevo promesso che l'avrei aspettata per sempre, che l'avrei amata per l'eternità e invece l'ho fatta scappare via con la mia insistenza.  La desideravo così tanto al mio fianco che ho spezzato il filo che ci legava, a furia di tirarlo-

- Ma come fa... come fa lei ad essere così algida così impassibile verso di me, dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme?  E' davvero così legata al suo vecchio mondo? O ha solo paura di me,  di quello che potrebbe essere la nostra vita insieme? Credevo che mi amasse. Non me l'ha mai confessato ma credevo di leggerlo nei suoi gesti nella sua voce, nel suo dirmi con dolcezza che le mancavo. Credevo che quando la pace sarebbe tornata in Occidente lei avrebbe lasciato tutto alle spalle e sarebbe volata da me.
 Invece la pace regna da un secolo intero e lei non parte. Rimane sul suo trono di fiori a miglia e miglia da me -

Eragon volse la testa verso la finestra. Ormai era buio e solo piccoli fuochi danzavano illuminando il palazzo che con l'aiuto di draghi, elfi, uomini, nani e urgali aveva costruito.

- Sai perché ho posto la mia stanza in questa torre della rocca? La finestra affaccia a ovest, e non c'è alba o tramonto che io e Saphira non guardiamo all'orizzonte nella speranza di scorgere Arya e Fìrnen volare verso di noi.  Qualche volta mi è sembrato di vederli stagliarsi contro le nubi rossastre, ma da anni ormai non ho più quest'illusione. Il mio amore è destinato a rimanere non corrisposto. -

Eragon sospirò.

-Mi odio anche per quello che sto facendo a te. Da mesi ci troviamo nello stesso letto quasi ogni sera, ma io non posso prometterti né amore né futuro. 
Quando sono con te riesco solo a dimenticare per qualche ora l'angoscia che mi attanaglia, per questo le notti sono le più belle e le più piacevoli da molti anni. Tuttavia devo confessarti che troppo spesso desidero la tua compagnia solo per puro egoismo. Mi sento in colpa... terribilmente in colpa perché non potrò mai donarti tutto me stesso. -

Astrid rimaneva immobile ad ascoltarlo, ormai aveva gli occhi aperti e il volto girato verso di lui. Eragon si riscosse e le prese una mano guardandola con dolcezza.

- Non fraintendermi però... Tu sei straordinaria, intelligente, acuta, selvaggia, passionale e mi attrai molto. Sei la prima donna a cui mi sia mai avvicinato...-

- Smettila! -

Astrid lo interruppe esasperata, staccando la mano dalla sua con un gesto brusco.

- E' inutile che ti giustifichi, sei stato abbastanza chiaro; ma lasciami dire che sei uno stupido! -

Eragon rimaneva ogni volta basito dal modo in cui lei gli si rivolgeva, sempre schietta e a volte offensiva. Non era abituato dopo anni e anni passati a rapportarsi con elfi o allievi o messaggeri, che non si sarebbero mai sognati di dirgli una cosa del genere. I primi, anche se in passato lo pensavano spesso che fosse uno stolto, glielo comunicavano sempre in modo velato; per i secondi era il loro maestro e raramente qualcuno lo aveva contestato con parole violente; infine i messaggeri immaginavano che Saphira avrebbe potuto inghiottirli in un sol boccone se avessero mai osato tanto. A lei invece non importava e si prendeva la libertà di rimbeccarlo quando le pareva e piaceva.  In quello assomigliava ai draghi e lo divertiva molto.

Eragon si riprese dall'insulto e guardò negli occhi quella donna così strana e meravigliosa.

- Credi davvero che la mia speranza sia che tu ti innamori di me e che un giorno inizieremo una vita insieme, felici e contenti?
Ti sbagli di grosso.
Certo, la scelta di offrirmi a te è stata anche mia.  Credimi, l'ho fatto senza tornaconti né promesse. Ma non mi aspetto il tuo amore.
L'ho saputo dalla prima sera... quando sono entrata nella tua tenda, durante quella missione di perlustrazione.  Lo sapevo quando ti ho baciato per la prima volta e tu hai tentato di respingermi. Lo sapevo quando mi hai tappato la bocca per non fare troppo rumore e farci scoprire.  Non mi aspetto niente da te, Eragon.-

Non lo chiamava mai per nome e quel suono dalla bocca di lei parve al suo interlocutore dolce e amaro insieme. Ricordava quella loro prima notte come fosse ieri. Il calore della pelle di lei e le carezze forti e dolci. Gli era sembrata una belva e una preda: una belva nella passione e una preda nell'offrirsi a lui senza riserve.

- É evidente che tra noi c'è stima, attrazione, forse un giorno affetto, ma di certo non amore.
Anch'io ho le mie ferite, Cavaliere.  Segni tatuati nella carne dall'abbandono e dalla morte, ma una cosa la so: quando sto con te mi sento completa e appagata... felice qualche volta. Perché privarci di questo conforto reciproco dai nostri fantasmi quotidiani?  Se non posso essere una compagna di vita permettimi di essere il tuo rifugio di qualche notte... e tu il mio, senza rimpianti e senza sensi di colpa. -

Astrid gli accarezzò la guancia posandogli un bacio leggero sulla fronte, per poi ritornare alla posizione precedente. La gola di Eragon era secca, ma si sforzò di parlare:

- Ti chiedo scusa... avremmo dovuto fare questa conversazione molto tempo fa, ci saremmo risparmiati entrambi pensieri inutili. -

Lei annuì in silenzio.
- Non posso però fare a meno di tormentarmi. Mi sembra di fare un torto sia a te che a lei, anche se Arya ed io non siamo mai stati insieme è come se la stessi tradendo. -

Astrid al suo fianco si irrigidì appena.

- Mi stai dicendo che sarebbe meglio se non ci vedessimo più in questo modo. -

Non era una domanda. Eragon dentro di sé capì che era proprio così, anche se non aveva avuto il coraggio di ammetterlo.

- Sì. -

- Certo tu sei stupido, ma lei è completamente folle! - esclamò Astrid divertita ed Eragon la guardò confuso.

- É proprio folle a non abbandonarsi ad un amore così puro e incondizionato come il tuo...e tu troppo orgoglioso per cercarla ancora.-

La donna si alzò dal letto e si diresse, per la seconda volta quella sera, alla porta con le scarpe in mano e il sorriso sulle labbra.

-Così sia Cavaliere. Non verrò più a trovarti di notte, ma spero che non vorrai rifiutare la mia amicizia di giorno.-

- Lo sai che non potrei mai allontanarti, tengo molto a te. -

- Bene, buonanotte. -

La porta della stanza fu chiusa silenziosamente.

- Buonanotte Astrid. -
 
 
 
  
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